Lo stato della critica

Ale Friend

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Concettualmente d'accordissimo con questi ultimi spunti. Eppure qualcosa non mi torna. Nel senso che un simile bagaglio di conoscenze e competenze non si sviluppa molto agevolmente: la statistica a livelli più strutturati che l'infarinatura base base gravita solo negli indirizzi matematici/scientifici. Lo sguardo filologico e interpretativo più a indirizzi artistici / letterari. E poi sarebbe interessante anche l'aspetto dell'Estetica e della Psicologia...

Ci vorrebbe come già detto una accademia di critica e design per mettere insieme un tale bagaglio. Sbavo solo a immaginarla. Ma non ci sono gli interessi commerciali e socioculturali per concepirla al momento, e restando all'autoapprendimento quante possibilità ci saranno di avere figure che racchiudano tanto bene sia una vena matematica che una umanistica?

Si ritorna al discorso che con questo contesto è (forse?) impossibile.

Da cui si ritorna al discorso che si possa dunque agire dal basso, auspicando che la persona si aggiorni continuamente (dove con "si aggiorni" intendo vada a studiare proprio quello fra i due rami che non conosce. Matematica/statistica se umanista, psicologia e scienze umane se matematico.)

Auguriamoci dunque la migliore onestà intellettuale, a volte ci sarà a volte no, consapevoli che al momento non si possono avanzare pretese né ci si possano aspettare cose che non hanno plausibilità. Altrimenti restiamo al "mancano tali presupposti" senza rispondere al "ok quindi che si fa?"

E questo sarebbe a mio avviso un andare fuori fuoco se vogliamo vedere a che punto sta la critica e come potrebbe migliorare
 

nakedape

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Ale Friend":hk94rqox ha scritto:
Sbavo solo a immaginarla. Ma non ci sono gli interessi commerciali e socioculturali per concepirla al momento, e restando all'autoapprendimento quante possibilità ci saranno di avere figure che racchiudano tanto bene sia una vena matematica che una umanistica?

Hai presente l'architettura? :pippotto:

Esistono fior di umanisti con ottimi background scientifici e viceversa. Per non parlare della psicologia, che ha pure basi statistiche non indifferenti.
 

Ale Friend

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nakedape":2orhbm4h ha scritto:
Ale Friend":2orhbm4h ha scritto:
Sbavo solo a immaginarla. Ma non ci sono gli interessi commerciali e socioculturali per concepirla al momento, e restando all'autoapprendimento quante possibilità ci saranno di avere figure che racchiudano tanto bene sia una vena matematica che una umanistica?

Hai presente l'architettura? :pippotto:

Esistono fior di umanisti con ottimi background scientifici e viceversa. Per non parlare della psicologia, che ha pure basi statistiche non indifferenti.
Assolutamente Nake, ma sono troppo pochi per quanti ne servano. Studio proprio questi giorni che anche nella calibrazione di questionari per sondaggi su competenze a lungo termine negli adulti e efficacia dell'apprendimento dei ragazzi, beh, serve un po' una caccia alla mente che unisca i due bagagli.
Ho capito che non devo darlo per scontato
 

mcrally

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nakedape":372np7fq ha scritto:
Un critico non "boccia" o "promuove"...

Un critico "boccia" e "promuove"! Eccome se lo fa! Lo fanno tutti i critici. Non dico che lo facciano tutti consapevolmente e palesemente (anche se qualcuno a mio avviso si) ma è inevitabile che questo succeda. Un critico viene considerata una fonte autorevole e vuoi o non vuoi i lettori tendono ad affezionarsi a ciò che dice il critico anzichè al materiale osservato. Vuoi o non vuoi chi poi fa un film o una musica (o un GdT nel nostro caso) può sentirsi in soggezione e si sente di dover a tutti i costi cercare di soddisfare i parametri richiesti dalla critica per cercare di sfornare il prodotto che piacerà. È inevitabile che questo può bloccare in alcuni casi la creatività. Pur vero che può in altri casi elevarla.

Non voglio passare per quello che generalizza come sostiene qualcuno qui dentro. Me ne guardo bene. Ci sono professionisti che sanno fare il loro lavoro. Ma quoto in pieno il pensiero di Mod_XXII che è riuscito a esprimere quello che forse non sono stato capace di fare io.
 

Ale Friend

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Quello di cui parla nake è sicuramente il Signor Critico, e capisco benissimo quello che dice (anche se ho ricordi esemplari solo su musica arte e letteratura, per mia cultura). Però è vero che nella quotidianità spesso la critica si distorce in un dare il voto, promuovere e bocciare.

Poi si apre un altro discorso: la critica distorta certamente è deleteria e ostacola, ma chi crede nella propria innovazione ci prova pure fregandosene, e qui sta alla tempra e determinazione dell'innovatore... Perché se ha avuto una intuizione felice può arrivare a vedersi riconoscere.
 

linx

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mcrally":3s8unrsv ha scritto:
Un critico viene considerata una fonte autorevole e vuoi o non vuoi i lettori tendono ad affezionarsi a ciò che dice il critico anzichè al materiale osservato. Vuoi o non vuoi chi poi fa un film o una musica (o un GdT nel nostro caso) può sentirsi in soggezione e si sente di dover a tutti i costi cercare di soddisfare i parametri richiesti dalla critica per cercare di sfornare il prodotto che piacerà. È inevitabile che questo può bloccare in alcuni casi la creatività. Pur vero che può in altri casi elevarla.
Questa è un'affermazione che mi piace moltissimo è che merita un esame attento.
E' vero che una grande cultura ludica aiuti un autore a sfornare un prodotto eccellente; a creare qualcosa che non caschi negli errori già compiuti e a sfruttare al meglio le soluzioni del passato per risolvere i problemi che incontra nel suo lavoro.
Altrettanto vero però che la conoscenza dei giochi esistenti porta spesso gli autori ad appoggiarsi sulle solite solide basi e soluzioni per riprodurre quello che hanno in mente. E a cercare, anzi, quell'unico particolare che vari il motore di gioco attorno a cui poi far girare tutto nella maniera consueta (vedi Feld, ad esempio).
Un autore non ludicamente acculturato e il suo ardire potrebbe invece portare qualcosa di nuovo (vedi Tragedy Loopers) e sorprendentemente funzionante... purché non si appoggi invece a quel poco di cultura ludica che possiede producendo l'ennesimo Monopoly a tema :piange:

Quest'ultimo rarissimo tipo di autore però è molto difficile sia castrato nella sua spinta artistica dalla critica ludica: se non ha cultura ludica sicuramente è ben lontano dal poter aver letto qualcosa di critico prima. E l'avvicinarsi a posteriori ad una critica lo aiuterebbe invece ad affinare anche la sua esperienza, con cui limare le sue idee genialmente diverse.
 

steam

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Leggo volentieri ma non ho molto da dire. Unica cosa che vorrei far notare ( forse mi sbaglio) è che la critica tende a dare dei "canoni" che poi vanno rispettati per rendere un gioco "bello". E qua secondo me un po limita le cose, perché se è vero che ad esempio l eliminazione giocatore è considerato un difetto sempre e comunque è anche vero che alcuni giochi moderni la implementano ( secret hitler, clank alla fine) e può essere pure apprezzata per il pathos che aggiunge ad un gioco..

Stesso discorso per i componenti monouso dei giochi legacy.. A quale critico sarebbe mai venuto in mente di mettere come pregio il fatto che un gioco sia mono uso? Eppure per pandemic legacy è così ed è pure un pregio..

Insomma in soldoni, il fatto che la critica tenda a dare dei canoni in un certo senso limita lo sviluppo del gioco..

Infine un ultima considerazione. Più che UN critico, essendo il nostro hobby composto da opere che vanno valutate in gruppo, ci vuole UN GRUPPO di critici. Insomma, più che una figura unica, qua ce ne vorrebbe una pluralità. Per questo lo vedo ancora più difficile..
 

nakedape

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steam":3ijberxa ha scritto:
Stesso discorso per i componenti monouso dei giochi legacy.. A quale critico sarebbe mai venuto in mente di mettere come pregio il fatto che un gioco sia mono uso? Eppure per pandemic legacy è così ed è pure un pregio..
Insomma in soldoni, il fatto che la critica tenda a dare dei canoni in un certo senso limita lo sviluppo del gioco..

Guardate che l'arte è andata avanti anche grazie alla critica, la quale non è composta da ciechi burocrati incapaci di riconoscere l'innovazione. Anzi, giusto qualche pagina fa si temeva addirittura l'opposto.

L'arte senza innovazione diventa folklore. Piatta rievocazione delle solite cose.
 

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Interessante discussione, e stimolanti tutti gli interventi.
Penso sia importante sottolineare quanto già detto da alcuni riguardo l'oggetto della critica.
Il gioco da tavolo mi sembra avere, a differenza di altri prodotti culturali, delle caratteristiche di fruizione ostiche per raggiungere livelli di approfondimento tali da permetterne una analisi critica professionale.
Qualcuno ha già fatto notare come servano più partite per capire un gioco da tavolo, numeri direttamente proporzionali alla complessità del gioco. Il problema del tempo di approfondimento mi sembra molto più marcato rispetto ad altri oggetti specifici (un disco, un film, un vino, ecc.).
E' stato poi fatto notare l'aspetto della socialità, dove per fruire di un gioco da tavolo è necessario essere in più persone. E possibilmente tutte orientate verso un approccio critico nei confronti della partita. Si aggiunga inoltre la necessità di più partite in tutte le configurazioni di giocatori che il titolo supporta.
Queste caratteristiche complicano l'approccio professionale all'oggetto di una critica, come già detto, allo stato embrionale (e non retribuita).

Altra questione. Nel post iniziale viene usato più volte il concetto di arte. In effetti forse è quello l’orizzonte dove guardare per avere un iniziale stimolo a considerare il mondo dei GdT realmente “pronto” per un certo “salto culturale”.
C’è un fatto fondamentale da tenere in considerazione riguardo l’arte: a partire dai primi del 900 l’arte ha oltrepassato i confini classici e moderni (la tela, la scultura, il museo, ecc.) per riversarsi nel quotidiano. L’arte contemporanea è fatta di performance, di opere site site-specific, di decontestualizzazioni, ecc. Di più, vengono - dalla critica - “elevati” a opere d’arte anche prodotti non creati da artisti: alcuni film, alcuni videoclip, alcuni edifici, alcuni dischi, ecc.
La critica d’arte è forse quella con gli strumenti più affinati per capire se un certo ambito culturale ha raggiunto una notevole “maturità” e “dignità”. Voglio dire che forse - è un’ipotesi - nel momento in cui anche un gioco da tavolo sarà considerato dalla critica d’arte alla stregua di un’opera d’arte, quello sarà il momento del salto culturale definitivo.

Per ora, rimanendo con i piedi per terra, penso sia imprescindibile lo sviluppo di una critica specializzata, con un minimo di produzione teorica a supporto. Non facile, considerando quanto detto nel primo paragrafo, ma possibile.
Quello che alcuni recensori fanno con competenza (pochi nel «gigantesco rumore di fondo» dei numerosi personaggi scarsamente informati che si trovano in rete) potrebbe costituire una solida base per approdare a una critica di livello.
 

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L'ultimo articolo letto sull'argomento, intercettato via reddit. Niente di super approfondito, ma giusto per aggiungere un voce e confermare che ci stiamo arrivando: non al risultato finale, ancora lontano, ma a sentire l'esigenza di un salto di qualità, quello sì.
 

Harlan

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Un altro aspetto va considerato, e che sposta un attimo il focus della conversazione: moltissimi dei "reviewers" (ormai quasi tutti "youtubers") che vengono oggi selezionati per dare la propria personale opinione di un titolo vivono un insopprimibile conflitto d'interessi (cosa che non tange i portali italiani che consulto): ricevono sì le copie promo o omaggio dei giochi, ma per converso non ne parleranno mai male, pena essere tagliati fuori dai distributori - publisher quando è ora di distribuire copie omaggio. Infatti ultimamente noto un certo appiattimento verso la medietà, non sento mai nessuno fare un pelo la voce fuori dal coro o avere il coraggio di dire "questo gioco ha un grosso problema".
 

light faber

Babbano
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Un altro spunto di riflessione pubblicato sul sito CMON.

In sostanza l'autore si interroga se il gioco da tavolo sia arte oppure no.
Per rispondere a questa domanda argomenta in tre passaggi:

1. I film all'inizio non erano considerati arte, poi lo sono diventati, e alcuni film sono ora considerati prodotti artistici. Non tutti, ma alcuni sì (pur continuando ad essere anche prodotti commerciali, non ci deve per forza essere contrasto fra le due qualità)

2. Anche i videogiochi all'inizio non erano considerati arte, ma ora alcuni lo sono (ad esempio alcuni vg sono esposti al MOMA). E tuttavia alcuni critici rifiutano di assegnare lo status di prodotto artistico ai videogiochi a causa della loro interattività, che li priverebbe di una visione autoriale coerente. E qui l'autore dell'articolo comincia ad abbozzare la sua tesi, che è: un'esperienza interattiva è esteticamente significativa tanto quanto un'esperienza non interattiva (passiva? attiva? reattiva? qui si aprirebbe altro dibattito infinitamente affrontato nella storia dell'arte).

3. E qui va a battere la sua tesi finale: il prodotto gioco da tavolo non è valutabile solo dall'artisticità delle sue componenti (design, grafica, ergonomia, ecc...) ma dall'esperienza che crea fra i giocatori (in particolare lui intende esperienza narrativa, drammatica). E quell'esperienza, sostiene l'autore, è l'essenza estetica di un gdt. E la qualità di quell'essenza può renderlo un prodotto d'arte.



P.S. Come Harlan, anche a me piacerebbe molto vedere più severità nelle recensioni. Non parlo di quelle che leggo in tana, che sono sempre le mie preferite, ma parlo del mondo divulgativo là fuori, dove è palpabile la paura di esprimere giudizi netti e severi, e spesso se ne avrebbe un gran bisogno.
 

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Interessanti gli spunti critici.

Sottolineo solo che la severità si sprecherà e diventerà anche troppa se e quando la critica e il giornalismo ludico diventeranno un mestiere, prima di allora ci si.muove per lo più da una fan base di appassionati, quindi tendenzialmente favorevoli a ciò su cui dedicano video o articoli. (Poi però ci sta la community coi post i commenti e le opinioni)

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mistake89

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Non ho tempo ora di leggere, ma il punto 3. è proprio ciò che non dovrebbe essere la critica - ammesso che abbia ben interpretato quanto espresso.

Cioè un'opera d'arte è importante che venga valutata di per sè ed in relazione al contesto culturale, ma mai per ciò che suscita ( anche perché emozione e gusto sono una cosa talmente soggettiva e soggetta a molte variabili che non saprei cosa farmene. Per me ad esempio Beethoven sinfonico è noioso, ma questo non interessa a nessuno, se fossi un critico).

Sul resto ci devo pensare. Mi verrebbe da pensare che vg, bg siano più un prodotto di intrattenimento - come la maggior parte del cinema e della musica - perché poco radicati storicamente e (ancora) senza una tradizione storiografia.

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Thegoodson

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mistake89":yggug9iu ha scritto:
Non ho tempo ora di leggere, ma il punto 3. è proprio ciò che non dovrebbe essere la critica - ammesso che abbia ben interpretato quanto espresso.

Cioè un'opera d'arte è importante che venga valutata di per sè ed in relazione al contesto culturale, ma mai per ciò che suscita ( anche perché emozione e gusto sono una cosa talmente soggettiva e soggetta a molte variabili che non saprei cosa farmene. Per me ad esempio Beethoven sinfonico è noioso, ma questo non interessa a nessuno, se fossi un critico).

Sul resto ci devo pensare. Mi verrebbe da pensare che vg, bg siano più un prodotto di intrattenimento - come la maggior parte del cinema e della musica - perché poco radicati storicamente e (ancora) senza una tradizione storiografia.

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