La mia infanzia in scatola, ovvero una promozione letteraria

Lo Sgargabonzi
Alessandro Gori

Alessandro Gori - acidshampoo qua sulla Tana - è un apprezzatissimo autore satirico; ci sembra una bella cosa presentarvi il suo ultimo libro. Attenzione: contiene giochi da tavolo. E parolacce. Ma soprattutto giochi da tavolo.

Editoriale
Libri e altri Media

Ho sentito parlare per la prima volta dello Sgargabonzi a una serata dedicata alla lettura di brani di satira (nel mio piccolo, anch'io mi ci diletto, con esiti improbabili - come per la Tana dei Goblin, del resto). Scrive bene, inutile girarci intorno: è arguto, originale, soprendente.

Scoperto che non solo è un appassionato di giochi da tavolo, ma è pure un utente della Tana tra i più attivi (molti di voi lo conoscono come acidshampoo, io come quel maledetto che mi ha messo la scimmia per Intrigue), mi è sembrata un'idea interessante promuovervi il suo ultimo libro.

(Tranquilli: non mi paga nessuno).

Prima, però, riporto una rapida biografia scritta da Alessandro stesso, per chi ancora non lo conoscesse.

Jocelyn uccide ancora copertina
Copertina
Alessandro Gori nasce ed abita ad Arezzo. Dal 2005 cura il famigerato blog Lo Sgargabonzi, una pagina dai contenuti provocatori, umorismo nero pece e popolata da personaggi tragicomici. Nel 2013 Lo Sgargabonzi diventa anche una pagina Facebook.

Nello stesso anno esordisce in libreria con Le avventure di Gunther Brodolini, un romanzo di formazione atipico e psichedelico, una sorta di Gian Burrasca del dopobomba. Nel 2014 è uscito il suo secondo libro, Bolbo, scritto insieme all'amico Gianluca Cincinelli, a cui ha fatto seguito Il problema purtroppo del precariato l'anno successivo.

Ha pubblicato articoli di satira e fumetti su Linus e sul portale Pixarthinking. Definito su Internazionale "il miglior scrittore comico italiano" in un lungo articolo del saggista Claudio Giunta e poi al centro di un'invettiva in un'intervista di Daniele Luttazzi.

Il 6 settembre 2018 è uscito il suo nuovo libro per Minimum Fax: Jocelyn uccide ancora, che da appassionato di giochi da tavolo ha dedicato a Reiner Knizia. Negli ultimi cinque anni ha portato in giro per l'Italia il suo spettacolo Lo Sgargabonzi Live!

"Jocelyn Uccide Ancora - spiega Alessandro - è un almanacco eterogeneo, fluido e caleidoscopico fatto di tante cose. Racconti, cronache dall'adolescenza profonda, guide pratiche, parodie, poesie, lettere perdute e dialoghi teatrali. Sulla prima pagina campeggia la dedica a Reiner Knizia e, appunto, si parla anche di giochi da tavolo. È un libro comico, spesso di una comicità virata al nero, ma è un libro pure intimistico e cupo. Questo libro invece che firmarlo con nome e cognome come i primi tre, l'ho firmato come Lo Sgargabonzi."

Il libro è disponibile su Amazon e, ovviamente - almeno finché resistono - nelle librerie quelle vecchie, polverose, con tutti gli inservienti occupati a rispondere alle domande della signora che cerca i libri di Sveva Casati Modigliani e con un solo commesso alla cassa.

Detto questo, mi taccio e vi lascio con questo estratto, che - lo capirete - val bene una lettura.

***

Mio babbo lavorava per la Banca Popolare dell’Etruria.

È stato pure direttore della sede centrale aretina. È andato in pensione nel 2007, quindi non è responsabile dei successivi casini. Dico sul serio, non è responsabile dei successivi casini.

Però della Banca tutto posso dire tranne che male. Negli anni ‘80, per Natale, la banca dava un buono di cinquantamila lire ai propri dipendenti da spendere nei negozi di giocattoli locali, per un regalo ai figlioli. Era un modo per sostenere l’economia della città di Arezzo, città di Pietro Aretino, Totò, nonché quartier generale della Massoneria ma, per fortuna, anche dell’Opus Dei. Fin da piccolo a casa mia c’è stato questo atteggiamento che “il gioco sì, ma che sia istruttivo”. E non era un diktat dei miei, persone notoriamente semplici, ma del sottoscritto, bambino prodigio e invidia del vicinato, che usava quella massima fin dai tre anni.

Jocelyn uccide ancora quarta
Quarta di copertina
Io nasco in una frazione di mille abitanti in mezzo alla Val di Chiana, che a sua volta nasce e vive tutta intorno all’eccellenza locale: la fabbrica di cucine di lusso Del Tongo. Qua siamo tutti figli di consanguinei, basta tentare di farsi dare il resto giusto da qualsiasi elettrauto per accorgersene, quindi non sorprende che i miei compagni di classe alle elementari spasimassero per macchinine, robot, biliardini, Exogini e Skifiltor. Io no. Fin da piccolo ho sempre amato i giochi da tavolo.

Il mio primo fu Doctor, Doctor! della MB, un deduttivo ospedaliero in cui, per farla breve, dovevi scoprire se il male s’era già preso le ossa. Mi venne regalato nello stesso Natale in cui scoprii che Babbo Natale non esisteva. Entrò mio padre vestito di tutto punto da Santa Claus, tranne la barba e il cappello perché alla Upim li avevano finiti. Si capiva dalla faccia che era lui. E mia mamma subito: “Sergio!”.

Essendo l’unico bambino coi cromosomi quasi a posto, trascorrevo interi pomeriggi a studiarmi regolamenti in attesa di giocare con gli amici. Apparecchiavo per sei giocatori attorno a un tavolo circolare Del Tongo e passavo da una sedia Del Tongo all’altra. Il problema era per quei giochi a informazione nascosta tipo Cluedo: ogni volta che ero il colonnello Mustard dovevo autosuggestionarmi di non sapere quali carte indizio avevano in mano il professor Plum e la signora Pavone, anche se Plum e la Pavone ero sempre io. Già dal primo giro capivo che Miss Scarlett era l’assassina eppure, quando toccava a lei, dovevo comportarmi da una che si pensa Enzo Tortora.

Intanto i miei compagni di classe passavano i pomeriggi agli allenamenti di calcio e il giorno dopo in classe era tutto un ieri il mister qui, ieri il mister là mentre sbranavano panini con la frittata, le cozze e i Lego. Io invece trascorrevo la ricreazione con le mie compagne di classe a cantare La Valle dei Timbales (I Figli di Bubba, Sanremo dell’88) e per questo venivo preso come futuro uranista dai compagni e pure dai genitori degli stessi, tanto che indissero un consiglio extrascolastico perché dicevano che anche Leopoldo Mastelloni da bambino era così. C’era solo il “piccolo” (notare le virgolette) dettaglio che, dopo la scuola, io queste bambine le slimonavo indiavolato, nudi in mansarda con la porta sprangata perché la nonna non ci scoprisse, mentre i miei virili amici scoprivano il sesso fra di loro negli spogliatoi con le saponettine Lux insinuanti o al massimo con gli zii di Vicenza. La mia invece era un’infanzia perfetta da cui si poteva solo peggiorare. E infatti.

In quegli anni praticamente mi son fatto tutto il catalogo MB ed Editrice Giochi, un po’ meno quello della Ravensburger e della Clementoni perché mi hanno sempre fatto tristezza già dai titoli. Giochi tipo “Concilia?”. Concilia questi gran cazzi.

All’infanzia felice ha fatto puntualmente seguito un’adolescenza turbolenta, durante la quale sono tornato compulsivamente nei negozi di giocattoli, proprio come Pacciani tornava agli Scopeti: per portare avanti disperatamente la mia passione, unica ancora di salvezza in un mondo che sentivo non appartenermi più. Purtroppo era cambiato tutto, i coloratissimi scaffali dei miei anni verdi erano diventati monopolio di Pino Insegno. Entravi dal giocattolaio e trovavi Pino Insegno, ovunque, anche in più copie. In pratica era tutto un florilegio di trasposizioni a gioco da tavolo dei programmi televisivi più di merda del momento. Di solito erano quiz preserali presentati da Insegno, genio totale, avanguardista, folle e visionario, un moderno Pasternak, sempre superiore ai programmi che gli affibbiavano.

Jocelyn uccide ancora descrizione
Descrizione
Poi sì, c’era l’ennesima edizione del Risiko! classico, il gioco più brutto del mondo, il capolavoro d’un titolo di guerra che riesce nell’impresa impossibile di essere piatto e noioso. Soprattutto era la cartina tornasole di quelli che ci giocavano. Zero strategia, zero tattica, ma quelli che invece di attaccare posizionavano carrarmatini sorseggiando una Du Demon piccola venivano presi per grandi statisti, pensatori illuminati e discreti leccatori di fica.

Infine c’erano i giochi di ruolo, mai sopportati neppure quelli. Uno con la maglietta dei Megadeth raccontava ad altri quattro con la maglietta degli Iron Maiden che si risvegliavano in un antro umido e sinistro, e quelli subito facevano il gesto di sbadigliare e stirarsi e guardarsi intorno straniti in una cucina Del Tongo col tavolo tondo e la nonna in poltrona col sacchettino della stomia perché il male s’era già preso l’antro pilorico.

Completamente solo e in completa ritirata da quella straniante contemporaneità, ebbi un’estrema reazione d’orgoglio, e fu così che decisi di buttarmi su quello che per anni avevo rifiutato: il mondo del calcio. In culo al dottor Verde, all’hotel Boomerang e ai Bastioni Gran Sasso, iniziai tutti i giorni ad andare agli allenamenti al campo sportivo del mio paese, non me ne perdevo mezzo. Intanto dei miei vecchi amici non ce n’era uno solo che solcasse ancora quel rettangolo di gioco. Erano ormai tutti operai Del Tongo, capocatena Lebole o morti per droga. Intorno a me solo mocciosi velocissimi coi capelli alla Dragon Ball. Pensavo che i miei risultati in quel campo sarebbero stati disastrosi, al massimo patetici, ma fu con estremo stupore che in breve tempo diventai centromediano metodista della Sampdoria con un contratto di seicentomila euro a stagione.

Commenti

anteprima divertente, eccellente.

 

peccato venga rovinata clamorosamente dalle ultime 3 righe, come scendere da 10 a 0 in pochi millisecondi. peccato, mi ero convinto ad acquistarlo subito

Sensazione di dejà-vù! Superiori in provincia aretina, famiglia di falegnami/commercianti di mobili (quando la Del Tongo ci ha lasciato qualche mese fa mio zio era disperato), conoscenti che lavoravano alla Lebole e sono detentore (non molto orgoglioso) di una delle poche copie di Concilia? (non so come uno potesse divertirsi con un gioco siffatto), anche se alla Motorizzazione mi hanno detto che il semplice possesso di tale ignominia ludica permette il recupero di 2 punti sulla patente a biennio. 

Si aprono le porte della memoria: appoggiato al mio tavolo circolare dT, mi passano davanti agli occhi i compagni di calcio, gli amici e le "amichette", i fatti ed i misfatti. E purtroppo qualcuno di loro non c'è più

Letto e finito nel giro di pochissimo, all'inizio straniante, poi ti entra dentro e diventi una persona peggiore. La ritengo una gran bella raccolta di racconti, ma non adatta a tutti.

Ah, la quarta di copertina non è quella nella versione fisica del libro, non so dove l'abbia pescata :P

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