Il Falco ed il Leone
dalle Cronache e le Leggende del X° secolo di Terala
Parte I, Capitolo 1: "Prologo"
Il Falco ed il Leone: Prologo
due uomini camminavano per sentieri vicini, erano partiti dallo stesso luogo e si dirigevano verso il medesimo crocevia. Le strade che
avevano percorse erano state molto diverse fra loro, ma inevitabilmente si ricongiungevano, adesso erano quasi parallele ed i due
potevano conversare tra loro. A prima vista non vi erano nulla di strano, erano diversi tra loro, ma anche questo era normale.
Il primo, perché era indiscutibilmente il primo anche per chi non li conosceva, era più alto e robusto, anziano, ma vigoroso, la folta chioma e la barba erano grigie come il ferro, ma anziché dare un'immagine di debolezza sembravano incorniciare il volto, maestoso e sereno, in modo regale come la criniera di un leone. Le sue vesti erano semplici, grigie, ma la corazza d'oro cesellato era magnifica. Pacato nei modi di fare, dal passo tranquillo, avanzava senza esitare, guidato dai suoi occhi profondi che vedevano lontano e scrutavano ciò che era, ciò che è e persino ciò che sarà.
L'altro era più basso e più giovane, carico di un'energia nervosa, neri i lunghi capelli, i baffi sottili e la corta barba, nere pure le
lunghe vesti, ma risplendenti di simboli arcani. Anelli ornavano le sue dita, soffici stivali attutivano l'incedere imperioso del suo
passo. Lo sguardo acuto ed ambizioso, simile a quello di un falco, svelava anziché celare la sua brama di gloria e grandezza, la sua sicurezza altera ed il suo potere.
La conversazione, inizialmente serena sembrò animarsi ed il giovane chiamò a se, con voce suadente, degli uomini assai più piccoli. Ma a
ben guardare i piccoletti non erano affatto dei nani. Allora lo sguardo iniziava a spaziare in cerca d'una misura e solo allora vedeva
ciò che inizialmente aveva rifiutato. I due viandanti erano due giganti, due immensi titani, ad ogni passo
scavalcavano montagne, fiumi e foreste, gli ometti erano insignificanti per loro eppure ciascuno era di dimensioni sovraumane.
Solo un brivido poteva cogliere lo spettatore davanti all'immensità di quello spettacolo, era come vedere il mondo.
Ma la
magnificenza dello spettacolo fu presto turbata dallo scuotersi della scena. Il più grosso degli ometti, un tipo dall'aspetto
selvaggio, vestito di cuoio e con il volto dipinto, incitato dal giovane dai capelli corvini, prese ad aggredire l'anziano. Costui sulle
prime cercò solo di trattenere l'ometto, ma questo si inferociva vie più, scalciava, urlava, si dimenava. Con sguardo improvvisamente
triste il colosso assestò un manrovescio all'ometto, questi volò via per crollare al suolo come una bambola rotta, travolgendo nella sua
rovina, campi, villaggi e vaste pianure.
Alla vista di quello spettacolo la furia del giovane esplose ed egli stesso si lanciò verso l'anziano, parzialmente sbilanciato dal suo
stesso colpo, ed iniziò una lotta tremenda che travolse montagne, fiumi, città e quando altro al terra avesse da offrire.
Gli altri ometti presero ad agitarsi, alcuni intervennero altri fuggirono. Accorsero anche due elfi ed un nano, ma era tardi per separare
i contendenti e la lotta non accennò a diminuire.
Chi avrebbe avuto il coraggio di intromettersi in quella lotta tra titani?