Diario di un autore: Super Fantasy

La nascita di Super Fantasy, raccontata dal suo autore: Marco Valtriani.

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La nascita di Super Fantasy, raccontata dal suo autore: Marco Valtriani.

 

 

 

L'inizio.

Tutto ha un inizio. Un gioco è spesso frutto della combinazione di molteplici elementi, rendendo difficile identificare un momento preciso, ma, a volte, c'è un chiaro istante in cui puoi identificare il punto di partenza di un'idea.

 

Super fantasy è nato con una chiamata telefonica.

 

Tale chiamata mi arrivò da Mario Cortese all'inizio del 2013. Mario e io siamo conoscenti da circa 20 anni e abbiamo spesso parlato di giochi e idee, scoprendo di condividere gusti simili sui giochi e sul loro sviluppo. In quella chiamata mi comunicò che stava lavorando per la Red Glove, una nota azienda italiana del settore. Avevano bisogno di sviluppare un Dungeon Crawler che contemplasse un sistema flessibile con un qualche tipo di meccanica innovativa, un titolo con delle novità rispetto al classico Dungeon Crawler basato su avventure e quest, un gioco semplice da imparare (età consigliata 8+) ma in grado di appagare anche i giocatori esperti, giocabile anche in assenza di un Game Master e con una forte impronta umoristica (senza scadere nello stupido).

 

Un sacco di vincoli. Ma questo di base non lo vedo come una cosa negativa, il problema era un altro: il gioco doveva essere pronto per Essen 2013. Accettare l’incarico sembrava semplicemente folle.

 

“Sanità mentale? Spiacente, non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio!” - Zaraki Kenpachi

 

 

Meccanica base.

Discussi con Mario a proposito dei vincoli imposti dall’editore, contento di averne alcuni. Erano precisi ma non eccessivamente restrittivi, il che è una buona condizione, dal mio punto di vista. Inventare un gioco di sana pianta – sperando di tirar fuori idee che qualcun altro abbia voglia di giocare e magari anche pubblicare – può essere davvero frustrante. Cerco sempre di parlare con i produttori a proposito di quello che cercano, prima di iniziare a progettare o, almeno, prima di sviluppare concretamente il gioco. In questo caso, la Red Glove mi ha dato davvero poche sui materiali: “non preoccuparti di usare troppe fustelle”, hanno detto e, dal mio punto di vista, è stato come quando, in Matrix, neo chiede “Armi, molte armi”.

 

Dunque, avevo bisogno di trovare un obiettivo, qualcosa verso cui orientare lo sviluppo del mio gioco. Ed ho subito pensato ai videogiochi.

 

A livello di puro design, credo che i giochi da tavolo abbiano molto da imparare dai videogiochi. Sono un grande fan degli RPG e anche degli hack'n'slash. Credo che il gioco che ho giocato di più in vita mia sia stato il primo Diablo, così iniziai a pensare a come poter trasferire quell'esperienza in un gioco da tavolo. Il mio obiettivo ormai era chiaro: volevo azione.

 

Il tema non era un grosso problema. Pensai subito a una versione divertente di Torchlight (il videogioco indie), con alcuni elementi di parodia, personaggi esagerati e nemici grotteschi. Pensai a determinati gruppi di nemici e i primi che mi vennero in mente furono i Brutti Musi, una tribù di creature orchesche con facce davvero orribili, ma tanto stupide da coprile con maschere altrettanto disgustose. Il tema è stato poi sviluppato ed espanso dall'editore con divertenti storie, dettagli e quant'altro. Sono contento del fatto che la mia idea iniziale abbia dato il tono all'intero progetto.

 

Ma veniamo al sodo: la meccanica.

 

Ammiro profondamente Mage Knight Board Game di Vlaada Chvatil, perché è un'avventura fantasy profonda, ricca, con un motore di gioco che mantiene la tensione sempre costante: regole di base semplici, con un sacco di elementi a diversi livelli per aggiungere complessità e varietà al tutto. Pur con tutte le differenze del caso, e a un diverso livello di profondità, volevo ottenere qualcosa di simile.

 

Dopo averci pensato un po', progettai una meccanica semplice basata sulla gestione del rischio tramite i dadi. A ogni turno, il giocatore ha a disposizione 6 dadi, ognuno dei quali con le facce 1-1-2-2-X-X. Quando esegui un’azione, devi scegliere quanti dadi spendere per eseguirla, e tirare almeno “6” come risultato globale. La X vale tanti punti quanto riportato dalla caratteristica del tuo eroe (forza, magia, tiro, ecc.) indicata per quel tipo di azione. Tali caratteristiche vanno da 1 a 4, per cui la X dipende da chi sei e da cosa stai facendo (es.: se devi sfondare una porta, azione che usa la Forza, e la tua Forza è 3, tirare X equivale ad aver fatto 3). Ovviamente, se usi un dado, lo spendi, e quando li hai spesi tutti il tuo turno termina.

Ci sono altri elementi da considerare – ad esempio se vuoi conservare dadi per la difesa e se devi muoverti prima o dopo aver fatto l'azione – per cui dovrai sempre pensare a quanto sei disposto a spendere (quanti dadi investire) per fare qualcosa.

Attaccare un mostro è appena più complesso, con più variabili dipendenti dal mostro stesso, dal tipo di attacco e equipaggiamento, ma il principio è lo stesso.

 

Il primo prototipo del gioco includeva alcune azioni che sono state scartate, ad esempio il disingaggio e la furtività; sono diventate parte di alcune sotto-meccaniche, in modo tale da mantenere la base di gioco più semplice possibile.

 

“In qualsiasi campo, la perfezione è finalmente raggiunta non quando non c'è più nulla da aggiungere, ma quando non c'è più nulla da togliere” - Antoine de Saint-Exupery

 

Meccaniche secondarie.

Lo stesso processo di semplificazione è avvenuto per le meccaniche secondarie. La più importante, in Super Fantasy, funziona in questo modo: ogni volta che tiri una X, o quando usi i dadi per l'azione “Caricarsi”, avanzi di un gradino nella “barra energetica” di una delle tue 3 abilità speciali, che sono uniche e correlate al tuo personaggio; quando una abilità è carica (dopo 3 gradini), puoi usarla nel momento che vuoi – non sono richiesti tiri di dado – e poi scarichi la barra riportando a zero l'indicatore.

 

Il gioco include altre importanti meccaniche collaterali: il comportamento dei mostri (che è un altro sistema di gestione dadi se si gioca nella variante con il “Brutto Master”, o una sorta di AI se si gioca in modalità cooperativa), il modo in cui trovi l'equipaggiamento e così via. Tutti questi meccanismi sono stati semplificati e adattati, all'inizio parlando con i miei playtesters, - devo ringraziarli tutti, specialmente Diego Cerreti che ha partorito diverse buone idee – e poi definitivamente discutendo con Federico Dumas, il capo di Red Glove e editor del gioco.

 

Il primo prototipo, ad esempio, includeva un set di oggetti per ogni personaggio così, quando aprivi un baule, avresti sempre trovato qualcosa di utile per te. Le armi erano definite tramite parametri di forza, gittata e altri valori. Era divertente, ma un po' troppo complicato; il set-up diventava macchinoso e occupava troppo spazio sul tavolo. Ho perciò ridisegnato tutti gli oggetti, semplificando il loro sistema di utilizzo e riunendoli un un'unica pila: sono comunque utili per chiunque li trovi, anche se alcuni si adattano meglio a un determinato personaggio. Trovare un arco magico, ad esempio, è ottimale per la Cacciatrice del gruppo, ma anche gli altri personaggi possono trarne vantaggio, dato che è pur sempre un'arma a distanza con un bel bonus. Dopo tutto, sparare con un'arma a distanza contro un mostro letale in mischia, è pur sempre una buona idea anche se non si è dei Robin Hood.

 

Inoltre, dato che i giocatori devono affrontare un sacco di mostri in Super Fantasy, ogni arma può essere utile quando i Brutti Musi iniziano a spuntare da ogni angolo.

 

“Vengono fuori dalle pareti. Vengono fuori dalle fottute pareti!” - Bill Paxton in Aliens

 

Gameplay emergente

La progettazione dei livelli di gioco prese forma in 3 passi. Prima di tutto creai delle linee guida da seguire, per testare tutte le dinamiche e il comportamento dei giocatori di fronte a specifiche situazioni. Non è facile predire come i giocatori (persone magari con età e stili di gioco differenti) reagiranno di fronte a trappole, mostri e al tempo di gioco che scorre inesorabile.

 

Come autore, io costruisco un artefatto – il gioco – per tentare di veicolare un'esperienza. Posso cercare di premiare i comportamenti che voglio incoraggiare e in qualche modo “punire” quelli che non desidero venir fuori dai giocatori, ma devo comunque bilanciare le cose per evitare loro la frustrazione, che è uno dei principali nemici di un game designer. Dipende dal tipo di gioco, ma, normalmente, dovrebbe essere facile conquistare ricompense a breve termine, mentre quelle a lungo termine devono essere più sudate o addirittura molto difficili da ottenere. Entrambi gli aspetti devono mantenere alto sia il livello di sfida che il coinvolgimento dei giocatori al tavolo. Il gioco dovrebbe essere interessante, divertente e teso, ma evitare di generare ansia (che può essere apprezzabile in un titolo horror, molto meno in uno umoristico).

 

Il secondo passo fu quello di testare tutta questa roba in molteplici combinazioni. Creai alcuni scenari pronti, dungeon randomici e mostri casuali per verificare le situazioni di “gameplay emergente” espresse da tutti questi elementi e vedere come si combinavano tra loro. Come qualcuno di voi saprà, per ”gameplay emergente” si intende tutto il ventaglio di situazioni complesse che emergono dall'interazione di meccanismi relativamente semplici, una volta che li si combina tra loro. Mi piace quando i giocatori si sentono liberi di sperimentare, fare cose nuove, imparare nuove strategie e questo è ciò che ho cercato di realizzare in questa fase dello sviluppo.

 

Il passo finale fu la rifinitura degli scenari. Era la prima volta che creavo un gioco a missioni, e ho dovuto un po' studiare e un po' sperimentare (e a conti fatti è stato sia istruttivo che divertente). Presi ancora alcune idee dai videogiochi (specialmente per le abilità dei mostri e le sotto-quest) e mi tornarono molto utili i suggerimenti di Federico. Dal mio punto di vista, era come se ogni singolo scenario fosse un gioco indipendente che condivideva le stesse meccaniche con gli altri. Dovevano essere divertenti, ma anche vari e diversi e ciascuno doveva garantire una certa rigiocabilità, per cui ci sono tre livelli di difficoltà, molteplici obiettivi e, ciliegina sulla torta, due scenari competitivi.

 

“Il bianco d'uovo è buono per un sacco di cose: torta di meringhe al limone, torta della nonna e intasare radiatori” - Richard Dean Anderson in MacGyver

 

Hack & Slash

Nel frattempo Guido Favaro aveva realizzato le magnifiche illustrazioni che potere ammirare sulla pagina di BGG, la storia aveva preso forma e, alla fine, avevamo un fantastico gioco da tavolo hack'n'slash: orde di mostri buffi e letali che sciamano contro 6 impavidi eroi dai poteri strabilianti. In Super Fantasy potete correre sui muri, demolire colonne e botti con la testa dei tuoi nemici, diventare tutt'uno con le ombre e passare furtivamente attraverso porte chiuse, disintegrare mostri col bazooka, sguinzagliare lupi spettrali, teletrasportarvi dietro le linee nemiche – tutto con solo 6 dadi e un po' di strategia.

 

Sono orgoglioso del mio lavoro su questo gioco. Credo che sia molto divertente e che possa trasmettere un tipo di esperienza quantomeno differente in confronto agli altri dungeon crawler ispirati ai classici RPG su carta e penna. Spero che piaccia anche a voi e che abbiate apprezzato questi stralci del quaderno di design.

Ma basta parlare: è tempo di azione, tempo per un po' di buon hack'n'slash nel mondo di Super Fantasy!

 Fonte: BoardGameGeek News