Root è un gioco che non ha bisogno di presentazioni. Ad oggi il titolo più celebrato di Cole Wehrle, ha spinto l’uso dell’asimmetria a un livello di piena maturità, riprendendo l’esperienza del precedente Vast e confezionando un gioco di battaglie tra animali antropomorfi, in cui ogni fazione nasce e vive con regole completamente diverse. Nel momento in cui facciamo il punto, ci troviamo alla vigilia dell’ultima espansione, che introdurrà le fazioni di rane e pipistrelli oltre a un nuovo mazzo e una manciata di nuovi vagabondi.
Facciamo dunque il punto per chi si sta affacciando al meraviglioso mondo dei giochi da tavolo, o per chi ci è dentro da un po’ e vuole capire il motivo di tanto clamore attorno a questo gioco di pucciosi animaletti.
Scheda del gioco
Root è un gioco per tre - quattro giocatori (con le espansioni da uno a sei), della durata reale di 90 minuti, creato da Cole Wehrle per la Leder Games, splendidamente illustrato da Kyle Ferrin, basato su poteri (molto) variabili, controllo area, e diverse altre meccaniche che cambiano da fazione a fazione, con una componente di interazione diretta molto marcata.
Materiali ed ergonomia
La Leder ha confezionato il gioco con gusto e misura.
L’illustratore è Kyle Ferrin, che proprio grazie a Root è uscito alla ribalta nel settore del gioco da tavolo, pur avendo già lavorato in precedenza su Vast.
Il suo stile giocoso, quasi infantile, con campi di colore a effetto acquerellato, è un marchio di fabbrica.
Il suo tocco si vede anche nei pezzi di gioco, oltre che sulle illustrazioni. Le pedine dei guerrieri sono meeple di legno sagomati secondo le specie di animale che rappresentano, con l’abbozzo di alcune fattezze attraverso linee nere.
L’effetto è al contempo elegante ed evocativo. La leggibilità dei pezzi sulla plancia è ottima.
Come funziona Root in poche parole (che di guide ce ne sono già tante)
La plancia di gioco rappresenta una foresta, con una serie di radure collegate da sentieri.
Le radure possono essere di tre "semi", a seconda degli animali che le abitano: conigli, topi e volpi. All’interno di queste radure operano delle fazioni belligeranti che vogliono conquistare il dominio della foresta.
Queste fazioni spostano guerrieri, costruiscono strutture e si danno battaglia per conquistare nuovi spazi.
Vince la partita chi primo arriva a 30 punti, nel momento esatto in cui ci arriva, oppure non appena arriva a inizio del proprio turno controllando tre radure con lo stesso seme se ha giocato in precedenza la carta dominio di quel seme. Le radure si controllano se si ha la maggioranza di guerrieri e strutture.
I punti vittoria si fanno con regole profondamente diverse da fazione a fazione, oppure rimuovendo strutture e segnalini avversari dalla mappa (ognuno fornisce un punto).
Il gioco è accompagnato da un mazzo di carte in quattro semi (topi, conigli, volpi e uccelli che fungono da jolly). Le carte possono essere utilizzate in maniera differente da ogni fazione, tipicamente basandosi solo sul seme, oppure possono essere costruite realizzando gli effetti che ci sono scritti. Le carte costruite forniscono poteri speciali o punti vittoria.
Asimmetria, bilanciamento, interazione: tre parole per definire Root
Cole Wehrle è un designer che ama studiare l’interazione: lo si è visto in maniera più esplicita nel successivo Oath (ma anche Arcs sembra essere sulla medesima linea), dove ha creato un intero sistema di gioco attorno al concetto di variabilità della condizione di vittoria permettendo ai giocatori sia di mutarla che di influenzare il raggiungimento. In Root questo fattore è meno dichiarato, ma pur sempre presente. Sembra lapalissiano dichiarare che i giocatori fanno la partita, ma è proprio così, o almeno: in Root lo è molto di più di quanto uno è abituato a pensare.
Questo è il punto di partenza per capire il gioco. Teniamolo in mente e partiamo dall’inizio, cioè dall’asimmetria.
Cosa differenzia l’esercizio di stile dal capolavoro? La qualità del risultato. Si può tentare la fuga in avanti, spingendo le caratteristiche di un prodotto oltre i limiti provati in precedenza e assumendosi il rischio di strafare; arrivare così a un risultato sbrodolato, in cui la caratteristica avanguardista non si amalgama con il resto, oppure resta un po’ fine a sé stessa e non trova compimento: questo è un esercizio di stile.
L’asimmetria così spinta di Root correva sicuramente il rischio di rimanere esercizio di stile. Furbamente, possiamo affidarci al successo del gioco per sostenere che il pericolo è stato scampato. Ma come mai? Il cuore di tutto è che l’asimmetria in Root ricopre un ruolo più profondo rispetto alla semplice spinta alla variabilità ed è perfettamente integrata nel resto dei meccanismi di gioco. Infatti, è funzionale alla diversificazione delle modalità per influire sugli equilibri di gioco, ed è questo amalgama di effetti che dà corpo alle partite.
Il concetto di equilibrio è focale in Root: non siamo di fronte a un gioco di conquista, ma a un gioco di equilibri, da rompere al giusto momento attraverso l’interazione, la quale avviene sia sul tabellone di gioco che tra giocatori. La diplomazia non è normata, ma è presente e deve essere sfruttata per risolvere situazioni spinose. Sta ovviamente all'abilità del giocatore convincere che la sua situazione non è forte come sembra, oppure che c'è un altro giocatore pronto a esplodere che dovrebbe essere stroncato.
Le diverse fazioni, cuore dell'asimmetria, sono innanzitutto caratterizzate da una diversa velocità nel raggiungere la condizione di fine partita. In modo molto grossolano, si può dire che l’obiettivo delle fazioni veloci è chiudere nel più breve tempo possibile, mentre quelle più lente devono evitare che le veloci vincano prima che siano esse stesse in condizione di vincere (il corollario è che le fazioni lente sono in grado di ostacolare quelle più veloci senza rallentare troppo la propria crescita, altrimenti il gioco non funziona).
L’equilibrio è appunto la situazione in cui, attraverso le reciproche interazioni, tutte le fazioni si trovano a equa distanza dalla vittoria.
Questa situazione, almeno in modo apparente, è quella a cui i giocatori devono idealmente tendere per oltre metà di partita, perché le fughe in avanti vengono stroncate in maniera irrimediabile. Si chiama bash the leader, secondo alcuni è un difetto, ma in giochi a elevata interazione è un meccanismo di bilanciamento.
La vittoria non si cerca con fughe in avanti, ma con la costruzione della migliore posizione in vista della zampata finale, quando saltano gli schemi e ognuno inizia a pensare solo a sé.
Ecco perché l’asimmetria è funzionale al gioco: la costruzione della migliore posizione avviene attraverso modalità specifiche e non sovrapponibili per ogni fazione, in modo che tutte possano creare una situazione favorevole senza pestarsi troppo i piedi o competere per i medesimi elementi.
In questo modo si genera la profondità, molto elevata, di questo gioco.
Epiche zuffe nel bosco, ma con raziocinio
Una partita a Root non è per gli amanti della coltivazione imperturbata del proprio orto, ma non c'è solo odio indiscriminato, anzi.
Sicuramente è un gioco molto teso, aperto a stravolgimenti immediati. Si possono vedere singoli round in cui una fazione viene quasi spazzata via dalla mappa, e che possono avvenire in qualsiasi momento della partita. Però da grandi poteri derivano grandi responsabilità, ovvero: il giocatore può tranquillamente scegliere di obliterare l'avversario dalla mappa, considerato anche che il sistema di combattimento basato su dadi favorisce nettamente chi attacca; però, se la mossa non lo avvicina al suo obiettivo personale, questo equivale all'autodistruzione delle proprie probabilità di vittoria.
Se giocato in questo modo, a volte soffrendo nel trattenere gli istinti vendicativi, Root si rivela un gioco poderoso.
Come già detto, la tensione è sempre presente, perché chiunque può decidere di far saltare la strategia altrui, e proprio nella lettura della partita sta la capacità di uscirne vincitori. Serve intuire quando all'avversario converrà attaccare, soppesare rischi e danni potenziali degli attacchi e prendere le contromisure decidendo quando scoprirsi o giocare più conservativi.
Si intuirà quindi che è necessario anche imparare a conoscere le fazioni in gioco, il che richiede parecchie partite di addestramento, per godere del pieno potenziale del gioco.
Ma ciò non vuol dire che ci si può divertire a Root solo dalla ventesima partita; il gioco è eccellente anche tra neofiti, semplicemente ci si accorgerà andando avanti che la profondità intravista è solo una frazione di quella totale.
A dispetto della durata breve, le partite hanno una loro epica.
Il gioco è un capolavoro perché riesce a tenere assieme tutti questi aspetti: la forte interazione diretta, la responsabilità dei giocatori che possono far saltare gli avversari ma devono decidere quando farlo, la profondità delle singole mosse, l'estrema varietà di contesti e soluzioni data dall'asimmetria, e infine il pizzico del brivido dato dall'alea del dado.
Un breve capitolo su quest'ultima: una certa dose di randomicità è presente, non a livelli estremi, ma può decidere la partita in situazioni molto in bilico. Visto il peso non eccessivo, non la elencherei tra i difetti.
Bilanciamento tra le fazioni
Una tra le discussioni più ritrite su Root sono i giudizi sulla forza delle fazioni.
Partiamo da un presupposto: un gioco asimmetrico fa fatica ad essere bilanciato anche quando le fazioni sono due. Bilanciare perfettamente un gioco pesantemente asimmetrico da quattro giocatori è un’impresa impossibile.
Le fazioni non hanno quindi tutte esattamente la stessa probabilità di vittoria, ma sta bene così perché meglio non si può fare. Le statistiche ci sono, e dicono che ratti, talpe e aquile sono nella zona alta mentre lucertole e corvi sono le fazioni più scarse.
Lascio fuori dal computo l’utilizzo di un secondo vagabondo, una scelta che ha la nefasta conseguenza di rovinare la partita per tutti (non fatelo, mai).
Le altre fazioni sono sparse in mezzo e la situazione è comunque influenzata da chi si trova in gioco: alcune combinazioni portano a partite a senso unico e sono da evitare. Ad ogni modo, dalle statistiche appare che le probabilità di vittoria delle fazioni più forti è circa una volta e mezzo quella delle più deboli, un rapporto non indifferente ma nemmeno soverchiante e che permette a tutti di godersi la partita e sognare di vincere.
Lontano da questi fatti oggettivi, si sono sviluppate credenze basate su letture approssimative del gioco, come che il vagabondo sia una fazione sbagliata perché i giocatori devono sacrificarsi per bloccarlo (non è vero – tanto che mica avete visto il vagabondo citato tra le fazioni forti, sta esattamente a metà), oppure che l’alleanza debba essere continuamente contrastata da tutti altrimenti vince (falso anche questo), oppure ancora che le lontre siano una fazione sbagliata perché “giocano solo se gli altri decidono di farle giocare”.
Per dirne una, se l’alleanza prende piede perché gli altri giocatori non hanno fatto un contrasto efficace ai segnalini simpatia, questi possono coalizzarsi per far saltare una base – evento che stronca il motore di gioco dell’alleanza e ne ritarda la crescita di due – tre round.
Ancora, è l’interazione tra i giocatori a ribilanciare, e questo conduce a quello che forse è l’unico vero difetto di Root.
Il kingmaking
Giocatori permalosi saranno già stati alla larga da questo gioco per la pesante interazione e il cinismo a cui chi governa animaletti pucciosi deve conformarsi.
Se questo non bastasse, ecco che in alcune situazioni, non frequenti ma nemmeno così rare, possono verificarsi casi da manuale di kingmaking.
La situazione tipica è quella in cui un giocatore possa impedire la vittoria di quello successivo, ma così facendo porti a vincere quello dopo ancora.
Un caso frequente avviene con il dominio: dopo il turno del giocatore A, che non può vincere in questo turno, c’è il giocatore B che possiede il controllo su tre radure dello stesso seme e ha giocato la carta dominio relativa, il giocatore C immediatamente successivo nel suo turno farebbe i punti vittoria che lo porterebbero a 30. Il giocatore A è fuori dai giochi, ma può togliere il dominio al giocatore B, se lo fa vince C. Viceversa, il giocatore A può lasciare il dominio a B e far vincere l'avversario, ma giocare in modo da massimizzare i propri punti vittoria pur non vincendo.
Non esiste una risposta univoca a questi dilemmi, per questo suggerisco di chiarire da subito con i compagni di gioco come verranno gestiti per evitare malumori o sensazioni di preferenze.
Personalmente, il criterio che applico è che, se non posso vincere, devo evitare che vinca il giocatore dopo di me, lasciando l’onere di scongiurare la vittoria del giocatore ancora successivo a colui a cui ho tolto la vittoria anche se obiettivamente non sarà in grado di farlo.
Altre soluzioni possono essere ugualmente valide.
Adoro l’odore di sangue di animaletti pucciosi la mattina
Root è la versione cartonata di un wargame asimmetrico, aspetto a parte ne mantiene tutte le caratteristiche.
Il gioco permette tensione e interazione ad altissime dosi nel tempo contenuto di 90 minuti. Le situazioni di gioco sono estremamente variabili e richiedono flessibilità e capacità di ingoiare enormi rospi. Il gioco è profondo e le scelte sono significative in tutti i momenti della partita, per questo la rigiocabilità è enorme anche solo utilizzando le quattro fazioni base.
La scalabilità non è eccellente, il gioco rende decisamente meglio in quattro giocatori.
Pro:
- Grandissima profondità e significatività delle scelte
- Tensione di gioco elevata in qualsiasi momento della partita
- Diplomazia e accordi rendono più gustosa la partita
Contro:
- Kingmaking
- Non tutte le combinazioni di fazioni sono equamente equilibrate
- Scalabilità bassa
Sono Andrea, un giocatore eclettico, gioco sia american che euro, ma ancora meglio se sono ibridi.
Preferisco i giochi ad alta interazione, sia diretta che indiretta, e adoro quando un gioco riesce a trasmettere l’ambientazione anche con le sue meccaniche, specialmente se è un german.
Amo i giochi genuinamente complessi, che richiedono soluzioni originali a seconda delle situazioni che si creano, mentre non sopporto quando si simula la complessità con rompicapo da risolvere.
Sono un grande estimatore di Martin Wallace, ma le circostanze mi costringono a giocare anche altro.