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RECENSIONE: Palma d’Oro a Cannes nel 1976, Taxi driver rappresenta il film con cui Scorsese si è presentato al grande pubblico, dopo aver girato altri film, altrettanto validi, ma con meno impatto come Alice non abita più qui e Mean streets, tutti e due con un giovanissimo e bravissimo Harvey Keitel. Taxi driver è un film cupo, ambientato in una New York perennemente al buio e vista attraverso gli occhi di Travis Bickle, un tassista che non riesce a dormire dopo il trauma della “sporca guerra” e che sceglie di guidare il taxi nel periodo notturno per passare il tempo. Dai suoi occhi tutto appare allucinato e perverso perché di notte “escono tutti gli animali più impensabili” e se ne vedono di tutti i colori. Travis si innamora, ma sarà un’ulteriore prova del “lerciume” che popola il mondo, perché non viene capito e viene rifiutato dalla donna che aveva corteggiato con tenacia. Tutto cambia quando incontra una giovanissima prostituta (la giovanissima Jodie Foster) che viene costretta a scendere dal suo taxi dal protettore, infatti da qui Travis inizia a pensare come tirare fuori la ragazzina da quel giro crudele che presto la porterà all’autodistruzione. La segue, le parla per convincerla, ma lei è imbottita di storielle dal suo protettore (un grande Keitel) e in più alle sue spalle c’è una grossa organizzazione che la copre e la sfrutta. Travis, un po’ deviato dal suo passato burrascoso, un po’ per dare un senso alla sua vita, un po’ mosso dal suo senso di giustizia decide di passare all’azione…
Film duro e triste con un grande Robert De Niro, che ci racconta come la “paranoia” possa impossessarsi di un uomo solo ed emarginato da una società malata e sudicia. Travis è in balia della folla e all’emarginazione risponde con un’esplosione di violenza che termina in un vero e proprio massacro in cui anch’egli vuole perire, ma per forza di cosa non vi riesce. La spirale di violenza lo ha travolto ed ora ha voglia di ripulire questo sporco mondo che condiziona anche le poche anime innocenti ancora rimaste, come Iris (Foster), che dovrebbe andare a scuola, giocare con i bambini della sua età, mentre invece è obbligata a stare sul marciapiede e questo, Travis non può tollerarlo.
Pellicola che è diventata un’icona del cinema anni ’70 americano, volta ad analizzare la condizione di un individuo all’interno della società, le sue ansie, le sue paure, la sua ingenuità che lo portano ad essere risucchiato da una moltitudine di persone che non si preoccupa minimamente di ciò che succede al di fuori dei loro interessi e tende ad isolare, emarginare e distruggere personalità deboli che non riescono a tenere il passo. Accompagnato dalle musiche di Bernard Herrmann il taxi di Travis vaga per la metropoli sommersa dalle tenebre e dalla corruzione, incontra personaggi strani (fra cui lo stesso Scorsese nella parte di un marito tradito) e loschi che vivono alla deriva e ci da un’altra visione di quello che era chiamato "American dream".
-Stai parlando con me??!?- biggun