Anomala, almeno per CMON, la campagna Kickstarter che ha portato al finanziamento di questo progetto. Non la solita valanga di miniature, ma pochi stretch goals, ben definiti, e un regolamento già chiaro in partenza. Più simile a una prevendita che a un crowdfunding, peraltro a poca distanza temporale dal Kickstarter per la seconda edizione di Zombicide.
Così, dopo quello classico, dopo il Black Plague fantasy, dopo quello futuristico (Invader) e dopo la seconda edizione, arriva questo capitolo, forse il più anomalo di tutti.
Lo finanzio per tre motivi:
- Zombicide mi diverte, ma volevo avere una scatola più compatta con cui vivere l'esperienza;
- l'affezione a Romero e ai suoi film;
- l'idea che questo gioco fosse più orientato al survival che al power play, come in fondo ci aspettiamo quando abbiamo a che fare con un'ambientazione zombi.
È un cooperativo puro, american, per 1-6 giocatori, 45-90 minuti a seconda dello scenario, adatto a un pubblico esperto (14+), ma sospetto più per il tema che non per la difficoltà, che si basa su meccaniche di mappa modulare, punti azione, tiro dadi, poteri variabili.
Come si gioca a Night of the Living Dead
Per chi non conosce Zombicide
Scelto lo scenario, si apparecchiano le tiles corrispondenti, divise in varie zone, interne ed esterne, che servono per movimento e linee di vista.
Si parte col turno dei personaggi, sono sempre sei in gioco indipendentemente dai giocatori, che hanno tre azioni a testa. A turno le spendono per muoversi da una zona all'altra, aprire o chiudere porte, sbarrare le finestre, cercare oggetti in una stanza (si pesca dal mazzo apposito), attaccare. Il combattimento si risolve con i dadi: ogni arma ne lancia un certo numero che colpisce con un valore soglia (es, al 3 o più) e infligge una o due ferite. Gli zombi normali si eliminano con una sola ferita, quelli grossi (i fatties) con un'arma che ne fa almeno due (le ferite ottenute da più lanci non sono mai cumulabili). Il combattimento a distanza funziona allo stesso modo, con in più le eccezioni che i bersagli hanno un'ordine di priorità (i fatties “proteggono” gli altri zombi) e che i colpi a vuoto vanno sugli umani nella stessa zona bersaglio.
Ogni umano ha tre ferite: se anche uno solo muore, lo scenario è perso. La vittoria invece arriva con le particolari indicazioni fornite dallo scenario stesso: raggiungere un luogo, barricare una casa, uccidere gli zombi, trovare un oggetto.
Finita l'attivazione dei sei personaggi, si attivano gli zombi: prima attaccano, poi muovono di un passo verso i sopravvissuti più vicini, infine ne arrivano di nuovi dalle zone di spawn. Non tirano dadi per attaccare: le loro ferite sono automatiche.
Per chi conosce già Zombicide
- Prima differenza: il Romero mode.
I sopravvissuti hanno una scheda fronte/retro. Davanti sono in bianco e nero e piuttosto scarsini, avendo zero abilità di base, una a livello giallo, +1 azione all'arancione e infine una seconda abilità al rosso, senza mai possibilità di scelta.
I sopravvissuti girano la scheda (e in teoria cambiano anche la miniatura in tavola) sul lato Zombicide, più forte, quando si passano il fucile (tra le dotazioni iniziali), come “atto di fiducia” verso i compagni (o almeno il gioco prova a spacciarcela come motivazione tematica per la meccanica). Regrediscono allo stato Romero quando appare sul tabellone uno zombi “relative” (parente). La cosa può succedere più volte nella stessa partita.
Da notare che le armi da mischia o da tiro più forti sono in mazzi separati e possono essere cercate solo in determinati posti e solo se si è in modalità Zombicide, altrimenti ci si deve accontentare del mazzo “casa”, con vecchie assi e gambe di tavoli.
- Seconda differenza: gli zombi
Non ci sono abomini. Non ci sono runner. Ci sono i relatives (già illustrati) e i breaker. Questi ultimi hanno il fastidiosissimo compito di spaccare porte e barricate che avete così faticosamente costruito, aprendo la strada agli altri zombi.
In pratica tutto il parco zombi è molto più classico, con anche più armi comuni in grado di infliggere due ferite, che sono quelle necessarie e sufficienti per far fuori i fatties.
- Terza differenza: elementi di terreno
Essendoci anche molte parti all'aria aperta, ci sono un paio di regolette per boschetti e campi di mais, che danno un po' di movimento e tattica al tutto.
Le regole sono ovviamente quelle aggiornate per lo split (ripartizione) dei movimenti degli zombi, tiro a distanza, uso della macchina, quindi non quelle della prima edizione, ma della seconda.
Ambientazione: Romero?
La cosa bella di questa scatola sono le sue missioni (e qui c'è un grosso “ma”, nella parte delle meccaniche). Gli scenari ripercorrono le scene del film e danno poi, nel prosieguo, diversi plot twist alternativi, in modo tale da far rivivere al giocatore sia il film, sia una sorta di trama alternativa, che procede grazie ai “what if”.
Sicuramente si sente, sicuramente la sensazione è più quella di trovarsi in un classico film di zombi rispetto a tutti gli altri Zombicide visti sino a ora.
Quello che rompe un po' questa magia è proprio il meccanismo di switch tra i personaggi Romero e la loro versione Zombicide. Semplicemente non ha senso. A volte si è “forti” all'inizio, col solo scopo meccanico di prendere un sacco di armi, per poi regredire tutto il resto della partita; altre volte si fa una ridicola altalena tra forti e deboli (meglio sarebbe dire tra superuomini e comuni umani) passandosi un fucile tipo staffetta. È anche scomodo, dal punto di vista ergonomico, girare la scheda e cambiare miniatura (fatto alla prima partita, poi sono sempre rimaste nella scatola).
Materiali: standard CMON
La scatola è zeppa di roba, divisa bene e stavolta anche le carte imbustate le si riesce a posizionare negli scomparti, senza dover pressare i segnalini sotto qualche tray.
Sul tavolo occupa abbastanza spazio, specie gli ultimi scenari, e il resto dei materiali in plastica, come le plance giocatore, sono comode e molto belle. Meno funzionali i dischi in plastica con cui identificare i personaggi: troppo rigidi e spesso troppo larghi.
Miniature in linea con altri prodotti della serie, ovvero belle ma non troppo, stavolta meno “spettacolari”, data l'ambientazione.
C'è una certa dipendenza dalla lingua, sia per gli scenari che per le parole chiave, per cui chi avesse difficoltà può aspettare la versione in italiano, già annunciata da Asmodee.
Meccaniche: il coraggio che è mancato
Il problema di questo gioco sta nel nome: Night of the Living Dead: A Zombicide Game. Ecco, se avessero fatto a meno della seconda parte del nome, sarebbe stato meglio.
Mi spiego: questo gioco nasce come un omaggio al film - e per vendere altri Zombicide facendo leva su una IP (proprietà intellettuale) storica sugli zombi -, ma anche per prendere al laccio i collezionisti di Zombicide e di tutte le sue versioni. Il problema è che stai cercando di coniugare un tema survival horror con un gameplay da power player.
Probabilmente l'idea era quella di non perdere i fan del brand originale (Zombicide), dando loro un prodotto troppo diverso da ciò a cui erano abituati.
Di qui il “balletto” tra gli stati Romero e Zombicide dei personaggi, la limitazione al cercare armi efficaci (anche se la comune torcia è una potenza) solo da parte dei personaggi power e la regressione a comuni mortali in presenza di relatives, usando scuse e meccaniche purtroppo poco riuscite.
Mancando gli abomimi (giustamente non in linea con l'ambientazione) e quindi tutte le “armi da 3 ferite”, si è dovuto dare maggiore dignità ai fatties e soprattutto fornire i sopravvissuti di un maggior numero di armi comuni in grado di infliggere due ferite.
Mancano i runner, sempre per motivi tematici (i “veri” zombi non corrono!) e al loro posto la parte dei rompiscatole la fanno i breaker, che spaccano sistematicamente le protezioni messe a porte e finestre al costo di preziose ricerche e azioni di barricamento.
Entrambe le cose funzionano bene, anche se negli scenari prevalentemente all'aperto i breaker perdono di significato e si sente un po' la mancanza dei runner.
Ho provato quasi tutti gli scenari, per la recensione. E anche qui non ci siamo. Se tematicamente sono molto belli e in linea con le scene del film, meccanicamente i primi sono di una facilità imbarazzante, mentre solo gli ultimi due sono sufficientemente sfidanti e il numero 8 è addirittura bacato, in pratica, segno di un playtest fatto un tanto al chilo.
Probabilmente hanno anche ragione loro: con Zombicide continuano a fare milioni e noi lo compriamo lo stesso.
Dinamiche: i soliti problemini
Come per Zombicide, il possibile problema più evidente è quello del leader dominante. Non essendoci nessun elemento di segretezza e trattandosi di un collaborativo puro, in cui tutti concorrono alla vittoria e la morte del singolo porta alla sconfitta, Night of the Living Dead è particolarmente esposto a questo problema.
Ma si sa che l'alpha player è sì favorito/sfavorito dalle meccaniche, ma poi infine nelle mani dei giocatori. Laddove invece noto la solita trascuratezza nel game design e la pigrizia nel riproporre le stesse cose, è nella scalabilità del gioco.
Zombicide è uno di quei titoli che definisco a “falsa scalabilità”. Ovvero, indipendentemente da quanti siate al tavolo, i personaggi sono sempre sei. Il che significa spesso o tenerne più di uno, o metterne alcuni in comune (nota: anche questa cosa favorisce l'alpha player, che finisce per manovrare tutti quelli comuni).
Ecco, una cosa del genere me la potevo aspettare dalla prima lontana edizione del 2012. Ma sono passati otto anni e non so quante riedizioni, espansioni e spin-off, tra Kickstarter e retail. Il fatto di non aver mai partorito, in tutto questo tempo, un sistema efficace per modulare il numero dei personaggi in relazione ai giocatori, è ascrivibile solo alla pigrizia (anche perché alla CMON hanno dimostrato di saperlo fare e anche senza troppo spreco di materiale, vedi Massive Darkness).
Estetiche: La mia esperienza con Night of the Living Dead: A Zombicide Game
Qui veniamo al paragrafo del salviamo il salvabile, come già fatto con Dark Souls. Perché davvero a questa scatola ci tengo e soprattutto tengo a Romero.
Non sono un fan abituale delle house rules, ma quelle poche, al posto giusto, quando ci vogliono ci vogliono e le uso senza paura. Specie in giochi come questo, in cui dalla prima edizione, molte regole partorite dagli utenti sono poi diventate effettive nelle versioni successive.
- Giocare sempre in Romero mode: usate i lati Zombicide solo se volete usare i personaggi per gli altri titoli della serie (cioè mai);
- i personaggi possono sempre cercare armi da mischia o tiro: vedrete che negli scenari questa cosa è già spesso limitata a specifiche zone, inoltre nel mazzo di oggetti comuni ci sono comunque cose molto utili, per cui cercherete spesso pure lì (la torcia è meglio del 90% delle armi pronte);
- i relatives, con le regole sopra, perdono di significato*, potenziamoli: per attaccare un relative, devi spendere due azioni; il che simula anche meglio il rimorso e l'incertezza che hai nel premere il grilletto davanti a un tuo parente, vivo fino a pochi istanti prima.
*(già così, in realtà, non ne hanno molto, perché il più delle volte quando passi a Romero, ci rimani per tutto il resto della partita)
Con questi tre aggiustamenti avrete già qualcosa di più simile al film e più vicino a un survival horror.
Poi, volendo, si può procedere oltre:
- aumentare la difficoltà complessiva, rimuovendo le carte Zombi con i numeri di serie più bassi, come suggerito anche in fondo al manuale;
- trovare qualche sistema per fornire una scalabilità vera, per esempio fornendo ferite aggiuntive e/o azioni ai sopravvissuti quando si gioca con meno di sei (qui sto facendo qualche esperimento, ma la strada più semplice è quella).
Conclusione
Poteva essere davvero ottimo questo connubio tra gioco e film. E invece. Ora aspetto Resident Evil 3. Non che il capitolo 2 fosse granché e non che la Steamforged Games mi dia tutta questa gran fiducia. Magari lì non dovrò usare house rules. Stavo anche per scrivere che sperare non costa nulla, ma in realtà costa due pledge.