Sir_Alric_Farrow
Iniziato





“-Colui che si affanna, si sforza-, ossia Titano, è il titolo che riserviamo a Crono, ai suoi undici figli e a buona parte della loro progenie. Urano lo intendeva come un insulto, ma per una ragione o per l'altra il nome è echeggiato di epoca in epoca con un accento di grandiosità. Ancora oggi nessuno si sentirebbe insultato se gli dessero del Titano".
In verità l’etimologia precisa del termine Titano non è del tutto confermata. Esiodo, poeta dell’Antica Grecia che alle vicende di codesta stirpe si dedicò parecchio, ricostruisce tale significato con un’alchimia di analisi, ragionamento e fervida immaginazione. Fatto sta che nei secoli tale parola, intrisa di mistero sin dalla sua genesi, è stata associata ai concetti di grandezza e potenza. Prova ne è che sia stato battezzato col nome di Titano il più grande satellite naturale nell’orbita di Saturno, che è anche e di gran lunga uno dei corpi rocciosi più imponenti dell'intero sistema solare. Per capirsi il pianeta Mercurio è più piccolo…
Ma eccoci qui. Dopo tanto declamare e disaminare per stagioni e stagioni, la ruota degli Dei comincia a rallentare ed è giunto il tempo di affrontare la sfida culminante, l’uroboro dei miti greci per il suo costituirne belligerante antefatto e profezia di tetra conclusione in caso di un loro ritorno: la Titanomachia. Si avvicina il giorno di chiusura del gestore delle offerte per quanto riguarda la raccolta fondi dedicata alle Mitiche Battaglie elleniche di Pantheon e norrene di Ragnarok. Considerando tutti i messaggi e i quesiti che ho ricevuto in questi mesi, quella di cui parleremo oggi è l’espansione che ha destato più curiosità e dubbi tra i compagni d’arme che si sono interessati ai racconti del prode Sir Alric.
L’ASCESA DEI TITANI
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Le altre tre espansioni grandi di Pantheon, dedicate ai Numi Efesto, Era e Poseidone, denotano smaccate diversità ma una struttura comune tra loro a livello di componentistica, presentando in buona sostanza tutte e tre un tabellone a doppia faccia comprendente due mappe di battaglia, un Dio, una campagna competitiva e una ricca schiera di unità tra eroi, mostri e truppe.
L’Ascesa dei Titani è l’unica espansione grande differente da questo punto di vista. Di tabelloni o mappe non v’è l’ombra, come pure di unità convenzionali delle tipologie appena elencate. La campagna c’è, ma è concepita per essere giocata esclusivamente in modalità solitario-cooperativa. Vi sono solo quattro miniature (corredate ovviamente da schede-statistiche, carte attivazione ecc.), ma di dimensioni superiori anche a quelle degli Dei: rappresentano Gaia, Crono, Encelado e Tifone.
Ora è importante chiarire subito la questione dei termini utilizzati. Nella mitologia greca i Titani sono dodici e sono tutti figli di Urano: si tratta di Crono e dei suoi fratelli che però nel gioco non compaiono (come Iperione, Ceo, Giapeto, Temi ed altri…). Gaia non è un titano, ma la madre di essi ed è in verità un’Entità legata alla Creazione del mondo. Encelado appartiene alla razza dei Giganti, che dei Titani sono fratelli ma parimenti differenti per natura a causa della maniera in cui, come vedremo, sono venuti “alla luce”. Tifone è fratellastro di Titani e Giganti per parte di madre, ma in quanto a stirpe fa storia a sé (e avremo modo di dire come sia stato meglio così, visto quello che è riuscito a combinare tra il Monte Olimpo e il resto dell’Ellade).
Nelle Mitiche Battaglie di Pantheon e Ragnarok invece il termine Titano definisce tecnicamente e a livello di regole una tipologia di unità, la quinta dopo Dei, eroi, mostri e truppe, i cui mastodontici rappresentanti a parte eccezioni (sono poche e tutte in Ragnarok) sono più potenti e costosi in termini di punti reclutamento rispetto a quelli delle altre quattro. In uno scenario di gioco ogni partecipante di norma controlla un Dio. Il titano costituisce un’opzione che può essere scelta in alternativa al Dio, ereditandone il ruolo nelle condizioni di vittoria (un titanicidio equivale ad un deicidio) e la possibilità di assorbire omphalos. In Pantheon vi è un quinto titano, Atlante, che viene di norma incluso nel Greek God Pledge costituito dal Core Box (gioco base), Pandora’s Box (lo scrigno contenente tutti gli stretch goal ellenici) e appunto da Atlante stesso.

Sino a circa un anno fa le regole impedivano di schierare un Dio contro un Titano. Atlante poteva comunque pugnare nell’ambito di circostanze eccezionali: l’accorto Sir Alric cita con enfasi, ad esempio, due campagne contenute nel Compendium, ovvero Teomachia, che lo pone nella trama come pezzo neutrale ed influenzabile dalle due fazioni nel finale, e I Nuovi Argonauti, ove rappresenta il nemico “controllato” da una semplice intelligenza artificiale che sarà imprescindibile abbattere per salvare l’Ellade da un fatale destino.
Però in pratica si era impossibilitati ad usarlo normalmente in battaglia senza quest’espansione, a meno di non aver fatto proprio il norreno Ymir (titano di Ragnarok ma presentato in anteprima e in largo anticipo rispetto alla nuova gelida ambientazione durante la seconda raccolta fondi di Pantheon). Quindi secondo molti donare Atlante col Pandora’s Box costituiva da parte della Monolith un nemmeno troppo velato incentivo all’acquisto dell’Ascesa dei Titani.
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Adesso le cose sono drasticamente cambiate: le recenti nuove regole proposte da Ragnarok che, com'è stato ribadito, diventano ufficiali anche per Pantheon per ragioni di compatibilità, permettono invece di vedere a confronto un Titano contro un Dio ma quest'ultimo, oltre ad un costo di reclutamento quasi sempre di parecchio inferiore, potrà schierare gratuitamente ed automaticamente in campo un'unità a sua scelta come se fosse una truppa “semplice” o come se fosse dotata del talento Esploratore (Scout). E’ un cambiamento decisivo, fortemente richiesto dalla comunità di giocatori, perché finalmente le occasioni di ammirare in campo un Titano aumenteranno, infatti un condottiero avrà licenza di reclutarne uno senza condizionare l’avversario che magari intendeva optare per un Dio e un esercito di accompagnamento maggiormente vasto o gagliardo. Ai giocatori non esperti tuttavia consiglio di introdurre questa regola solo dopo qualche partita di ambientamento.
Alcuni compagni d’arme mi hanno chiesto quali sono le peculiarità e le debolezze di queste quattro unità.
Il prode Sir Alric sa.
E vi sosterrà.
Andiamo ad analizzarle una per una, introducendole anche grazie alle leggende che le hanno viste protagoniste.
GAIA
Esiodo nella Teogonia ci racconta come al Principio vi fosse solo il Caos, l'insieme di tutti gli elementi senza ordine, distinzione e forma al di là del tempo e dello spazio. Poi venne Gaia o Gea, entità primigenia incarnante la Madre Terra e vera origine della vita. Gaia tutta sola e senza bisogno di aiuto generò Urano (il Cielo stellato), Ponto (il Mare d’ogni mare), i monti e le prime ninfe. Ma al tramonto Cielo e Terra s’incontravano: dalla loro unione nacquero moltissime creature, come i mostruosi Ecatonchiri dalle cento braccia (per questo anche chiamati Centimani) e dotati di una forza senza paragoni, ai possenti ciclopi che sarebbero divenuti maestri forgiatori. Ed anche i dodici titani… che avrebbero interiorizzato e fatte proprie le energie primordiali del cosmo. Nulla sarebbe più stato come prima. Lo so, l’ho detto anche per Pandemic Legacy.

A differenza degli Dei Olimpi, che sarebbero giunti molto dopo e all’uomo sarebbero stati alquanto simili, le ancestrali ed ultraterrene presenze apparse per prime nell’universo erano personificazioni elementali di fenomeni naturali e non caratterizzazioni vicine all’odierna concezione dell’essere vivente: l’Amore, la Notte, il Giorno e giustappunto il Cielo, il Mare… la Terra.
Nelle mitiche battaglie di Pantheon, Gaia è rappresentata come un colossale umanoide femminile avvolto da nodose radici che emergono continuamente dal terreno vicino a lei e che ne costituiscono persino i capelli. Lo so, l’aspetto non sembra quello di una madre amorevole. Secondo me secoli di prigionia nel Tartaro non l’hanno aiutata a conservare un carattere cordiale ed educato, ma come vedremo di sventure, dolori e sgarbi ne ha sopportati parecchi. Pensiamo poi a quanto si è sforzata per generare la vita, ritrovandosi infine con un mondo afflitto da (in ordine di gravità in puro stile Farrow) deforestazione, aria ed acque contaminate, estinzione di varie specie animali e giochi teutonic coi loro malvagi cubbbetti e lavoratori piazzati per produrre merci, inquinando a più non posso. Comunque, ecologia a parte, sempre meglio i Brass che gli Everdelli, parola di Sir Alric.
Tutti i Titani sono impressionanti ed è normale che sia così, visto il loro usuale costo di 8 punti reclutamento. Ma gli aspetti che vedono eccellere Gaia sono in particolare l’estrema velocità di spostamento, pari a 3, perché la terra stessa sembra liberarle la via da ogni ostacolo quando avanza, e la sua tendenza a non defungere. La Madre Terra è, per dirla in una parola, Eterna. Lo so, nessuno le ha parlato del riscaldamento globale mentre era in vacanza nel Tartaro. Fatto sta che è straordinariamente solida per Vitalità e Difesa. Ma la chiave delle tattiche che la vedono impegnata in guerra riguarda le sue impressionanti Radici: ne fa emergere dal suolo una, nei suoi paraggi, in forma di tassello circolare al termine di ogni attivazione ed esse pregiudicano i movimenti delle unità nemiche. Le radici possono essere distrutte, ma farlo richiede ovviamente attacchi dedicati. Ma man mano che si accumulano radici sulla mappa, il potere Forza della Terra guarisce le ferite di Gaia in maniera sempre più incisiva. Il talento Blocco enfatizza ulteriormente le sue possibilità di ostacolare i riposizionamenti degli avversari, mentre Condottiero e Supporto la rendono adatta a coordinare l’azione di truppe agili e/o abili sulla distanza, come centauri ed amazzoni.

Se avrete la Madre Terra come nemica, spianarla non sarà semplice (poche cose lo sono contro un titano) e potreste seriamente pensare di puntare alla conquista degli omphalos o agli obiettivi di scenario per trionfare. Disponendo di unità volanti o abili nel combattimento a lungo raggio, limiterete gli svantaggi causati dalle Radici; l’approccio suggerito per distruggere queste ultime senza disperdere troppe azioni è costituito da offensive ad area come soffi di fuoco o attacchi multipli. Il tenace Sir Alric ricorda sempre che se non si può subito debellare un avversario, valida alternativa è cominciare col distruggere le sue armi migliori. Nel caso di Gaia non abbiate esitazione, fatele fare la fine di Moss Man contro Skeletor e deradicizzatela! Senza tutte quelle piantine attorno sarà meno improbabile un suo bel capitombolo dalla terrazza dell’eternità. Se dovesse accadere festeggeremo e al massimo la ricorderemo per l’odore di pino.
CRONO
Il primo dominatore del Creato fu Urano, il Cielo. Egli però non amava più di ogni cosa né la Terra, né le Stelle e nemmeno la sua progenie. Urano amava il potere. No, di più, ne era ossessionato. Ne era detentore e prigioniero, perché il suo peggior timore era venirne privato. Sì… in definitiva il Cielo è stato il primo tra i più grandi tiranni delle leggende. Chissà, forse a guardar tutto e tutti dall’alto era inevitabile ch’accadesse…

Va detto che risolse il dilemma da gran drittone, dirimendo il problema di possibili contendenti in maniera netta: i più pericolosi erano Ciclopi ed Ecatonchiri? Bene, tutti giù nel Tartaro, in catene e al buio, tipo per sempre. Il Tartaro era un luogo di confino, punizione e perenne esilio situato ad inusitata profondità nel sottosuolo, dedicato ad esseri ultraterreni, da non confondersi con quello che in seguito sarebbe stato l’Erebo (gli Inferi) dedicato ai mortali. Va però precisato che già da Publio Virgilio Marone in poi riscontremo in molti testi una sovrapposizione dei due termini. A Gaia però non interessava granché la glottologia: ella non prese benissimo questo trattamento riservato ai propri figli, odendo i loro lamenti nelle profondità delle viscere di se stessa che era la Terra. Allora cercò di sobillare i titani contro Urano, spiegando che presto sarebbe stato il loro turno di essere prima temuti e poi annientati. Undici di loro non ne vollero sapere di opporsi al padre, alcuni per rispetto delle tradizioni (che ai tempi stavano però appena appena cominciando ad attecchire, quindi sembrò una scusa tipo quelle odierne usate per evitare le festività con alcuni parenti), qualcuno per un’eccessiva speranza di scamparla senza dover passeggiare in prima linea… ma i più sapevano che il Cielo tutto vedeva e poteva spezzare ogni resistenza anche con la semplice forza che ogni cosa schiaccia verso il suolo. Undici. Ma il dodicesimo…
“Crono era stato il primo a scoprire che un silenzio meditabondo spesso viene preso per un segno di forza, saggezza e potere. Era il più giovane dei dodici, e aveva sempre odiato suo padre. Il veleno profondo e penetrante dell'invidia e del risentimento stava mandando in pezzi la sua salute mentale, eppure era riuscito a nascondere l'intensità del suo odio a tutti, tranne che alla devota sorella Rea, unico membro della famiglia con cui si sentiva abbastanza in confidenza da svelare la sua vera natura”.
Gaia utilizzò il materiale più infrangibile celato dalle sue viscere, il diamante, e lo unì al metallo: con esso realizzò per lui la Falce Inarginabile, costituita proprio da adamantio (ora sapete dove ha preso l’ispirazione per Wolverine chi concepì Logan degli X-Men). In altre versioni la si racconta invece resa letale da una lama dentata costituita da affilatissima ossidiana temprata dal risentimento di Madre Terra.
Crono voleva evitare uno scontro aperto col temibile genitore, ma riteneva di poter volgere il fato a suo favore con una singola mossa: quindi attese il crepuscolo e la discesa del Cielo verso la Terra: proprio nel momento in cui Urano era sul punto di giacere con Gaia, nell’attimo di massima esposizione, Crono afferrò l’orizzonte del padre con la mano sinistra (che da allora sarebbe stata sinonimo di malasorte) e vibrò con la destra, con la falce, un unico colpo secco, che evirò Urano. Persa la sua primordiale et virile potenza, Urano rimase privo di orgoglio e certezze. Mai più avrebbe detenuto il potere, che ora vedeva nell’arma e negli occhi del più giovane dei suoi figli: Crono, paradigma del Tempo.
“Rimuginando e sbollendo la rabbia a fuoco lento nella terra, nella profondità della terra che lo aveva amato, Urano compresse tutta la sua furia e la sua divina energia nella roccia stessa, sperando che un giorno una creatura, scavando, la estraesse e tentasse di imbrigliare il potere immortale che irradiava dal suo interno. Naturalmente non c'era la benché minima possibilità che succedesse. Sarebbe stato troppo pericoloso. Deve ancora nascere una razza abbastanza folle da tentare di scatenare il potere dell'uranio, dico bene?”
Tra l’era delle energie primordiali e quella degli uomini, il Cosmo conosce quindi un interregno dove l’Ordine viene gradualmente instaurato sulle vestigia del Caos attraverso la comprensione più profonda del concetto di Tempo, ciò che fa da preludio a consapevolezze superiori e consuetudini più organizzate. Crono pose al suo fianco la sorella Rea e la sposò, mentre continuava a brandire la Falce che aveva ridotto il Cielo all’impotenza: nessuno degli altri Titani ebbe nulla da ridire e tutti approvarono il nuovo sovrano. Eppure…
“… per quanto Urano fosse omicida, crudele, rapace e distruttivo, dopo tutto era stato il re del creato. Il fatto che suo figlio lo avesse mutilato e castrato rappresentava un delitto gravissimo nei riguardi del Cosmo”.
E, come amo dire qui a Castel Farrow, i mulini a vento del cosmo macinano lentamente, ma molto finemente. Il Cielo tornò solo una volta da Crono, in forma di vento e voce, per lasciargli l’ultimo sospiro della sua eredità con una profezia:
“Come è accaduto a me, anche tu sarai annientato da uno dei tuoi figli”.
La fine del Tempo. Causata da uno dei suoi figli?
“Se Crono avesse dovuto prendere qualcuno come esempio, forse si sarebbe identificato con Amleto nei suoi momenti di massima introspezione, o con Jacques al culmine della sua morbosa autoindulgenza. Il Konstantin del Gabbiano con un pizzico di Morrissey. E tuttavia in lui c'era pure qualcosa di Macbeth, e non poco Hannibal Lecter, come vedremo”.
Quante volte alcuni discendenti sembrano disprezzare i comportamenti o i modelli esemplificati dai propri antenati, per poi finire, spesso inconsapevolmente, a ripercorrerne sentieri e condotte? A fare le stesse cose? Crono giaceva continuamente con Rea ma non voleva rischiare che l'oracolo s’avverasse: quindi i cinque figli che da lei ebbe, uno all’anno, li divorò senza esitazione, tutti interi e senza masticarli per non sentirne il sapore, temendo che potesse ritrovarvi troppo di se stesso: i malcapitati però, figli di titani, titani non erano, bensì esseri diversi, meno affini all’universo e più vicini alle pulsioni che un giorno sarebbero state proprie dell’uomo: erano Dei. Non incarnavano come personificazione diretta i fenomeni naturali ma erano splendidi umanoidi e gli elementi del Creato li avrebbero potuti dominare con la forza di volontà… se non fossero finiti nello stomaco di Crono. Prima toccò al piccolo Ade, dagli occhi neri e profondi come la notte più oscura. E poi, elencati in ordine sparso (sarà il troppo sidro e l’ora tarda, ma al momento non scommetterei la mia collezione di giochi sulla giusta sequenza) Era, Poseidone, Demetra ed Estia.
La storia si ripete ed anche Rea, come madre, soffre per la sorte della sua progenie. Rimasta incinta per la sesta volta, decide di ingannare il proprio consorte, celando al posto dell’ultimo figlio una roccia in fasce, avendo ben compreso quanto il tiranno non volesse rivolgere lo sguardo su coloro che inghiottiva, tantomeno assaggiarne il sangue. Francisco Goya invece ha preferito rappresentare tale mito in maniera più truculenta, in stile l’Attacco dei Giganti.

Qualcuno dica a Goya che, se li avesse mangiati così, forse Crono avrebbe capito che l'ultimo boccone era stato un pizzico sassoso.
"Il nemico del tempo, a disposizione di ciascuno,
è il tempo stesso, che intanto scorre inesorabile".
Sir Alric Farrow che gioca ogni giorno ma vorrebbe giocare tutto il giorno
Ad esser inghiottita fu dunque una pietra, mentre il nascituro, chiamato Zeus, venne portato in segreto a Creta, in una grotta sul monte Ida. Passarono gli anni e nel frattempo Zeus crebbe, divenendo un essere a dir poco impressionante.
“Egli possedeva la sicurezza, un'aria naturale di comando che contraddistingue chi è destinato a diventare un capo. Era più pronto alla risata che alla collera, ma quando si arrabbiava, era in grado di atterrire ogni creatura che vivesse nella sua orbita”.
Le versioni sul seguito della storia sono molteplici: secondo alcuni tramite una pozione emetica, secondo altri con un bel taglio sul lato-addome in tempi di non-corazze-a-piastre, alla fine Zeus riuscì a liberare i cinque fratelli, divorati interi e quindi illesi, come pure nel frattempo cresciuti nell’immane ventre del Tempo. Cominciò quindi una guerra per la supremazia tra Dei e Titani: la Titanomachia. Esiodo ci fa capire che ai tempi gli effetti speciali si sprecarono.
“La potenza esplosiva e l'energia colossale rilasciati da Titani, Dei e mostri in battaglia fece tuonare di fuoco le montagne e tremare e fendersi la terra. Molte isole si formarono e diverse terre emersero a seguito degli scontri. Interi continenti si spostarono e cambiarono forma, e buona parte del mondo che conosciamo deve la geografia a questi disturbi sismici, a questo conflitto che sconvolse letteralmente la terra”.
Gli Dei erano in grado di coordinare meglio tra loro i diversi poteri, però i Titani erano individualmente più temibili e potevano contare anche sull’immane Atlante, pericoloso quanto Crono. Lo stallo si prolungò a lungo, ma quella che fu più volte molto vicina ad essere abbattuta definitivamente fu la fazione di Zeus. Quest’ultimo quindi tenta un colpo di mano rischioso: si reca nel Tartaro dove libera i Ciclopi e i Centimani. I primi donano agli Dei tre reliquie impareggiabili: il Tridente delle Acque a Poseidone, l’Elmo della Tetra Invisibilità ad Ade e la più straordinaria di tutte, la Folgore, a Zeus. Dal canto loro gli Ecatonchiri utilizzano i loro quasi innumerevoli arti per scagliare centinaia di massi grandi come montagne contro i Titani durante la battaglia finale, offrendo agli Olimpici l’occasione per sfruttare vecchie e nuove risorse. Crono viene dunque sconfitto e sigillato con i suoi fratelli nelle prigioni del Tartaro ove gli Ecatonchiri, ormai avvezzi alla tenebra, accettarono entusiasti di fungere da carcerieri dei Titani. Atlante avrebbe invece dovuto sorreggere per sempre sulle sue spalle l'incommensurabile peso della volta celeste.

Nel gioco da tavolo Crono teme pochi rivali. Tra i Titani non demerita però nemmeno spicca per movimento o per potenziale offensivo diretto. Ma brandisce la Falce del mito, in grado di investire due intere aree (la sua ed una adiacente) con un fendente letale al costo di una sola carta Arte della Guerra. Dispone inoltre del titolo di Tiranno e del potere omonimo: al termine della sua attivazione, può scegliere un’unità tra quelle che ha ferito e il suo controllore deve cercare nel mazzo di pesca una carta attivazione ad essa relativa per scartarla immantinente; questo significa che il Tempo, quando ti tocca, ti priva del tuo futuro. Proprio il legame tra Crono e il flusso di sabbie ancestrali che lentamente scivolano lungo le rive del fato, a lui concede ben 5 carte attivazione. I talenti Forza della Natura, Spinta Possente e Blocco ne definiscono il peso e la massiccia e torreggiante presenza sul campo di battaglia.

Affrontare Crono comporta il doversi concentrare su due fattori: intanto è meglio impegnarlo con un’unica unità adatta allo scopo rispetto all’ammassarne diverse, per non farle diventare vittime della sua esiziale lama. Se proprio vogliamo aggredirlo con il numero, diventa fondamentale una buona mobilità per circondarlo, andando ad occupare tre o più zone, possibilmente lasciando libera la sua e quindi disaffilando di molto l’efficacia della Falce. Allo stesso tempo va ricordato che chi da lui viene ferito si vedrà privato di una possibile attivazione nei turni successivi: questo può essere ovviato da facoltà che concedano un controllo anche parziale sul mazzo di pesca e sugli scarti, calcolando costantemente quante carte ci rimangono ancora da utilizzare per ciascuna unità. Programmazione preventiva quindi… e potrete sorridere, rendendo vano parte dell’esborso in punti reclutamento del vostro rivale: come diceva Hannibal, grand’esperto di elefanti e furgoni neri: “Vado pazzo per i piani ben riusciti!”
ENCELADO
Quando l’orizzonte del Cielo venne tranciato, il sangue ed il fluido creatore fuoriuscito dalla ferita di Crono si unì alla spuma di mare, decretando la nascita della divina Afrodite, cosa buona e giusta perché costei sarebbe stata progenitrice di tutte le modelle di intimo del Segreto di Vittoria.

Ma parte di quella linfa toccò il suolo, penetrò nelle sue fenditure e raggiunse antri innominabili della Madre Terra: nacquero quindi i Giganti (o Ctoni), esseri spaventosamente grossi, ferali e brutali. In seguito di Giganti ce ne sarebbero stati molti, ma furono i primi ventiquattro tra essi a muovere guerra ai Numi dell’Olimpo per astio verso la sorte che avevano riservato ai loro fratelli Titani. La loro regione natia è descritta come una terra posta ad occidente dell’Ellade ove terra, vapore e fiamma si agitavano perpetuamente: la si è identificata inizialmente con Pallene, in Tracia, ma successivamente si è capito che i racconti probabilmente alludevano ai Campi Flegrei, in Campania, forse ispirati dagli esploratori dell’epoca. La sfida fu raccolta ma ben presto le forze del sommo Zeus si resero conto che i loro avversari avevano la superiorità numerica (due a uno!), la forza muscolare ed erano (piccolo dettagliuccio secondario) impossibili da abbattere: nessun colpo inflitto loro, anche tramite prodigi o armi divine, risultava mai del tutto decisivo. Un’oscura profezia, ottenuta grazie al dono di Febo Apollo tramite la bocca di Era dal Trono Dorato, spiegava che niuno degli Olimpi avrebbe potuto dare loro la morte ma forniva vaghi indizi su un mortale che ci sarebbe potuto riuscire: trattavasi dell’eroe Eracle. Col suo reclutamento da parte di Atena Inflessibile, la Gigantomachia entrò nel vivo.
Il massiccio Sir Alric potrebbe parlare per ore di questo conflitto mitologico che meriterebbe maggior risalto. Di cose ne accaddero tante, con gli Ctoni intenti ad ammassare rocce per edificare una piramide-torre-scala verso il cielo e raggiungere le dodici case degli Dei; ad un certo punto al centro della vicenda ci fu un’erba miracolosa che, se ingerita dai Giganti (e solo da loro), li avrebbe resi ancora più micidiali: entrambe le fazioni cominciarono a cercarla in ogni dove ma Gaia intervenne per suggerire proprio ai Giganti ove fosse celata. A quel punto Zeus lanciò i dadi in maniera spregiudicata: impose al Giorno di non sorgere, ingannò gli occhi dei suoi nemici grazie all’Aurora e annullò il possibile svantaggio, impossessandosi dell’erba per poi nasconderla nella sua reggia celeste.
I combattimenti furono violentissimi. Eracle contro l’invincibile Alcioneo, il più forte di tutti i Giganti, che seminò distruzione e dolore a lungo, per essere definitivamente sconfitto solo dopo essere stato sollevato e condotto lontano dalla terra natia che lo rendeva inattaccabile; Porfirione contro Era, prima intento a strangolarla a morte ma poi, colpito da una freccia di Eros al fegato, la desiderò tanto da cercare di violentarla, trovandosi come avversario diretto lo stesso furibondo Zeus. Oto ed Efialte agendo di concerto furono i primi a mettere in ginocchio Ares, atto mai compiuto nemmeno dai titani, ma caddero nell’inganno di Artemide che, tramutata in cerbiatta, fece in modo che si trafiggessero reciprocamente. E poi il terrificante Eurito contro Dioniso che rivolse contro l’antagonista il suo stesso impeto, facendolo caracollare in un crepaccio grazie al proprio tirso animato e all'effluvio ipnotico; il velocissimo Damiso chiamato a schivare una tempesta di frecce divine, Pallante dalla pelle impenetrabile contro Pallade Atena dallo scudo infrangibile, Ecate che intuì il punto debole di Clizio (legato al fuoco e al suo torace), Mimante per metà serpente bloccato dalla trappola di ferro fuso di Efesto…
Ma pressocché in ogni confronto fu decisivo Eracle: l’attacco o la tattica del Dio faceva scoprire le difese del Gigante e poi giungeva l’Alcide a finirlo con un colpo di clava o le frecce intrise del mortale sangue dell’Idra di Lerna.

I Giganti sopravvissuti, valutato l’andamento del match e buttato un occhio ai pronostici per il finale, misero da parte feralità ed istinti brutali, optando per una ritirata strategica. La virtuosa Atena, indignata da cotanta codardia, inseguì a lungo il più pericoloso tra loro, l’ardente Encelado: quest’ultimo si voltò, comprese che Eracle non c’era poiché loro due si erano allontanati da tutti e la Dea dall’Occhio Ceruleo era sola. La figlia prediletta del sommo Zeus sapeva che nessun’arma divina, nessun attacco diretto poteva salvarla. Va detto però che, non essendoci testimoni, avrebbe potuto gestire la diatriba in maniera non per forza confacente all'etichetta. Allora decise di accrescere le proprie dimensioni superando persino quelle del gigante, che però non avrebbe colpito direttamente: sollevò infatti un’immensa roccia vagamente triangolare con la quale seppellì il suo nemico… quella grossa grossa grossa pietra era la Sicilia! Ancora oggi si dice che Encelado, imprigionato nel suolo trinacre, sia causa delle attività vulcaniche di tale isola e che in particolare il suo respiro infuocato causi le eruzioni dell’Etna, il vulcano più attivo di tutto il vecchio continente.

Encelado nelle mitiche battaglie di Pantheon rappresenta un’unità paurosamente concreta, che gli altissimi punteggi di Attacco, Difesa e Vitalità rendono di gran lunga impressionante in corpo a corpo. I talenti sono quelli che avrebbe Godzilla: Blocco, Spinta Possente e Forza della Natura. I poteri peculiari, ovvero la Furia dell’Etna e la Vampa Rovente, lo rendono senza discussioni lo specialista degli attacchi ad area, visto che può contare su due opzioni d’offensiva speciale tesa ad devastare zone intere. Encelado incarna la quint’essenza della forza di sfondamento, ideale per penetrare anche da solo al di là di qualunque muraglia. Con lui in giro la cara Troia sarebbe durata pochino, altro che anni di guerra. Come se non bastasse è immune a tutti gli effetti della lava o del terreno arroventato, tipici delle regole speciali di alcuni scenari ma in particolare delle mappe dell’espansione Efesto: in quel contesto veramente non vede rivali e comunque, ovunque, può persino rendere impossibile la protezione reciproca tra alleati tramite il talento Guardia: come puoi difendere qualcuno interponendoti se è l'aria attorno a voi che comincia ad ardere spietata?
Se il vostro avversario schiera Encelado, quando arriverà a corto raggio ve ne accorgerete. Ormai lo sapete, compagni d’arme, contro questi nemici non conviene ammassarsi in quantità, offrendo troppi bersagli contemporaneamente, soprattutto quando il nemico somiglia ad un vulcano che erutta. Encelado va fiaccato il più possibile prima che vi investa col suo magmatico rancore. E non parlo solo di giavellotti o frecce: occorrono i più significativi prodigi a lungo raggio e non badate al costo in carte Arte della Guerra! Quello che non pagherete in risorse prima per indebolirlo, lo salderete col sangue delle vostre armate: fatelo arrivare al primo impatto con la vostra linea difensiva già ferito e magari impegnatelo con una singola unità capace di imbrigliarne anche solo temporaneamente l’azione. Il limite di Encelado è la sua prevedibilità: con i punti reclutamento che sono occorsi per averlo in campo, il suo controllore lo farà avanzare sempre lungo il percorso più breve verso il proprio obiettivo, senza perdere turni preziosi. Nella vita quel che sai ti può ferire… ma è quello che non sai che potrebbe ucciderti (lo diceva uno che comunque è morto abbastanza male, è giusto precisarlo)

TIFONE
"Mi stavo chiedendo... chi è il migliore”.
Maverick, Top Gun
Sono ormai parecchi mesi che parliamo di eroi, mostri, giganti, divinità e titani. In un’epoca in cui molto dell’affermazione dell’individuo o dei diversi regni si basa sulla propria superiorità nei rapporti di forza (c’è di tutto, da chi lo rivendica attraverso il possesso di oggetti di pregio a chi ha gareggiato al fine di appoggiare per primo i piedi sul suolo di Selene), anche in un gioco come Pantheon che permette di comporre armate potendo scegliere tra un notevole numero di unità, può venire spontaneo chiedere se ce n’è una smaccatamente ed evidentemente più forte di tutte le altre al di là di ogni discussione.
Sì.
C’è.
Gaia, era affranta. Zeus non si era rivelato un sovrano migliore del padre Crono e del nonno Urano. Giganti e Titani, tutti figli della Madre Terra, erano condannati ad un’eterna prigionia e al supplizio imposto dal Signore della Folgore. Inoltre quest’ultimo aveva eletto come sua dimora la cima del Monte Olimpo, al di là delle nuvole, più vicino al regno del Cielo, che era stato un tiranno, e così lontano da lei che aveva dato origine a tutto. Era stata dimenticata o peggio sottovalutata, lasciata a piangere il dolore della sua progenie. No, non sarebbe finita così. Avrebbe reagito. I suoi domini confinavano con il Tartaro, personificazione di quel perduto luogo di esilio e patimento per gli immortali: e proprio col Tartaro la Madre Terra giacque e si unì.
Tempo dopo un maremoto di proporzioni mai viste prima devastò la Reggia di Corallo: Poseidone, sovrano dei mari, era il più iracondo tra gli Olimpi; scovò il responsabile e scagliò il Tridente dei Mari contro di lui senza pietà o esitazione, per uccidere. Non andò molto bene: l’avversario si scrollò dal corpo la reliquia senza troppi patemi e poi investì Poseidone come un uragano; il Signore dei Mari venne abbattuto in un baleno e fu solo un suo servitore, Delfino, a salvarlo da una fine peggiore. La notizia della sconfitta di Poseidone fu seguita dal racconto di un qualcosa di immenso che si stava avvicinando alla costa, lasciando una scia di isole scomparse sul suo incedere. Ad attendere il suo arrivo, nemmeno fossimo in Pacific Rim o in una puntata di Neon Genesis Evangelion, si recarono Ares, Apollo e Artemide, Divinità della Guerra, del Sole, della Caccia e di tante altre cose: non avevano mai affrontato un singolo nemico in tre ma chiunque avesse annientato Poseidone non andava sottovalutato. Fu un tripudio di movimenti lesti, frecce letali, tattiche ispirate… un tripudio breve, perché il trio finì presto a mal partito senza riportare risultati significativi, riuscendo a malapena a ritirarsi sull’Olimpo. BOOM! BOOM!! BOOM!!! Il sommo Zeus si affacciò dalla terrazza presidenziale per capire chi stesse bussando ai piedi del monte.
Era Tifone.
“Tifeo aveva membra smisurate, era metà uomo e metà bestia. Aveva la testa d'asino, le ali da pipistrello ed era più alto della più alta montagna del mondo. Con le mani riusciva ad acchiappare le stelle e con le gambe riusciva ad attraversare il mare Egeo in quattro passi dalla penisola Ebea fino alle spiagge di Ilio. Sulle spalle aveva cento serpenti che invece di sibilare, a volte latravano come cani, a volte ruggivano come leoni. Ognuna delle gambe era formata da due draghi attorcigliati, orribili a vedersi che facevano capolino con le teste, da dietro le anche. La sua barba e i suoi capelli ondeggiavano al vento e dagli occhi fuoriuscivano lingue di fuoco e lui sputava di continuo massi incandescenti.”
Luciano De Crescenzo, Zeus - Le Gesta degli Dei e degli Eroi
Ora le descrizioni variano ma sono tutte di questa foggia, anche se c’è l’elemento ricorrente dei tentacoli. Non c’era mai stata una cosa terribile come Tifone. E sarebbe rimasta per sempre una delle più tremende, a giocarsi il podio con le barbarie perpetrate dall’umanità nella storia, alcune agghiaccianti, altre di carattere più sbarazzino come il Grande Fratello Vip, l’iniezione di liquidità della Banca Centrale Europea e l’invenzione del Monopoli.
“Ho sempre pensato che la World War Hulk sia stata un versione in salsa Marvel del mito di Tifone”.
Victor di Tor Tre Teste (meglio non indagare su quelle teste), fratello di spada capitolino di Sir Alric, un paio di ore fa mentre rimettevamo le miniature di Pantheon nelle scatole dopo una titanica scazzottata alle Termopili.
Gli Dei si guardano reciprocamente: potrebbero affrontare Tifone di concerto. Certo, tre di loro sono malconci, Poseidone è andato giù alla seconda ripresa ed è convalescente in quel di Atlantide, Estia e Demetra la buttano sul pacifismo e vanno ad annaffiare le piante… ma rimangono pur sempre dieci contro uno! Non possono perdere! Ci pensano un attimo e poi invece se la danno a gambe, trasformandosi in animali e scappando in Egitto dove, mostrandosi alle genti con quelle fattezze, daranno origine ai culti di quelle terre (una storia parecchio ambigua con ruoli-fattezze sorprendenti come Ade – sciacallo - Anubi, Ermes – ibis – Thot, Artemide – felina – Bastet ecc.). Afrodite, mutata in un pesce, si celerà infine tra le stelle del firmamento, dando origine alla dodicesima costellazione dello zodiaco.
L’unica divinità che non fugge e resta ferma ad attendere l’avversario è Pallade Atena, che redarguisce pesantemente il padre per la viltà! Allora Zeus, punto nell’orgoglio, torna indietro anche un po’ convinto che la figlia sempre fenomenale e ispiratissima abbia pure stavolta un piano inattaccabile. Rientra in scena proprio mentre la Dea si pone di fronte a Tifone sollevando l’Egida, lo scudo indistruttibile. Solo che il bersaglio di Tifone non è lo scudo, ma il corpo di Atena: la afferra e la scaglia in un altro continente non senza averle fatto sfondare con l’elmo tutto lucido una buona quantità di colonne, pareti della reggia e montagne. Zeus, che per quella figliola stravede, mette tutto se stesso con convinzione, fulmini, rabbia ed armi soprannaturali: brandendo la Falce di Crono, per la prima volta riesce a ferire il nemico. Ma Tifone è più grosso (chiunque abbia praticato discipline di combattimento sa quanto conti anche quello), più pesante e molto più cattivo. La storia prosegue in maniera horror: al Padre degli Dei vengono strappati i tendini, poi nascosti in un forziere, in modo che languisca nel dolore senza poter reagire. Ne accadono di cotte e di crude, Tifone continua a imperversare su ogni campo, anche in trasferta, segnando sempre almeno una tripletta a chiunque. A sparigliare le carte saranno i due più furbi, agili e furtivi tra i Numi, Pan ed Ermes, che mettono in atto un piano tutto articolato, basato sui loro poteri…
“Questa non è missione difficile, è missione impossibile. Difficile è una passeggiata per lei”.
Anthony Hopkins fa il simpatico con Tom Cruise in Mission Impossible 2.
… dicevamo, Pan ed Ermes che mettono in atto un piano furtivo e tutto articolato, basato sulle loro specializzazioni in rapidità, inganno e affini. La cosa funziona, Zeus si ritrova con i tendini al loro posto e può tornare a combattere: nel frattempo le Moire (o Parche, le tre entità che tessono il destino d’ogni essere vivente) hanno convinto con l’inganno Tifone a mangiare dei frutti maledetti che lo privano di parte della sua potestà; fa tutto parte di una strategia portata avanti dai vari Numi, preludio al rientro in scena del protagonista. Seguono scontri mirabolanti sul Monte Nisa e sui cieli della Tracia col Padre degli Olimpi che fronteggia Tifone a bordo del suo carro trainato da pegasi. Il duello finale avviene sopra la Sicilia: Tifone solleva l’isola, pronto a usarla contro Zeus proprio come Atena fece con Encelado, ma in quel preciso momento il più mirabolante fulmine mai scagliato dal sovrano celeste (il giocatore con i dadi ha tirato tutti 5) finisce dritto dentro la ferita causata al primo scontro grazie alla Falce di Crono, spezzando la resistenza di Tifone che cede, precipita e viene schiacciato dall’isola, proprio sotto l’Etna. Alcuni aedi narrano che il divino Efesto, impareggiabile fabbro delle leggende, avesse eletto quel luogo a propria forgia et laboratorio anche per vigilare sulla prigionia nella roccia del gigante Encelado ma soprattutto di Tifone.
Nel gioco da tavolo dedicato alle mitiche battaglie elleniche, Tifone semplicemente non è paragonabile a nessuno. In una Grecia in cui un Dio costa mediamente 6 punti reclutamento (Era dalle candide braccia ne costa 5 ma si fa scortare meglio degli altri) e un Titano 8, per avere lui tra le proprie fila occorre arrivare ad impegnarne ben 10! Ed ha anche una debolezza permanente, ovvero la Psicopatia: se non usa la sua devastante Tempesta quando attivato, chi lo controlla deve scartare una carta Arte della Guerra, altrimenti avanza verso l’unità più vicina e la attacca senza curarsi del fatto che possa essere un nemico o un alleato. Ma per il resto, per chi conosce il gioco, scorrere la sua scheda statistiche fa correre un brivido lungo la schiena: 6 carte attivazione e movimento pari a 3 rappresentano un dinamismo senza paragoni in tutto il Creato! Un potenziale di 10 in attacco, reso letale dal Tormento, perché le raffiche gelide rendono meno efficaci corazze e protezioni. Vitalità 12 concretizza in numeri la sua immensità! I talenti Forza della Natura e Spinta Possente non potevano mancare. E infine la Tempesta cui accennavamo pocanzi, che per due carte Arte della Guerra gli permette di spostarsi di 3 aree senza doversi fermare quando entra in zone occupate dai nemici, per poi investire tutte quelle che ha attraversato col fragore dell’uragano! Parliamo ovviamente di un prodigio unico in tutto il gioco. Per completare il quadro, Tifone vola!

L’abuso di punti esclamativi ha fatto capire che affrontare consapevolmente Tifone significa avere ben chiaro quale sarà il nostro catastrofico problema. Quando lui è in azione sono più le eccezioni che gli approcci e le valutazioni usuali: sembra quasi un altro gioco. Ragioniamo insieme su come arginarlo. In Pantheon spesso le armate sono costituite da meno di venti punti reclutamento: Tifone rappresenterà il grosso dell’esercito nemico e per nutrirne l’azione al nostro avversario serviranno diverse carte Arte della Guerra. Qualunque prodigio che possa influenzare la pesca sarà ben accetto, come anche tutto ciò che sia dedicato all’indebolimento di una singola unità: maledizioni, inganni, rallentamenti… quel che penalizza per bene un unico nemico, se usato contro Tifone varrà di più. Rallentarlo interponendo tante truppe leggerine potrebbe portare ad un inusitato massacro e nei manuali di tattica lo trovate alla voce suicidio. Riflettete sugli obiettivi di scenario e sugli omphalos, ma ricordate che l’irruenza di Tifone nel procedere sul suo sentiero di distruzione può portare anche ad isolarlo: concentrare tutte le vostre forze contro di lui, con varie serie di attivazioni messe in sequenza grazie ad Atena (Core Box) o Agamennone (espansione Eroi della Guerra di Troia), può costituire una via per salvarvi se sta puntando a trionfare attraverso deicidio. Il ciclope Acamas (espansione Efesto), con la sua corazza quasi inscalfibile, o il colosso Talos (espansione Efesto) e la sua difesa impareggiabile, possono resistere più di altri a cotanta furia. Le catene di Andromeda (espansione Poseidone) risultano utili per rallentarlo solo di un sospiro ma almeno a costo bassissimo, mentre Autolico (espansione Era) andrebbe ad accelerare una vostra pianificazione tutta incentrata sul lesto recupero degli omphalos. La Sentenza di Esilio di Eaco (I Giudici degli Inferi) è l'extrema ratio per allontanarlo il più possibile proprio nel turno decisivo del conflitto. Se riuscite a farlo rimanere a corto di carte Arte della Guerra, la Psicopatia potrebbe farlo rivolgere contro qualche alleato. Tuttavia non è mai una strategia semplice da attuare, vista la pressione pesantissima che porta sin dalle prime fasi dei conflitti codesta colossale aberrazione. Fate attenzione agli alleati che hanno facoltà di guarirlo o di fornirgli dei vantaggi: nel caso sappiate spiegar loro a forza di frecce e cariche come sia poco educato nei vostri confronti rendere ancora più letale qualcosa che già di suo è un anatema. Chi semina vento, raccoglierà tempesta!
E Giove, poi che armò l'ira sua, poi che l'armi ebbe prese, | il tuono col baleno, col folgore fumido ardente, | con un gran lancio un colpo scagliò dall'Olimpo; e le teste | intorno intorno tutte bruciò di quell'orrido mostro. [Tifone] | E quello, poi che fu domato, spezzato dai colpi, | piombò giú mutilato, die' gemiti lunghi la Terra. | Ed una vampa sprizzò dal Dio folgorato percosso | nelle selvose convalli dell'Etna tutto aspro di rupi.
Esiodo, la Teogonia
L’ULTIMA CACCIA DEI TITANI
Campagna di lunghezza media, composta da cinque scenari. Concepita per essere giocata esclusivamente in modalità solitario o cooperativa a due partecipanti. Richiede, oltre all’Ascesa dei Titani, il Core Box di Pantheon ed il Dio Apollo, contenuto nel Pandora’s Box.
Nel caos successivo al Cataclisma, i Titani scomparvero nel nulla. La catastrofe che aveva ridotto in cenere il Monte Olimpo probabilmente li aveva distrutti, dato che erano i più vicini al punto di deflagrazione originato dalla collisione tra i loro poteri e quelli rivolti contro di loro dagli Dei. Eppure non erano stati rinvenuti i loro resti. Nei mesi successivi nulla era accaduto che potesse fornire un indizio sulla loro sorte. Ma ora, dalle profondità dell’Oltretomba, si odono rumori inquietanti come se qualcosa di immenso si agitasse nelle tenebre. I Titani sono forse ritornati?
Questa campagna è articolata in cinque scenari da giocare tassativamente nell’ordine prestabilito. In ciascuno dei primi quattro l’antagonista è un singolo Titano che viene attivato da regole comportamentali di intelligenza artificiale a lui dedicate ed esposte nel manuale. Ad affrontarlo sarà di volta in volta un differente esercito predefinito, guidato da due Divinità e diviso in altrettanti schieramenti da assegnare ai partecipanti in caso si stia giocando in cooperativa di coppia, mentre ovviamente saranno entrambi sotto il controllo dell’unico giocatore nell’eventualità che la campagna sia disputata in solitario. La vittoria o la sconfitta in ciascuno dei primi quattro scenari fornirà vantaggi o svantaggi specifici nell’ottica del capitolo finale, il quinto, che decreterà l’esito della campagna e il destino dei Numi e dell’umanità.
Il fulmine e il lampo erano ai suoi ordini. L'aquila e la quercia i suoi emblemi, simbolo, ora come allora, di una fiera grazia e di un potere invincibile. La sua parola era legge, la sua autorità formidabile. Ma [Zeus] non era perfetto. Era molto, molto lontano dall'esserlo.

Nel primo capitolo, Un Tetro Presentimento, il sommo Zeus e la sua figlia prediletta, Pallade Atena, si recano nell’Oltretomba per comprendere cosa stia causando il sussulto delle terre e quei terribili fragori udibili persino alla luce del sole, accompagnati da Eracle e Leonida, portando con loro anche il Minotauro e una gran quantità di coraggiosi soldati. Presso la Porta dell’Inferno però avviene la peggiore di tutte le imboscate: ad attenderli, proprio sulla soglia, c’è Tifone che di Dei vuole fare strage. Nulla sembra poter rallentare Tifone, nulla può scalfirlo. Tuttavia Atena ricorda che molto vicino, oltre le acque dell’Acheronte (la mappa è quella dello Stige), è custodita la Falce che Zeus strappò al padre Crono, ma solo il Signore della Folgore potrà brandirla: essa forse sarà in grado come in passato di infrangere l’invulnerabilità di Tifone, permettendo poi ai sopravvissuti di ferirlo…
Nel secondo capitolo, La Maledizione dei Padri, il potente Zeus prova a seguire le tracce di Tifone nonostante le ferite subite, ma viene sorpreso da suo padre, il titano Crono, illeso! Quest’ultimo lo cattura e lo trascina nelle viscere del Tartaro. Atena dall’Occhio Ceruleo vuole salvarlo, tuttavia è conscia di non potercela fare da sola: chiama quindi in aiuto Ade, Sovrano degli Inferi, che adirato per il caos scatenato dai Titani proprio nel suo regno, raduna un esercito di dannati e conduce la nipote insieme ad opliti ateniesi e fiere amazzoni nel luogo ove erano originariamente imprigionati i Titani. Ma un nuovo trabocchetto è stato congegnato ai danni degli Olimpici: le gabbie adesso ospitano il Padre degli Dei e due suoi figli, il Dio del Sole Apollo e quello della Guerra Ares. Crono esce dalle ombre: ora che anche Atena ed Ade sono stati attirati in trappola, il Padrone del Tempo potrà prima finire i divini ostaggi, non più utili come esche, per poi abbattere i nuovi arrivati…
Le virtù personificate da Atena sarebbero diventate le somme qualità della grande città-stato che da lei prese il nome: Atene. Dalla madre Meti ereditò saggezza e perspicacia. Possedeva abilità manuale, guerriera e politica. E pure legge e giustizia. L'apparente gentilezza di quegli occhi grigi celava un ideale nuovo, in cui la forza fisica si univa a quella del carattere e della mente. Non era saggio farla arrabbiare. E oltretutto, se mandavi in collera lei, mandavi in collera Zeus, che stravedeva per sua figlia e la considerava infallibile.

Nel terzo capitolo, Natura Oscura, gli Dei si radunano dopo il confronto con Crono e chiamano a raccolta nuove forze. Forse qualcuno di loro ha riportato danni permanenti a causa del Signore del Tempo o delle Gabbie del Tartaro. Ma forse Zeus è riuscito a ritrovare e nascondere la Falce Inarginabile, potendo tenerla in serbo per lo scontro ultimo. Qualcuno dei Titani ne frattempo ha aperto una breccia per i Campi Elisi, il luogo nel quale dimoravano dopo la morte le anime di coloro che erano amati dagli Dèi, ove si recano quindi anche Ade Sire dei Defunti e Atena custode di Nike per svelarne le intenzioni. Al sommo Zeus ed Ares Distruttore invece spetterà l’alto ufficio di arginare la furia di Gaia, incarnazione della Madre Terra: costei sembra non voler affrontare i due Numi, ben più concentrata nel fare a pezzi i dannati e i guerrieri infernali cui il cupo Ade aveva ordinato di riedificare le aree devastate: la pervicacia con la quale Gaia agisce fa dedurre agli Dei che quei dannati giocano un ruolo fondamentale nella storia e debbono essere difesi ad ogni costo.
Nemmeno a dirlo, Ares - Marte per i Romani - era tutt'altro che intelligente, anzi era del tutto privo di fantasia e di un'ottusità monumentale, poiché, come tutti sanno, la guerra è stupida. Ma Zeus, seppure controvoglia, decise di accoglierlo nell'Olimpo. La guerra sarà anche stupida ma è inevitabile, a volte - si può dire? - persino necessaria.

Il quarto capitolo, la Battaglia dell’Isola Bianca, è ambientata nel sacro palazzo dell’Elisio ove Achille ha riposato per molto tempo, dopo la sua morte a Troia, come tributo per l’impareggiabile valore mostrato in vita. Pallide ricompense per un uomo d’azione, la pace ed il silenzio. Ma, tornato nel mondo dei vivi a seguito del Cataclisma, il Pelide non è più qui. Nemmeno pace e silenzio, se è per questo. Ora le sale dell’Isola Bianca, rappresentate dalla mappa del Labirinto, sono devastate da lava, fiamme ed esplosioni: a causarle è Encelado, il Gigante dell’Etna, il quale sta officiando un abietto rituale teso a rendere l’aria attorno al suo corpo più rovente ed irrespirabile ad ogni istante, assorbendo quella purissima dei Campi Elisi. A tentare di fermarlo saranno i poteri ultraterreni di Ade, che ha evocato Cerbero e l’Idra, come pure le doti strategiche di Atena, che ha puntato tutto sulla combinazione della genialità di Ulisse con la velocità soprannaturale di Atalanta.
"Chi dice che l'inferno è nell'aldilà
conosce male l'aldiquà".

Nel quinto capitolo, la Titanomachia Finale, ha luogo lo scontro definitivo: Gaia, Crono, Encelado e Tifone si scatenano contemporaneamente presso la Porta dell’Inferno ove tutto è iniziato; contro di loro si pongono coalizzati Atena, Ares, Ade e Zeus. Apollo li sostiene dalle rupi, fuori dalla mappa, con la prodigiosa melodia della sua soprannaturale cetra. Se ad Encelado non sarà stato impedito di completare il rituale nell'Elisio, gli attacchi del gigante dell’Etna e degli alleati a lui più vicini saranno violenti come centinaia di eruzioni magmatiche concentrate in un maglio. Guerrieri Infernali sopravvissuti a Gaia avranno approntato il terreno del conflitto per fornire vantaggi tattici agli Olimpici. Sarà il momento per capire quanto Apollo e gli altri Dei sono stati debilitati da quanto è accaduto nel Tartaro ed anche se Zeus può disporre della Falce da contrapporre a quella del padre.
Apollo era il signore della matematica, della ragione e della logica. La poesia e la medicina, il sapere, la retorica e la rivelazione erano il suo regno. In buona sostanza, era il dio dell'armonia. Il concetto che il mondo materiale e i suoi oggetti ordinari avessero proprietà dei quadrati, dei cerchi e delle sfere, che nella modulazione e nei ritmi perfetti di una voce o di un ragionamento. Chi possiede il dono, nelle cose più comuni può leggere il destino. E Apollo lo possedeva in abbondanza, e insieme un'assoluta incapacità di mentire. Era naturale che gli venissero affidati anche oracoli e profezie. Apollo non mente mai, però non dà mai una risposta diretta, anzi si diverte a rispondere con un'altra domanda o un indovinello così oscuro che ne capisci il senso quando ormai è troppo tardi per tenerne conto.

Questa campagna presenta tre possibili epiloghi: la sconfitta degli Dei con la caduta di tutti e quattro quelli scesi apertamente in campo contro i titani; la vittoria parziale degli Olimpici, con uno o più di loro caduti; o il trionfo definitivo, con tutti i Numi sopravvissuti all’epico confronto.
La campagna “L’Ultima Caccia dei Titani” annovera altresì tre difetti: innanzitutto se intavolata più volte è ripetitiva, visto che non è possibile variare nulla degli schieramenti preimpostati; il secondo problema è costituito dal non poter essere giocata da più di due partecipanti; infine va puntualizzata la sua estrema facilità, che ai tempi dell’uscita la rendeva più adatta per apprendere il gioco, alle prime partite, senza però costituire minimamente una vera sfida nei confronti del condottiero più esperto. Tuttavia l’attuale campagna di raccolta fondi per Ragnarok comporterà anche una revisione di tutti i manuali e delle campagne contenuti nelle espansioni grandi di Pantheon, che arriveranno ai sostenitori automaticamente rivisti, migliorati ed aggiornati. Proprio per questa campagna sono stati promessi dei cambiamenti nella direzione dei vari pareri ricevuti in questi anni e si paventa che riguarderanno tanto un ventaglio di opzioni o quantomeno la ricalibrazione per quanto riguarda il livello di difficoltà (questo è praticamente certo), quanto la possibilità di effettuare qualche modifica a livello di schieramenti alternativi (ma questo non è stato confermato).
I sostenitori della prima ora che dovessero già possedere una copia dell’Ascesa dei Titani, sia essa della prima edizione o della 1.5 con le schede statistiche aggiornate, possono ottenere anche i manuali cartacei e le campagne revisionate facendo propri i “MBP Revised Booklets” per quindici pezzi d’oro.

LE CONCLUSIONI DEL TITANICO SIR ALRIC
Un tempo l’espansione l’Ascesa dei Titani era apertamente consigliata a coloro che volessero giocare in modalità solitario-cooperativa, visto che a parte alcuni scenari del Core Box e uno del Compendium, vi erano poche possibilità per cimentarsi nelle Mitiche Battaglie Elleniche senza competere con un avversario umano. Ed era sconsigliata agli amanti delle schermaglie a sessione individuale, perché priva di nuove mappe e truppe semplici (fondamentali per la varietà delle partite a battaglia singola) e perché l’impossibilità di schierare un Titano contro un Dio faceva sì che si utilizzassero queste unità eccezionali solo una volta ogni tanto.
Adesso però opporre un Dio ad un Titano è concesso dalle regole, ergo i colossali protagonisti di quest’espansione vedranno di più il tavolo rispetto a prima. Mentre dal punto di vista del gioco in solitario e cooperativo, sono già disponibili le prime anticipazioni sul sistema Nemesi che permetterà di cimentarsi in questo modo con una gran quantità di scenari tematici e soprattutto schermaglie sempre differenti anche senza possedere l’Ascesa dei Titani. A Castel Farrow abbiamo provato le attuali e provvisorie regole Nemesi che, rispetto al primo rilascio, sono già state raffinate non di poco pur nella loro incompletezza, con spiegazioni dettagliate dei comportamenti di ciascuna unità che vengono progressivamente testate e stilate. Pantheon resta un gioco fondamentalmente competitivo, però l’adattamento concepito mediante il sistema Nemesi sembra molto meno forzato di automatizzazioni poco credibili concepite per altri giuochi.
Il leale Sir Alric non si sente di consigliare l’Ascesa dei Titani come prima espansione grande da prendere, perché è troppo cruciale, volendo appunto ragionare di ampliamento dell'arsenale ellenico, sceglierne prima almeno una che aggiunga delle mappe e delle truppe semplici (come Efesto, Era e Poseidone). Lanciatevi subito sui Titani solo se la vostra priorità è godervi la campagna dell’Ultima Caccia da soli o con un vostro sodale, considerando che con i recenti aggiornamenti verrà ulteriormente migliorata e resa più sfidante, o se siete affascinati dalla possibilità di schierare in battaglia le creature più potenti del gioco e della Grecia intera.
DAL CAOS ALL’UOMO PASSANDO PER TITANI E DEI
Dietro la leggenda spesso c’è una verità storica. Ad esempio la Gigantomachia è la narrazione epica ispirata dai primi conflitti tra gli elleni e le popolazioni straniere originarie del settentrione, contraddistinte da una struttura fisica più imponente. Inoltre la maniera in cui il Dio viene descritto rispetto alle entità primigenie che diedero forma al creato, più che del folclore legato alle storie tradizionali ci insegna qualcosa del rapporto tra le popolazioni antiche e la loro fede, giudicate voi quanto più o meno sano, evoluto o consapevole rispetto ad alcune forme di culto odierne:
I Greci non erano succubi dei loro dei. Si rendevano conto del loro fatuo bisogno di essere supplicati e venerati, ma restavano convinti che gli umani fossero sul loro stesso piano. Risulta chiaro, dai miti, che chiunque avesse creato questo mondo sconcertante, con le sue crudeltà, le sue meraviglie, i suoi capricci, la sua bellezza, le sue follie e le sue ingiustizie doveva esser stato altrettanto crudele, meraviglioso, capriccioso, bello, folle e ingiusto. I Greci crearono gli dei a propria immagine e somiglianza: bellicosi ma creativi, saggi ma spietati, amorevoli ma gelosi, teneri ma brutali, pietosi ma vendicativi.
La sfida del raccontar di Creazione, Titani e Giganti, il prode Sir Alric non l’ha affrontata da solo. Più e più volte lungo il testo mi sono avvalso delle parole tratte dalla Teogonia di Esiodo e da Mythos di Stephen Fry. Tra noi tre credo di essere il meno esperto e valente nella narrazione, ma invero, pur nel mio estremo rispetto per l’antichità e i saggi del passato, ritengo che il più geniale del trittico sia l’altro cavaliere, a parte me, ancora vivente. In molti conoscono Stephen Fry come attore (Gosford Park, Sherlock Holmes - Gioco di ombre, V per Vendetta, Wilde… ove ovviamente interpretava Oscar), altri per il talento mostrato come comico, regista, doppiatore e frammento unico del mosaico teatrale albionico. Ma oggi ne parlo soprattutto perché il buon Stephen scrive come pochi; a chi desidera avvicinarsi alla mitologia greca, io consiglio di norma i classici oppure I Miti Greci di Robert Graves. Ma a chi mi chiede del mio libro preferito in assoluto per quanto riguarda questo tema, io indico sempre Mythos di Stephen Fry, perché è pensato e scritto veramente molto bene. La maggior parte delle citazioni che arricchiscono codesta disamina vengono da lì e il mio intento era ed è di celebrarne l'autore come merita.
Tuttavia l’ultima riflessione la prendo per me.
Le leggende raccontano del Cielo, Urano, spodestato da suo figlio Crono, il Tempo, che a sua volta verrà detronizzato dalla sua progenie, Zeus, la Folgore. Chi era ossessionato dal potere finendo per temere i propri discendenti, ha perso il potere proprio per loro mano. Certo, a volte le paure sono esse stesse artefici della loro concretizzazione. Questo non ci deve far concentrare solo su rapporti di ostilità all’interno delle sfere familiari: il vero insegnamento trasmesso dei Greci in questo senso riguarda il processo di autodeterminazione; all’alba della vita, i genitori sono le nostre Divinità. Parte del processo di una crescita sana, solida, è la capacità di assorbire i validi paradigmi delle tradizioni precedenti, sapendo però plasmare noi stessi ed il nostro destino in un quotidiano che è prima di tutto nostro, perché sempre differente dal passato è l’epoca che ci vedrà protagonisti della nostra esistenza: il Cielo di Anassimene è fisso e immutabile, il Tempo di Eraclito scorre perpetuo attraverso le sue fasi ed ere, ma sono state la folgore e la scintilla di Einstein a permettere all’uomo di scoprire un nuovo fuoco Prometiano: e di padre in figlio, questa ciclicità ci sussurra il valore dell’equilibrio costituito dal prendere lo slancio sulle solide basi fornite dagli antenati per spiccare noi, e solo noi che possiamo farlo oggi, il balzo della nostra affermazione atto a declinare le sorti del presente, dell'epoca corrente, sapendo poi un domani divenire sprone, spinta e ispirazione, ma mai giogo, per altri quando sarà giunto il momento loro e non più nostro.
Da guerriero a guerrieri,
scegliete qualcosa in cui credere
e in vita di ciò siatene Titani.
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