A&P Chronicles 2002-2003 (V, 9)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 5 Febbraio 2006

Parte V, Capitolo 9: Il "nuovo" Angus Jax

Seduta del 16/04/2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 5 Febbraio 2006

Parte V, Capitolo 9: Il "nuovo" Angus Jax

Seduta del 16/04/2003

Il "nuovo" Angus Jax

fin dove lo sguardo poteva spaziare, la Piana di Aidon era cosparsa di cumuli di polvere e frammenti di ossa, tutto quanto restava dell'immane orda di non morti evocata dal monaco nero e dissoltasi alla sua morte, provvidenzialmente causata da un'impensabile reazione di Angus Jax. I lupi, riunitisi in un branco che contava ormai una sessantina di esemplari altrettanto grandi e superbi quanto quelli che ci avevano accompagnato fin dal Passo del Cappio, si aggiravano per il campo di battaglia, soffermandosi a fiutare i resti, non più nervosi per l'innaturale pericolo di poco prima.

Dei nostri soccorritori, una cinquantina all'inizio, ne restavano in piedi non più di quindici, e anch'essi feriti e sanguinanti come la maggior parte di noi. Gorg della Montagna era morto, trafitto da innumerevoli frecce, e la sua scomparsa fu per me motivo di profondo e sincero dolore, nonostante ben poche fossero state le occasioni di frequentare quell'amico di una razza normalmente a noi ostile. Dama Broccaverde era profondamente provata dal combattimento: le vesti e l'armatura lacere, rivelavano un gran numero di contusioni e lividi violacei, anche sul volto, causati probabilmente dalle mazze ferrate degli scheletri. Guglielmo e Aderlist erano esausti e affannati, anche se apparivano visibilmente aver sofferto meno degli altri.

Del gruppo guidato da Shair restavano inoltre due gemelli barbari delle pianure, Nemmok e Daemon del Cavallo Pezzato, entrambi della tribù degli Ulak, dalle remote praterie occidentali. Il primo, di corporatura più esile, era un abile arciere che avevo visto scagliare nugoli di frecce durante la battaglia, ad un ritmo simile a quello di Adesir che tante volte mi aveva colpito. Daemon era decisamente più robusto, e aveva combattuto nel mezzo della carneficina, roteando due enormi lame, ciascuna delle quali era una spada simile alla mia.

Vi era poi Kairos, capo centuria della quinta falange romeldana, un uomo dallo sguardo severo e dal portamento fiero. Osservando il suo modo di portare le armi, i capelli corti, la barba curata, si poteva percepire chiaramente l'impronta dell'organizzazione militare romeldana. Dopo averlo visto in combattimento, mentre dava sfoggio di pratiche e manovre di combattimento chiaramente studiate e frutto di intenso addestramento, era facile capire perché Romeldan fosse la sola potenza militare ancora non assoggettata al dominio themanita. Un altro romeldano, Marcus, era invece un prete di Elendos ed era impegnato nel prestare soccorso ai feriti ed ai moribondi che si trovavano sul campo. 

Infine, vi era uno strano individuo, dai lunghi capelli neri raccolti in due grosse ciocche che pendevano ai lati della testa, la pelle abbronzata, che dal modo di vestire sembrava essere un esploratore, ma non riuscii a capirne la provenienza. Notai invece che sembrava a suo agio fra i lupi e mi rivolsi al capobranco per saperne di più.

- Daeron è il suo nome - mi aveva detto Galadash, rispondendo alla mia domanda. 

Quel nome richiamò alla mia memoria una delle statue del sepolcro di Felgrim. Daeron, l'Arciere del Dorinan, era uno degli eroi dei Cristalli, anche se non fu mai uno dei portatori. La somiglianza era straordinaria, possibile che fosse proprio lui? Nel corso delle nostre avventure, più volte ero stato costretto ad ammettere l'esistenza di fenomeni che andavano ben oltre le mie capacità di comprensione, ma in questo caso quell'individuo avrebbe dovuto avere tre o quattro secoli di età...

dall'altro lato del campo di battaglia, alle spalle del tempio ormai in rovina che era stato la nostra sia pur debole postazione difensiva, vidi giungere Polgrim, seguito da Thorin. Avevo perso le tracce dei due nani e del mago durante lo scontro, ed ero felice di vederli ancora in piedi. Non c'era tuttavia traccia di
Frostwind.

Una piccola folla si stava riunendo attorno al tempio, dove giaceva il corpo senza vita di Shair. Angus Jax era lì, in disparte ed inginocchiato, la testa fra le mani, come in preda allo sconforto ed alla disperazione. Decidemmo di raggiungere il gruppo ed io mi diressi verso Angus. Ero convinto che il suo comportamento era cambiato, l'ombra nera uscita dal suo corpo era secondo me il segno della fine del controllo themanita su quel potente individuo e, forse, speravo che avremmo trovato in lui un potente nuovo alleato. Il segno più evidente del cambiamento era nei vestiti: gli abiti neri dei themaniti si erano trasformati nelle vesti purpuree tipiche dei maghi
carusaliani.

- Forse ora possiamo parlare, le nostre posizioni non mi sembrano più così lontane - dissi, avvicinandomi. Angus non alzò la testa, limitandosi a piantare a terra il suo bastone quando fui a meno di un passo. Quindi, lo usò per sorreggersi e si alzò faticosamente in piedi, lo sguardo vuoto ed il volto rigato dal pianto, in un'espressione assai diversa da quella arrogante e superba che avevo visto nelle sale di Bar-Arghaal e sul Passo del Cappio.

- Dopo, ora ho bisogno di riflettere - mormorò quasi in un sussurro - lasciatemi passare, per favore...

Prontamente, Polgrim e Thorin si pararono di fronte al mago, come a sbarrargli la strada, nel loro ormai consueto fare astioso e provocatorio. Il mago posò una mano sulla spalla di Thorin, cercando di spostarlo con delicatezza. Il nano restò ben saldo al suo posto, aggrottando le ciglia.

- Non lo lasceremo mica andare così, dopo quello che ha fatto?! - gridò Thorin, notando evidentemente la mia intenzione di concedere ad Angus di allontanarsi.

- Thorin, credo che le cose siano cambiate, ora - dissi, cercando di spiegare. - Se non fosse stato per lui, qui saremmo morti tutti a quest'ora...

Ci volle un po', ma alla fine riuscii a convincere i nani, grazie soprattutto all'intervento provvidenziale di Adesir, che sembrava avere un certo ascendente sui due burberi fratelli. Anche Guglielmo intervenne nella discussione, come noi dell'opinione che Angus avesse risolto una situazione altrimenti destinata ad una grave sconfitta del nostro gruppo. 

- E' il fratello di Shair - confermò l'oste, mentre osservavamo Angus ritirarsi poco distante, frastornato dai suoi pensieri. - Lei lo dava per perduto, ad un tratto scomparve e nessuno ne seppe più nulla. Speriamo che ora sia tornato ad essere un
Jax.

passò meno di una clessidra e vedemmo Angus tornare verso di noi, visibilmente rilassato rispetto a prima. Il volto era ora più sereno, come se il breve momento di raccoglimento avesse permesso al mago di prendere atto di ciò che era accaduto, facendosene in qualche modo una ragione. Lo sguardo era triste, a testimonianza di un forte travaglio interiore che ancora non era terminato e che forse sarebbe durato ancora per molto tempo, forse per il resto della sua vita.

Angus tornò ad avvicinarsi al corpo della sorella, senza che nessuno osasse rivolgergli parola. I nostri sguardi, tuttavia, erano fissi su di lui e probabilmente ne era al corrente, ma non mostrò di interessarsene. Stese le mani avanti a sé e presto la spada di Shair iniziò a vibrare, sollevandosi nell'aria fino a che lui non la strinse in pugno, quindi fece altrettanto con il fodero, che allacciò in vita riponendovi la lama. Poi, iniziò a gesticolare cantilenando parole incomprensibili, e in breve dalla terra attorno al corpo proruppero una miriade di rami simili a tentacoli che avvolsero Shair, racchiudendola in una sorta di sudario luminescente.

Con il volto ancora segnato dal pianto, Angus si voltò osservandoci per un istante, poi si diresse da Aderlist e Daeron ai quali rivolse qualche parola in merito al suo desiderio che la salma di Shair fosse trasportata a Llalad-Nor per la sepoltura nella tomba di famiglia dei Jax. Quindi, si voltò ancora e venne verso di noi, chiedendo che ci riunissimo per parlare.

- Per prima cosa dovresti pensare a lui - disse rivolgendosi a Warnom, mentre con una mano indicava Thorin. - Il tuo compagno è stato toccato dalla malattia dei non morti ed un potente veleno è all'opera nel suo corpo, un veleno che lo trasformerà se non viene curato al più presto.

- Francamente, non mi sento proprio di farlo - fu la risposta del prete, evidentemente ancora incollerito per quanto era accaduto nel tempio di Uldan. - Se ci fosse qualcun altro in grado di curarlo, sarebbe meglio...

A nulla valse l'ulteriore invito di Angus, il quale era angustiato dai già troppi morti della giornata. Fummo costretti a far intervenire alcuni degli altri curatori, i quali non ebbero tuttavia successo. Proprio quando ero riuscito a convincere Warnom, il prete romeldano Marcus fu in grado di rimuovere il veleno dal corpo di Thorin, e per poco Warnom non abbandonò il gruppo, offeso del fatto che gli fosse stato preferito uno sconosciuto. Solo l'intervento di Guglielmo lo trattenne... almeno ancora un po', come ebbe a dire.

Quando Marcus completò la sua preghiera a Elendos, dal corpo di Thorin si levò un'ombra nera simile a quella che avevamo visto abbandonare Angus dopo la distruzione del monaco themanita, ma doveva trattarsi di tutt'altra cosa, come confermò anche lo stesso Angus. Qualunque cosa fosse, ora Thorin era salvo e non rischiava più di trasformarsi in una creatura delle tenebre.

Ad un tratto, il cielo, fino a quel momento nuvoloso e plumbeo, si squarciò. Le nubi si dissolsero in un istante, con rapidità innaturale, come per effetto di un sortilegio. Raggi di sole si riversarono dal cielo sulla Piana di Aidon, proiettando una nuova luce sul teatro della nostra recente battaglia. A quel punto, comparve dal nulla una sorta di sfera luminosa roteante, che si arrestò e dalla quale uscirono Aderlist e Frostwind, quest'ultimo evidentemente debole e barcollante. Almeno il nostro gruppo era di nuovo riunito, ed eravamo tutti vivi.

aderlist, che aveva alcune strane bruciature di non grave entità, si recò a parlare con Angus e notai che il suo tono era piuttosto secco e distaccato, segno che fra i due non doveva esserci molta amicizia. Poi Angus venne da noi e, finalmente, si decise a parlare.

- Sono morti due fratelli, oggi, ma uno di essi è rinato - esordì il mago, che evidentemente amava parlare per metafore evocando frasi a effetto. Fece una breve pausa.

- Shair, mia sorella, è morta, ed io sono stato finora colui che maggiormente le ha nuociuto. Questa è una dannazione che dovrò scontare per il resto della mia vita, ma realmente non so perché prima mi comportassi in questo modo, o forse lo immagino ma si tratta di qualcosa che trovo inspiegabile - sospirò, come se la cosa gli provocasse veramente un grande dispiacere. 

- Ho bisogno di fare ordine nei miei pensieri - concluse, scuotendo la testa. - Pensavo solo al cristallo, non potevo pensare ad altro, non c'era spazio per pensieri buoni nei confronti di mia sorella... dovrò ritirarmi per un po', riflettere, ritrovare me stesso...

Angus sembrava davvero angustiato e affranto per la morte della sorella, nella quale aveva in qualche modo avuto un ruolo importante per via del suo comportamento degli ultimi anni. Comunque riuscimmo ad avere da lui conferma che quello che avevamo catturato sul Passo del Cappio era davvero un suo clone, come supposto da Frostwind, e che proprio grazie a quello avevamo rivelato il Cristallo ai nostri nemici. 

Ciò che mi colpì fu comprendere che i nostri sforzi di nascondere il Cristallo al nemico erano alquanto inutili, poiché scoprimmo che l'artefatto era in grado di nascondersi da sé. In pratica, se non avessimo catturato il clone di Angus, nessuno avrebbe mai percepito la presenza del Cristallo, e questo mi fece ripensare a quante volte Polgrim e Thorin avevano insistito per eliminare il prigioniero... se per una volta avessimo dato retta a quella che sembrava una delle tante manifestazioni estreme dei nani, forse la seconda battaglia della Piana di Aidon non sarebbe mai stata combattuta, e tanti valorosi guerrieri non sarebbero morti!

Un'altra interessante scoperta riguardava il misterioso monaco nero. Angus ci rivelò infatti che si trattava di un altro clone, quello dell'Ambasciatore di Themanis! Non avevo potuto riconoscerlo durante il combattimento, poiché il clone rappresentava l'Ambasciatore com'era molti anni prima, da giovane, in virtù di una nuova forma di magia in grado di influenzare le barriere del tempo, una magia che solo i themaniti sembravano conoscere. Quello poteva costituire un ulteriore problema nel nostro futuro.

Comunque, Guglielmo ci fece giustamente osservare che, a quel punto, era pericoloso restare allo scoperto e dovevamo cercare di riparare al più presto a Bor-Sesirim, per stabilire il da farsi. Così, ci affrettammo a recuperare e sellare i cavalli, ormai in abbondanza, dato il numero di morti, mentre i maghi evocavano numerosi dischi fluttuanti sui quali caricammo i caduti, che nessuno aveva intenzione di abbandonare senza una sepoltura da eroi.

Al momento di partire, mi commossi nel salutare Galadash, il lupo, un prezioso alleato che non avrei mai pensato di avere al mio fianco, che mi aveva consentito di scoprire uno dei poteri della lama nera, avventurandomi in un campo del tutto ignoto fino a quel momento. In cuor mio, mentre lo salutavo, mi chiesi se l'avrei incontrato nuovamente e lui intuì i miei pensieri, preferendo un "arrivederci" al mio "addio".