A&P Chronicles 2002-2003 (V, 11)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 12 Febbraio 2006

Parte V, Capitolo 11: La profezia di Uldan

Seduta del 07/05/2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 12 Febbraio 2006

Parte V, Capitolo 11: La profezia di Uldan

Seduta del 07/05/2003

La profezia di Uldan

daeron ci osservò per alcuni istanti, silenzioso, fra la sorpresa generale che aveva improvvisamente messo a tacere ogni voce nella piccola sala riunioni di Guglielmo. La sua espressione era di disagio, seppur non di imbarazzo, come quella di chi avrebbe preferito restare anonimo per non dover dare troppe spiegazioni. Il suo sguardo vagava rapidamente, passando da Guglielmo a Angus, abbassandosi di frequente mentre cercava di trovare le parole giuste per rispondere alla prevedibile domanda di
Frostwind.

- Mi duole dovervi dire che non posso rispondere alla vostra domanda - l'elfo si decise finalmente a parlare. - Credetemi, non ho idea di dove possa trovarsi il mio popolo, né in verità sono in grado di sapere se essi esistano ancora su questo o su altri piani di esistenza...

Evidentemente, lo stupore fu ancora una volta generale. Si levarono alcune voci, fra cui quelle baritonali dei due nani, i quali ritenevano chiaramente impensabile che Daeron non fosse in grado di darci maggiori indicazioni sulla destinazione finale degli elfi.

- Quando gli elfi decisero di partire - spiegò Daeron dopo una breve pausa - alcuni di noi, molto pochi, decisero di restare nel mondo degli uomini per via di alcuni compiti che dovevano essere portati a termine, compiti ai quali eravamo legati da patti d'onore... All'epoca si tenne un consiglio, nel quale io ed alcuni altri ci opponemmo all'idea della partenza, ma ben presto ci trovammo in minoranza. Quando infine la decisione fu presa, si scelse di nascondere ogni traccia della destinazione finale degli elfi, cancellandola dalla nostra stessa memoria... 

- Ma se rimaneste qui per completare qualcosa, un modo per contattare i vostri simili una volta portato a termine l'incarico lo avrete pur avuto, no? - chiese burbero Thorin, quasi spazientito.

- Per quanto possa sembrarti inverosimile, Thorin, la risposta è no - rispose calmo Daeron, quasi con rassegnazione. - In verità, il mio compito fu portato a termine circa cento anni dopo la partenza del mio popolo, e da allora, come vedi, sono comunque rimasto vincolato al vostro mondo, senza possibilità di raggiungere gli altri...

- Cento anni dopo la scomparsa degli Elfi? - chiesi, con rinnovato stupore. - Ma allora tu dovresti avere quattro o cinquecento anni... sei davvero tu lo stesso Daeron detto l'Arciere del Dorinan, che fu compagno di Felgrim ed eroe dei Cristalli?

- In verità, lo sono - rispose, freddamente, quasi come se la cosa gli procurasse dolore. Mi sorpresi a pensare cosa potesse significare vivere così a lungo, quando tutte le persone che conosci sono scomparse o morte prima di te, quando il mondo che conosci scompare per sempre, inesorabilmente. Compresi il peso che doveva essere per Daeron il semplice ricordo di quei tempi. Era davvero un dono la lunga vita degli elfi, o piuttosto una maledizione, una sorta di castigo per una qualche colpa primordiale dell'Antico Popolo?

- Per altri cento anni ho vegliato sul consiglio della magia, fino a quando non fu sciolto da Perigastus, e allora il mio compito si è esaurito - proseguiva intanto l'anziano arciere. Alla richiesta di Frostwind, Daeron disse che non si avevano più notizie dell'arcimago da almeno una settantina d'anni, anche se il nostro amico sembrava sempre più convinto di averlo incontrato di recente, nelle vesti di Colod, il nano viaggiatore...

analizzammo accuratamente la situazione, valutando cosa fosse meglio fare per proseguire la nostra missione, che restava comunque quella di recarci a Lalad-Nor, la Città dei Templi, dove grazie ai contatti della famiglia Jax avremmo forse scoperto dove trovare gli Elfi e portato a termine il nostro compito con il Cristallo. Era tuttavia chiaro che le difficoltà sarebbero state grandi, come ci fece notare Angus. Almeno altri sei eredi si trovavano al servizio del nemico, più o meno volontariamente, dotati delle nostre stesse capacità almeno per quanto riguardava il legame con il Cristallo. Stava per scatenarsi la più grande caccia all'uomo mai vista in tempi recenti su Terala, e noi eravamo la preda.

Daeron ci confermò che avrebbe fatto parte anche lui del gruppo, pur viaggiando separatamente, poiché la sua stessa presenza sembrava poter essere facilmente individuabile da parte dei themaniti ed avrebbe potuto compromettere il buon esito della nostra missione. Ci sarebbe stato al momento del bisogno, comunque, e se almeno la metà di quanto dicevano le leggende su di lui era vera, questo mi era ampiamente di conforto. 

Il vero punto cruciale della discussione riguardava come avremmo viaggiato, dato che si trattava di percorrere il continente da un capo all'altro e questa scelta avrebbe influenzato al tempo stesso la sicurezza del Cristallo ed il tempo necessario a raggiungere Lalad-Nor. Guglielmo fu piuttosto accurato nel fare il punto della situazione, illustrandoci come Themanis avesse il controllo di gran parte del continente, in particolare per quanto riguardava le rotte navali; le sole regioni che ancora potevano essere ritenute in qualche modo non completamente controllate erano Ro-Meldan, il Carusaal, le Grandi Pianure e parte
dell'Auldia settentrionale.

Escludemmo subito la possibilità di percorrere la via meridionale, attraversando parte di Ro-Meldan ed il Carusaal, poiché questa strada, oltre ad essere più lunga via terra, avrebbe richiesto l'attraversamento delle Terre Brulle, ormai sotto il completo controllo del Nero Signore. Anche la via navale fu presto scartata. Pur riducendo i tempi del viaggio di almeno un mese, i nani si mostrarono irrevocabilmente contrari a mettere piede su un'imbarcazione e, come giustamente osservò Thorin, qualora fossimo stati intercettati dalle flotte themanite, avremmo avuto ben poche possibilità di fuga. Restava solo il percorso via terra, passando attraverso le Grandi Pianure, dove peraltro avremmo potuto sfruttare le conoscenze di Frostwind che aveva vissuto da quelle parti per un certo tempo. Questa strada avrebbe richiesto circa tre mesi di tempo.

La discussione fu interrotta da un vociare poco fuori dalla saletta in cui eravamo riuniti. Dama Broccaverde stava garbatamente facendo notare ad un avventore dalla voce maschile che non poteva entrare, ma questi si rivelava assai insistente e chiese di parlare con Guglielmo. La donna entrò dopo qualche istante, bisbigliando qualcosa all'oste, il quale annuì, chiedendo ad Angus di abbassare la barriera protettiva che impediva l'accesso alla sala, di cui nessuno di noi aveva avvertito la presenza. Qualche istante più tardi, il misterioso personaggio fece il suo ingresso.

si trattava di un uomo assai robusto e dal portamento fiero, dai chiari lineamenti esmeldiani, che portava i capelli chiari a mezza lunghezza e indossava un manto con i simboli sacri di Uldan. Dal rumore che produceva camminando, era facile intuire la presenza di un'armatura metallica sotto il mantello grigio-argenteo, ed aveva uno scudo appeso ad una cinghia che pendeva sulla schiena. Il suo modo di presentarsi, irrompendo nel bel mezzo della riunione senza tante cerimonie, non fu certo apprezzato e indispettì in modo particolare i due nani, nonostante fosse evidente che Guglielmo conosceva l'individuo. 

Percependo l'atmosfera farsi più tesa, l'oste si affrettò a presentare l'uomo al gruppo, nel tentativo di allentare il nervosismo.

- Egli è Sir Warland di Bor-Vendalim, paladino e cavaliere di Uldan...

- Non sarà mica un erede di Sir Korradrim? - chiesi, più per provocazione che altro.

- Tale io sono - rispose il paladino, fermo e con voce stentorea. - Io sono il solo certo ed accreditato erede di Sir Korradrim di Bor-Vendalim, eroe dei Cristalli, e sono accorso non appena ho saputo dell'infausta sorte che ha portato alla dipartita di
Shair.

Naturalmente, si levarono parecchie voci, causate principalmente dalla sua ostentata fermezza nell'asserire di essere il solo erede di Korradrim, poiché sapevamo che anche Adesir lo era. Benché ammirabile per fierezza e contegno, il comportamento dell'uomo era alquanto indisponente, supponente ed arrogante. Ovviamente, questo finì quasi immediatamente per causare screzi con i due nani, una razza che mal si presta a sopportare tali atteggiamenti, specie se accompagnati da un'eccessiva loquela, verbosa e retorica.

Dopo aver rischiato la sfida armata con Thorin, il quale parve mettere in dubbio la parola di un Paladino di Uldan, Guglielmo fu abile nel calmare la situazione, che tuttavia si poté dire davvero tranquilla solo dopo che Warland ci mostrò la spilla del gruppo di Shair: egli era infatti un agente del gruppo, che per alcuni mesi aveva svolto incarichi segreti in qualità di contatto presso Ro-Meldan. Gli fummo presentati uno ad uno, elencando le nostre eredità e discendenze, e l'uomo fu costretto a perdere parte della sua impassibilità quando gli fu spiegato di non essere il solo discendente di Korradrim: alla pari di molti di noi, anche lui ed Adesir erano stati nascosti l'uno all'altra, per proteggerli da Themanis, e solo ora la verità veniva rivelata. Fu ancora più colpito quando apprese che eravamo stati in grado di trovare la tomba del suo antenato e che Adesir aveva ricevuto dal suo spettro la spada di Uldan, ora trasformata nell'arco magico...

- Queste notizie fanno passare quasi in secondo piano ciò che ero venuto a riferire - disse il paladino ad un tratto, quasi sconvolto dalle rivelazioni.

- Di cosa si tratta, Warland? - chiese Guglielmo, evidentemente abituato a quel modo di parlare aulico e volutamente retorico che ora richiedeva fossimo noi a interessarci di ciò che era venuto a dire.

- Non porto buone notizie, ahimé! - rispose il paladino, sottolineando con gesti studiati la drammaticità di quanto stava per riferire. - Ciò che vi dirò non è ancora noto in Esmeldia e per questo sono accorso, oltre che per la nefasta morte di colei che ci aveva coordinato fino a questo momento...

- Allora? - incalzò Polgrim, sbuffando. Il cavaliere non sembrò curarsi della fretta che gli veniva messa dal nano. Le notizie dovevano essere esposte in modo adeguato.

- L'esercito di Ro-Meldan è stato infine sbaragliato sul fiume Ro - disse, lasciandoci a bocca aperta. - Oltre quindicimila morti sono rimasti sul campo di battaglia, e l'esercito vittorioso di Loonhammer sta già procedendo verso il Meldan. Una volta passato quel fiume, i themaniti saranno in grado di assediare la capitale Meldanos, ma la resistenza romeldana è ormai fiaccata e indebolita.

questo rendeva più che mai improponibile l'ipotesi di percorrere la più lunga via meridionale, ora che l'esercito themanita sembrava prossimo ad assumere il controllo anche del Ro-Meldan. Il più forte esercito che ancora si opponeva al Nero Signore stava capitolando e questo avrebbe significato un rafforzamento dell'egemonia themanita nel continente, privandoci di quello che avevamo sempre considerato un prezioso alleato. Tutto sembrava destinato ad andare per il peggio, e improvvise nubi nere si stesero sul nostro già incerto futuro, velandolo di cattivi presagi.

Ma la speranza è sempre l'ultima a morire, come si dice spesso, e per quanto essa possa essere attaccata ad un sottile filo, può costituire un solido appiglio per gli arditi ed i coraggiosi. Ciò fu esattamente quanto accadde, quando una nuova rivelazione fu innescata da Guglielmo, che mise Warland al corrente del fatto che eravamo riusciti a recuperare il Cristallo ed avremmo intrapreso la missione per sottrarlo definitivamente agli artigli di
Themanis.

- La profezia! - esclamò il paladino, accasciandosi su una sedia, quasi incapace di reggere all'emozione. - Dunque esiste ancora una speranza, la profezia si è compiuta!

Ci guardammo stupiti, senza trovare spiegazioni l'uno negli occhi dell'altro. Di cosa parlava il cavaliere? 

- Un'antica profezia del nostro ordine - spiegò a voce bassa, intuendo la nostra perplessità, - dice che un giorno il mondo si solleverà contro Themanis per spezzare il suo potere. Il segno della profezia sarà il ritrovamento del Cristallo Blu, la sua ricomparsa nel mondo ad opera degli eredi degli Eroi dei Cristalli. Per loro mano si compirà la profezia... 

Silenzio.

La sala sprofondò nel più assoluto silenzio per alcuni istanti. Un silenzio straordinariamente rumoroso dei pensieri e delle implicazioni che questi scatenarono nelle nostre menti. Ancora una volta, e forse più che mai, i nostri destini sembravano intrecciarsi con le vicende degli dei che tanti secoli addietro erano state messe in moto e solo avviate dai nostri antenati. Ora a noi toccava il compito di portare a termine qualcosa che ancora non comprendevamo appieno.

Incredulità, scetticismo, orgoglio, vanità. Tutte sensazioni che provai in un istante, contrastanti eppur contemporanee, udendo quelle parole. E seppi che i miei compagni erano altrettanto combattuti nei loro pensieri. 

Perché proprio noi? Come potevamo essere così speciali da portare a termine il destino di Terala, noi che così spesso sembravamo deboli e indecisi al punto da litigare anche fra di noi? Come poteva il semplice legame di sangue che ci univa agli eroi dei Cristalli garantire che fossimo gli individui giusti per portare a termine un compito tanto importante? Perché non i vari Guglielmo, Angus, Aderlist, che in fin dei conti si erano in più occasioni rivelati potenti ed esperti ben oltre le nostre capacità?

E, tuttavia, sentivo in cuor mio che era così. Quelle domande non avevano risposta, né l'avrebbero ricevuta a breve. Con le nostre poche forze, con i nostri poteri limitati e la nostra umana comprensione delle cose, solo noi eravamo stati in grado di trovare e riportare alla luce il Cristallo. Forse doveva essere così, forse era davvero così. Orgoglio, fierezza. Ma anche disagio. Se tutto sembrava essere stato scritto per noi già da tempo, quanto eravamo padroni delle nostre vite? E se così era, il tessitore dei destini non poteva essersi burlato di tutti noi ed aver già scritto le pagine della nostra sconfitta? 

non vi fu meglio da fare che tornare a concentrarci sui preparativi per la partenza. La nostra missione doveva comunque proseguire, ancora una volta non avevamo scelta e comunque nessuno avrebbe potuto rispondere alle domande che ci ponevamo, se non il futuro, per quanto incerto.

Angus ci salutò, pronto a partire per la sua personale missione, che lo portava a confrontarsi direttamente e definitivamente con l'ambasciatore themanita che lo aveva irretito ed aveva causato, per tramite suo, la morte di Shair. Ci diede appuntamento a Lalad-Nor, dove ci saremmo dovuti incontrare nella vecchia casa dei Jax, poco distante dalle mura orientali, alle spalle dei grandi giardini. Il fidato servitore di nome Rethys ci avrebbe accolti nell'unico luogo veramente sicuro che avremmo trovato nella Città dei Templi, fino al suo ritorno. E, qualora Angus non ce l'avesse fatta, sarebbe spettato a Daeron provvedere ai necessari contatti per la nostra missione a
Lalad-Nor.

Poco prima di andar via, Angus sollevò il problema della staffa di Frostwind. Solo allora ci accorgemmo che il mago non l'aveva più, dopo la battaglia della Piana di
Aidon.

- L'ho lasciata nella piana dopo la battaglia, era un oggetto inutile - disse Frostwind quando venne interrogato in proposito. Angus fu subito sconcertato e Daeron sbiancò in volto.

- Inutile? - sbottò l'altro mago, incollerito. - Irresponsabile! Hai lasciato alla mercè di chiunque uno dei cinque oggetti magici più potenti di
Terala!

- Era una copia, non era il vero bastone di Perigastus - si difese Frostwind. - E secondo me era solo un altro mezzo per rivelare le nostre mosse al nemico...

- Sai benissimo che non è così! - incalzò Angus, sempre più in collera. - Sono davvero stupito di quanto tu possa essere superficiale, nonostante abbia un potere quasi pari al mio!

- Questo è veramente un altro grosso problema - considerò Daeron, riflettendo sulla situazione.

Non seppi mai chi aveva ragione e, onestamente, non avevo motivo di dubitare di ciò che affermava il nostro compagno. Tuttavia, se davvero quell'oggetto racchiudeva il potere del Magister, forse era stata una leggerezza lasciarlo in quel modo, senza nasconderlo o riconsegnarlo a qualcuno che potesse provvedere alla sua custodia.

La cosa fu ritenuta di gravità tale che Daeron fu incaricato di recuperare la staffa, prima di seguire il nostro gruppo verso Lalad-Nor. Per la nuova missione, chiese l'aiuto di Warnom, che pertanto non ci avrebbe seguito in questa nuova avventura. Fui molto rattristato della cosa, poiché il prete, nonostante il suo carattere che tante volte lo aveva portato ad essere impopolare, soprattutto con i nani, si era sempre rivelato un alleato leale e prezioso. 

Ci salutammo affettuosamente, e di lì a breve Angus, Daeron e Warnom lasciarono la saletta. Presto anche gli altri ci lasciarono, poiché ormai spettava solo a noi decidere di ciò che avremmo fatto in seguito e non era bene condividere troppi dettagli sui nostri movimenti, informazioni preziose che avrebbero potuto essere estorte dai themaniti per quanto fidati fossero i nostri amici.

discutemmo tutta la notte, fino a quando non avvistammo le prime luci dell'alba. Il gruppo era ormai formato solo da eredi degli Eroi dei Cristalli: avevamo perduto Warnom e si era aggiunto Warland, che faceva un punto d'onore il fatto di dare il suo apporto alla missione.

La discussione più accesa fu riguardo al modo di uscire dalla città e, ovviamente, il problema erano principalmente Polgrim e Thorin. Infatti il nostro gruppo era facilmente riconoscibile proprio perché comprendeva due nani, che non erano assai frequenti in quei tempi; a questo si aggiungeva la presenza di una donna, Adesir. Chiunque avesse osservato i nostri movimenti, avrebbe potuto identificarci per via di quei particolari.

Se da un lato era facile per noi umani cammuffarci, anche al punto di far apparire Adesir come un uomo, i nani non potevano che restare tali ed avrebbero attirato l'attenzione anche dissimulando il colore delle barbe e cambiando acconciature. Io e Frostwind proponemmo quindi quella che ci sembrò la soluzione più adeguata: saremmo usciti da Bor-Sesirim con un carro telonato, nascondendovi i nani, in modo che le sole tracce di loro restassero quelle del depistaggio organizzato da Guglielmo ed i suoi uomini.

Ci fu un gran discutere su questo punto, poiché Thorin e Polgrim sembravano più dell'idea di voler uscire dalla città per conto proprio, fingendo di tornare a Bar-Arghaal o altro, per poi riunirsi al gruppo una volta fuori dalla città. Ci volle molta pazienza per convincerli dell'inopportunità di separarci, oltre al fatto che le loro mosse sarebbero state comunque sorvegliate ed avrebbero comunque messo a repentaglio sia il gruppo stesso che l'esito dei depistaggi. Alla fine, dopo un'accesa discussione, riuscii a convincere Thorin, il più ostinato dei due, così potemmo ritirarci per un breve riposo, prima dei funerali di Shair e di passare all'organizzazione del viaggio.

il funerale fu una breve cerimonia che si tenne in una sala minore del tempio di Silemine, durante il quale il chierico officiante parlò per tutto il tempo in una lingua incomprensibile. Eravamo tutti presenti, anche se giunti per vie diverse, e fingemmo di non conoscere Warland per non rivelare la nuova composizione del gruppo a occhi indiscreti. Era presente anche il Duca di Bor-Sesirim, che riconobbi nonostante fosse in incognito e senza scorta. 

Al termine della cerimonia funebre, Angus si avvicinò al feretro della sorella, e lo fece svanire nel nulla sfiorandolo con una mano, dopo aver guardato per un ultima volta il volto ora sereno nelle vesti bianche in cui era stato accuratamente ricomposto. Quindi, ciascuno tornò alle proprie faccende, uscendo per strade diverse e senza parlare, in un misto di riservatezza e commozione.

Con Frostwind, mi recai da Guglielmo, per accordarci sul depistaggio e l'equipaggiamento di cui avremmo avuto bisogno. Ci accertammo che le false tracce seminate per nascondere la nostra partenza riguardassero in particolar modo i due nani ed il mio corvo, ed ottenemmo una sufficiente garanzia che nessuno avrebbe esaminato il contenuto del carro all'uscita dalle porte cittadine. Quindi passammo all'equipaggiamento, concentrandoci soprattutto sulle provviste, che valutammo per almeno due mesi, per non rischiare di trovarci in difficoltà; al momento di abbandonare il carro, eventualmente, avremmo sempre potuto disfarci dei viveri in eccesso che non fossimo stati in grado di trasportare.

Chiedemmo buoni cavalli per noi due, più un carro telonato a due cavalli, con ruote di scorta e attrezzi come pale e picconi, chiodi e martelli, rotoli di corda e ganci e rampini metallici. Aggiungemmo alla lista le bisacce per i cavalli, fiasche personali per l'acqua, tende, sacchi a pelo, coperte e pellicce, abiti di ricambio, torce, lanterne, acciarini, un barile di pece, alcune fiale di acqua benedetta dai preti, mappe ed ogni altra cosa ci potesse essere utile nel lungo viaggio. Alla fine dell'elenco, valutammo che sul carro ci sarebbe stato giusto lo spazio per i due nani oltre ad Adesir che avrebbe preso posto in cassetta.

Ci ritrovammo con gli altri verso sera, a casa dei Jax, a fare il nuovo punto della situazione. I due nani avevano scoperto alcune interessanti novità che accelerarono i nostri piani. Innanzitutto, ci mostrarono una pergamena che era stata distribuita dai themaniti in tutte le città ed i villaggi fino al confine con Ro-Meldan: ritraeva in modo abbastanza fedele i nostri ritratti, con una taglia di mille monete d'oro per chi avesse informazioni, e diecimila per dati certi suffragati da prove inconfutabili. Valevamo dunque così tanto per il Nero Signore?

Naturalmente, i themaniti non si erano limitati a mettere una taglia sulle nostre teste, in cerca di informazioni sul nostro conto. I nani ci riferirono infatti che il nemico aveva messo in campo una "Caccia", ovvero un gruppo di sceltissimi individui le cui identità erano ignote quasi a tutti, il cui solo compito era quello di trovarci. Anche se una "Caccia" era ovviamente cosa della massima segretezza, per quanto potevamo saperne noi ed i nostri amici non erano molte le occasioni in cui Themanis era ricorso a quel tipo di ricerca. E il Nero Signore non tollerava fallimenti, che venivano puntualmente ricompensati con pene assai severe per chi non riusciva a ottenere i risultati richiesti. Per questa ragione, si diceva che una "Caccia" non avesse mai fallito in passato... Dunque, valevamo davvero molto per
Themanis. 

Un'altra novità riguardava un grosso traffico mercantile che, la mattina dopo, avrebbe causato il movimento di un migliaio di carri in uscita dalla città. L'occasione era quella giusta per unirci alla confusione, che di certo ci avrebbe messi nelle condizioni di godere dei minori controlli possibili in quella baraonda che solo una volta ogni sei mesi si verificava a Bor-Sesirim. Il solo problema era accertare che potessimo completare i preparativi nel corso della notte, e che Guglielmo fosse già a buon punto con i depistaggi e l'equipaggiamento. Consumata una frugale cena alquanto frettolosa, tornammo alla locanda.

Fortunatamente, Guglielmo ci confemò che avevano già iniziato a seminare false tracce e che l'equipaggiamento sarebbe stato disponibile nel corso della nostte. Era possibile partire l'indomani mattina, approfittando dell'occasione scoperta dai due nani. Restava solo da cammuffarci adeguatamente.

Chiedemmo a Guglielmo di aiutarci in quell'ulteriore ed ultima fase dei preparativi, fornendoci abiti nuovi e di colori diversi dal solito, tagliandoci i capelli, tingendoli e modificando le acconciature, tutte cose cui avrebbe dovuto provvedere da solo, poiché non si poteva rischiare di coinvolgere altri sulla cui discrezione non avremmo potuto contare ciecamente. Con l'aiuto della magia di Frostwind io mi feci crescere una folta barba ed i baffi, che scelsi di tingere di nero come i capelli, ricorrendo ad una tintura di pece. Anche i nani cambiarono colore alle barbe e modificarono le trecce con l'aiuto di Adesir, mentre Frostwind già
da un paio di giorni era cambiato in modo piuttosto sensibile rispetto al ritratto che avevamo visto.

- Sarà una lunga notte - disse Guglielmo, afferrando le forbici e preparando una prima tintura.