Generale La storia della mia vita ludica a puntate

Coockhob

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5 anni con i Goblins! 10 anni con i Goblins! 1 anno con i Goblins! First reaction SHOCK!
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Prima puntata
Salve a tutti, forse ciò che sto per scrivere starebbe meglio su un blog, ma da un lato non ho voglia di aprirne uno, dall’altro almeno qui so che qualcuno mi leggerà e magari commenterà. Così, ho deciso di raccontare a puntate la mia storia di giocatore.
Ho iniziato a giocare nel giugno del 1990, subito dopo la fine della scuola. Usavamo la mitica scatola rossa della BECMI e cominciai con l’avventura del dungeon di Bargle, impersonando un ladro. Prima ancora, avevo letto qualche librogame qua e là, ma nulla di davvero sistematico.
Era un’epoca molto diversa da oggi: niente internet, niente smartphone. Per organizzare una sessione si doveva telefonare a casa degli amici (col telefono fisso, ovviamente), e spesso farsi accompagnare da un adulto. Avevo 10 anni e giocavamo a Basic D&D.
Dal 1990 al 1993, le nostre sessioni ruotavano attorno alle avventure Basic ed Expert. Le avventure Expert, spesso troppo difficili per il nostro livello, venivano adattate alla buona oppure giocate con personaggi pregenerati. Nei primi tentativi di homebrew, il master scriveva interi moduli completi di mappa, e solo poi li narrava. All’epoca non c’era ancora l’idea che il master avesse "risorse infinite": se in una stanza c’erano cinque orchetti che giocavano a dadi, sarebbero sempre rimasti cinque. Non si aggiungevano o toglievano mostri per motivi di trama o bilanciamento.
Del resto, arrivavamo da un background culturale fatto di videogiochi anni ’80 (spesso punitivi), librogame con le loro famigerate instant death e giochi da tavolo in cui perdere pezzi era normale. I giocatori si affezionavano ai loro personaggi, ma accettavano anche che potessero morire… E in effetti morivano spesso.
I master erano molto rigorosi su riposi, accampamenti, ordini di marcia, turni di guardia, ingombro, incontri casuali e tiri salvezza letali. Le instant death ispirate ai librogame non erano rare.
Per le ambientazioni si usavano quelle disponibili: il continente di Brun per Mystara, Havela per Uno Sguardo nel Buio… Mentre in Tunnel & Troll, fuori dal dungeon, c’erano giusto qualche taverna e un paio di negozi. I personaggi arrivavano al massimo al terzo livello, sia perché le campagne erano brevi, sia perché… Beh, non arrivavano vivi oltre.
Qualche volta ci facevano giocare moduli di livello alto con personaggi già pronti. Personalmente, preferivo Uno Sguardo nel Buio (la vecchia edizione E.L.), che trovavo più bilanciato, e Tunnel & Troll, che era molto più fluido da giocare. Ma erano gusti miei, e mi sono adattato a giocare anche gli altri giochi, che venivano visti più come divertissement che come esperienze da campagna. Una volta ho anche giocato una sessione de I Cavalieri del Tempio, che però piacque solo a me: gli altri non gradirono l’ambientazione storica.
Tutto filava liscio? Non proprio. C’era un giocatore che, quando faceva da master, faceva esplodere il dungeon se i giocatori "vincevano", e da giocatore cercava sempre di far morire i personaggi altrui. Ma erano tempi così.
A casa, non mi volevano comprare il manuale di D&D, avevo una sola cartuccia per il Game Gear, spendevo un patrimonio in gettoni nei bar e nelle sale giochi. A undici anni mi sono letto Il Signore degli Anelli, La Storia Infinita e tanti altri romanzi. Ai miei tempi, leggere almeno un libro al mese e scrivere il riassunto.
Ma nei GdR avevo già capito che non avrei mai interpretato un eroe alla Aragorn o Legolas: il mio destino era quello del buffo omino sghembo, generato casualmente, che provava a svuotare dungeon e tornare a casa vivo. Avrei voluto interpretare il Corpo Astrale ne I Cavalieri del Tempio, ma anche lì fui l’unico interessato.
E poi… L’eroe, quello puro e nobile, non era nemmeno contemplato da BD&D. Conveniva troppo essere Neutrali (o Caotici), più di una volta abbiamo persino usato le gemme e le monete per corrompere i mostri e salvare la pelle. Insomma, difficile immaginarsi Gandalf che dà una mazzetta al Balrog per essere lasciato stare! Ma nei librogame della collana "Alla Corte di Re Artù", la corruzione dei nemici era un’opzione reale e interessante e quasi tutti quelli che giocavano di ruolo allora con me li avevano letti. Credo che tutto questo, a modo suo, mi abbia insegnato il valore e il limite del compromesso: a undici anni iniziavo già a percepire che sopravvivere non è la stessa cosa che vincere… e che a lungo andare, quella via può anche uccidere la fantasia.
Nel novembre 1993 qualcosa cambiò: i master iniziarono a narrare in modo diverso. Ma di questo vi parlerò… Ci vediamo alla seconda puntata.

In certe discussioni su Reddit e su You Tube sembra che i giocatori fossero contenti di veder morire i loro personaggi, non è così, anzi, si attaccavano anche ai fili di fumo per farli sopravvivere, semplicemente se la prendevano meno quando, e non se, un personaggio moriva e dovevano rifare la scheda.
 
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Coockhob

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Seconda puntata
Salve a tutti e benvenuti alla seconda puntata della mia storia da giocatore.
Nel settembre del 1993 inizio le scuole superiori, e nel novembre dello stesso anno faccio la mia prima partita a GURPS.
Cosa succede in quel periodo? Inizio a vedere un cambiamento importante tra i miei amici giocatori e master: iniziano a leggere i romanzi ambientati nei mondi di Dragonlance e Forgotten Realms. Era un’epoca curiosa: AD&D non era ancora stato tradotto in italiano, ma i romanzi ambientati nei suoi mondi circolavano ovunque e venivano letti con entusiasmo.
Io, sinceramente, non sono mai riuscito a finirne uno. Non mi prendevano, e non ci avrei scommesso due lire, ma è innegabile che nella mia “bolla” abbiano avuto un forte impatto. Prima di allora avevo letto, con molta fatica, i romanzi di Gary Gygax ambientati a Oerth (pubblicati dalla E.L.). Greyhawk veniva tradotta come Falcovia. Non capivo quasi nulla, perché Gygax scriveva dando per scontato che il lettore sapesse già tutto del suo mondo.
Comunque, complice anche l’uscita della versione italiana di AD&D 2ª edizione (grazie alla Ripa), molti master iniziano a creare le proprie ambientazioni, i loro “piccoli mondi". Con blackjack e squillo di lusso? No, con PNG di spicco, relazioni complesse e trame personali.
Questi PNG non erano copie dei protagonisti dei romanzi, ma ne prendevano l’idea: personaggi ricorrenti, con legami tra loro. I moduli homebrew diventano più rari, anche per mancanza di tempo. I master ora si concentrano su canovacci narrativi e schede PNG molto dettagliate. Non c’era ancora una chiara divisione tra psicologia del personaggio e background, ma bastavano un po’ di aggettivi e una storia accennata per dare profondità.
Il problema? I PNG, creati con le stesse regole dei PG, morivano facilmente. E i PG… Continuavano a morire come mosche. In una campagna per BD&D con i moduli Companion, un master arrivò addirittura a inventarsi un Vampiro Gargantua solo per ottenere un bel TPK.
Per evitare che i PNG importanti morissero subito, si cominciò a “doparli” con tanti livelli e caratteristiche alte. Intanto, il master prende coscienza del fatto che ha risorse infinite: non più mappe e stanze predefinite, ma eventi e tesori decisi in base al bisogno della narrazione. Alcuni master facevano trovare pochissimo e ti punivano se ti accampavi male. Altri erano più generosi con tesori e combattimenti. Ognuno aveva il suo stile.
Nel frattempo, scopro GURPS. La mortalità rimane elevata, ma finalmente posso creare i personaggi come voglio io. E grazie all’idea (illusoria) del “sistema generico e universale” – spoiler: GURPS non è davvero né generico né universale, ma di questo parleremo un’altra volta – ho potuto giocare un’infinità di campagne con diversi livelli tecnologici e magici.
Non le elenco tutte, anche perché ho già parlato dei difetti delle ambientazioni pubblicate in altri post (se servono i link, chiedete pure). In quelle homebrew, però, succedeva spesso che i master cercassero di emulare altri giochi usando GURPS. Il risultato era disastroso: o si stancavano a metà della conversione (non dimentichiamo che avevano meno di 20 anni e nessun accesso a internet), o la campagna diventava un incubo pieno di limitazioni. Alla fine, le creazioni originali funzionavano meglio.
Intanto comincio a leggere fanzine e riviste. Un articolo di Mario Barbati su Kaos mi fa scoprire, senza chiamarlo così, il concetto di sandbox. Ne ho parlato in dettaglio altrove, ma fu una vera rivelazione.
Oltre a GURPS e AD&D, in quel periodo gioco anche a Simulacri e Lex Arcana. Tunnel & Troll e Uno Sguardo nel Buio vengono accantonati. Riscopro BECMI, mi faccio prestare i manuali base (fino al Master Set), compro le avventure e i moduli geografici di Mystara. Narro più volte Il Palazzo della Principessa Argenta a gruppi diversi, ma non riesco a formare un gruppo stabile: problemi logistici (non potevo usare casa mia per giocare) e Magic: The Gathering, che mi ha “rubato” diversi potenziali giocatori. Inoltre BD&D, anche senza che il DM sia punitivo, resta un gioco severo. Il gruppo più bravo a finire Il Palazzo della Principessa Argenta, partendo dal 1° livello, perde comunque tutti i PG almeno una volta. Forse, con qualche home rule in più, avrei potuto tenerli più a lungo. Perché già a queste date i nuovi giocatori si affezionano di più ai loro personaggi rispetto a quelli che hanno iniziato a giocare prima.
Nel frattempo frequento il liceo artistico, sezione architettura. Non ho un tavolo da disegno né un cavalletto, e fare i compiti a casa è un incubo. Però, nelle giocate, mi diverto a inserire nei tesori tante gemme (che studio in chimica e geologia), a descrivere bene edifici (grazie a storia dell’arte), e a modificare le mappe con righello e carta quadrettata, ma non millimetrata. Anche se non erano capolavori artistici, mi dava molta soddisfazione riversare nelle avventure quello che imparavo a scuola.
I dungeon che progettavo io erano solitamente sigillati, pieni di trappole e popolati da creature che non necessitavano di cibo o acqua: costrutti, non morti, esterni. Mi divertivo molto a costruirli, anche se raramente riscuotevano successo.
In quegli anni, causa tempesta Magic, gioco da altri master ma non riesco a creare un mio gruppo. L’editoria di settore è povera: qualcosa esce da Nexus e Stratelibri, ma davvero poca roba. Mi arrangio con materiali degli anni precedenti e soprattutto leggo tutto quello che posso: articoli, fanzine, riviste… Alcuni mi sono stati davvero utili, come gli articoli di Mario Barbati e i vari speciali.
Il tempo per giocare è poco: sto a scuola sei ore al giorno, con due rientri pomeridiani. Ho dai 14 ai 17 anni e giocare il venerdì sera è impensabile. Ho poco tempo, pochi giocatori, pochi gruppi e – tolti i giochi vecchi – l’editoria sembra avermi abbandonato. Oggi molti neomaster su Reddit lamentano che i manuali li lasciano “a nuotare da soli”. Ecco, io mi sono sentito proprio lasciato in mare aperto senza nemmeno il salvagente dei manuali. Sono propenso a modificare le cose, dopo aver imparato bene come usarle, prima di tutto perché mi sono formato senza aver motivi per avere il rispetto reverenziale nei confronti editori e autori, poi perché sono stato abituato ad arrangiarmi da solo, non è proprio nelle mie corde aspettare che arrivi il materiale ufficiale per supportare una mia idea strampalata, prendo uno dei giochi che ho in casa, lo modifico un po' e la realizzo, non bene da commercializzarla ma abbastanza da tirare a casa una sessione in tempi umani si.
Comunque, in quel periodo sento parlare per la prima volta del World of Darkness, ma mi dicono che è un gioco di “intimo orrore”, cosa che all’epoca mi respingeva molto. Preferivo di gran lunga le trame delle avventure pubblicate su Rill, Sanguinaria e Anonima GdR: poca introspezione, ma tante truffe, sotterfugi e risse. La cosa mi attirava, ma avevo paura che il GM mi rifilasse personaggi “sfigati”. E di quelli, come raccontato nella prima puntata, ne avevo già avuti abbastanza…
Mi sbagliavo, ma di questo parleremo più avanti.
In quegli anni ho letto tantissimi racconti dell’orrore (grazie ai volumi Newton e Compton da mille lire) e ho scoperto anche le prime opere di sword & sorcery.
Nel 1997 arriva un cambiamento importante, un vero spartiacque. Dopo ottobre 1997, il mio modo di giocare cambia di nuovo.
Grazie per avermi letto, ci vediamo alla prossima puntata.
 
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Terza puntata
Nell’ottobre del 1997 inizio a giocare alla terza edizione di Ars Magica. Il cambiamento è subito evidente: passo da giochi con alta mortalità a una mortalità media, e visto che mi ero fatto le ossa nei sette anni precedenti… I miei personaggi da giocatore iniziano finalmente a sopravvivere.
Ars Magica mi colpisce subito: adoro l’Europa Mitica, l’Ordine di Ermes, la divisione magica in Tecniche e Forme, la creazione semicasuale dei personaggi, e soprattutto l’idea che il vero protagonista non sia il singolo PG o il gruppo, ma l’Alleanza, che ha regole proprie per essere fondata e gestita. È un gioco completo, con regole per ogni opzione possibile.
Da qui inizio anche a distinguere nei miei appunti la psicologia del personaggio dal background. La maggiore longevità dei PG spinge tutti a scrivere background più curati: non più solo razza, classe e professione, ma anche legami narrativi sin dall’inizio. Se prima si aggiungevano PNG significativi solo se il personaggio sopravviveva abbastanza a lungo, ora con Ars Magica ogni mago è da subito legato a un consors e a un certo numero di grog, e la loro scheda va creata fin dall’inizio.
Il mago di Ars Magica non è il classico incantatore costretto a restare tutto il giorno nascosto dietro "invisibilità" senza poter attaccare né lanciare altri incantesimi, come in D&D, o il giovane apprendista che lancia "Purificare aria e acqua" in GURPS. Qui il mago parte già con un buon numero di incantesimi e la capacità di improvvisarne molti altri. È potente fin da subito, anche se resta vulnerabile: un colpo di spada o un orso ben piazzato possono comunque ucciderlo.
In questo periodo continuo a giocare anche a Simulacri, GURPS, AD&D, sia come giocatore che come master e partecipo a serate di retrogaming con Kata Kumbas della E.L. Con GURPS, però, non riesco ancora a costruire una campagna di ampio respiro: perdo molto tempo nella preparazione e cerco di gestire da subito ambientazioni troppo ambiziose: ad esempio creo una mia versione di Shadowrun con molti mostri convertiti da D&D, ma scrivendo tutto a mano (senza computer né macchina da scrivere, e con la disgrafia) arrivo alla bella copia con fatica. Ne risultano poche sessioni sparse in diversi gruppi, molto apprezzate ma sobbarcarsi il lavoro di preparazione è faticoso, non ho una guida che mi spieghi come ottimizzare il lavoro e concentrare gli sforzi e non c'è internet, posso chiedere al limite ai miei conoscenti che però non capiscono perché mi sbatta così tanto.
Continuo invece a fare da master anche per BD&D, usando Mystara. Le campagne vere e proprie rimangono un sogno, ma mi diverto moltissimo a usare i mostri con tattiche coerenti alla loro intelligenza. In particolare, sorprendo molti giocatori con i Warg: con intelligenza umana e corpo da lupo, diventano avversari spietati. Tolgo tutti i mostri con "energy drain".
Tuttavia, la lore degli Immortali di Mystara mi rimane nebulosa. Paradossalmente conosco meglio Rad, che non vuole essere adorato, e il pantheon umanoide grazie agli atlanti ma degli altri che sarebbero ben più utili non trovo niente. Replico più volte un’avventura ambientata nella Repubblica di Darokin, in cui si viaggia con una carovana e si esplorano vari mini-dungeon, tra cui uno dove dei goblin hanno rapito una driade che rischia di morire essendo lontana dal suo albero.
Inizio anche a giocare Lex Arcana in modalità campagna. Purtroppo, dopo qualche avventura, resto deluso: le trame tendono a somigliarsi tutte. E mi chiedo: cosa succederebbe se il gruppo fallisse nel fermare Fenrir in Germania, e poi fallisse anche nel fermare il Divoratore a Cartagine? Avremmo due "quasi Grandi Antichi" che si affrontano nell’Impero Romano? Avrei gradito una maggiore varietà.
Comincio anche L’Oscuro Terrore della Notte, per BD&D, ma non riesco a terminarlo con nessun gruppo: è lungo, trovare giocatori è difficile, e quando organizzo a casa mia ricevo occhiatacce… Perché alla mia età “giocare ancora ai giochi di ruolo” non è ben visto. Venivo considerato "troppo grande" a 18-21 anni, adesso dicono "si è unito un ragazzo nuovo al gruppo" il ragazzo nuovo può avere anche 28 anni.
Siamo ancora in piena "tempesta Magic: The Gathering", ma dopo il 1997 arriva un’altra ondata: la PlayStation. I cabinati spariscono, e anche le fiere iniziano a perdere le sale giochi mobili.
Tra il 1997 e il 2000 inizio a studiare storia antica: leggo testi storici latini e greci, e libri di Jean Markale sui celti. Non sempre sono d’accordo con lui, ma lo apprezzo per il suo equilibrio tra divulgazione ed erudizione. Mi leggo anche l’Edda di Snorri e tutto ciò che riesco a trovare sulle mitologie e i pantheon antichi. Negli anni precedenti avevo letto diversi libri di “magia da supermercato” presi in prestito da amici metallari, e ora inizio a seguire con interesse la rivista Medioevo.
Faccio anche due acquisti fondamentali: un bestiario in quattro volumi sui mostri del mondo, divisi per continenti e nazioni, un bestiario sui mostri delle leggende, non per il gdr, anche se è stato una fonte di infinite conversioni.
Nel poco tempo libero, tra 1997 e 2000, creo anche la mia ambientazione personale: un mondo parallelo rinascimentale, senza polvere da sparo, pensato per GURPS. Negli anni successivi ci giocherò parecchio.
 
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