Ambientazione e giochi ambientati

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Parliamo spesso di ambientazione nei giochi da tavolo. A volte pure con accesi dibattiti (Leggende di Andor, Mage Knight, Agricola, ecc) sul fatto che si sento o meno, che venga percepita o no. In questo articolo vorrei trattare il tema sotto vari punti di vista.

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Giochi
  1. Cosa dobbiamo intendere per ambientazione
  2. Quali parametri influenzano la nostra valutazione dell'ambientazione
  3. Flavour, ambientazione e immedesimazione
  4. Peso del giudizio

A) Cosa dobbiamo intendere per ambientazione

In realtà questa definizione non è così facile come sembra. A un primo sguardo l'ambientazione è il “tema” del gioco, ovvero l'argomento di cui si parla. Anche molti astratti hanno un tema (la battaglia negli Scacchi, la guerra nel Go), ma in genere in questi casi non è necessaria. 

Non basta, però. Al tema andiamo ad aggiungere però il ruolo dei giocatori (ovvero i “personaggi” che agiscono) e quello che sono chiamati a fare, che potremmo chiamare “scopo”. 

Tutti questi tre elementi (tema, personaggi, scopo) sono riuniti nella nostra ambientazione, ovvero con l'esperienza di gioco che dovreste provare al tavolo: quanto più questa risulta immersiva, tanto più l'ambientazione sarà “sentita”.

B) Quali parametri influenzano la nostra valutazione dell'ambientazione

Cosa influenza generalmente la nostra valutazione e quali parametri dovremmo considerare nel giudicarla. 

  1. Intanto un distinguo che pare banale ma non lo è affatto. Si dovrebbe giudicare una ambientazione non in base ai nostri gusti, ma in base a quanto il gioco effettivamente riesce a veicolarla efficacemente. Il che è più facile a dirsi che a farsi. Se io adoro il fantasy e non mi piace la fantascienza, sarà più facile rimanere coinvolto in un gioco sul Signore degli Anelli che non in uno di Star Wars. Il primo parametro che dovremmo tentare di abbandonare è proprio questo coinvolgimento soggettivo, che rischia di deviare il giudizio verso un campo irrazionale.
  2. Il secondo elemento che può influenzare il nostro giudizio è costituito dai materiali/grafica. Penso al vecchio HeroQuest, giusto per citare un esempio lampante. Ambiente 3D, grafica ben realizzata, miniature. Tutte cose che coinvolgono il giocatore a un livello superiore rispetto ad un print&play in bianco e nero con solo scritte. Ti senti più “barbaro” manovrando una miniatura dettagliata in una posa dinamica e feroce che non un quadratino di carta ritagliata con su scritto “barbaro”. Sono due esempi estremi, ma vi fanno capire che, al livello più o meno inconscio, siamo naturalmente predisposti a calarci di più in un gioco di ottima fattura che non il contrario.
  3. Infine l'ultimo punto, quello che secondo me è il più importante e che è quello di cui dovremmo tener conto in sede di valutazione: quanto le meccaniche corrispondano all'ambientazione. Cosa significa? Significa che quanto più le scelte “di gioco” dei giocatori corrispondono alle scelte “in ambientazione” (intesa come tema+personaggi+scopo), tanto più possiamo definire il gioco ambientato. In altre parole, quando faccio una scelta seguendo il gioco, le sue regole e le sue strategie, questa scelta corrisponde a quella che farebbe il mio personaggio nell'ambientazione proposta? In Andor, la scelta di gioco di non uccidere mostri per non far avanzare il conta-turni, corrisponde a una scelta di ambientazione? Onestamente direi di no...e buona parte della strategia di tutto il sistema delle Leggende di Andor si basa su questo meccanismo.

Ricapitolando, abbiamo: immedesimazione (soggetitva e dettata da esperienze e gusti personali); materiali/grafica (oggettivi, che esulano però dal gameplay, dal gioco giocato); corrispondenza tra meccaniche e ambientazione, tra scelte di gioco e di ambientazione (valutabile più o meno oggettivamente con un certo inevitabile margine di soggettività). 

C) Flavour, ambientazione e immedesimazione

Qui entro un po' più nel dettaglio del primo e secondo punti trattati sopra, ovvero la parte più soggettiva dell'ambientazione

Spesso si sente dire che le scritte di flavour sulle carte (tipo Arkham Horror o Battlestar Galactica) siano un buon veicolo dell'ambientazione. Questo può essere sicuramente vero a livello di coinvolgimento soggettivo, del quale parlavamo nel primo punto.

Personalmente non le ho mai lette e ritengo che, se un gioco ha bisogno di trasmettere l'ambientazione con le scritte di flavour, sia un po' come quegli scrittori mediocri che ti dicono "Tizio è un personaggio cattivo", in confronto ai bravi scrittori che ci fanno arrivare da solo il lettore, attraverso descrizioni e fatti, alla conclusione che un personaggio sia cattivo. Un po' la differenza che intercorre tra la Troisi e Dostoevskj...

Un gioco l'ambientazione me la deve far respirare attraverso il gameplay, non spiattellandomela con un testo di flavour.

Se un gioco è noioso e scollegato dalle meccaniche, è inutile che la carta mi dica "sei impaurito e in preda all'ansia", se sto morendo di sonno al tavolo...

Il flavour può aiutare (al pari dei materiali o della grafica), ma non ci si può affidare solo a quello.

A volte ci sono german che trasmettono l'ambientazione meglio di certi american.

Secondo me dovremmo anche distinguere tra ambientazione e immedesimazione, perché, alla luce di quanto detto fin'ora non sono propriamente la stessa cosa. L'immedesimazione comprende anche quei caratteri soggettivi e irrazionali che non necessariamente corrispondono a una buona ambientazione (= corrispondenza con le meccaniche).

Faccio un esempio per capirci meglio: Napoleon's Triumph è perfetto sotto il punto di vista dell'ambientazione. L'autore replica lo scenario storico (o meglio dire l'"essenza" dello scenario: qui si spiega bene cosa lui intenda) alla perfezione e implementa delle meccaniche che ricreano perfettamente il tipo di guerra/combattimento/armi del periodo. Lo fa per ogni suo gioco/scenario (es: The Guns of Gettysburg) e questo rende i suoi titoli estremamente più ambientati ad esempio della serie C&C di Borg, che presenta meccaniche sempre uguali (con piccole variazioni) dall'antichità alla II^ guerra mondiale. 

Questo va anche in contrasto con chi ritiene che l'alea sia indispensabile per riprodurre ad esempio gli scenari bellici, ma questo è un altro bell'argomento e ne riparliamo un'altra volta. 

Fin qui l'ambientazione. Perché l'immedesimazione in questi giochi non è immediata. Il regolamento di Napoleon's Triumph è lungo, complicato e con un sacco di implicazioni strategiche e tattiche sottintese, con finezze che possono essere colte solo da chi conosce il periodo storico. In questo caso l'immedesimazione verrà solo dopo diverse partite, digerito il regolamento e smesso di consultarlo costantemente. O più probabilmente non verrà mai del tutto, perché il gioco rimane sempre molto celebrale. 

Ci sono giochi come il vecchio HeroQuest che, per la sua semplicità di regole, per il fatto che se schiattavi eri morto e non resuscitavi, per l'immediatezza di gioco, davano un'ottima immedesimazione. L'ambientazione la sentivi tutta, pur essendo questa ambientazione non ricreata al millimetro e con regole a volte incoerenti (es: il movimento randomico). 

Stesso discorso si potrebbe fare per il moderno Zombicide: poche regole, subito dentro al gioco, alta immedesimazione, sebbene l'ambientazione sia funestata da regole assurde e forzate. 

In sintesi il "sentire" un'ambientazione (immedesimazione) non va necessariamente di pari passo con regole coerenti con essa e che la ripropongono fedelmente, ma è una cosa molto più soggettiva, a volte addirittura in contrasto con una ambientazione perfettamente ricreata. L'immedesimazione e l'ambientazione si possono sovrapporre, una può includere l'altra ma molto difficilmente coincideranno, perché molto difficilmente si riesce a scindere il soggettivo dall'oggettivo.

D) Peso del giudizio

Immagino abbiate familiarità col concetto di media pesata. Banalmente, si fa una media pesata quando non a tutti i valori si attribuisce la stessa importanza

Qui lasciamo da parte la soggettività e torniamo al punto 3 della nostra precedente disamina. Stabilito come dovremmo valutare l'ambientazione, che peso dobbiamo attribuirle? 

Qui ognuno, ancora una volta, le attribuisce un diverso perso. Personalmente utilizzo un metro diverso se devo valutare un german o un filler (0-0,5 /10), un ibrido o un gioco per famiglie (0-1 /10) o un american (0-2 /10). 

I punteggi sono i miei personali e ognuno adotta i suoi, con altri sistemi, ma penso non si possa esulare dall'attribuire un valore diverso alla resa efficace dell'ambientazione, dipendente dal tipo di gioco esaminato, nel giudicare Dead of Winter invece di Russian Railroads, Dune invece di Samurai o Civilization invece di 7 Wonders.

Bene, mi sono dilungato come al solito, ma spero che anche questo articolo possa essere di spunto per qualche riflessione e discussione.

Commenti

MI pare eccellente e in massima parte condivisibile quanto scritto da Agzaroth, che al di là di tutto lascia comprendere come l'elemento "ambientazione", una volta inquadrato per ciò che è, sia in fin dei conti qualcosa di molto soggettivo e come tale debba essere interpretato. Al di là dei gusti e delle preferenze personali (es. chi ama il fantasy, chi la fantascienza, chi l'horror etc.), al di là del peso e della resa di elementi come la componentistica, la resa delle meccaniche e espedienti come il "flavour text", ciò che resta alla fine è il nostro giudizio soggettivo e il nostro peso personale che diamo all'elemento ambientazione in un gioco.

Personalmente tendo a dare un peso piuttosto alto all'ambientazione, prediligendo quei titoli che me la fanno sentire e mi coinvolgono a un livello diverso e magari aggiuntivo, rispetto a quelli più astratti, che considero un freddo esercizio di gestione delle meccaniche, anche se certamente hanno il pregio di mettere in maggior risalto le capacità individuali. Se dovessi considerare gli scacchi o il Go come prototipi rappresentativi del gioco astratto e sostanzialmente privo di ambientazione, personalmente preferisco giocare qualcosa di meno "perfetto" come anche uno Zombicide, pur riconoscendo il valore assoluto dei primi e rispettando comunque chi predilige questo tipo di giochi, proprio in virtù della soggettività di questa valutazione.

E proprio in considerazione di tutto questo le situazioni che poi non mi piacciono sono quelle in cui il gioco non risulta orientato a soddisfare i personali e più che leciti gusti dei giocatori, ma si palesa piuttosto come una semplice operazione commerciale che fa leva su chi, forse, questa soggettività non l'ha ancora maturata e si lascia sedurre dalle discussioni sul fatto che debba essere ritenuto migliore il gioco di stampo tedesco o quello americano, quello con il fattore aleatorio piuttosto che quello che ne è privo e via dicendo. Perché se l'ambientazione viene considerata solo una pennellata di colore funzionale a venderci una seconda e poi una terza volta la stessa cosa, allora mi sento preso in giro, questo non rispetta la nostra soggettività, tenta solo di fare cassa facendo leva sui nostri gusti. Un gioco molto ambientato anche se meno perfetto ed elegante non è facile da realizzare, e soprattutto l'idea non è facilmente riusabile in seguito, invece ideare un concept solido e funzionante attorno a una serie di meccaniche collaudate consente di "vestirlo" e riproporlo successivamente in più occasioni, una volta incollandoci i faraoni, una volta napoleone, una volta star trek e così via, ma alla fine, sotto, ci hanno venduto sempre lo stesso gioco. Quanti cloni di Munchkin, Risiko e cose simili vogliamo ancora vedere e siamo disposti ad acquistare? Quante volte vogliamo ancora esercitarci a fare scale di numeri o combinazioni di colori facendo finta che siano città perdute piuttosto che fagioli spaziali o chissà cos'altro?

In estrema sintesi penso che la diversità dei gusti sia una ricchezza, consente ampia scelta per tutti e va benissimo, ma noi dobbiamo anche essere in grado di discernere quando stiamo parlando effettivamente di scelte, gusti e opportunità, rispetto alle situazioni in cui i nostri gusti possono essere in qualche modo sfruttati per logiche meramente commerciali che, se pure lecite e comprensibili da parte di produttori ed editori, potrebbero forse essere orientate diversamente grazie ad una maggior consapevolezza di tale soggettività da parte nostra in primis.

Come sempre i tuoi articoli non solo sono interessanti, ma anche utili a comprendere la terminologia dei giochi da tavolo, spesso nelle discussioni sorgono conflitti dovuti alla mancanza di un linguaggio comune.
In merito all'ambientazione, sono quasi totalmente d'accordo, l'unica cosa è che fatico a scinderla dall'aspetto soggettivo (capacità d'immedesimazione), tendenzialmente, nelle discussioni faccio riferimento a quest'ultimo con la consapevolezza d'inserire un fattore di difficile condivisione.

Tutte le riflessioni di questo articolo sono piene di spunti e profonde, quindi come sempre grazie.
Quella per me più importante, anche perchè è una riflessione a mio parere assoluta e non solo riferita all'ambientazione, è quella riferita alla soggettività dei giudizi che spesso ahimé è presente nei commenti.
Il primo sforzo che ognuno di noi deve cercare di compiere quando esprime un giudizio è rpoprio quello di cercare una oggettività del proprio parere...

Non so perché, ma sapevo che la stavi per tirare in ballo xD
A parte gli scherzi, bell'articolo, mi trovo molto in sintonia, anche con ciò che ha scritto il buon The Goblin.
Spesso non si sente l'ambientazione, ma il gioco è bello comunque e non ti interessa se quel tondino di legno è un colono o meno. Ti stai divertendo comunque. Punto.
Le regole coerenti con la realtà - o come dovrebbero essere le cose, nel caso di fantasy o sci fi - non sempre sono un aiuto a farti sentire l'ambientazione e coinvolto in ciò che stai facendo.
E' sicuramente una cosa talmente personale che i giochi a cui si può attribuire all'unanimità l'ambientazione, sono pochi.

Sono molto contento di vedere un articolo che tratti l'ambientazione nei giochi da tavolo, aspetto che a mio parere è largamente sottovalutato. Ho discusso spesso questo argomento con gli amici e sono stra-convinto che per i gamers più accaniti l'ambientazione conti il giusto o anche molto poco, ma con giocatori meno assidui l'ambientazione ben azzeccata ed accattivante sia uno dei motivi principali che spinge a rigiocare volentieri un gioco. "Converto due cubetti marroni in uno nero" non dice niente se non contestualizzato; tanto per fare un esempio l'ho visto in un gioco di media difficoltà come Fresco, che, ripercorrendo la giornata del pittore, se si sveglia presto per andare al mercato il suo umore diventa nero e quindi, dopo aver passato la sua giornata a cercare di reperire colori per restaurare il benedetto affresco, finalmente alla sera può andare a teatro per un po' di relax. Altro esempio classico è la famosa "capanna di coopulazione" di Stone Age: tutti la ricordano ed è emblematica per la popolazione che cresce. Alla fine io gioco un po' a tutto, però mi piace sottolineare che ambientazione e rigiocabilità/divertimento per tanti giocatori non specializzati vanno di pari passo a mio modo di vedere.
Grazie dell'articolo.

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