Io non sono assolutamente uno da app o trasposizioni digitali. Ma dato l'innegabile aumento di interesse per queste forme di gioco ci starebbe dedicare uno spazio regolare a questa forma specifica di gioco, no?
Tra tante disquisizioni che trovo in gran parte sterili su quanto il supporto informatico rovini l'essenza del gioco da tavolo, mi appresto a recensire un gioco, cioè, un videogioco da tavolo, che sarebbe anche il miglior gioco, cioè, videogioco, secondo BGG. Lo sforzo profuso e il risultato finale sono indicativi su come ancora una volta non è l'abito che fa il monaco e che, almeno secondo me, potrete continuare serenamente a giocare a giochi da tavolo sul computer continuando a chiamarli giochi da tavolo.
Questo Gloomhaven digitale prova a strizzare fin troppo l'occhio al videogioco, sacrificando invece elementi essenziali dell'esperienza da tavolo. Ma per fortuna il gioco sotto è un gran giocone e lo si gode pienamente lo stesso.
Prologo, cioè, questo gioco lo puntavo da tanto
Era un qualche momento tra il 2017 e il 2018 (penso). Ricordo che al tempo mi interessavo con curiosità al mondo dei giochi da tavolo, cercando invano di spingere gli amici attorno ad addentrarsi più in profondità in questo mondo. Leggevo saltuariamente articoli e recensioni qui in Tana, stupendomi di come fossero tutti firmati da un certo Agzaroth e chiedendomi se ci fosse qualcun altro oltre a lui.
In qualche modo arrivai a raggiungere il classificone di Boardgamegeek e, tra tanti nomi che ignoravo, mi incuriosì il primo in classifica, un certo Pandemic Legacy. Dopo essermi informato su cos’era, riuscii addirittura a reclutare altri tre sventurati per iniziare la campagna.
Qualche mese dopo, consultando il medesimo classificone, scoprii con dispiacere che non stavo più giocando al gioco più bello del mondo, perché in quella posizione c’era un altro nome: Gloomhaven. “Magari possiamo pensarci quando abbiamo finito Pandemic”, pensai.
Nel momento in cui scrivo, di Pandemic ci manca ancora il mese di dicembre. Quel Gloomhaven è rimasto lontano dalle mie possibilità e lo sarebbe tutt’ora: dedicare un anno di serate dal vivo a un unico gioco sarebbe troppo, anche per me.
Ma il mio sogno di gioventù in qualche modo si è mantenuto: è arrivato il Covid. Così, dopo averne finito una reale, di partita di Pandemic, è arrivato Gloomhaven in edizione digitale.
Il gioco, cioè, quello fisico da tavolo
In ogni missione un gruppo di mercenari entreranno in grotte, boschi e altri anfratti di un vasto mondo fantasy per svolgere missioni di vario tipo, che consisteranno nella maggioranza dei casi nell’abbattere nemici prima di diventare esausti.
La parte che ha sicuramente decretato il successo del gioco è il suo peculiare sistema di gestione dei personaggi: ogni eroe ha una mano di carte azione divise in due metà: tipicamente quella superiore contiene un effetto di combattimento e quello sotto uno di movimento, ma non è sempre vero. In ciascun turno ogni eroe deve scegliere due carte e durante il suo turno svolgerà l’azione superiore di una e quella inferiore dell’altra, nell’ordine che preferisce.
Ogni carta ha anche un numero di iniziativa, ogni giocatore sceglie quale dei due privilegiare. L'ordine di iniziativa determina l’ordine in cui gli eroi agiscono rispetto ai mostri.
Quando l’eroe non ha più carte in mano, deve riposare e bruciare una carta che viene tolta dalla partita corrente. Nel momento in cui l’eroe non può più giocare due carte perché le ha bruciate tutte, è esausto ed eliminato dalla partita.
Tale sistema, declinato con un’enorme varietà di effetti ottimi nel caratterizzare ogni personaggio, è alla base della profondità di Gloomhaven e a dispetto della sua semplicità obbliga il giocatore a ponderare molto attentamente ogni mossa.
Durante le partite, gli eroi accumuleranno oro ed esperienza, salendo di livello come in qualsiasi dungeon crawler che si rispetti.
L’app ufficiale promette di portare questo mondo un po’ fantasy un po’ german nei computer di tanti giocatori, che non hanno modo di trovarsi con regolarità a giocare fisicamente sempre lo stesso gioco ma ci riescono con tranquillità dalla poltrona di casa. Ed è anche un’ottima occasione per trovarsi con altri giocatori fisicamente distanti. Ci riuscirà?
Grafica e materiali, cioè, estetica
La griglia esagonale è evidenziata da pattern di erba, ossa o pietre a seconda dell’ambientazione. I dettagli delle stanze sono riccamente decorati con tavoli, altari, oggetti, orpelli che fanno dimenticare l’aspetto spartano di un gioco da tavolo con plance modulari. I personaggi hanno due skin e movimenti differenti a seconda dell’attacco.
Tanta, anche fin troppa abbondanza, che finisce per nascondere gli elementi rilevanti ai fini di gioco (infatti esiste un comando apposta per evidenziarli).
Il gioco, cioè, l’interfaccia
È possibile giocare attraverso differenti modalità: oltre alla campagna classica che può essere percorsa in solitario, gestendo più personaggi, c’è anche una campagna detta guildmaster pensata con due personaggi appositamente per il gioco solitario. Un tutorial che descrive tutti i concetti di gioco completa il ventaglio di scelte.
Entrando nel vivo del gioco verremo catapultati nel continente di Gloomhaven. Potremo visitare il mercante per fare acquisti, il tempio per farci benedire, vedremo barre come la ricchezza di Gloomhaven di cui non capiamo il senso, potremo selezionare le carte del mazzo infine potremo accedere alle missioni vere e proprie.
Entrati nella missione fa quasi paura pensare che col gioco cartaceo tutto il setup e la gestione di mostri andrebbe fatta a mano. L’interfaccia ripercorre le fasi del turno, chiedendo prima la selezione delle due carte ad ogni giocatore e poi scorrendo tra le diverse azioni che vengono svolte.
Impressioni, cioè, si poteva fare meglio?
Ho già trattato in una precedente recensione il rapporto tra un videogioco e un gioco da tavolo, facendo emergere come secondo me a distinguerli non c’è tanto il supporto informatico o cartaceo, quanto più il controllo delle varie fasi in mano o meno ai giocatori. Ciò non vuol dire che decidono tutto i giocatori, ma che c’è differenza tra avere un mazzo di effetti e pescarne uno oppure avere una finestra che si apre comunicando che succede. In termini di gioco sono sistemi equivalenti, ma la sensazione è diversa. Questa sensazione sembra che si sia fatto di tutto per toglierla:
- il mazzo dei modificatori è rappresentato da dei pallini che contano quante copie di ogni carta restano da pescare, ma non si ha la sensazione che sia un mazzo. Eppure, lo è anche per il gioco, tanto che se si viene buttati fuori a metà turno per un bug e si rientra, l’ordine in cui escono le carte è lo stesso;
- stesso identico discorso per i mazzi dei mostri;
- le regole speciali degli scenari non sono spiegate in dettaglio, sta ai giocatori scoprire eventuali casi particolari mentre sono sballottati dagli eventi;
- si fa fatica a reperire le informazioni in gioco, non si può verificare quali carte dei mostri sono già uscite, bisogna stare molto attenti per capire quando si rimescola il loro mazzo;
- i criteri con cui il gioco decide se puoi sparare da una stanza all’altra sono piuttosto oscuri e diversi rispetto al gioco fisico, e comunque scopri se hai supposto bene dopo che hai fatto il movimento;
- il gioco ammorba con tutte le narrazioni (che sono tutt'altro che il punto forte di Gloomhaven) ma poi omette le informazioni su come si stanno bloccando o sbloccando scenari e possibilità;
- non si possono annullare i movimenti anche se non hanno innescato altri effetti in gioco.
È il gioco che un po’ sembra dirti “vai sereno che qui ci penso io”. Tante volte, rispetto alle scarne indicazioni del gioco, è capitato in situazioni dubbie di “buttarci”, sperando che avessimo dato l’interpretazione corretta. La sensazione è molto diversa rispetto, per esempio, all’app di Through the Ages, senza dubbio molto ben fatta.
Altra problematica riguarda invece i bug, principalmente di due tipi: in multiplayer il giocatore che ha un momentaneo problema con la rete viene buttato fuori dalla partita e non può rientrare finché non è finito il round di gioco, oltre a questo capitano i cosiddetti “soft lock”, ovvero situazioni in cui sebbene il gioco non appaia fermo, non si attivano i pulsanti per procedere. Infine, il gioco è pesante per i computer datati di più di qualche anno; dato che il comparto grafico è tutt’altro che essenziale, mi chiedo se non si potesse fare diversamente.