Battalion: War of the Ancients - Diario dell'Autore

Battalion War of the Ancients cover

Il diario d'autore di questo titolo ad opera di due designer italiani, un gioco che ci catapulta nell'antichità e nelle sue battaglie

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Giochi

Questo articolo è la traduzione del designer diary di Battalion: War of the Ancients, scritto dal designer Paolo Mori che ringraziamo per aver espressamente autorizzato questa traduzione concedendoci anche l'utilizzo delle immagini. L'articolo originale è disponibile su BGG a questo link.

Dalle ceneri delle Pocket Battles

Come nel mio precedente designer diary qui pubblicato, oggi vi parlerò di un gioco che affonda le sue radici in un altro da me precedentemente sviluppato. Battalion: War of the Ancients, che ha debuttato a novembre 2024 per Osprey Games, sorge dalle ceneri di Pocket Battles, la serie di wargame che avevo creato insieme a Francesco Sirocchi, pubblicata da Z-Man Games sotto forma di quattro titoli dal 2009 al 2014.

Comunque, nonostante questo collegamento, Battalion non può essere considerato solamente una "nuova edizione" di Pocket Battles.

Anche dopo la scadenza del nostro contratto di pubblicazione per Pocket Battles, io e Francesco sapevamo che la sua vita non era ancora giunta al temine. Ci divertivamo così tanto a giocarlo (nonostante i suoi molti "difetti") da non immaginare che non potesse ritornare in qualche altra forma, decidemmo quindi di tornare a lavorarci sopra, con l'obiettivo di trovare un nuovo editore o addirittura di battere la strada del crowdfunding.

La serie Pocket Battles al completo

Nel frattempo, la Osprey Games aveva lanciato sul mercato Undaunted di David Thompson e Trevor Benjamin, un gioco di cui ci innamorammo subito per la sua amalgama di meccaniche tra wargame e eurogame, per gli standard produttivi, e per la sua  qualità estetica. Fu subito chiaro nelle nostre menti che volevamo pubblicare il nostro gioco con la Osprey — fino al punto che il titolo provvisorio del nuovo progetto divenne Men at Arms, dal nome della fortunata serie di libri di storia militare della stessa Osprey Publishing.

L’impresa per la "costruzione di un esercito" da tavolo

Eravamo ben consapevoli che Pocket Battles presentasse dei difetti — difetti che avevamo imparato ad amare ma nondimeno difetti. Il primo era indubbiamente il tempo del setup legato alla costruzione dell’armata e al suo schieramento, che spesso rischiava di superare il tempo di gioco vero e proprio! Iniziammo a pensare a tutti i modi per semplificare il più possibile la costruzione dell’esercito, pur mantenendola come parte significativa del gioco  (per esempio, senza affidarsi solamente a indicazioni degli scenari per la sua composizione).

Col tempo arrivammo a una soluzione convincente: gli eserciti sarebbero stati composti da “unità” e i giocatori si sarebbero accordati sul numero di unità da utilizzare. Ogni unità doveva essere composta solo da ranghi dello stesso tipo: fanteria leggera, fanteria pesante, cavalleria, elefanti, carri. Questo approccio risolse anche una peculiarità del suo predecessore che permetteva di formare unità composte da tipologie diverse, creando combinazioni non realistiche. Il gioco non sarebbe comunque stato un simulativo — lo ripetiamo, non un simulativo! — ma almeno le formazioni sul tavolo ora erano un po’ più plausibili.

Tipico gesto italiano da campo di battaglia, che significa: "Alla carica con gli elefanti!"

Liberarsi da un (indubbiamente efficace) vincolo

La ricerca di un compromesso tra varietà nella creazione dell’armata e semplicità del processo ci portò a un’altra ardua scelta: abbandonare il sistema di risoluzione danni, originale ma estremamente restrittivo, di Pocket Battles a favore di un sistema semplificato ma più versatile, con soglie da superare tirando dadi a otto facce.

Volevamo inoltre modernizzare Battalion in altri modi, dandogli un’ulteriore livello di rigiocabilità che non arrivasse solo dalla composizione della propria forza ma anche da un secondo aspetto variabile: la possibilità di sorprese e imprevisti. Cosa c’è di meglio che usare un mazzo di carte tattica quando necessario?

Due piccioni con una fava: le carte

Aggiungendo questa nuova risorsa ci si aprirono molteplici possibilità, è sempre un grande momento dello sviluppo di un gioco quando realizzi che una sola aggiunta migliora molteplici aspetti del gioco stesso.

Per prima cosa, potevamo personalizzare meglio gli eserciti individuali con uno specifico mazzo per fazione. Come seconda, le carte potevano servire come un eccellente indicatore delle condizioni di vittoria. Come? Ogni volta che un giocatore perde un’unità, pesca una carta tattica, conseguentemente rafforzandosi. Lo stesso capita ogni volta che un giocatore decide di radunare le proprie truppe, rinnovando anche la preziosa riserva di segnalini ordine. Però, se un giocatore avesse bisogno di pescare delle carte senza più averne perderebbe immediatamente la battaglia. Emozionante!

Puntando direttamente alla Osprey

Dopo quasi due anni di sviluppo, eravamo pronti a proporre il gioco alla Osprey — e non alla Osprey e altri. Solo Osprey.

Come sperato, il prodotto era adatto al loro catalogo, e presto ricevemmo una proposta di contratto. Fine della storia? Ovviamente no! La coda di pubblicazione della Osprey è notoriamente lunga — sapevamo di dover aspettare tre anni per l’uscita — e insieme alla bozza del contratto arrivarono alcune richieste: potete pensare a due eserciti aggiuntivi oltre ai  romani e ai cartaginesi? Potete pensare a una modalità da quattro giocatori? Certo, perché no?

Riprendemmo lo sviluppo e con esso, fino all’ultimo momento, anche le discussioni: aggiungere un dado qui o rimuoverne uno lì, come definire meglio l’abilità speciale del fromboliere, quel carro da guerra è sovrapotenziato o troppo debole. Ma ciò che accadeva in ogni battaglia differiva completamente dalla successiva. Ogni partita era ricca di scelte, ma anche della violenza e dell’imprevedibilità di un antico campo di battaglia.

Diamo a Cesare (e a Roland) quel che è di Cesare

Nel frattempo, la Osprey sceglieva il miglior illustratore su cui potessimo sperare: Roland MacDonald (che semmbrò avesse letto nelle nostre menti mentre immaginavamo il gioco), rinnovando al contempo il loro comparto editoriale. Dopo Anthony e Filip, ci trovammo a lavorare con Jordan Wheeler e Rhys, per terminare infine con Luke Evison.

Vogliamo ringraziare tutte queste persone per aver reso Battalion: War of the Ancients il gioco che è oggi: certamente non più "pocket" come il suo antenato, ma indubbiamente bellissimo da guardare e — lo speriamo — anche da giocare!

Paolo Mori

Roland alla Essen SPIEL 24
Io durante un fotobombing alla Essen SPIEL 24

Commenti

Ah! Grandi!

Seguo sempre con estremo interesse i lavori di Mori, di cui mi posso definire quasi un fanboy (devo ringraziarlo per le ore di divertimento con i suoi Dogs of war ed Ethnos). 

Su Battalion ho già messo gli occhi da un po' e in un futuro non troppo prossimo, confido di metterci anche le mani!

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