Oh my Goods! - Un gestionale in un mazzo di carte

Oh My Goods! un concentrato di carte per un gestione risorse tascabile, snello e veloce, ma...

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Oh My Goods!
Voto recensore:
5,0

Alexander Pfister, salito da qualche tempo alla ribalta per la produzione di alcuni giochi degni di nota tra gli eurogamer (Mombasa, Great Western Trail, il kennerspiel  del 2016 Isle of Skye), annovera tra le sue prime produzioni un paio di giochi di carte, che condividono tra loro alcuni aspetti come l’estrema portabilità ed elementi di collezione set e push your luck. Oh My Goods! è uno di questi. Andiamo a vedere come si presenta.  

Il Gioco

La compatta scatolina contiene 110 carte di misura standard. Quattro di esse raffigurano l’edificio che sarà dato all’inizio del gioco a ogni partecipante, assieme a una ulteriore carta che rappresenta il proprio lavoratore. Completano la dotazione otto carte Assistente e 94 carte edificio. Queste ultime due tipologie di carte potranno essere acquistate durante il gioco.

L’obiettivo del gioco è quello di acquistare un certo numero di edifici al fine di guadagnare i relativi Punti Vittoria. Per giungere a tale scopo ogni giocatore parte con una mano di carte (rimpinguata all’inizio di ogni turno) dalla quale sceglierà l’edificio da costruire in funzione della propria disponibilità di denaro.

Come in altri giochi precedenti, infatti, le carte hanno la peculiarità di essere multifunzione: possono infatti valere come edificio, come risorsa o come valuta.

Al fine di guadagnare le monete necessarie alla costruzione, è obbligatorio mandare il proprio lavoratore a produrre merci sul proprio edificio iniziale o su un altro edificio già costruito.

Ogni carta edificio, in colori differenti a seconda del tipo di merce che produce, raffigura:

  • il costo di acquisto della stessa;
  • il proprio valore in PV;
  • un tipo di merce che è possibile produrre;
  • il valore monetario di quest’ultimo;
  • le merci che è necessario possedere per far partire la produzione;
  • infine, la catena produttiva che è eventualmente possibile innescare una volta prodotta la merce.

All’inizio del turno di gioco viene rivelato un certo numero di carte che costituiranno il mercato: questo rappresenta l’insieme delle merci a disposizione di tutti i giocatori, i quali possono liberamene accedervi al fine di soddisfare i prerequisiti per la produzione di merci sulle proprie carte edificio.

La fase del mercato è divisa in due. Tra la prima e la seconda fase i giocatori sceglieranno in contemporanea l’edificio da costruire (o, in alternativa, l’Assistente da acquistare) scegliendo una carta dalla propria mano e mettendola coperta sul piano di gioco; inoltre, decideranno su quale edificio già costruito inviare il lavoratore.

Le carte lavoratore sono a doppia faccia: a seconda di come le si gira, si deciderà se il lavoratore produrrà due merci sull’edificio dove è stato inviato oppure una sola. In quest’ultimo caso il lavoratore usufruirà di uno sconto sulle merci che dovrà utilizzare per innescare la produzione. Gli Assistenti, invece, produrranno sempre solo una merce senza sconti.

Estratte quindi le carte mercato della seconda tornata, ogni giocatore verifica se ha soddisfatto i requisiti per far partire la produzione. Eventuali merci mancanti dal mercato possono essere giocate dalla propria mano, scartandole (le carte sul mercato invece rimangono a disposizione di tutti).

In caso di successo, le merci vengono prodotte e si può innescare la catena produttiva: il giocatore può scartare dalla propria mano merci corrispondenti a quelle richieste dalla catena (o trasferirle da propri edifici che le hanno già prodotte)  per trasformarle nella merce prodotta dall’edificio in cui ha innescato la catena in un rapporto di 1 a 1. Il vantaggio di tale mossa sta nell’aumento di ricchezza, dato che la merce prodotta ha un valore superiore a quelle utilizzate dalla catena produttiva.

A questo punto i giocatori rivelano la carta edificio coperta e, se in possesso dei soldi necessari, la aggiungono agli edifici di proprietà scartando merci prodotte per un valore almeno pari al costo della carta (non sono ammessi resti). In alternativa, possono acquistare un Assistente. Ogni Assistente, oltre al costo, raffigura come prerequisito all’acquisto un certo numero di edifici di determinati colori che devono essere già costruiti.

La fine del gioco avviene quando un giocatore raggiunge gli otto edifici costruiti. Parte quindi un ultimo turno, in cui è possibile innescare catene produttive su qualunque edificio in possesso (anche senza lavoratori o Assistenti).  Si conteggia quindi il valore in PV degli edifici, quello degli Assistenti e infine quello derivante dalla conversione in PV delle merci ancora presenti sugli edifici stessi. Chi ha raggiunto più PV risulta il vincitore.

 

Considerazioni

 

Mi sono avvicinato al titolo perché intrigato dall’idea di possedere un gioco di gestione risorse tascabile, snello e veloce. Mi incuriosiva anche l’elemento di push your luck derivante dal mercato e dalle implicazioni connesse al mandare un lavoratore a produrre facendomi i conti in tasca con le risorse comuni e quelle possedute in mano. Non ultimo, poi, l’elemento della catena produttiva mi ispirava un sacco.

Dopo un certo numero di partite, però, mi sono reso conto di una serie di limiti che secondo me penalizzano molto il gioco.

In primis, la condizione di fine partita di otto edifici costruiti trasforma il gioco in una specie di corsa: spesso e volentieri infatti si tende a privilegiare la costruzione di edifici a basso costo perché, in rapporto, danno più punti vittoria rispetto a quelli con requisiti maggiori. È vero che questi ultimi offrono la possibilità di eseguire catene produttive più succulente in termini di valore delle merci ottenute, ma raramente si riuscirà a usufruirne durante la partita.

E qui arriva la seconda magagna. Dato che le catene produttive più redditizie si basano su merci non “base” (ovvero quelle che si possono trovare al mercato o si hanno in mano) ma su “semilavorati” prodotti da altri edifici, prima di poter innescare le catene “forti” è necessario costruire un motore produttivo non indifferente. Spesso e volentieri però non si riesce a fare in tempo perché un altro giocatore che ha perseguito la strada della velocità costruendo l’ottavo edificio chiude la partita.

Inoltre, non è affatto detto che si riesca a far partire la produzione sull’edificio dove hai piazzato il lavoratore, vuoi perché il mercato è stato avaro, vuoi perché non si hanno in mano le carte necessarie a concludere la produzione.

Se la produzione non parte, la catena non si innesca. Se la catena non si innesca, il turno è sprecato. E un turno sprecato in questo gioco vuol dire partita persa. Da metà partita in poi si cerca quindi di minimizzare il rischio mandando il lavoratore dove ci sono maggiori possibilità di produrre (quindi merci non pregiate con meno requisiti), facendolo produrre di meno (alla fine una merce prodotta in meno non fa una gran differenza, se l’alternativa è quella di non innescare la catena), di fatto appiattendo l’esperienza di gioco.

L’eccezione dell’ultimo turno relativa all’innesco della catena su tutti gli edifici in quest’ottica la trovo un palliativo, una “pezza” appostata per cercare di riparare ad uno sviluppo della partita non soddisfacente. In sostanza, un errore di design.

Infine, la possibilità di rimpiazzare totalmente la mano a inizio turno alla ricerca di combinazioni più fattibili o merci più utili rappresenta una falsa speranza, dato che in questo modo si è totalmente in balia del caso. Sarebbe bastato, ad esempio, lasciare la possibilità di trattenere in mano le carte che si reputano di qualche utilità e sostituire solo quelle totalmente estranee alla strategia che si sta tentando di perseguire.

In sostanza, reputo questo Oh My Goods! un titolo incompleto, con alcune idee interessanti ma implementate male, che promette una varietà di situazioni e implicazioni che, alla prova dei fatti, non ha saputo mantenere.

 

Elementi di sintesi

 

Materiali:   Carte telate, di buona grammatura e resistenza; imbustatura non necessaria ma consigliabile.

Regolamento: personalmente l’ho trovato chiaro, anche se in rete qualcuno ha manifestato dubbi in merito al funzionamento della produzione e della gestione delle merci del mercato.

Scalabilità: ottima, in effetti. Funziona allo stesso modo da due a quattro giocatori. Ma questo perché in realtà è un multisolitario, dato che l’unica interazione possibile consiste nel fregarsi gli Assistenti.

Incidenza Aleatoria/Strategica:  la bilancia pende decisamente dal lato dell’aleatorietà. La componente strategica è condizionata dalla velocità di costruzione degli avversari (di fatto, quindi, è tarpata).

Dipendenza Linguistica:   Nulla. I nomi degli edifici sono in lingua, ma non ha alcuna rilevanza ai fini della giocabilità.

Durata: dai 15 ai 45 minuti circa.

Consiglio/Sconsiglio:   con la marea di giochini di carte usciti negli ultimi anni mi viene difficile consigliare questo titolo a categorie di giocatori che non possano trovare alternative più apprezzabili. Senza andare troppo lontano, reputo Port Royal, dello stesso autore, più riuscito di questo. Diciamo che se vi piace l’idea di avere un mini-gestionale con carte multifunzionali e non vi spaventano le strategie obbligate e l’alea, potreste provare a dargli una chance.

Pro:
  • Portatile e compatto
  • Scala bene
  • Ci sono le catene produttive…
Contro:
  • …ma si vedono raramente
  • Monostrategico
  • Alcune scelte di design discutibili.
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Commenti

Sono d'accordo su tutta la linea. Il gioco poteva essere divertente (sicuramente non è originale, visto che ci troviamo di fronte a molti concetti già utilizzati), ma non lo è per i difetti bene elencati. 

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