La gestione dadi, di cui abbiamo approfonditamente parlato in uno dei capitoli della serie Meccaniche e affini, ha contribuito non solo a donare nuova linfa agli eurogames, ma ha anche permesso agli autori di sbizzarrirsi con nuovi e interessanti sistemi per utilizzare gli amati/odiati cubi numerati.
Più per meno o meno per più
Tra gli svariati modi per usare i dadi in un gioco di gestione, Feld tira fuori dal cilindro quello che a mio parere resta il più interessante, superato forse solo recentemente dalla meccanica di Pulsar 2849.
Parliamo ovviamente di meccanica pura, che è questa: in ogni round i giocatori lanciano i loro tre dadi azione e li posizionano, a giro dal primo, uno alla volta, sulle varie tessere azione (tessere che diminuiscono in numero al calare dei giocatori). Quando piazzi un dado, fai l'azione con
efficacia pari al numero piazzato (quindi un sei è decisamente più forte di un uno).
Al contempo, non puoi piazzare su una tessera un dado uguale o superiore al dado più basso già presente (quindi se sulla tessere c'è ad esempio già un quattro, potrei piazzarci sopra solo un tre, un due o un uno).
L'effetto è tale per cui più forte sarà la tua azione, meno ostacolerai gli altri, lasciando loro più probabilità di eseguirla a loro volta. Viceversa, meno forte sarà la tua azione, più bloccherai gli avversari.
Il sistema ha due notevoli vantaggi:
- favorisce l'interazione tra i giocatori, dato che non potrai prescindere dall'osservare non solo le possibili azioni a cui puntano, ma anche i risultati che hanno ottenuto;
- consente di sfruttare bene anche i lanci bassi, che normalmente vengono percepiti come sfavorevoli.
Il tutto è ovviamente mitigato da bonus che permettono modifiche ai dadi e da una casella comune sul tabellone per i dadi non piazzabili.
La meccanica e il contorno
Alla meccanica base fa purtroppo seguito un gioco – Bora Bora – che si rivela il solito accostamento di mini-giochi spesso troppo slegati e con poco mordente, sovente una classica meccanica collezione set con bonus vari.
Il che è un gran peccato, perché la meccanica base meritava maggior fortuna e soprattutto un gioco altrettanto cattivo e teso costruitole attorno. Pur avendo un'idea geniale, non è sempre facile sfruttarla al meglio.
Bora Bora rimane un buon gioco, ma nella media, mentre il suo nucleo centrale brilla di luce propria. Chissà che presto o tardi qualche altro game designer lo utilizzi per creare finalmente il capolavoro che si merita.