A&P Chronicles 2003-2004 (II, 8)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 3 Novembre 2019

Parte II, Capitolo 8: "Frostwind, l'immortale?"

Seduta del 6 Gennaio 2004

Act'n Play

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 3 Novembre 2019

Parte II, Capitolo 8: "Frostwind, l'immortale?"

Seduta del 6 Gennaio 2004

"Frostwind, l'immortale?"

perigastus
appariva come un uomo del tutto normale, come del resto l'avevo visto nel
mio sogno, affatto anziano come avrebbe dovuto essere in base alle mie
conoscenze, anzi, sembrava un normalissimo uomo di mezza età dai modi
educati e alquanto posati. La sua tunica di tela bianca ricordava quella di
certi ordini monastici, anche se presentava un'ampia tasca sul lato sinistro
del petto ed era fermata alla vita da una cinta di cuoio dalla quale
pendevano numerosi sacchetti di pelle dal contenuto ignoto, stringeva in una
mano la staffa, mentre nell'altra aveva una tazza colma di liquido fumante
dal profumo aromatico, che sorseggiava di tanto in tanto con apparente
calma. A parte il modo in cui si era riappropriato del suo bastone magico,
nulla nei suoi comportamenti tradiva l'uso o la conoscenza di magia,
rendendolo ai nostri occhi ancor più imperscrutabile e misterioso di quanto
le leggende sul suo conto lasciassero immaginare.

-
Dato che ti ho già incontrato in sogno - erano state le mie prime parole,
ad interrompere il silenzio inizialmente dovuto allo stupore - il nostro
incontro non deve essere del tutto casuale...

-
Egli mi ha chiamato ed io vi ho condotti da lui - aveva risposto Thorin,
parlando con la voce di Frostwind. Dal momento in cui Perigastus si era
impadronito della sua staffa, tuttavia, la voce del nostro ex-compagno ed
ora acerrimo nemico non era tornata a manifestarsi dal corpo del nano.

-
Non è certo il caso di parlarne qui, all'aperto ed al freddo - aggiunse
Perigastus dopo aver sorseggiato dalla sua tazza. Quindi, con i suoi modi
cortesi ci invitò a seguirlo verso gli edifici che avevamo visto dalla
scialuppa, a qualche centinaio di passi da dove eravamo approdati.

Superammo
la spiaggia di ciottoli dirigendoci verso quello che sembrava essere il
modesto abitato dell'isolotto non segnato sulle carte, una sorta di faro che
si congiungeva con alcuni altri bassi edifici ricoperti da uno strano
rampicante che conferiva all'intero panorama un che di caldo e accogliente,
nonostante la rigida temperatura e la spolverata di neve che imbiancava il
terreno. Notai che quella neve sembrava assai differente da quella che ero
solito vedere durante gli inverni esmeldiani, infatti essa stava rapidamente
evaporando, e mi trovai a pensare che potesse essere solo un mezzo
escogitato dal mago per nascondere il suo rifugio ad occhi indiscreti.

Ci
condusse attraverso un ingresso fino ad una cucina dall'aspetto assai
rustico, nella quale trovammo molto opportunamente ad attenderci un numero
di sedie corrispondente a quanti eravamo, ad ulteriore testimonianza del
fatto che quell'incontro doveva essere qualcosa di pianificato, chissà da
quanto tempo. Ci venne offerto una specie di infuso che doveva essere lo
stesso intruglio che Perigastus sorseggiava dalla sua tazza, che non mancò
di far storcere il naso ai nani, data la sua totale mancanza di alcool e,
francamente, di un sapore ben definito. Il grande mago riemerso dal passato
sembrava sempre più un tranquillo, normale, solitario e cordiale uomo di
mezza età.

-
Avete fatto un lungo viaggio finora - disse ad un tratto, con tutta
tranquillità. - Il fatto che siate arrivati fin qui indica che siete sulla
strada giusta, i miei complimenti...

-
Dunque tu sei al corrente della nostra missione? - chiesi, non molto
stupito, per la verità.

-
E' proprio un gran segreto il nostro viaggio! - brontolò Thorin, battendo
la tazza disgustato sul lungo tavolo di legno.

-
So che voi state trasportando qualcosa di molto importante, qualcosa che io
stesso sottrassi a Themanis molto tempo fa e che lui non ha mai smesso di
cercare... - spiegò Perigastus, abbozzando un sorriso compiaciuto.

-
Se tu fossi realmente chi dici di essere, vecchio, dovresti avere molti anni
per essere un umano... - obiettò Polgrim, con uno sguardo sospettoso.

-
Per l'esattezza, seicentonovantasette anni, mastro nano - precisò il mago,
lasciandoci alquanto stupiti.

Avendolo
sognato, non avevo motivo di dubitare che fosse realmente Perigastus,
infatti ormai non mi stupivo più delle strane vicende che sembravano essere
state intessute per noi da un oscuro destino molti anni prima delle nostre
stesse nascite. Tuttavia, il fatto che la presunta immortalità di
quell'uomo non fosse una leggenda era in qualche modo sconvolgente, e mi
chiesi quanti altri eventi straordinari avrei dovuto testimoniare nel corso
della mia singolare esistenza.

Naturalmente,
vi fu subito qualche screzio con i nani, evidenziato da uno scambio di
battute alquanto salaci, poiché Thorin e Polgrim sembravano avercela con
lui per qualche fatto del passato che aveva coinvolto il loro antenato
Felgrim, fatti di cui io non avevo conoscenza dai miei studi. Sembrava
comunque che Perigastus, ben noto per la sua indifferenza nei confronti
della vita altrui, avesse in qualche modo tradito la fiducia del suo
compagno nano di allora, arrecandogli in qualche modo un danno che lo
ridusse quasi in fin di vita. Fortunatamente, il mago non raccolse le accuse
e si limitò a far uso della sua eloquenza per dirottare l'argomento sullo
scopo del nostro incontro.

-
Se ho fatto in modo che voi foste qui ora, è perché ho bisogno di voi -
disse ad un tratto. - In realtà, si tratta di una cosa molto conveniente
per entrambi, poiché voi potete fare qualcosa per me ed io ho in cambio
qualcosa che vi interessa per la vostra missione, sebbene il suo esito non
mi stia particolarmente a cuore...

- E
cosa vorresti da noi? - chiesi, impaziente.

-
Beh, mi sembrava ovvio - rispose il mago. - Voglio rientrare in possesso
della mia staffa.

-
Ma se te la sei già presa! - replicò Polgrim.

-
Oh, perdonatemi, si è trattato di un'azione istintiva... In verità, se voi
non foste d'accordo sono pronto a riconsegnarvela, ma penso che vi potrebbe
interessare scambiarla per risolvere il problema della personalità doppia
di Thorin e per avere qualche informazione sulla Prima Chiave...

Indubbiamente,
si trattava di un'interessante opportunità, sebbene sospettassi comunque un
secondo fine che comunque non avrei mai potuto accertare. La staffa non era
per noi un oggetto particolarmente importante, soprattutto se Frostwind
fosse stato scacciato dal corpo di Thorin, mentre in realtà per superare le
Mura di Ghiaccio avevamo bisogno di trovare le tre chiavi di cui non
sapevamo nulla. Ora forse potevamo avere modo di trovare almeno la prima...

In
breve fummo d'accordo, soprattutto Thorin il quale reputava la staffa una
sua proprietà, ma che fortunatamente non fece problemi, forse perché
infine si era convinto della coabitazione dell'odiato Frostwind nel suo
corpo.

liberarci
della presenza di Frostwind sarebbe stata una cosa relativamente semplice,
ma molto impegnativa, da quanto fui in grado di capire. In pratica,
occorreva estrarre lo spirito dal corpo di Thorin dandogli un nuovo corpo di
cui impossessarsi, e con straordinaria opportunità Perigastus ci fece
sapere di aver già preparato un suo clone fisico per questo scopo.
L'operazione avrebbe richiesto grande concentrazione da parte sua che
sarebbe rimasto del tutto indifeso per non meno di due clessidre di tempo
durante le quali non doveva essere interrotto o disturbato per alcuna
ragione, altrimenti la salute stessa di Thorin avrebbe potuto risentirne.
Maliziosamente, interpretai quelle premure come un avvertimento di
Perigastus, qualcosa del tipo: "se cercate di approfittarne per fare
qualcosa ai miei danni, il nano ci rimette la pelle", ma comunque non
avevamo scelta, se non confidare nel fatto che avrebbe mantenuto la sua
parola una volta effettuato il rituale. Lo stesso Thorin, che avrebbe subito
in prima persona ogni effetto derivante da quella operazione, si mostrò
assai risoluto nell'accettare il rischio, dimostrando grande coraggio per il
quale lo ammirai profondamente.

Ci
recammo quindi nella sala che Perigastus aveva preparato per il rituale, che
si trovava nel faro, al piano immediatamente inferiore a quello che era
stato oggetto della mia visione in sogno, dove trovammo due tavoli su uno
dei quali giaceva il clone, un corpo il cui volto era completamente privo di
lineamenti, la cui sola vista mi fece rabbrividire. Prima di iniziare,
Perigastus chiese a Warnom di avvolgere la zona con un incantesimo di
silenzio, affinché non fosse disturbato da eventuali rumori che avremmo
potuto produrre, anche perché, ci disse, c'era il rischio che accadesse
qualcosa nel frattempo.

Infatti,
dopo aver vissuto per tanti anni occultato magicamente all'occhio
dell'Oscuro Signore, Perigastus si era infine rivelato al mondo ed ai suoi
nemici per il solo fatto di aver reso visibile l'isola ed aver consentito il
nostro approdo. Themanis avrebbe immediatamente percepito di nuovo la sua
presenza, e probabilmente non avrebbe perso tempo nel rintracciarlo, poiché
il dio, con pazienza e ostinazione soprannaturali non aveva certo mai smesso
di cercarlo. Ci disponemmo quindi in modo da presidiare gli accessi alla
sala, Polgrim all'ingresso ed io con Adesir a metà delle scale che
conducevano al piano superiore, mentre Warnom avvolgeva nel silenzio
l'arcimago ed il suo clone.

Nonostante
l'area di silenzio magico, notai che Perigastus mormorava, sdraiato sul
tavolo e con gli occhi chiusi, dopo aver posato a terra la sua preziosa
staffa, recitando a memoria un rituale che doveva aver preparato chissà
quanto tempo prima e chissà con quale cura meticolosa. Presto, una figura
evanescente dai lineamenti di Frostwind si staccò dal corpo di Thorin e
prese a volteggiare, librandosi leggero nell'aria, osservandoci con il suo
sguardo astioso e minaccioso che ben conoscevamo e temevamo. Con un
movimento lieve della mano, e sempre senza aprire gli occhi, il mago fece
muovere lo spettro fino a portarlo al di sopra del suo clone, e vidi che la
figura iniziava a penetrare nel corpo inerte che lentamente iniziò ad
abbozzare una traccia di lineamenti sul volto.

Improvvisamente,
un sordo boato simile ad un'esplosione fece vibrare tutta la torre, seguito
da un forte sciabordare d'acqua che mi fece immediatamente pensare ad un
maremoto di immane potenza. Fummo costretti a trovare appigli per non finire
a terra, mentre solo Perigastus ed il suo clone sembravano restare
saldamente ancorati al pavimento, apparentemente non influenzati dal
tremendo scossone che aveva squassato la struttura di pietra. Seguito da
Adesire e Warnom, mi precipitai al piano superiore, che ricordavo avere
delle finestre, per osservare cosa stesse accadendo.

Guardando
fuori, ebbi l'impressione di vedere la Divina Speranza, a largo, che
schizzava rapidamente verso l'alto, come tutto il resto dell'orizzonte.
Attraverso i vetri, vidi avanzare una spaventosa marea che inghiottì la
nostra scialuppa e, rapidamente, l'intera spiaggia.

-
L'isola sta affondando! - gridò Warnom, affrettandosi a mormorare una
preghiera che ci avrebbe consentito di respirare sott'acqua. Tornammo
rapidamente di sotto, per informare gli altri. Come avremmo potuto fare in
modo che Perigastus non fosse disturbato ora che il rituale era appena
iniziato?

Warnom
invocò sui nani lo stesso incantesimo che aveva lanciato su di noi,
mettendoci al riparo, almeno per il momento, dal rischio di annegare, mentre
sentimmo il pavimento mancare sotto i piedi e ci ritrovammo quasi privi di
peso. L'isola si stava inabissando a grande velocità. Non sembrava essere
necessario un intervento diretto su Perigastus ed il clone, poiché ci
rendemmo conto che i due erano avvolti in una sorta di globo che li rendeva
immuni agli effetti di quanto stava accadendo, lasciandoli saldamente al
loro posto mentre noi fluttuavamo nella caduta cercando disperatamente
appigli per non ferirci. In un attimo, ci trovammo completamente sommersi
dall'acqua.

Nonostante
la magia, la velocità con cui l'isola stava sprofondando nell'oceano mi
fece mancare il respiro, reso ancora più difficoltoso dal rapido calo della
temperatura. In pochi istanti, l'acqua si fece gelida al punto di
intorpidire gli arti, e ancora una volta fu Warnom a salvarci
dall'assideramento ricorrendo ai suoi poteri, che evidentemente funzionavano
anche sott'acqua. Subito dopo, il prete sopperì al buio che si era venuto a
creare invocando una luce magica su una moneta, come altre volte aveva già
fatto, anche se in condizioni meno preoccupanti.

D'improvviso,
la caduta si arrestò ed il contraccolpo ci fece ruzzolare a terra. L'isola
doveva aver raggiunto il fondo del mare, a chissà quante braccia di
profondità, vista la velocità ed il tempo che avevamo impiegato. Non
saprei dire se in quel momento le sensazioni dei miei compagni, che
distinguevo a malapena, ma posso dire per quanto mi riguarda che ero
assolutamente terrorizzato!

non
ci eravamo ancora ripresi dall'improvviso arresto che subito udimmo una
serie di rumori provenienti dall'esterno. Qualcosa picchiettava contro i
vetri delle finestre al piano superiore e contro le pareti della torre, che
in un punto si erano fessurate. Perigastus ed il suo clone sembravano non
risentire di nulla e all'interno del globo il rituale proseguiva incurante
di quanto accadeva all'esterno, mentre il clone assumeva sempre più le
sembianze del vecchio mago, anziché quelle di Frostwind.

Io
ed Adesir tornammo al piano superiore per verificare cosa vi fosse
all'esterno, mentre i rumori si facevano sempre più insistenti e l'intera
struttura sembrava scricchiolare pericolosamente. L'impossibilità di
comunicare rendeva tutto più difficile e pauroso, ma ancora non avevamo
visto nulla. Avvicinandoci ai vetri delle finestre pericolosamente
incrinati, ci trovammo ad essere fissati da un gigantesco occhio delle
dimensioni di uno scudo. Non appena Warnom sistemò la monetina luminosa in
modo da consentirci di vedere meglio chi avessimo di fronte, riconoscemmo un
gigantesco granchio abissale, grande quanto un palazzo di Bor-Sesirim, le
cui sole chele avrebbero potuto tagliare in due una nave come la Divina
Speranza! Péer un istante, un solo istante, ebbi l'impressione di notare
sul carapace del mostro il simbolo del drago nero di Themanis.

La
creatura picchiettava sui vetri cercando di vincerne le ultime resistenze,
mentre non v'era dubbio che stesse cercando di approfittare delle fessure e
delle crepe al piano inferiore per distruggere definitivamente la torre
inabissata. Dall'alto vedemmo alcune sagome indistinte fluttuare nell'acqua
e portarsi a ridosso del globo all'interno del quale Perigastus continuava
indisturbato la sua opera, mentre i nani cercavano di affrontarle per
scongiurare i pericoli derivanti dall'abbattimento della barriera magica.
Warnom scese per dare loro manforte, mentre io e Adesir decidemmo di
approfittare dell'opportunità per colpire la creatura all'occhio che ci
mostrava, apparentemente indifeso.

La
ragazza fece saettare un paio di dardi dal suo arco magico, che infransero
definitivamente i vetri, liberandomi la via per un attacco, che subito
portai affondando la lama nell'occhio del mostro. Straordinariamente, la
magia di Warnom ci consentiva una limitata libertà d'azione, permettendoci
di combattere anche in quelle condizioni, anche se la nostra rapidità era
seriamente ridotta. Ferito in quella parte così debole ed indifesa, il
gigantesco granchio ritrasse l'occhio e con rapidità insospettabile
abbatté un possente colpo sulla torre con una delle enormi tenaglie. La
stanza venne disintegrata e vidi Adesir schizzare via per l'impatto, mentre
io riuscii ad aggrapparmi alla chela della creatura che subito si ritrasse
verso l'alto.

Fui
sollevato fino a non so quale altezza, aggrappato alla mia spada che avevo
messo di traverso all'interno della gigantesca tenaglia a mò di appiglio,
mentre alcuni dardi di Adesir mi sfrecciarono pericolosamente vicino,
andando a infrangersi contro la creatura. Il mostro tentò di chiudere la
chela cercando allo stesso tempo di tagliarmi in due con l'altra, ma
fortunatamente mancò il colpo, date le mie ridotte dimensioni al suo
confronto. Cercai quindi di scalare l'arto mostruoso nel tentativo di
raggiungere la zona da cui le zampe si dipartono, al di sotto della corazza,
dove certamente la creatura doveva essere più vulnerabile, ma il mio
avversario scosse violentemente la zampa facendomi mancare la presa e
iniziai a cadere pericolosamente verso le sue orrende fauci.

Riuscii
a manovrare la caduta in qualche modo, rimediando solo una ferita
superficiale dalle mandibole estroflesse, che tuttavia mi fece sanguinare
copiosamente un fianco, quindi raggiunsi il fondo, trascinato dal peso della
corazza e degli abiti che mi impedivano movimenti più agili. Mi trovavo ora
sotto la creatura, in un punto relativamente al sicuro dalle enormi
tenaglie, ma mi accorsi che il suo ventre indifeso si trovava ad oltre dieci
braccia di altezza, troppo in alto perché potessi colpirlo. Mi portai su un
fianco, dove quattro grosse zampe delle dimensioni di un albero lo
sostenevano, pensando di scalarle per raggiungere la parte superiore del
carapace, poi decisi di saggiarne la consistenza e ne colpii violentemente
una che riuscii a recidere in due senza troppa difficoltà. Forse potevo
proseguire l'opera immobilizzando il mostro!

Prima
che potessi colpire un'altra zampa, il mostro si voltò fulmineamente su sé
stesso, sorprendendomi con una delle chele che mi colpì come una mazza,
scagliandomi verso l'alto, quindi con la seconda mi raggiunse e a quel punto
il dolore mi fece perdere i sensi.

quando
ripresi conoscenza, grazie alle cure di Warnom, eravamo nuovamente in
superficie e seppi che Perigastus ed il clone, ultimato il rituale, erano
riusciti a distruggere la creatura marina facendo riemergere l'intera isola.
Di fronte a me, due individui del tutto identici rendevano impossibile
individuare il vero Perigastus, a parte il fatto che solo uno dei due
impugnava la staffa.

-
Perigastus? - chiamò Polgrim, titubante. L'uomo senza staffa si voltò,
contrariamente a quanto mi sarei aspettato.

-
Perché la staffa ce l'ha lui? - chiesi, raccogliendo le mie forze per
alzarmi in piedi.

-
Abitudine, direi - rispose l'uomo, senza scomporsi. - Ma ora me la
restituirai, vero nipote? Non vorrai infrangere il patto...

Dunque,
la staffa non era stata per Perigastus solo la merce di scambio nei nostri
confronti, ma anche con Frostwind, in cambio di un nuovo corpo in cui
vivere. Come avremmo dovuto sospettare, l'arcimago aveva sempre secondi fini
per le sue azioni, che difficilmente lasciava intuire agli altri, di cui
aveva sempre avuto scarsa considerazione.

Intuendo
la minaccia, Polgrim si scagliò sul nuovo Frostwind, cercando invano di
colpirlo, ma sembrava che il mago fosse pervaso da un nuovo potere assai
più forte di quello che aveva in passato. Rise del tentativo, tornando a
minacciare i nani apostrofandoli in modo da alimentare ulteriormente il
nostro odio nei suoi confronti. Quando anche io e Thorin stavamo quasi per
attaccare il mago che rappresentava più che mai un pericolo per le nostre
vite e la nostra missione, Perigastus gli intimò di scomparire, e
restituita malvolentieri la staffa, Frostwind svanì nel nulla.

-
Bene, ora possiamo andare, portatemi a bordo - disse quindi l'uomo,
strizzando con noncuranza un lembo della tunica fradicia.

-
Vieni con noi?! - esclamai con stupore, non sapendo se rallegrarmi o
preoccuparmi per quella decisione, che sapevo avrebbe lasciato ben poca
possibilità di replica da parte nostra.

-
Volevate la prima chiave, no? Ebbene l'ho incastonata nella mia staffa più
di cento anni fa, lasciandola poi a Bor-Vigassian in attesa che venisse il
momento di usarla. La vostra chiave è qui con me, quindi andiamo!

Sebbene
stupiti, piano piano la situazione si faceva ora più chiara, come emerse
anche da qualche ulteriore spiegazione che ottenemmo sbrigativamente da
Perigastus. L'arcimago, sebbene immortale, aveva passato gli ultimi secoli a
nascondersi da Themanis e dal mondo, ma la prospettiva di una simile lunga
esistenza nell'ombra mal si adattava al suo carattere e lo aveva indotto a
pensare che un simile dono non si addicesse alla razza umana. Gli eventi che
noi avevamo scatenato e nei quali ci eravamo trovati coinvolti, invece, gli
avevano fornito l'opportunità di liberarsi dalla prigionia in cui si era
recluso, grazie soprattutto al suo discendente Frostwind, divorato da una
sete di potere pari solo alla sua smisurata e cieca ambizione.

L'arcimago
non si era limitato a liberarci dell'incomoda presenza del suo pronipote,
aveva fatto molto di più per se stesso. Aveva rinunciato al suo potere ed
alla sua immortalità, invertendo tali doni con Frostwind stesso. Abbagliato
dall'immane potere acquisito nel processo magico che soddisfaceva ampiamente
il suo ego, Frostwind avrebbe presto realizzato che gli si prospettava una
vita di occultamento e di fuga, nel tentativo di sottrarsi all'occhio del
Nero Signore che ora si volgeva su di lui. Presto, tutte le sue nuove
energie si sarebbero rivelate a malapena sufficienti a questo scopo,
condannandolo a scomparire dal mondo come era successo a Perigastus stesso,
e probabilmente, ci disse, non ne avremmo sentito più parlare. Per molto
tempo almeno, pensai..

Avevamo
perduto finalmente un'incomoda presenza, ma ne avevamo guadagnata una nuova,
ben più reale, in carne ed ossa, nella persona di Perigastus, chissà se
più o meno vantaggiosa. Non si trattava più del leggendario personaggio
delle storie sui cristalli, poiché ora egli era mortale ed il suo potere
era quello che aveva precedentemente posseduto Frostwind, e tuttavia anche
questo doveva essere stato attentamente pianificato e previsto nei lunghi
anni di solitudine che lo avevano portato a simili radicali decisioni.

Lui
aveva la prima chiave, anzi lui era la prima chiave, e ne avevamo bisogno,
ma quali potevano essere le sue reali intenzioni per il futuro? Cosa aveva
in mente, e soprattutto, perché insisteva per venire con noi quando avrebbe
potuto darci la chiave e tornare ai suoi affari, se veramente non gli
interessava la nostra missione? Forse voleva portare a termine qualcosa che
lui stesso aveva iniziato secoli prima con la sottrazione del cristallo, ma
certamente doveva avere uno  scopo personale a noi ignoto, e le
possibili conseguenze di tutto questo su di noi e sul mondo stesso erano per
noi un mistero ancora insondabile.

Forse
ora dovevamo fare ancora più attenzione di quando c'era Frostwind...