[...]Il latore del doppio legame è anch’egli prigioniero del medesimo doppio legame strutturato nel suo egocentrismo e non riesce nemmeno a rendersi conto del proprio atteggiamento ipocrita.
Egli bada costantemente ad usare un linguaggio che non faccia sentire nessuno escluso, sminuito o svalutato, evita di riferire argomentazioni che si riferiscono ad un gruppo demografico (o a qualunque minoranza), modifica per compiacenza o per ideologia espressioni verbali che possono farlo apparire insensibile ai diritti della minoranza (dirà ministra per rispetto al movimento femminile nato come minoranza), non userà espressioni come “handicappato” o “ritardato” sostituendole con disabile, non si esprimerà con affermazioni religiose o simboli che possono offendere altre religioni, adopererà termini neutri per non perdere la faccia sbagliando interpretazioni di gender (“esci con qualcuno?” al posto di “hai la ragazza?”), non userà espressioni ritenute squalificanti per alcune professioni (becchino diventa operatore cimiteriale, spazzino diventa operatore ecologico, bidello diventa operatore scolastico…), si sforzerà di non apparire scorretto con barzellette che riguardano razza, classe, sessualità, età, genere, o abilità fisica e, ovviamente, cercherà sempre di parlare bene di tutte le minoranze.
Se questi atteggiamenti fossero solo indice di buona educazione non avremmo i giganteschi problemi psicologici e relazionali che il loro uso ha prodotto.
In primo luogo limitando implicitamente la libertà di pensiero, ovvero la riflessione personale ( la Ragione) su temi come immigrazione, sicurezza, differenze di civiltà, di origine geografica e razziale, omosessualità, gender mainstreaming, domande esistenziali e fedi religiose inducendo la sensazione che si stiano affrontando dei tabù per il ciclo attuale della globalizzazione che deve rendere tutto indifferenziato.
La dittatura del relativismo che sta alle spalle del politicamente corretto mira ad un progetto di riscrittura della mentalità e della società in chiave ipocrita e burocratica per neutralizzare sia i riferimenti ideali sia la relazionalità autentica.
In secondo luogo illudendo le minoranze di una loro piena accettazione attraverso l’opposizione ad una impalpabile maggioranza che le emarginerebbe perché razzista. omofoba, rozza, fascista, oscurantista e oppressiva. Quando il processo di opposizione è avviato esso non ha più fine perché ciascuna minoranza dovrà fare proselitismo per essere accettata dalla maggioranza e diventare essa stessa maggioranza. Il processo è dunque doppiamente ipocrita: i sostenitori dei diritti delle minoranze istigano al linguaggio politicamente corretto ma non modificano nulla del loro stile di vita e di relazione con le minoranze attribuendo a chiunque ponga resistenze al suo linguaggio politicamente corretto la responsabilità della non accettazione delle minoranze e, contemporaneamente, lottando per l’affermazione formale dei diritti delle minoranze. Pur sapendo che tali diritti saranno negati fattivamente dal potere burocratico insensibile alle relazioni e incapace di individuare soluzione pratiche e concrete. I critici del politicamente corretto sono costretti a diventare minoranza nel relativismo universale e, ipocritamente, affermare essi stessi il diritto ad essere accettati anche e solo come forme folkloristiche appartenenti al passato di cui hanno nostalgia.