"Briisa de Néss, erba de Buffalöra,
sabbia de Fuentes e un trönn de Culmenàcch."
Davide Van De Sfroos, Lo sciamano
Die Quacksalber von Quedlinburg, titolo impronunciabile per chiunque non abbia voglia di leggerlo, se ne esce bel bello un bel dì del lontano duemiladiciotto (lo ricordate? io faccio fatica).
Il lavoro di Wolfgang Warsch, autore dal fiuto mica male con già nel paniere diversi titoli quantomento intriganti (
The Mind, per dirne uno, checché ci si ostini a non ritenerlo nemmeno un gioco) propone una rielaborazione dannatamente fresca e coinvolgente del
bag-building, riuscendo a cogliere nel segno laddove altri titoli peccavano di macchinosità o, talvolta, presentavano fin troppi orpelli. In
Ciarlatani di Quedlinburgo — questo il titolo, tutto sommato centrato, scelto dalla
Devir — alla meccanica del sacchetto è affidato un notevole ripensamento dei
push-your-luck proprio di giochi — non a caso dal regolamento semplicissimo — come
Can't Stop; un intelligente e divertente sistema di recupero e una grafica fumettosa q.b. fanno il resto.
Al Kennerspiel des Jahres il gioco della Schmidt Spiele si è imposto su un giocazzo come Heaven & Ale (oltreché su un altro successone di Warsch, ovverosia quel Ganz schön clever che da noi è diventato Optimus in un impeto di immotivata megalomania). Segno che proprio scarso non è.
Prossimamente dovrebbe arrivare in Italia anche l'espansione The Herb Witches, in cui presumo che alla fiera di Quedlinburgo arrivino le piazziste dell'Herbalife.
Pasticceri, avete quarantacinque minuti di tempo!
Molto brevemente, in ognuno dei nove round della partita i giocatori — da due a quattro, senza che cambi granché: in pratica c'è un solo accorgimento legato all'ingrediente nero — devono preparare delle pozioni da propinare agli impavidi avventori della fiera di Quedlinburgo, che dura appunto nove giorni. Gli ingredienti vanno pescati uno alla volta da un sacchetto e posizionati nel pentolone — la plancia personale — lungo un tracciato a spirale che parte dal segnalino goccia, inizialmente sulla casella zero.
Nel sacchetto (in cui alla fine di ogni round ritornano tutti i segnalini usati) fin dall'inizio ci sono sette segnalini bianchi — quattro di valore uno, due da due e uno da tre — che, quando pescati, mettono sempre più a rischio la stabilità del calderone: quando il totale dei segnalini bianchi supera il valore di sette, infatti, la sbobba esplode, provocando un paio di impedimenti nella sequenza di fine round tanto maggiori quanto più si avvicina la fine della partita.
I numeri sui segnalini — il massimo è quattro — indicano di quante posizioni ci si può muovere lungo il tracciato per il piazzamento; quando si sceglie di passare — o appunto scoppia tutto — si controlla la prima casella libera dopo la fine dei segnalini: quella casella indica quanti punti vittoria si segnano per quel
round,
quanti soldi si possono spendere per comprare nuovi ingredienti (massimo due, e di colore diverso tra loro) e se si può ottenere un rubino. Questi ultimi si possono usare per far avanzare la goccia nel pentolone (permettendo quindi di partire più avanti) oppure per riempire la pozione che permette di rimettere un segnalino bianco nel sacchetto (purché non abbia provocato l'esplosione) — vi accorgerete di quanto quella pozione sia più preziosa dell'Amuchina in tempo di crisi. Nonché di come la si usi male allo stesso modo.
I segnalini colorati hanno tutti effetti diversi e, con un paio di eccezioni, hanno quattro versioni, in modo da consentire di provare molte combinazioni diverse: ce ne sono di preimpostate, ma nulla vieta di scegliere l'effetto preferito per ogni ingrediente.
(Giusto per dare un'idea, i funghi rossi permettono per esempio di essere piazzati anche in un turno successivo, oppure di trarre beneficio dalle zucche presenti così da essere posti una o due caselle più in là; l'alito di fantasma viola fornisce punti vittoria in vari modi; la mandragora gialla — clamorosamente uno zenzero — può far rimettere un segnalino bianco nel sacchetto.)
Lungo il tracciato dei punti vittoria ci sono delle code di ratto: quante più ce ne sono tra la pedina di quello con più punti e quella di un giocatore, tante sono le caselle che questi può lasciare tra la sua goccia e il segnalino ratto. In pratica riempire il padellone di succulenti topi permette di partire con un vantaggio proporzionale al ritardo in punti vittoria, così da consentire maggiori possibilità di rientro: un sistema a suo modo elegante, di sicuro parecchio efficace.
Ultima cosa da dire, all'inizio di ogni turno si gira una carta dal mazzo eventi nella quale la strega Diastema enuncia un effetto — immediato, o comuque valido per il turno in corso; in genere positivo, a volte ininfluente (tipo avanzamenti di goccia alla fine dell'ultimo
round; ma pazienza) — valido per tutti i giocatori e
in grado di generare un sacco di impensabili situazioni che vanno contro un regolamento altrimenti semplicissimo.
(Davvero: tipo, per dirne una, segnalini viola che potrebbero comparire due round prima della loro entrata in scena. Cose belle. Cose belle soprattutto da spiegare ai tuoi genitori dopo che li hai convinti quasi a forza.)
Segnalo infine che il retro delle plance presenta una variante con un tracciato di bonus ottenibili con un secondo segnalino goccia (dividendo quindi gli avanzamenti); personalmente l'ho trovata un po' forzata, anche perché sposta un po' l'attenzione da quello che è il cuore di tutto, ovverosia il paiolo.
Un sacchetto bello
Partiamo dal sacchetto, come quando si compra la frutta. La gestione che Warsch fa del bag-building è essenziale, senza troppi fronzoli e senza niente fuori posto: si parte con una manciata di segnalini, se ne aggiungono al più un paio a round, si rimette dentro sempre tutto.
Gli ingredienti più pregiati, quelli con il due e soprattutto col quattro, diverranno ben presto essenziali per aumentare le possibilità di arrivare il più lontano possibile nel tracciato; del resto sono legati a ingredienti i cui effetti, comunque buoni, a lungo termine hanno un impatto forse minore sulla partita (anche se, almeno sul momento, l'uscita dello zenzero trionfante da uno che vi fa rimettere il tre bianco nel sacchetto è festeggiata come quella di Zanetti durante la sua ultima partita). Di contro, i segnalini più impattanti (il viola coi suoi punti vittoria, il nero con la possibilità di far avanzare anche parecchio la goccia) hanno solo la versione col numero uno: una scelta di design magari semplice, ma che denota un'attenzione notevole anche per i particolari.
Uh uh uh uh a-ah explosion
Detto questo, potete avere anche un pugno pieno di segnalini nel sacchetto; ma quei cacchio di segnalini bianchi se vogliono uscire lo faranno: e credetemi, il due e il tre in rapida successione smorzerebbero l'entusiasmo anche di Nocciola che tenta di convincere Pippo dell'esistenza delle streghe.
L'esplosione in sé non è catastrofica, tanto che un paio — quantomeno all'inizio della partita — si può finanche permettersela. Posto che l'ingrediente bianco che fa saltare il composto rimane in gioco ai fini della determinazione della casella di punteggio, gli effetti negativi sono due: uno meno impattante è che impedisce di tirare il dado che, in ogni
round, premia chi si è spinto più avanti nel pentolone salvando capra e cavoli; il secondo, ben peggiore, è che
costringe a scegliere uno solo tra i punti vittoria e l'acquisto di ingredienti. Se nei primi
round, quando i punti si possono ancora contare su una mano di Eta Beta, la scelta è tutto sommato semplice; più avanti nella partita la decisione è quantomeno sanguinosa.
Anche perché, ratti o non ratti, alla fine non ci sono insalate di punti: i soldi diventano punti, premiando — almeno a livello teorico — chi ha comprato di più e meglio durante la partita. Insomma: chi è davanti al suono della campanella è molto probabile che vinca.
Il gioco, l'avrete capito, non permette di sostituire i segnalini (a meno dei regali della strega Diastema), solo di aggiungerne altri: in altre parole, il tre bianco vi assillerà fino all'ultimo round. DIscutibile o meno, si tratta di una scelta del tutto in linea con l'idea editoriale del gioco - che, lo ricordo, è il classico titolo per famiglie.
Occhi di ratto
Oltre al
bag-building additivo, l'altro elemento che trovo particolarmente riuscito è quello - già citato - del meccanismo di recupero (o
catch the leader, per dirla come quelli bravi): partire in un
round tre, quattro, anche cinque caselle avanti può avere il suo peso e, se ben sfruttrato, può davvero servire per raddrizzare un precedente
round andato particolarmente storto. Ancora, l'idea è semplice, ma molto efficace sia in termini meccanico-ergonomici, sia a livello di — mi sia permesso — ambientazione:
qual miglior modo di dare sostanza a una zuppa infida se non aggiungendo succulenti bocconcini di topastro? Già che ho parlato di ambientazione, ci spendo due parole perché, pur nel suo essere tutto sommato pretestuosa, riesce a dare comunque un senso alla struttura del gioco anche grazie alla bellissima grafica di Dennis Lohausen (e dello stesso Warsch): irresistibili gli ingredienti, splendide le plance personali col mestolone e un effetto tridimensionale piacevole da vedere, chiarissima l'iconografia.
Buoni anche i componenti, che fanno il loro senza strafare — a parte le gemme di plastica traslucida, tanto tamarre quanto sempre fighe da vedere sul tavolo. Niente da dire: un ottimo lavoro.
(Forse si potrebbe obiettare qualcosa sulla qualità del cartone, visto che qualche sbavatura da defustellazione c'è stata; ma visto che al tatto non ci sono problemi, poco male: quel che è nel sacchetto rimane nel sacchetto. Lo spessore inoltre non è granché: consigliato fortemente lo stile Fosbury — anche perché dopo una ventina di partite soprattutto i segnalini bianchi sono talmente usurati che a confronto le carte da briscola del bar del paese profumano di nuovo. Segnalo infine che in rete è reperibile un set di ingredienti in plastica per sostituire quelli in cartone del gioco: costa quanto la suddetta Amuchina in tempi di crisi; ma se proprio non potete farne a meno, è tutto vostro.)
Bag Medicine
Ho ribadito più volte che
Ciarlatani di Quedlinburgo è — e vuole essere — un gioco per famiglie: tenuto conto di questo, il gioco presenta un grado di sfida decisamente soddisfacente. Posto che il cuore del gioco è squisitamente tattico (dove per tattico intendo che alla fin fine conta quello che estrai da quel ca... volo di sacchetto nero), la sensazione — e la soddisfazione — di costruirsi il sacchetto, ingrediente dopo ingrediente, un po' la si avverte.
Peraltro a ciò è connesso anche un pur minimo indirizzo strategico, perché — anche in base al potenziale di spesa di ogni round — è necessario capire se puntare a meno ingredienti, ma dal valore alto; oppure se puntare a riempirsi il sacchetto di gettoni col numero uno — primi tra tutti i viola e i neri, ovviamente.
Chiaramente il tutto dipende fortemente dai libri degli ingredienti in gioco, anche perché si posono creare delle combo davvero interessanti — per esempio se i funghi rossi ottengono dei bonus in funzione del numero di zucche da piazzate, nobilitando così pure queste ultime. Va detto che gli effetti non sono tutti di uguale complessità e che, specie introducento il gioco, conviene rimanere sul set numero uno; ma suggerisco di cominciare ben presto a deciderli prima di cominciare, o perfino a sceglierli mediante draft.
Per quanto concerne infine l'interazione, avrete capito che non va oltre la sfida per il dado bonus; si può dire che il bello di giocare con gli altri a questo gioco — e forse l'unica discriminante per quanto concerne la scalabilità — consista nel riempire il padellone in una teorica sfida al buio (il regolamento specifica che l'unico round in cui si deve giocare senza guardare gli altri è l'ultimo; ma, una volta che chi gioca con voi ha capito come funziona il tutto, non c'è motivo per non giocare il tutto senza marcarsi a uomo).
Imprecazioni libere
Un ultimo accenno all'
alea. Ovviamente, come in tutti i
push-your-luck c'è — ed è ben contenta di esserci. Non solo: è la fortuna della pesca dal sacchetto ad avere l'ultima parola. Certo, è arginabile: ci sono le code di ratto, ci sono gli acquisti di ingredienti che possono metterci una pezza, c'è la pozione; ma
se peschi due e tre bianco uno dopo l'altro non c'è santo che possa pensare di non essere citato.
Ma no, non deve dare fastidio: basta entrare nell'ottica che è un titolo che funziona proprio perché gioca con l'alea e con le scelte che essa mette di fronte: sapere di poter vincere o perdere per un singolo segnalino estratto o meno dal sacchetto regala una sensazione tutto sommato appagante e, particolare non da poco, permette di acchiappare subito anche gente che magari credeva di essere immune ai giochi da tavolo.
"Tradotto: non è culo", citando il sommo.