Fedellow
Grande Goblin
Editor








Come forse non tutti sapranno, io e il Signor Darcy a volte uniamo le nostre forze per tirar fuori il peggio di noi stessi. A volte lo facciamo sotto le feste, perché a Natale puoi. Quest'anno abbiamo fatto questa cosa - o meglio, ancora la stiamo facendo - ovvero creare un giorno dopo l'altro un racconto pseudo-natalizio farcito di riferimenti a giochi da tavolo, sogni mostruosamente proibiti di Mariah Carey e cose pulp, molto pulp - sempre e comunque senza parolacce, perché bisogna pensare ai bambini. Ogni giorno pubblichiamo un pezzino della storia, scritto al volo in mattinata in base alle interazioni avute con chi ha letto e commentato il pezzino del giorno prima (ecco perché ci sono cose strane, a volte non è solo colpa nostra). Il tutto, per chi volesse, accade qua: https://www.facebook.com/LaTanaDeiGoblin
Per chi non volesse, non potesse, o per chi capitasse qua, ho pensato bene di raccogliere le varie parti in un unico posto nel forum. Buona lettura!
P.S. ancora grazie a Tania per la copertina bellerrima!!!
3 ottobre 2021, primo pomeriggio. Il signor Darcy scrive a Fedellow su Telegram: “Senti, ma se ci inventassimo qualche ca*ata per l'avvento? Ventiquattro s*ronzate su qualcosa?”
3 ottobre 2021, primo pomeriggio. Fedellow risponde al signor Darcy su Telegram: “Tipo un calendario dell'avvento, ma pieno di sangue e disperazione! Inizio a pensare a qualcosa, bravo che hai ragionato così in anticipo.”
30 novembre 2021, ora di cena. I due – che non hanno combinato nulla nel frattempo – si scrivono in contemporanea su Telegram: “C***O!”
È con questa avvincente premessa che vi presentiamo il fantastico racconto dell’Avvento della Tana dei Goblin, una roba a puntate che Dumas spostate, con miniature, cubetti ed errori di regolamento, che volere di più? Vorreste forse decidere come far andare avanti la storia, come fosse una di quelle a bivi di Topolino o una puntata di Sensualità a Corte? E va bene, siete accontentati!
Siccome siamo dei geni visionari (ma anche e soprattutto dei cialtroni), il nostro racconto natalizio parte con una scelta del pubblico: chi volete sia a scrivere la prima parte del racconto: il signor Darcy o Fedellow? Gesù o Barabba? ah no, quello è a Pasqua!
Ma bando alle ciance (ché “ciancio alle bande” aveva rotto già ai tempi del secondo impero francese). La prima puntata l’abbiamo scritta alternandoci; e niente, ci siamo già infilati in una valle di lacrime senza uscita.
***
Episodio I: Lo strano caso dell'intruso
[Darcy] Edoardo aprì l’armadietto del bagno, convinto di trovarci il suo rasoio, quindi fu colto di sorpresa quando vide
[Fedellow] che c'era sì un rasoio, ma non era il suo. All'occhio disattento sarebbe sembrato lo stesso, ma non lo era. All'improvviso
[Darcy] il terrore lo colse: chi c’era con lui in quella casa? Ancora peggio: che fosse successo qualcosa quella notte? Doveva sapere. Richiuse l’armadietto, afferrò
[Fedellow] lo spazzolino da denti e, brandendolo come uno spadino, uscì in corridoio. "C'è qualcuno?", fece senza troppa convinzione. Sentì
[Darcy] un rumore provenire dalla stanza dei giochi da tavolo. Si avvicinò silenziosamente alla maniglia, l’afferrò. Fece un respiro profondo, poi aprì.
[Fedellow] Con suo sommo sbigottimento, la miniatura della Regina di Nemesis era al centro del tavolo: solo non capiva perché quella fosse dipinta. Era la sua? La scatola di Nemesis
[Darcy] – la sua, intendo – era al suo posto, con quel filo di polvere che Edoardo guardava sempre con un po’ di tristezza. Eppure la regina era lì, dipinta. Chi ce l’aveva messa?
La voce alle sue spalle lo colse di sorpresa. “Primo incontro!” Era una voce femminile.
Edoardo vacillò sulle gambe. Deglutì e si voltò, lentamente.
[Fedellow]Si guardò intorno, ma non vide nessuno. "La solita scema", farfugliò. "Mara, sei tu? Guarda che non è un bello scherzo!" Non sarebbe stata la prima volta che sua sorella gli tirava un tiro mancino del genere. Fatto sta, però, che in quel momento Mara era al pub con amici. Ma questo Edoardo non lo sapeva.
[Darcy]”Quante carte hai in mano?” La voce nella penombra si fece più alta e penetrante, il rimbombo nel corridoio a incutere ancor più timore.
“Chi sei?” Edoardo si portò entrambe le mani alla testa, spaventato.
“Quante carte hai in mano?”
Episodio II: Un altro strano episodio di un altro intruso [Fedellow]
Quello delle festività natalizie è il periodo più bello dell'anno. "Sì, specialmente se non ti chiami Mara e non devi passare tutte le sere al pub per lavorare. E specialmente se non hai amici così geniali da organizzare una festa proprio dove lavori – Dai così ci sei anche tu! – come no."
Quella sera in particolare era stanca morta. Era stata in giro tutto il pomeriggio a cercare regali da fare ad amiciparenticonoscenti – mai una volta che suo fratello Edoardo le desse almeno una buona idea, almeno – aveva passato tutta la serata a servire ai tavoli e adesso si sentiva come quel pupazzetto di Babbo Natale che suona e balla, messo là sul bancone vicino alla cassa, con le pile quasi scariche. Ormai si muove così strano che sembra il nano di Twin Peaks, ogni volta che si sofferma a guardarlo sente un brivido sulla schiena.
E poi quella sera c'era stato quel tizio pseudospagnolo ubriachissimo e molesto, che andava in giro importunando tutti i clienti sbiascicando "Yo soy El Grande, mira el mi castillo!", fortuna che Paolone l'ha preso e convinto "con le buone" a trovare un altro posto in cui fare lo scemo.
Erano rimaste da tirare su solo le sedie di un tavolo, "mò passo lo straccio e finalmente posso andare a fondermi con le coperte", pensò quasi sognante.
Mentre si abbassava a raccogliere un sottobicchiere, una pallina rossa le rotolò in mezzo ai piedi. "E questa che diamine è?". Mara era rimasta sola nel locale, aveva chiuso la porta e aveva l'incombenza di mettere a posto le ultime cose: i piaceri di essere una colonna portante del locale.
"C'è qualcuno?", fece un po' spaventata. Diede un occhio in giro, effettivamente non c'era nessuno. Andò in bagno a prendere il mocio, lo strizzò con svogliatezza. "Primo incontro!", fece una voce maschile da fuori. Trasalì. Prese il bastone del mocio e "occhio che faccio karate da una vita, ti conviene levarti dalle scatole!". Quasi strisciò appoggiata al muro e si affacciò dalla porta del corridoio dei bagni per sbirciare chi ci fosse nel locale. Un tipo strambo se ne stava impalato nel mezzo della sala: sarebbe stato abbastanza anonimo, se non fosse stato per quel maglione assurdo con un bus giallo in mezzo, pareva disegnato da un bambino sotto acidi.
"Chi sei, che vuoi? Guarda che non ci sono i soldi, li ha già portati via il proprietario!" La risposta la spiazzò: “Quante carte hai in mano?”
Episodio III: Una mattinata difficile [Darcy]
L’ispettore Olivi trangugiò il suo caffè ormai tiepido in un unico sorso, maledicendo quella mattinata terrificante. “Madonna, che schifezza!”
“Come siamo raffinati”. Il suo collega, più di buon umore, lo canzonò dalla scrivania di fronte. “A pranzo cosa dirai delle tomaie che servono il venerdì?”
“Non farmici pensare, Rudy. Cristo!” Olivi schiacciò il bicchierino con la mano destra e, con un movimento plateale, lo lanciò verso il cestino. “Beato te che ti basta una ciotola di sale”. Il bicchierino rimbalzo sul bordo del cestino e quindi sul linoleum, trovando il suo spazio accanto a decine di altri bicchieri malridotti come lui. Se il suo bisnonno Enrico, che sbottava ogni volta che vedeva una singola goccia d’olio sul pavimento di una delle sue sale turbine, avesse visto quella stanza sarebbe morto d’infarto lì. Invece che in una delle sue sale turbine.
“Dai, su, resisti.” Un mezzo sorriso comparve sul muso di Rudolph. “Manca poco a Natale.”
“Se ci arrivo, a Natale”. Olivi si sollevò leggermente dalla sedia, sistemò le mutande afferrandole attraverso i jeans e si risedette pesantemente.
Il breve istante di silenzio fu interrotto dal telefono di Olivi, che risuonò a un volume atroce. L’ispettore lo fece squillare qualche secondo, sapendo in cuor suo che quella chiamata sarebbe stato il suo uccello padulo per quel venerdì.
“Ispettore Olivi”, esordì. Poi bofonchiò tre “Sì” di malavoglia, seguiti da un “Andiamo subito” sconsolato. Riattaccò sbuffando.
“Andiamo. Plurale”, insinuò Rudolph strofinandosi il naso rosso.
“Ti spiego in macchina. Me lo sentivo, cristo santo.”
“Nuova suoneria, Gilberto?” Rudolph lo fulminò con gli occhi.
“Ti piace?” Olivi gli sorrise sarcastico.
“Spero ti venga il cagotto.”
Episodio IV: Tutti insieme svogliatamente [Fedellow]
"Insomma, due sere fa più o meno all'una di notte tu eri in casa", fece Olivi a Edoardo, "mentre tu stavi chiudendo il pub presso il quale presti servizio... il Wallace Pub, su in centro. Dico bene?", fece Olivi mentre finiva di riempire di malavoglia le sue scartoffie. Edoardo e Mara annuirono con un "mmh mmh" all'unisono. "Ed entrambi dite di aver visto una persona entrata non si sa come e che, allo stesso modo, poi questa persona non c'era più, ma tanto avete i ricordi confusi. Dico ancora bene? Ma non è che vi siete fumati una cannetta insieme, voi due?", disse tra i denti l'ispettore, portandosi due dita alle labbra, facendo il verso di fumare.
"Ma no, glielo giuro ispettore", fece Mara, tra l'intimidito e l'irritato per la falsa accusa. "Non so come sia possibile, non ricordo che faccia avesse quel tipo, ma c'era per davvero. Ricordo solo di quel maglione brutto e che mi ha detto qualcosa su delle carte che dovevo avere, boh".
"Io pensavo fosse mia sorella che mi stava facendo uno scherzo del menga, ma stava al lavoro. È rientrata solo un'oretta dopo e c'è presa malissimo quando ci siamo raccontati praticamente la stessa storia. È che nemmeno io ricordo la faccia di quella tipa, so che può sembrarle assurdo ma è così, c'abbiamo provato tutti e due, eh. Niente. Siamo andati in paranoia e c'abbiamo messo due giorni per chiamare la polizia, ci scusi", chiuse il discorso Edoardo, abbassando lo sguardo come suo solito.
"Quasi quasi vi faccio contattare per il test del capello", fece eco Olivi, sardonico. Prese i fogli, li infilò svogliato nella cartella sgualcita e fece cenno a Rudolph di uscire.
"Vi farò sapere qualcosa, se mai ci fosse veramente qualcosa da sapere a riguardo. Smettetela con questa roba che vi fa male, ragazzi", fece chiudendo il discorso mentre chiudeva la porta di casa dietro di sé.
Il giardino della casa era bianco di neve. "Sti ragazzi manco si son presi la briga di spalare la neve dal vialetto d'ingresso, se scivolo altro che le allucinazioni gli faccio venire", bofonchiò al collega. "Sei sempre un gran signore! E dai, sono solo pochi centimetri di neve", gli rispose Rudolph mentre cercava le chiavi dell'auto di servizio in tasca, senza fortuna – del resto non è facilissimo in ogni caso, con gli zoccoli.
Olivi si fermò, buttando un occhio sulle statue da giardino. "Ma che diamine..."
"Eh sì, 'sti babbi natale sono davvero inguardabili. Con gli anni quasi che ho accettato quelle dei sette nani, ma queste statuine non so dove le abbiano trov..."
"Ma no, non 'ste statue dei miei stivali. La carta!"
Ai piedi di uno dei babbi natale, infilata nella neve, si intravedeva una carta da gioco dorata con un qualcosa di rosso in mezzo. Olivi l'aveva già vista quella carta, tanto tempo fa, quando era bambino.
"Ma porca vacca!"
Episodio V: C'era una volta, c'era due volte [Fedellow]
La testa di Olivi riavvolse il nastro nel giro di una frazione di secondo, a quando era ancora un nome e non il suo cognome. Il piccolo Berto, lo chiamavano. "Gilberto!", rispondeva lui, che ai tempi era puntiglioso e saputello, prima che la vita lo investisse e gli facesse retromarcia sopra.
Faceva la quinta elementare ed era un freddo dicembre di una volta: le vacanze si stavano avvicinando e lui era felice. Quel pomeriggio si sarebbero ritrovati tutti nella cucina della nonna, a fare i cappelletti come ogni anno da quando aveva memoria. Lui era l'addetto al ripieno: una pallina sulla pasta, una in bocca e via così fino a quando non si prendeva un amorevole scappellotto da sua nonna Anna.
Nel freddo del vialetto di casa di quei due fratelli sciroccati si sentì una volta ancora riscaldare da quella carezza calda della stufa a legna, da quel profumo inconfondibile di casa dei nonni sotto le feste. Gli parve di sentire nelle orecchie i racconti di quei giorni, che spesso vertevano sulla figura del bisnonno Enrico e della sua forza di volontà estrema, "uno che riusciva a far risalire l'acqua in salita, caro il mio Berto!", gli diceva sempre suo padre.
Suo padre, che quel giorno non tornò dal lavoro. Che non lo aiutò a chiudere i cappelletti. Che lo lasciò solo, in quella cucina con la stufa sempre più fredda, solo per tutto il resto della vita. Anche suo padre faceva il poliziotto; quel giorno ebbe la sfortuna di avere un incontro ravvicinato con una calibro 9 dal quale uscì sconfitto. Sua madre non si riprese mai da quella fredda giornata e decise di raggiungere il marito dopo una manciata di mesi: fu allora che il piccolo Berto divenne Olivi.
Nel freddo del vialetto di casa di quei due fratelli sciroccati Olivi vide la stessa carta che trovarono sul corpo del padre: una carta dorata con su un grosso cuore rosso e la scritta "All I want for Christmas is you".
Episodio VI: Una ragazza si commuove [Darcy]
Silvia uscì dalla doccia e si avvolse l’asciugamano attorno al seno. Dieci minuti ininterrotti di acqua caldissima avevano creato un ecosistema tropicale nel piccolo bagno, anche perché fuori c’erano una manciata di gradi e di aprire la finestra non aveva la benché minima idea.
Con un gesto rapido della mano destra aprì un varco nella condensa dello specchio e, pur senza gli occhiali, osservò il suo volto con attenzione. La soddisfazione usuale che provava nel rimirare il suo volto fu appena velata dalla visione di un piccolo brufolo sulla riga del labbro, uno di quelli piccoli e fastidiosi che a spremerli fanno un male cane. Decise di utilizzare le unghie degli indici, lunghe e curate, e in effetti dopo qualche secondo si rese conto che stavolta avrebbe dovuto davvero pulire lo specchio.
In seguito non avrebbe saputo spiegare perché; ma quel piccolo fiotto giallo le fece tornare in mente un momento particolare della sua infanzia, quello che le avrebbe cambiato la vita.
Coi pensieri colmi di rimpianto e di nostalgia aprì finalmente la finestra, poi tornò nella stanza da letto, la gatta dal pelo rosso assopito e arrotolato sulla coperta a esagoni colorati. Ancora avvolta nell’asciugamano si sdraiò anche lei sul letto. Continuò a rimuginare, mentre con le dita tracciava i bordi degli esagoni verdi, viola e blu e poi sfiorava il morbido pelo del dorso e della coda della marchesa.
Fu il suono di un organetto, fuori nella piazzetta illuminata dal tiepido sole morente, a riportarla alla realtà: era sdraiata su un letto che usava solo lei, si stava avvicinando Natale e fuori dei bambini stavano gridando di felicità. Asciugò una lacrima sulla sua guancia; poi si fece coraggio e prese il telefono.
Episodio VII: Cattivi pensieri [Darcy]
La fastidiosissima teiera smise di suonare, ma Edoardo non se ne accorse quasi
“Ehi”, lo esortò il bambino. “Zio, devi prendere la carta!”
“Eh? Ah, sì, la carta. Bravo, Bobby!” Cercò di riorientarsi se non nel tempo, quantomeno nello spazio. “Vuoi fare un’altra manche?”
“Sì, certo!”. Il piccolo girò una nuova carta, che diceva “Qualcosa nel tuo panino”. Sul tavolo c’erano la esse, la emme e la ti. Roberto ci pensò qualche secondo, poi disse “carne!” e premette di nuovo il tasto di quell’aggeggio infernale.
Edoardo pensò a come ribattere, ma più il silenzio si prolungava e più i suoi pensieri tornavano agli avvenimenti degli ultimi giorni. Dopo la chiacchierata con quella sgangherata coppia di poliziotti – l’uomo che sembrava un pornoattore degli anni Settanta, la renna con quel suo naso da cartone animato – l’intruso era tornato a farsi sentire.
Era successo la sera prima. Roberto stava sistemando i piatti nella lavastoviglie, imprecando con quelli piani, che toccavano sempre l’elica, quando un rumore dietro di sé lo fece sussultare. Si era girato con timore e, sulla parete di fronte a lui, era comparse delle lettere disegnate col sangue. “Quante carte hai in mano?”
Era rimasto due minuti come inebetito a fissare la scritta, l’acca che sgocciolava sul pavimento. Poi aveva composto il numero di Olivi.
Quando l’ispettore era arrivato, vestito con un improbabile maglione natalizio con ricamato sopra Yoda col cappello da babbo Natale, aveva gli aveva rivelato due cose: la prima era che i piatti piani si potevano inclinare in avanti, in modo da farceli stare. La seconda è che non era sangue, ma salsa di pomodoro.
“Un gran passo avanti nelle indagini, eh?” L’aveva deriso.
Ma Olivi era stato al gioco. “Se non altro è un buongustaio, non ha usato il ketchup.”
Al che lui l’aveva guardato malissimo e…
“Zio!” Roberto gli strattonò la maglietta.
“Ah, sì, scusami”, gli disse. “Non mi viene in mente niente.”
“La musichetta è finita, zio”.
Episodio VIII: Intermezzo [Fedellow]
Edoardo e Mara decisero che era tempo di rilassarsi e fecero un salto ai mercatini della Madonna: vin brulé e panettone rigorosamente coi canditi per Edoardo, vin brulé e pandoro per Mara.
Finalmente una giornata spensierata, senza campanelli d'allarme.
Episodio IX: A volte ritornano [Fedellow]
I mercatini del giorno prima avevano riportato un po' di serenità in Edoardo e Mara e nella casa semideserta in cui stavano passando queste festività. I loro genitori erano partiti per un mese - un mese, che esagerati! - di crociera per festeggiare i 25 anni di matrimonio; Edoardo e Mara erano contenti di non averli tra i piedi ma, sotto sotto, un po' rosicavano che la cosa fosse reciproca, tantopiù che i loro si erano fatti vivi sì e no un paio di volte. Per non farli stare in pensiero - lo sarebbero stati, poi? - neanche avevano fatto saper loro nulla di quanto stava succedendo in quei giorni.
Quella sera Mara era uscita dal pub prima di mezzanotte: fosse stato per lei sarebbe rimasta volentieri a casa e ciao pub, ma quando tocca lavorare, tocca lavorare. Era riuscita a sbolognare la chiusura all'altra cameriera, con la scusa di non lasciar addormentare Edoardo sulle poltroncine ché poi per farlo alzare serve la fanfara dell'esercito. Da quando era successo "non si sa bene cosa" Edo non stava più da solo in casa ed era diventato un cliente fisso del pub. Non che a Mara dispiacesse, anche lei aveva una paura matta di restare da sola, ma un fratello in mezzo ai piedi è sempre un fratello in mezzo ai piedi, anche se gli vuoi bene.
"Oh, ma non potevi andare da Stefano e Federico a giocare stasera?", gli fece mentre cercava affannosamente le chiavi della Panda in una borsa troppo grande per le sue mani senza sensibilità per il freddo.
"Guarda che puoi fare la scema coi clienti anche se ci sono io, eh", le rispose Edo canzonandola. "Stasera c'era anche Tommaso e hanno deciso di giocare a Maria in tre, che è la morte sua."
"E quindi, non potevi andare a giocare con loro tre?"
"È che Maria è un gioco da due o tre giocatori, ma in tre chi controlla la Prussia... ma che sto a spiegarti 'ste robe che tu al massimo giochi a Uno e neanche hai mai letto le regole vere?", chiuse il discorso giochi Edoardo mentre salivano in macchina.
La risposta di Mara fu un bambinesco ma eloquente "gnè gnè gnè". Aveva finalmente individuato il portachiavi a forma di pecora nella borsa, incastrato tra l'ombrello e il borsello del tabacco. Aprì il pandino col telecomando, spalancò lo sportello di dietro e lanciò la borsa sul sedile. Tra il chiudi-apri degli sportelli sentì Edoardo imprecare, senza capire bene il perché. Lo fece anche lei una volta che fece per sedersi sul sedile del guidatore: sul cruscotto c'era un'altra carta dorata, con su un asso di picche e sotto, scritto in nero, un nome: Silvia.
Episodio X: equivoci [Darcy]
Chi diavolo è Silvia, gli aveva chiesto sua sorella.
Edoardo le aveva risposto in maniera ambigua. Non che avesse nulla da nascondere, insomma; però ecco, certi ricordi così personali sono difficili da esternare davanti a una persona della tua famiglia.
Ora stava camminando a passo spedito per la via principale del Paese, le bancarelle dei mercatini con le loro merci colorate, i Brezel raffreddati dall’aria fredda del pomeriggio e “Feliz Navidad” sparata ogni ventidue minuti contati.. Si avvicinò a una delle costruzioni di legno che in quel momento era senza altri clienti e ordinò e un vin brulè che al primo sorso scoprì essere a temperatura pomodorini di Fantozzi.
Arrivato in piazza Knizia scelse una delle panchine nell’angolo opposto a quello dove i volontari avevano preparato il presepe e ora stavano allestendo i tavoli per qualche attività serale, prese il telefono e si decise a telefonare.
“Ti aspettavo”, lo accolse la suadente voce di Silvia.
“Che vuoi, cosa ti serve?” rispose lui, secco.
“Madonna, che tono. Non sei felice di sentirmi?”
“No, preferirei ascoltare il campanello di Cookie Box per venti ore filate: fai tu.”
“Anch’io ti voglio bene”, fece lei, civettuola.
“Cosa significa quella carta?” Edoardo cercò di mantenere la calma, ma stava bollendo dentro. Anche perché il vin brulè non è che aiutasse, in tal senso.
“Quale carta?”, fece lei, sinceramente sorpresa.
Edoardo fu spiazzato. “Come quale carta, l’asso di cosi, di picche!”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando, giuro.”
“Nella mia macchina c’era una carta dorata col tuo nome”.
“Oddio, e ora?” domandò lei, con un tono che Edoardo capì essere sincero.
“Ma scusa, ma… hai detto che aspettavi la mia chiamata!”
“Ti avevo scritto qualche giorno fa, scemo!”
“Ne sei sicura? Io non ho ricevuto nulla.” Edoardo era imbarazzato. Fu lì lì per inventarsi una scusa, una di quelle che si usano quando arrivi tardi alle riunioni di lavoro su zoom; ma poi non aggiunge nulla.
Fu lei a rompere il silenzio. “Oggi è il dieci dicembre.”
“Dieci dic… oddio, ti ricordi ancora?”
“Come potrei dimenticare la mia prima volta, con te che mi sul più bello mi hai vomitato addosso?”, lei ridacchiò.
Lui stette zitto per un momento. Poi, sapendo di star facendo un errore, le chiese dove fosse in quel momento e chiuse la telefonata.
Sulla panchina di fianco una figura con un cappello nero e un impermeabile color antracite mandò giù un boccone di panettone coi canditi – ché senza non è mica panettone – e sorrise compiaciuta.
Episodio XI: Olivi si dà da fare [Darcy]
La donna si avvicinò con movimenti languidi al poliziotto. “Buonasera, ispettore.”
Olivi la squadrò per un secondo, poi le rivolse uno sguardo interrogativo. “La conosco?”
“Non ancora”, fece lei, civettuola.
“Ha bisogno di me? Deve fare una denuncia?” chiese lui, cercando di ignorare la scollatura sotto alla pelliccia aperta.
“Vorrei invitarla a bere qualcosa”. Sorrise di quel sorriso malizioso a cui gli uomini come Olivi difficilmente resistevano.
Gli zampognari suonavano con passione, riempiendo la piazza di musica e gli occhi di lacrime. Rudolph assisteva alla scena curioso, sgranocchiando una carota. Non aveva il minimo dubbio su come sarebbe finita.
In effetti, meno di tre ore dopo Olivi si stava già rinfilando i pantaloni, mentre la donna si stava facendo di nuovo la doccia.
Sorrise pur di dissimulare a sé stesso un senso di inquietudine. Non rimorso, no: era da solo e insomma, poteva fare quel che voleva nel suo tempo libero. Il fatto che tecnicamente fosse in servizio cambiava poco e niente, nei suoi pensieri.
L’acqua interruppe la sua caduta. Olivi ascoltò la donna uscire dalla doccia e bestemmiare quando per poco non cadde per via del tappetino scivoloso.
“Non so nemmeno come ti chiami!”, le disse a voce alta mentre saltellava per riuscire ad abbottonarsi i jeans sulla pancia di fine dicembre frutto delle troppe birre bevute durante la campagna di Pandemic Legacy.
Passò qualche attimo di silenzio. Poi la porta si socchiuse e il viso della donna si stagliò contro la luce del bagno, la bellissima chioma ancora bagnata, gli occhi verdi ridotti a due fessure. “Io sono la regina.”
Episodio XII: Amnesie [Fedellow]
Olivi si ritrovò in macchina, fermo sotto casa sua, nell'abitacolo ancora caldo. Eppure, un secondo fa era in camera con... come si chiamava?
"La Regina", lesse sulla carta dorata che stava appoggiata sopra al cruscotto. Olivi non trattenne gli improperi che gli sgorgavano dalla gola.
"Che bella cera che abbiamo oggi, Olivi", fece Rudolph in tono di scherno; l'altro rispose con un grugnito. Olivi su buttò di peso sulla sedia e quasi si accasciò sulla scrivania, la situazione gli stava sfuggendo di mano. Che diavolaccio era questa storia? Non si era fumato nulla, eppure non sapeva come era tornato a casa. E quella carta?
No, doveva trovare una soluzione, come sempre aveva fatto: anche se la mano di carte era uno schifo, se l'era sempre giocata - e solitamente andava a finire che portava anche a casa la partita.
"Rudy, smetti di fare il grillo parlante e muovi quelle zampacce. Chiama chiunque e fallo venire qua. Edoardo, Mara, quella tizia nuova... Silvia, sì. Li voglio tutti qua. E poi va in archivio, trova il fascicolo di mio padre. È ora di passare al contrattacco!"
Rudolph strinse gli occhi e guardò dritto Olivi nei suoi. Era finalmente tornato l'Olivi che gli piaceva.
Episodio XIII: aggiungi un posto a tavola [Fedellow]
L'ufficio di Olivi non era mai stato così pieno di gente: lui, Rudolph che non ne aveva voluto sapere di star fuori (sarà anche una renna, ma è curioso come una scimmia), Edoardo e Mara, Silvia. A terra vari scatoloni appoggiati in maniera confusa rendevano difficile anche solo pensare di cambiare la propria posizione nella stanza.
"Citando John Lennon nei suoi trascorsi a Oxford, mi sarei anche rotto il belino di questa situazione", fece Olivi sbattendo i pugni sul tavolo. Nella sua testa era venuto meglio che dal vivo, ma l'effetto sulla platea fu comunque buono. I ragazzi abbassarono lo sguardo, Rudolph fece un grande sbuffo dalle narici. "Abbiamo ripreso tutti i casi da 40 anni a questa parte, tutti i santi mesi di dicembre da allora a oggi. Non tutti gli anni sono uscite fuori 'ste dannate carte dorate, ma una cosa è certa: mio padre è stato il primo, trentacinque anni fa". Nei suoi occhi si era accesso quel sacro fuoco della determinazione che tanto metteva la carica a Rudolph.
"Con scritte, senza scritte, ma tutte della stessa grammatura e telate, di quelle che quasi non ti viene da imbustarle anche se dovessi mescolarle spesso. Sono tutte qua, quelle dei casi passati", disse facendo passare le carte da una mano all'altra, come se fosse un croupier. "A queste va aggiunta la vostra carta, ragazzi", e allungò una mano verso Edoardo e Mara, che gli passarono l'asso di picche con su scritto Silvia. "Già, Silvia. Tu che c'entri in questa storia? Mi sai spiegare perché diavolo ci sia il tuo nome su una di queste carte?" Lei si strinse nel suo maglione esageratamente largo, provò a guardare Olivi ma non resse lo sguardo che per una frazione di secondo. "Beh, io... quando ero piccola... sotto l'albero di Natale...", scoppiò a singhiozzare mentre tirava fuori da una tasca un'altra carta dorata. Mentre Edoardo e Mara si stringevano a Silvia, Olivi aggiunse la carta della ragazza al mazzo e sopra mise la sua, la Regina di Cuori trovata in macchina. Contò le carte: 51.
Episodio XIV: Il ricatto [Darcy]
La regina accolse Olivi con uno sguardo eloquente. “Hai fatto come ti ho chiesto, Gilberto?”
L’uomo si grattò il naso, poi d’improvviso si portò una mano sulla bocca, cercando con un secondo di ritardo di trattenere uno starnuto. “Dio, che schifo”, fece osservando il muco sulla mano.
La donna lo guardò malissimo. “Spero che te la lavi, prima di toccare me”.
“Simpatica”, aggiunse lui facendo una smorfia. “Sì, ho fatto tutto. Il tuo caso non l’abbiamo toccato”.
“Sei stato bravo”.
“Sai essere molto convincente”. Olivi indicò con un cenno la cassaforte dove lei teneva quelle foto maledette.
In tutta risposta lei abbassò di qualche centimetro la cerniera della felpa.
“Doppiamente convincente”, ammise l’ispettore suo malgrado.
“Hanno fatto domande su di me?” volle sapere la donna dieci minuti più tardi.
“No, la cosa delle carte ha fatto passare in secondo piano le scritte col pomodoro e le tue altre cazzate”, continuò lui a disagio.
La donna emise un sospiro di sollievo. “Molto bene”.
“Non durerà per sempre, lo sai?” Olivi cercò di mostrare un coraggio che non aveva. “Ti incastrerò, prima o poi”.
La regina lo guardò di sbieco. “Non provocarmi. Non vorrei che ti trovassi un’ospite nel torace”.
“Chi sei tu?”
“Io? Io sono la regina che fa le carte”
“Sì, certo, e dalle carte dipende la sorte” Olivi ridacchiò, nervoso; poi uscì dalla stanza, scese le scale e si incamminò per la strada.
Si fermò un minuto ad ascoltare gli zampognari, che con qualche stonatura di troppo stavano suonando “Piva piva”; poi decise di buttare un euro nel cappello davanti a loro. Fece un passo e si bloccò, un brivido gelido lungo la schiena.
Nel cappello c’era la cinquantaduesima carta.
Episodio XV: Pavana [Darcy]
Il corpo di Silvia fu trovato di notte, nascosto dietro una panchina in via della Terraformazione di Marte.
Dapprima si pensò a un infarto; ma il medico legale, la dottoressa Reni, ci mise poco ad accorgersi che la povera ragazza era stata vittima di avvelenamento.
Informato della notizia, Olivi fu colto dai brividi. Il nome di Silvia compariva sulla cinquantunesima carta; mentre sull’ultima, quella del cappello, c’era il suo.
La radio nell’ufficio stava trasmettendo “All I want for Christmas is you”.
Episodio XVI: It's the end of the world as we know it [Fedellow]
I giornalisti presero subito la palla al balzo con la storia della giovane ragazza morta in situazioni sospette proprio sotto le feste: poverina, neanche aveva risolto con l'acne, l'intervista ai vicini, salutava sempre, era campionessa regionale di "Happy Salmon", aveva una storia con qualcuno, è colpa degli immigrati. I capoccia della polizia raccolsero la palla lanciata dai giornalisti, la condirono con l'indignazione dei cittadini, la riempirono di merda e la lanciarono addosso a Olivi, che vista la condizione già traballante cadde rovinosamente a terra, travolto dalla situazione.
Non riusciva a tenere tutto insieme: il fantasma della morte del padre, la morte di quella ragazza (avrebbe potuto far qualcosa?), quella donna che se lo porta a letto e lo ricatta e lo porta a letto di nuovo. La carta col suo nome, la paura di fare la fine del padre. Tanta, troppa roba per lui. Se ne stava seduto in terra, appoggiato al divano, con la bottiglia di cognac in mano arrivata agli sgoccioli. Lo riportò alla vita il fastidioso suono della notifica del suo telefono, un messaggio con mittente sconosciuto.
"Buon Natale, Gilberto", recitava la parte di testo. Nella foto allegata, invece, la foto della Regina, con occhi sbarrati, che galleggiava in una pozza di sangue, il suo. E adesso?
Episodio XVII: Continue? [Fedellow]
Aveva passato la notte nel cesso, prima a vomitare nella tazza, poi a dormirci abbracciato. Si era svegliato con un mal di testa che ne bastava la metà. Decise di sedarlo con un'altra bottiglia di cognac. Provò a cambiarsi, ma le braccia si opponevano alla cosa, per cui uscì conciato come era; sbatté la porta di casa alle spalle e si incamminò senza meta per le vie del centro.
Era già pomeriggio inoltrato, piccoli branchi di persone si fermavano a pascolare davanti alle vetrine dei negozi, pronti a finire la tredicesima appena ritirata. Davanti alla finanziaria c'erano dei poveracci vestiti da elfi di Babbo Natale che fermavano i passanti per informarli di quanto fosse basso il loro tasso, nel caso avessero bisogno di un extra oltre alla tredicesima. Olivi, grazie all'alcol in corpo, li scartò con la grazia di Garrincha. "Fungo?", gli fece un venditore di una bancarella, facendolo sobbalzare. Grugnì e passò oltre. Le luci, le luci lo infastidivano e le avrebbe spaccate tutte a colpi di martello – se ne avesse avuto uno e soprattutto la forza di brandirlo. Prese per un vicolo buio, barcollante. Quando l'equilibrio gli mancò più del dovuto provò ad appoggiarsi al muro, ma era un metro più in là di quanto gli paresse. Diede un bacio insanguinato alle pietre del selciato e fu avvolto dai miasmi provenienti dal tombino vicino alla sua faccia. Aprì gli occhi e gli sembrò di vedere dei tentacoli uscirne fuori, in un bagliore verde. Intorno a lui un brusio confuso, voci, l'eco degli zampognari che viene da chissà dove. Suo padre. Silvia. La Regina. Il freddo.
Episodio XVIII: [Darcy]
(leggi sotto)
Episodio XIX: Una renna disperata [Darcy]
Per tutto il 18 dicembre Rudolph provò a contattare Gilberto Olivi, senza riuscirci.
Fu durante la notte che la renna sentì bussare alla porta. Spaventata e in preda a un presentimento, afferrò la pistola d'ordinanza (sì, la sapeva usare) e si avvicinò con cautela all'uscio.
"Chi è?", domandò poi.
"Un'amica di Gilberto", rispose una voce di donna.
La regina, pensò Rudolph. "Cosa vuoi?"
"Porto un messaggio da parte sua".
"Ebbene, ascolto". Rudolph aveva paura, ma cercò di dissimulare con la voce.
"Non posso così, devi aprire".
Rudolph esitò; poi girò la chiave nella toppa, socchiuse la porta e sbirciò fuori.
Il corpo di Olivi, verdastro, gli occhi vitrei, lo fissavano senza interesse, mentre quella oscena voce di donna lo canzonava. "Buon Natale, Rudolph".
"Gilberto!" La renna si lanciò contro il corpo posseduto, ma la regina lo schivò senza fatica.
Rudolph cadde a peso morto nella neve caduta nei giorni precedenti; la regina gli infilò un biglietto nella giacca, poi si voltò e cominciò a camminare, ogni passo che cigolava nella neve fresca. "Non inseguirmi. Non ti conviene".
Rudolph sapeva che aveva ragione. Sesto senso da renne, immaginò. "Maledetta stronza!", le urlò.
Lei ridacchiò. "Stammi bene, nasino bello".
Rudolph le bestemmiò dietro; poi si rialzò, afferrò il biglietto e lo lesse.
Trasalì.
Episodio XX: Ombra e speranza [Darcy]
Mara appoggiò con soddisfazione i dadi rossi sul tavolo. “Nove punti! Me ne manca uno solo”.
Edoardo scosse la testa. “Colpa mia, ho lasciato Lorien troppo indifesa”.
“Già”, convenne lei nel momento in cui il telefonino prese a suonare.
Edoardo rise. “Feliz Navidad? Ma che davero?”
La sorella lo fulminò con gli occhi, poi guardò lo schermo. “Oddio, è Rudolph!”
“O cazzo”. Edoardo sgranò gli occhi. “Rispondi!”
Il ragazzo lesse sul volto della sorella una galassia di stati d’animo e, sebbene Mara non stesse dicendo nulla, capì subito che era successo qualcosa di grave.
“Va bene”, disse infine lei. “Grazie”. Riattaccò.
“Che succede, Mara?”
“Olivi”, rispose lei, fissando il vuoto. “È morto.”
“Edoardo spalancò la bocca per lo stupore. “Morto?”
“Sì. Cioè, no. Rudolph dice che è diventato uno zombie.”
Edoardo capì subito. “La regina”.
“Già!” La ragazza tremava. “Non è tutto: quella stronza ha lasciato un biglietto. Dice che l’ispettore non aveva abbastanza carte in mano”.
Edoardo non capiva. “Ma che significa questa cosa?”
“Non lo so, ma quelle carte c’entrano qualcosa. Anche con quella poveretta, Silvia”.
“C’entrano con quelle carte d’oro? Noi quante ne avevamo, Mara?”
“Non ricordo, non lo so. Non lo so.” La voce di lei aumentava sempre più di velocità e altezza. “Non lo so!”
Fu “Feliz Navidad” a interrompere la corsa di Mara verso l’isteria. “Chi cazzo è ora? Numero sconosciuto”. La ragazza accettò la chiamata.
“Sono la dottoressa Reni. Olivi mi aveva detto di rivolgermi a lei se gli fosse successo qualcosa”.
“Oh…” Mara non sapeva cosa dire. “Perché io?”
“Non sta a me saperlo. D’ogni modo: ho terminato l’autopsia sul corpo di Silvia.”
Mara titubò. “E?”
“E allora forse conosciamo una debolezza del mostro.”
Episodio XXI: Take a walk on the wild side [Fedellow]
"Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli", pensava mentre accarezzava i capelli di Olivi, ormai ridotto a poco più di una larva sbavante. Quasi era scocciata della facilità con cui era riuscita a sedurlo prima e a ricattarlo poi. Quel poveraccio c'era anche rimasto sotto, visto come si era ridotto quando l'aveva creduta morta, che morto di pelo. A detta di sua madre Olivi senior era stato tutta un'altra pasta d'uomo... e ci aveva dovuto fare i conti suo padre.
Se è vero che la vendetta è un piatto che va servito freddo nel suo caso era davvero congelato, visto il tempo che era passato da quel Natale. Anni di studi, i master in biologia, i viaggi in giro per il mondo. Aveva scoperto questa neurotossina, estratta da una pianta quasi sconosciuta di una zona nel mezzo del buco del culo dell'Amazzonia (la Sava Pulchrakioma), ora finalmente ne stava testando l'uso applicato all'uomo. Olivi aveva retto, la ragazzetta no. Peccato! Un'altra tacca per lei, la Regina, pensò.
Tutto stava filando liscio, tutto quasi banale. Mandare quel deficiente olandese con quel maglione cacofonico nel pub a spaventare la ragazzina. Plagiare il fratello di lei e farlo stare alle sue dipendenze come un cagnolino. Spargere indizi in giro e far girare tutti in tondo come una giostrina del luna park. Tutto facile, quando sei la regina. Un solo piccolo dettaglio le rovinava la scena, quella piccola nota stonata di un terzo clarinetto che rovina il fortissimo dell'orchestra: Rudolph, lo stramaledetto Rudolph.
Episodio XXII: Il potere della scienza [Darcy]
Marà fissò la dottoressa Reni con gli occhi sgranati. “Mi stai prendendo per il culo?”
Matilde finse di ignorare la domanda della ragazza. “Nel corpo di Silvia ho rinvenuto una tossina originaria dell’America meridionale, i cui effetti sembrano essere compatibili con quelli di Olivi, a detta di Rudolph”.
Mara fece una smorfia. “Una renna… La scienza si basa sui racconti di una renna”.
Ancora una volta la dottoressa ignorò le parole della ragazza. L’avrebbe redarguita poi, pensò, nell’esatto momento in cui si rese conto che non vedeva l’ora. “C’è un antidoto, sembra”.
Edoardo aprì bocca per la prima volta. “Un antidoto? Come nei film di serie B?”
Reni sbottò. “Ma a voi due fratelli vi ha adottato il Grinch? No, fatemi capire”.
Mara ridacchiò, generando un molesto senso di benessere in Matilde.
Edoardo si grattò la testa. “Quale sarebbe?”
“Qui viene il bello. Non chiedermi il perché, si è scoperto che tale sostanza è pressoché innocua per gli orsi. I ricercatori hanno stabilito che tale fatto sia dovuto alla loro disponibilità di acido ursodesossicolico.”
Mara sgranò di nuovo gli occhi. “Sarebbe?”
La dottoressa le sorrise. “Un acido biliare, presente anche nella bile umana”.
“La bile?” Edoardo era confuso come quando un mesetto prima gli avevano spiegato Barrage.
“La bile. Per farla breve, è una sostanza prodotta dal fegato che contribuisce alla digestione.”
Mara dimostrò di essere un po’ più sveglia del fratello. “Lasciami indovinare: dobbiamo vomitare addosso a Olivi.”
Stavolta fu la dottoressa a ridere. “No, lo vendono come farmaco. Ma se preferisci puoi portarmi un panettone coi canditi e te ne produco quanto ne vuoi”.
Episodio XXIII: Attesa [Darcy]
Il difficile fu trovare Olivi; ma a Edoardo e Mara bastò seguire l'odore di merda, la fiala di antidoto in tasca.
Lo trovarono seduto sull'argine di un canale fognario, la bava che gli macchiava la giacca ormai lacerata. Mara si avvicinò in silenzio, pronta a gettare la fiala.
Fu un rumore alle sue spalle a fermarla. Si voltò con lentezza.
La regina la fissava con occhi indemoniati. "Ciao, Mara". Schioccò la lingua. "Buon Natale".
Episodio XXIV: Tattica strategia abnegazione forza [Fedellow]
Quello che seguì allo schicco di lingua fu molto concitato, quasi come un turno a Fantascatti. Edoardo andò per bloccare la sorella, seguito dal ghigno della Regina che lo aveva asservito ai suoi desideri. Mara, abile giocatrice di bluff e identità nascoste, aveva già fiutato da tempo la cosa e si era preparata: spruzzò il contenuto della fiala in faccia al fratello, senza esitare un attimo. Edoardo si portò le mani al viso e si inginocchiò a terra, frastornato. "La Regina di Nemesis... dipinta...", farfugliava.
All'improvviso un bagliore rosso riempì l'aria, annunciando l'arrivo in carica di Rudolph che, con una testata ben assestata, stese a terra la Regina. La dottoressa Reni, anche lei sbucata da chissà dove, spruzzò un qualcosa in faccia all'altra donna stesa a terra. Mara scambiò uno sguardo d'intesa con la dottoressa, segno che la combo pianificata aveva avuto pieno successo. Ora, con calma, Rudolph si avvicinò al povero collega Olivi, ormai ridotto allo stato larvale, e gli fece direttamente bere il contenuto di una ulteriore fiala.
"Bene Gilberto, spero che questo davvero ti faccia tornare ad essere il solito, amabile stronzo", fece Rudolph in modo amorevole. "Ora non mi resta che fare la telefonata". Mise la zampa in tasca e, non senza fatica, tirò fuori il suo telefono Brondi coi tasti facilitati. Premuti i tasti, premuto cancella perché aveva sbagliato, imprecato, ripremuti i tasti, premette il tasto verde e stette impaziente ad aspettare che dall'altra parte qualcuno rispondesse. "Pronto? oh? oh? oh?", fece un vocione pieno di eco dall'altra parte. "Babbo, sono Rudolph. So che sei incasinato peggio del signor Darcy oggi, ma qua è successo un casino che non sto a spiegarti. Il mazzo è stato completato e solo tu puoi fare qualcosa".
"Sono stati buoni?", fu la risposta dall'altro lato della cornetta.
Episodio XXV: Natale 2028 [Darcy & Fedellow]
Mara si abbassò il cappello sugli occhi per ripararsi dal forte sole delle Maldive.
La dottoressa Reni la guardò dal tavolo del baretto e la richiamò all'ordine: "Amore muoviti, che dobbiamo finire la partita online a Ganz Schon Clever 8 contro tuo fratello."
Dall'altra parte del mondo, Edoardo bestemmiò per il triplo uno coi dadi a rilanci esauriti. Poi si mise l'anima in pace e vabbe', scelse l'uno giallo e fece un sorriso a sua moglie. "Scusa, cara, ma quando ci vuole ci vuole".
"Edo, sei il solito grezzo del paesello", le rispose lei. "Per fortuna che t'ho tirato fuori da quel buco, magari finirai a combinare qualcosa di buono". Il fatto che Sonia fosse la sorella di Silvia non aveva mai pesato sul loro rapporto.
Nel buco del solito paesello, Olivi stava pulendo le scarpe, borbottando come suo solito.
"Gilberto, ti muovi?", fece la vellutata voce femminile dal bagno.
"Arrivo, piccola! Scusa, ma su quel cavolo di marciapiede ho pestato una merda".
Sentì Regina ridere in bagno.
Erano stati anni strani, quelli precedenti: lui che lascia la polizia, lei che dopo un pezzo lascia la prigione per la libertà vigilata. Si erano scritti per tutto il periodo, carta e penna come usava un tempo, e avevano capito che vivere nel passato portava solo a perpetuare dolore e morte.
Finita l'ennesima maratona notturna al comando del tiro della slitta del vecchio, Rudolph passò la mattina del 25 in panciolle a riposare. Di là nella sala i suoi figli stavano aiutando la madre ad apparecchiare.
Si grattò uno dei cornini laterali. "Per me solo antipasti, eh: è tutta la notte che mangio sale grosso e carote!"
"Babbo babbo babbo! Dai, mangiamo subito che poi vogliamo provare tutti i giochi che ci ha portato il Nonno!", fecero in coro i tre marmocchi. Avevano preso la smania ludica dalla mamma, una goblinessa doc. Nonché un'elfa. Letteralmente.
"Ma sì, ingozziamoci e poi vediamo com'è questo Heroquest 25° Anniversario, è arrivato giusto due giorni fa!" Cori di bambinesco giubilo accompagnarono le sue parole. "Tesori miei, citando il signor Rezzonico e il RoboCop elvetico Huber, tutto è bene ciò che finisce bene!"
FINE
Per chi non volesse, non potesse, o per chi capitasse qua, ho pensato bene di raccogliere le varie parti in un unico posto nel forum. Buona lettura!
P.S. ancora grazie a Tania per la copertina bellerrima!!!
CHRISTMAS EVE – A Goblin Xmas Story
(perché a Darcy piacciono le cose in inglese)
(perché a Darcy piacciono le cose in inglese)
3 ottobre 2021, primo pomeriggio. Il signor Darcy scrive a Fedellow su Telegram: “Senti, ma se ci inventassimo qualche ca*ata per l'avvento? Ventiquattro s*ronzate su qualcosa?”
3 ottobre 2021, primo pomeriggio. Fedellow risponde al signor Darcy su Telegram: “Tipo un calendario dell'avvento, ma pieno di sangue e disperazione! Inizio a pensare a qualcosa, bravo che hai ragionato così in anticipo.”
30 novembre 2021, ora di cena. I due – che non hanno combinato nulla nel frattempo – si scrivono in contemporanea su Telegram: “C***O!”
È con questa avvincente premessa che vi presentiamo il fantastico racconto dell’Avvento della Tana dei Goblin, una roba a puntate che Dumas spostate, con miniature, cubetti ed errori di regolamento, che volere di più? Vorreste forse decidere come far andare avanti la storia, come fosse una di quelle a bivi di Topolino o una puntata di Sensualità a Corte? E va bene, siete accontentati!
Siccome siamo dei geni visionari (ma anche e soprattutto dei cialtroni), il nostro racconto natalizio parte con una scelta del pubblico: chi volete sia a scrivere la prima parte del racconto: il signor Darcy o Fedellow? Gesù o Barabba? ah no, quello è a Pasqua!
Ma bando alle ciance (ché “ciancio alle bande” aveva rotto già ai tempi del secondo impero francese). La prima puntata l’abbiamo scritta alternandoci; e niente, ci siamo già infilati in una valle di lacrime senza uscita.
***
Episodio I: Lo strano caso dell'intruso
[Darcy] Edoardo aprì l’armadietto del bagno, convinto di trovarci il suo rasoio, quindi fu colto di sorpresa quando vide
[Fedellow] che c'era sì un rasoio, ma non era il suo. All'occhio disattento sarebbe sembrato lo stesso, ma non lo era. All'improvviso
[Darcy] il terrore lo colse: chi c’era con lui in quella casa? Ancora peggio: che fosse successo qualcosa quella notte? Doveva sapere. Richiuse l’armadietto, afferrò
[Fedellow] lo spazzolino da denti e, brandendolo come uno spadino, uscì in corridoio. "C'è qualcuno?", fece senza troppa convinzione. Sentì
[Darcy] un rumore provenire dalla stanza dei giochi da tavolo. Si avvicinò silenziosamente alla maniglia, l’afferrò. Fece un respiro profondo, poi aprì.
[Fedellow] Con suo sommo sbigottimento, la miniatura della Regina di Nemesis era al centro del tavolo: solo non capiva perché quella fosse dipinta. Era la sua? La scatola di Nemesis
[Darcy] – la sua, intendo – era al suo posto, con quel filo di polvere che Edoardo guardava sempre con un po’ di tristezza. Eppure la regina era lì, dipinta. Chi ce l’aveva messa?
La voce alle sue spalle lo colse di sorpresa. “Primo incontro!” Era una voce femminile.
Edoardo vacillò sulle gambe. Deglutì e si voltò, lentamente.
[Fedellow]Si guardò intorno, ma non vide nessuno. "La solita scema", farfugliò. "Mara, sei tu? Guarda che non è un bello scherzo!" Non sarebbe stata la prima volta che sua sorella gli tirava un tiro mancino del genere. Fatto sta, però, che in quel momento Mara era al pub con amici. Ma questo Edoardo non lo sapeva.
[Darcy]”Quante carte hai in mano?” La voce nella penombra si fece più alta e penetrante, il rimbombo nel corridoio a incutere ancor più timore.
“Chi sei?” Edoardo si portò entrambe le mani alla testa, spaventato.
“Quante carte hai in mano?”
Episodio II: Un altro strano episodio di un altro intruso [Fedellow]
Quello delle festività natalizie è il periodo più bello dell'anno. "Sì, specialmente se non ti chiami Mara e non devi passare tutte le sere al pub per lavorare. E specialmente se non hai amici così geniali da organizzare una festa proprio dove lavori – Dai così ci sei anche tu! – come no."
Quella sera in particolare era stanca morta. Era stata in giro tutto il pomeriggio a cercare regali da fare ad amiciparenticonoscenti – mai una volta che suo fratello Edoardo le desse almeno una buona idea, almeno – aveva passato tutta la serata a servire ai tavoli e adesso si sentiva come quel pupazzetto di Babbo Natale che suona e balla, messo là sul bancone vicino alla cassa, con le pile quasi scariche. Ormai si muove così strano che sembra il nano di Twin Peaks, ogni volta che si sofferma a guardarlo sente un brivido sulla schiena.
E poi quella sera c'era stato quel tizio pseudospagnolo ubriachissimo e molesto, che andava in giro importunando tutti i clienti sbiascicando "Yo soy El Grande, mira el mi castillo!", fortuna che Paolone l'ha preso e convinto "con le buone" a trovare un altro posto in cui fare lo scemo.
Erano rimaste da tirare su solo le sedie di un tavolo, "mò passo lo straccio e finalmente posso andare a fondermi con le coperte", pensò quasi sognante.
Mentre si abbassava a raccogliere un sottobicchiere, una pallina rossa le rotolò in mezzo ai piedi. "E questa che diamine è?". Mara era rimasta sola nel locale, aveva chiuso la porta e aveva l'incombenza di mettere a posto le ultime cose: i piaceri di essere una colonna portante del locale.
"C'è qualcuno?", fece un po' spaventata. Diede un occhio in giro, effettivamente non c'era nessuno. Andò in bagno a prendere il mocio, lo strizzò con svogliatezza. "Primo incontro!", fece una voce maschile da fuori. Trasalì. Prese il bastone del mocio e "occhio che faccio karate da una vita, ti conviene levarti dalle scatole!". Quasi strisciò appoggiata al muro e si affacciò dalla porta del corridoio dei bagni per sbirciare chi ci fosse nel locale. Un tipo strambo se ne stava impalato nel mezzo della sala: sarebbe stato abbastanza anonimo, se non fosse stato per quel maglione assurdo con un bus giallo in mezzo, pareva disegnato da un bambino sotto acidi.
"Chi sei, che vuoi? Guarda che non ci sono i soldi, li ha già portati via il proprietario!" La risposta la spiazzò: “Quante carte hai in mano?”
Episodio III: Una mattinata difficile [Darcy]
L’ispettore Olivi trangugiò il suo caffè ormai tiepido in un unico sorso, maledicendo quella mattinata terrificante. “Madonna, che schifezza!”
“Come siamo raffinati”. Il suo collega, più di buon umore, lo canzonò dalla scrivania di fronte. “A pranzo cosa dirai delle tomaie che servono il venerdì?”
“Non farmici pensare, Rudy. Cristo!” Olivi schiacciò il bicchierino con la mano destra e, con un movimento plateale, lo lanciò verso il cestino. “Beato te che ti basta una ciotola di sale”. Il bicchierino rimbalzo sul bordo del cestino e quindi sul linoleum, trovando il suo spazio accanto a decine di altri bicchieri malridotti come lui. Se il suo bisnonno Enrico, che sbottava ogni volta che vedeva una singola goccia d’olio sul pavimento di una delle sue sale turbine, avesse visto quella stanza sarebbe morto d’infarto lì. Invece che in una delle sue sale turbine.
“Dai, su, resisti.” Un mezzo sorriso comparve sul muso di Rudolph. “Manca poco a Natale.”
“Se ci arrivo, a Natale”. Olivi si sollevò leggermente dalla sedia, sistemò le mutande afferrandole attraverso i jeans e si risedette pesantemente.
Il breve istante di silenzio fu interrotto dal telefono di Olivi, che risuonò a un volume atroce. L’ispettore lo fece squillare qualche secondo, sapendo in cuor suo che quella chiamata sarebbe stato il suo uccello padulo per quel venerdì.
“Ispettore Olivi”, esordì. Poi bofonchiò tre “Sì” di malavoglia, seguiti da un “Andiamo subito” sconsolato. Riattaccò sbuffando.
“Andiamo. Plurale”, insinuò Rudolph strofinandosi il naso rosso.
“Ti spiego in macchina. Me lo sentivo, cristo santo.”
“Nuova suoneria, Gilberto?” Rudolph lo fulminò con gli occhi.
“Ti piace?” Olivi gli sorrise sarcastico.
“Spero ti venga il cagotto.”
Episodio IV: Tutti insieme svogliatamente [Fedellow]
"Insomma, due sere fa più o meno all'una di notte tu eri in casa", fece Olivi a Edoardo, "mentre tu stavi chiudendo il pub presso il quale presti servizio... il Wallace Pub, su in centro. Dico bene?", fece Olivi mentre finiva di riempire di malavoglia le sue scartoffie. Edoardo e Mara annuirono con un "mmh mmh" all'unisono. "Ed entrambi dite di aver visto una persona entrata non si sa come e che, allo stesso modo, poi questa persona non c'era più, ma tanto avete i ricordi confusi. Dico ancora bene? Ma non è che vi siete fumati una cannetta insieme, voi due?", disse tra i denti l'ispettore, portandosi due dita alle labbra, facendo il verso di fumare.
"Ma no, glielo giuro ispettore", fece Mara, tra l'intimidito e l'irritato per la falsa accusa. "Non so come sia possibile, non ricordo che faccia avesse quel tipo, ma c'era per davvero. Ricordo solo di quel maglione brutto e che mi ha detto qualcosa su delle carte che dovevo avere, boh".
"Io pensavo fosse mia sorella che mi stava facendo uno scherzo del menga, ma stava al lavoro. È rientrata solo un'oretta dopo e c'è presa malissimo quando ci siamo raccontati praticamente la stessa storia. È che nemmeno io ricordo la faccia di quella tipa, so che può sembrarle assurdo ma è così, c'abbiamo provato tutti e due, eh. Niente. Siamo andati in paranoia e c'abbiamo messo due giorni per chiamare la polizia, ci scusi", chiuse il discorso Edoardo, abbassando lo sguardo come suo solito.
"Quasi quasi vi faccio contattare per il test del capello", fece eco Olivi, sardonico. Prese i fogli, li infilò svogliato nella cartella sgualcita e fece cenno a Rudolph di uscire.
"Vi farò sapere qualcosa, se mai ci fosse veramente qualcosa da sapere a riguardo. Smettetela con questa roba che vi fa male, ragazzi", fece chiudendo il discorso mentre chiudeva la porta di casa dietro di sé.
Il giardino della casa era bianco di neve. "Sti ragazzi manco si son presi la briga di spalare la neve dal vialetto d'ingresso, se scivolo altro che le allucinazioni gli faccio venire", bofonchiò al collega. "Sei sempre un gran signore! E dai, sono solo pochi centimetri di neve", gli rispose Rudolph mentre cercava le chiavi dell'auto di servizio in tasca, senza fortuna – del resto non è facilissimo in ogni caso, con gli zoccoli.
Olivi si fermò, buttando un occhio sulle statue da giardino. "Ma che diamine..."
"Eh sì, 'sti babbi natale sono davvero inguardabili. Con gli anni quasi che ho accettato quelle dei sette nani, ma queste statuine non so dove le abbiano trov..."
"Ma no, non 'ste statue dei miei stivali. La carta!"
Ai piedi di uno dei babbi natale, infilata nella neve, si intravedeva una carta da gioco dorata con un qualcosa di rosso in mezzo. Olivi l'aveva già vista quella carta, tanto tempo fa, quando era bambino.
"Ma porca vacca!"
Episodio V: C'era una volta, c'era due volte [Fedellow]
La testa di Olivi riavvolse il nastro nel giro di una frazione di secondo, a quando era ancora un nome e non il suo cognome. Il piccolo Berto, lo chiamavano. "Gilberto!", rispondeva lui, che ai tempi era puntiglioso e saputello, prima che la vita lo investisse e gli facesse retromarcia sopra.
Faceva la quinta elementare ed era un freddo dicembre di una volta: le vacanze si stavano avvicinando e lui era felice. Quel pomeriggio si sarebbero ritrovati tutti nella cucina della nonna, a fare i cappelletti come ogni anno da quando aveva memoria. Lui era l'addetto al ripieno: una pallina sulla pasta, una in bocca e via così fino a quando non si prendeva un amorevole scappellotto da sua nonna Anna.
Nel freddo del vialetto di casa di quei due fratelli sciroccati si sentì una volta ancora riscaldare da quella carezza calda della stufa a legna, da quel profumo inconfondibile di casa dei nonni sotto le feste. Gli parve di sentire nelle orecchie i racconti di quei giorni, che spesso vertevano sulla figura del bisnonno Enrico e della sua forza di volontà estrema, "uno che riusciva a far risalire l'acqua in salita, caro il mio Berto!", gli diceva sempre suo padre.
Suo padre, che quel giorno non tornò dal lavoro. Che non lo aiutò a chiudere i cappelletti. Che lo lasciò solo, in quella cucina con la stufa sempre più fredda, solo per tutto il resto della vita. Anche suo padre faceva il poliziotto; quel giorno ebbe la sfortuna di avere un incontro ravvicinato con una calibro 9 dal quale uscì sconfitto. Sua madre non si riprese mai da quella fredda giornata e decise di raggiungere il marito dopo una manciata di mesi: fu allora che il piccolo Berto divenne Olivi.
Nel freddo del vialetto di casa di quei due fratelli sciroccati Olivi vide la stessa carta che trovarono sul corpo del padre: una carta dorata con su un grosso cuore rosso e la scritta "All I want for Christmas is you".
Episodio VI: Una ragazza si commuove [Darcy]
Silvia uscì dalla doccia e si avvolse l’asciugamano attorno al seno. Dieci minuti ininterrotti di acqua caldissima avevano creato un ecosistema tropicale nel piccolo bagno, anche perché fuori c’erano una manciata di gradi e di aprire la finestra non aveva la benché minima idea.
Con un gesto rapido della mano destra aprì un varco nella condensa dello specchio e, pur senza gli occhiali, osservò il suo volto con attenzione. La soddisfazione usuale che provava nel rimirare il suo volto fu appena velata dalla visione di un piccolo brufolo sulla riga del labbro, uno di quelli piccoli e fastidiosi che a spremerli fanno un male cane. Decise di utilizzare le unghie degli indici, lunghe e curate, e in effetti dopo qualche secondo si rese conto che stavolta avrebbe dovuto davvero pulire lo specchio.
In seguito non avrebbe saputo spiegare perché; ma quel piccolo fiotto giallo le fece tornare in mente un momento particolare della sua infanzia, quello che le avrebbe cambiato la vita.
Coi pensieri colmi di rimpianto e di nostalgia aprì finalmente la finestra, poi tornò nella stanza da letto, la gatta dal pelo rosso assopito e arrotolato sulla coperta a esagoni colorati. Ancora avvolta nell’asciugamano si sdraiò anche lei sul letto. Continuò a rimuginare, mentre con le dita tracciava i bordi degli esagoni verdi, viola e blu e poi sfiorava il morbido pelo del dorso e della coda della marchesa.
Fu il suono di un organetto, fuori nella piazzetta illuminata dal tiepido sole morente, a riportarla alla realtà: era sdraiata su un letto che usava solo lei, si stava avvicinando Natale e fuori dei bambini stavano gridando di felicità. Asciugò una lacrima sulla sua guancia; poi si fece coraggio e prese il telefono.
Episodio VII: Cattivi pensieri [Darcy]
La fastidiosissima teiera smise di suonare, ma Edoardo non se ne accorse quasi
“Ehi”, lo esortò il bambino. “Zio, devi prendere la carta!”
“Eh? Ah, sì, la carta. Bravo, Bobby!” Cercò di riorientarsi se non nel tempo, quantomeno nello spazio. “Vuoi fare un’altra manche?”
“Sì, certo!”. Il piccolo girò una nuova carta, che diceva “Qualcosa nel tuo panino”. Sul tavolo c’erano la esse, la emme e la ti. Roberto ci pensò qualche secondo, poi disse “carne!” e premette di nuovo il tasto di quell’aggeggio infernale.
Edoardo pensò a come ribattere, ma più il silenzio si prolungava e più i suoi pensieri tornavano agli avvenimenti degli ultimi giorni. Dopo la chiacchierata con quella sgangherata coppia di poliziotti – l’uomo che sembrava un pornoattore degli anni Settanta, la renna con quel suo naso da cartone animato – l’intruso era tornato a farsi sentire.
Era successo la sera prima. Roberto stava sistemando i piatti nella lavastoviglie, imprecando con quelli piani, che toccavano sempre l’elica, quando un rumore dietro di sé lo fece sussultare. Si era girato con timore e, sulla parete di fronte a lui, era comparse delle lettere disegnate col sangue. “Quante carte hai in mano?”
Era rimasto due minuti come inebetito a fissare la scritta, l’acca che sgocciolava sul pavimento. Poi aveva composto il numero di Olivi.
Quando l’ispettore era arrivato, vestito con un improbabile maglione natalizio con ricamato sopra Yoda col cappello da babbo Natale, aveva gli aveva rivelato due cose: la prima era che i piatti piani si potevano inclinare in avanti, in modo da farceli stare. La seconda è che non era sangue, ma salsa di pomodoro.
“Un gran passo avanti nelle indagini, eh?” L’aveva deriso.
Ma Olivi era stato al gioco. “Se non altro è un buongustaio, non ha usato il ketchup.”
Al che lui l’aveva guardato malissimo e…
“Zio!” Roberto gli strattonò la maglietta.
“Ah, sì, scusami”, gli disse. “Non mi viene in mente niente.”
“La musichetta è finita, zio”.
Episodio VIII: Intermezzo [Fedellow]
Edoardo e Mara decisero che era tempo di rilassarsi e fecero un salto ai mercatini della Madonna: vin brulé e panettone rigorosamente coi canditi per Edoardo, vin brulé e pandoro per Mara.
Finalmente una giornata spensierata, senza campanelli d'allarme.
Episodio IX: A volte ritornano [Fedellow]
I mercatini del giorno prima avevano riportato un po' di serenità in Edoardo e Mara e nella casa semideserta in cui stavano passando queste festività. I loro genitori erano partiti per un mese - un mese, che esagerati! - di crociera per festeggiare i 25 anni di matrimonio; Edoardo e Mara erano contenti di non averli tra i piedi ma, sotto sotto, un po' rosicavano che la cosa fosse reciproca, tantopiù che i loro si erano fatti vivi sì e no un paio di volte. Per non farli stare in pensiero - lo sarebbero stati, poi? - neanche avevano fatto saper loro nulla di quanto stava succedendo in quei giorni.
Quella sera Mara era uscita dal pub prima di mezzanotte: fosse stato per lei sarebbe rimasta volentieri a casa e ciao pub, ma quando tocca lavorare, tocca lavorare. Era riuscita a sbolognare la chiusura all'altra cameriera, con la scusa di non lasciar addormentare Edoardo sulle poltroncine ché poi per farlo alzare serve la fanfara dell'esercito. Da quando era successo "non si sa bene cosa" Edo non stava più da solo in casa ed era diventato un cliente fisso del pub. Non che a Mara dispiacesse, anche lei aveva una paura matta di restare da sola, ma un fratello in mezzo ai piedi è sempre un fratello in mezzo ai piedi, anche se gli vuoi bene.
"Oh, ma non potevi andare da Stefano e Federico a giocare stasera?", gli fece mentre cercava affannosamente le chiavi della Panda in una borsa troppo grande per le sue mani senza sensibilità per il freddo.
"Guarda che puoi fare la scema coi clienti anche se ci sono io, eh", le rispose Edo canzonandola. "Stasera c'era anche Tommaso e hanno deciso di giocare a Maria in tre, che è la morte sua."
"E quindi, non potevi andare a giocare con loro tre?"
"È che Maria è un gioco da due o tre giocatori, ma in tre chi controlla la Prussia... ma che sto a spiegarti 'ste robe che tu al massimo giochi a Uno e neanche hai mai letto le regole vere?", chiuse il discorso giochi Edoardo mentre salivano in macchina.
La risposta di Mara fu un bambinesco ma eloquente "gnè gnè gnè". Aveva finalmente individuato il portachiavi a forma di pecora nella borsa, incastrato tra l'ombrello e il borsello del tabacco. Aprì il pandino col telecomando, spalancò lo sportello di dietro e lanciò la borsa sul sedile. Tra il chiudi-apri degli sportelli sentì Edoardo imprecare, senza capire bene il perché. Lo fece anche lei una volta che fece per sedersi sul sedile del guidatore: sul cruscotto c'era un'altra carta dorata, con su un asso di picche e sotto, scritto in nero, un nome: Silvia.
Episodio X: equivoci [Darcy]
Chi diavolo è Silvia, gli aveva chiesto sua sorella.
Edoardo le aveva risposto in maniera ambigua. Non che avesse nulla da nascondere, insomma; però ecco, certi ricordi così personali sono difficili da esternare davanti a una persona della tua famiglia.
Ora stava camminando a passo spedito per la via principale del Paese, le bancarelle dei mercatini con le loro merci colorate, i Brezel raffreddati dall’aria fredda del pomeriggio e “Feliz Navidad” sparata ogni ventidue minuti contati.. Si avvicinò a una delle costruzioni di legno che in quel momento era senza altri clienti e ordinò e un vin brulè che al primo sorso scoprì essere a temperatura pomodorini di Fantozzi.
Arrivato in piazza Knizia scelse una delle panchine nell’angolo opposto a quello dove i volontari avevano preparato il presepe e ora stavano allestendo i tavoli per qualche attività serale, prese il telefono e si decise a telefonare.
“Ti aspettavo”, lo accolse la suadente voce di Silvia.
“Che vuoi, cosa ti serve?” rispose lui, secco.
“Madonna, che tono. Non sei felice di sentirmi?”
“No, preferirei ascoltare il campanello di Cookie Box per venti ore filate: fai tu.”
“Anch’io ti voglio bene”, fece lei, civettuola.
“Cosa significa quella carta?” Edoardo cercò di mantenere la calma, ma stava bollendo dentro. Anche perché il vin brulè non è che aiutasse, in tal senso.
“Quale carta?”, fece lei, sinceramente sorpresa.
Edoardo fu spiazzato. “Come quale carta, l’asso di cosi, di picche!”
“Non ho idea di cosa tu stia parlando, giuro.”
“Nella mia macchina c’era una carta dorata col tuo nome”.
“Oddio, e ora?” domandò lei, con un tono che Edoardo capì essere sincero.
“Ma scusa, ma… hai detto che aspettavi la mia chiamata!”
“Ti avevo scritto qualche giorno fa, scemo!”
“Ne sei sicura? Io non ho ricevuto nulla.” Edoardo era imbarazzato. Fu lì lì per inventarsi una scusa, una di quelle che si usano quando arrivi tardi alle riunioni di lavoro su zoom; ma poi non aggiunge nulla.
Fu lei a rompere il silenzio. “Oggi è il dieci dicembre.”
“Dieci dic… oddio, ti ricordi ancora?”
“Come potrei dimenticare la mia prima volta, con te che mi sul più bello mi hai vomitato addosso?”, lei ridacchiò.
Lui stette zitto per un momento. Poi, sapendo di star facendo un errore, le chiese dove fosse in quel momento e chiuse la telefonata.
Sulla panchina di fianco una figura con un cappello nero e un impermeabile color antracite mandò giù un boccone di panettone coi canditi – ché senza non è mica panettone – e sorrise compiaciuta.
Episodio XI: Olivi si dà da fare [Darcy]
La donna si avvicinò con movimenti languidi al poliziotto. “Buonasera, ispettore.”
Olivi la squadrò per un secondo, poi le rivolse uno sguardo interrogativo. “La conosco?”
“Non ancora”, fece lei, civettuola.
“Ha bisogno di me? Deve fare una denuncia?” chiese lui, cercando di ignorare la scollatura sotto alla pelliccia aperta.
“Vorrei invitarla a bere qualcosa”. Sorrise di quel sorriso malizioso a cui gli uomini come Olivi difficilmente resistevano.
Gli zampognari suonavano con passione, riempiendo la piazza di musica e gli occhi di lacrime. Rudolph assisteva alla scena curioso, sgranocchiando una carota. Non aveva il minimo dubbio su come sarebbe finita.
In effetti, meno di tre ore dopo Olivi si stava già rinfilando i pantaloni, mentre la donna si stava facendo di nuovo la doccia.
Sorrise pur di dissimulare a sé stesso un senso di inquietudine. Non rimorso, no: era da solo e insomma, poteva fare quel che voleva nel suo tempo libero. Il fatto che tecnicamente fosse in servizio cambiava poco e niente, nei suoi pensieri.
L’acqua interruppe la sua caduta. Olivi ascoltò la donna uscire dalla doccia e bestemmiare quando per poco non cadde per via del tappetino scivoloso.
“Non so nemmeno come ti chiami!”, le disse a voce alta mentre saltellava per riuscire ad abbottonarsi i jeans sulla pancia di fine dicembre frutto delle troppe birre bevute durante la campagna di Pandemic Legacy.
Passò qualche attimo di silenzio. Poi la porta si socchiuse e il viso della donna si stagliò contro la luce del bagno, la bellissima chioma ancora bagnata, gli occhi verdi ridotti a due fessure. “Io sono la regina.”
Episodio XII: Amnesie [Fedellow]
Olivi si ritrovò in macchina, fermo sotto casa sua, nell'abitacolo ancora caldo. Eppure, un secondo fa era in camera con... come si chiamava?
"La Regina", lesse sulla carta dorata che stava appoggiata sopra al cruscotto. Olivi non trattenne gli improperi che gli sgorgavano dalla gola.
"Che bella cera che abbiamo oggi, Olivi", fece Rudolph in tono di scherno; l'altro rispose con un grugnito. Olivi su buttò di peso sulla sedia e quasi si accasciò sulla scrivania, la situazione gli stava sfuggendo di mano. Che diavolaccio era questa storia? Non si era fumato nulla, eppure non sapeva come era tornato a casa. E quella carta?
No, doveva trovare una soluzione, come sempre aveva fatto: anche se la mano di carte era uno schifo, se l'era sempre giocata - e solitamente andava a finire che portava anche a casa la partita.
"Rudy, smetti di fare il grillo parlante e muovi quelle zampacce. Chiama chiunque e fallo venire qua. Edoardo, Mara, quella tizia nuova... Silvia, sì. Li voglio tutti qua. E poi va in archivio, trova il fascicolo di mio padre. È ora di passare al contrattacco!"
Rudolph strinse gli occhi e guardò dritto Olivi nei suoi. Era finalmente tornato l'Olivi che gli piaceva.
Episodio XIII: aggiungi un posto a tavola [Fedellow]
L'ufficio di Olivi non era mai stato così pieno di gente: lui, Rudolph che non ne aveva voluto sapere di star fuori (sarà anche una renna, ma è curioso come una scimmia), Edoardo e Mara, Silvia. A terra vari scatoloni appoggiati in maniera confusa rendevano difficile anche solo pensare di cambiare la propria posizione nella stanza.
"Citando John Lennon nei suoi trascorsi a Oxford, mi sarei anche rotto il belino di questa situazione", fece Olivi sbattendo i pugni sul tavolo. Nella sua testa era venuto meglio che dal vivo, ma l'effetto sulla platea fu comunque buono. I ragazzi abbassarono lo sguardo, Rudolph fece un grande sbuffo dalle narici. "Abbiamo ripreso tutti i casi da 40 anni a questa parte, tutti i santi mesi di dicembre da allora a oggi. Non tutti gli anni sono uscite fuori 'ste dannate carte dorate, ma una cosa è certa: mio padre è stato il primo, trentacinque anni fa". Nei suoi occhi si era accesso quel sacro fuoco della determinazione che tanto metteva la carica a Rudolph.
"Con scritte, senza scritte, ma tutte della stessa grammatura e telate, di quelle che quasi non ti viene da imbustarle anche se dovessi mescolarle spesso. Sono tutte qua, quelle dei casi passati", disse facendo passare le carte da una mano all'altra, come se fosse un croupier. "A queste va aggiunta la vostra carta, ragazzi", e allungò una mano verso Edoardo e Mara, che gli passarono l'asso di picche con su scritto Silvia. "Già, Silvia. Tu che c'entri in questa storia? Mi sai spiegare perché diavolo ci sia il tuo nome su una di queste carte?" Lei si strinse nel suo maglione esageratamente largo, provò a guardare Olivi ma non resse lo sguardo che per una frazione di secondo. "Beh, io... quando ero piccola... sotto l'albero di Natale...", scoppiò a singhiozzare mentre tirava fuori da una tasca un'altra carta dorata. Mentre Edoardo e Mara si stringevano a Silvia, Olivi aggiunse la carta della ragazza al mazzo e sopra mise la sua, la Regina di Cuori trovata in macchina. Contò le carte: 51.
Episodio XIV: Il ricatto [Darcy]
La regina accolse Olivi con uno sguardo eloquente. “Hai fatto come ti ho chiesto, Gilberto?”
L’uomo si grattò il naso, poi d’improvviso si portò una mano sulla bocca, cercando con un secondo di ritardo di trattenere uno starnuto. “Dio, che schifo”, fece osservando il muco sulla mano.
La donna lo guardò malissimo. “Spero che te la lavi, prima di toccare me”.
“Simpatica”, aggiunse lui facendo una smorfia. “Sì, ho fatto tutto. Il tuo caso non l’abbiamo toccato”.
“Sei stato bravo”.
“Sai essere molto convincente”. Olivi indicò con un cenno la cassaforte dove lei teneva quelle foto maledette.
In tutta risposta lei abbassò di qualche centimetro la cerniera della felpa.
“Doppiamente convincente”, ammise l’ispettore suo malgrado.
“Hanno fatto domande su di me?” volle sapere la donna dieci minuti più tardi.
“No, la cosa delle carte ha fatto passare in secondo piano le scritte col pomodoro e le tue altre cazzate”, continuò lui a disagio.
La donna emise un sospiro di sollievo. “Molto bene”.
“Non durerà per sempre, lo sai?” Olivi cercò di mostrare un coraggio che non aveva. “Ti incastrerò, prima o poi”.
La regina lo guardò di sbieco. “Non provocarmi. Non vorrei che ti trovassi un’ospite nel torace”.
“Chi sei tu?”
“Io? Io sono la regina che fa le carte”
“Sì, certo, e dalle carte dipende la sorte” Olivi ridacchiò, nervoso; poi uscì dalla stanza, scese le scale e si incamminò per la strada.
Si fermò un minuto ad ascoltare gli zampognari, che con qualche stonatura di troppo stavano suonando “Piva piva”; poi decise di buttare un euro nel cappello davanti a loro. Fece un passo e si bloccò, un brivido gelido lungo la schiena.
Nel cappello c’era la cinquantaduesima carta.
Episodio XV: Pavana [Darcy]
Il corpo di Silvia fu trovato di notte, nascosto dietro una panchina in via della Terraformazione di Marte.
Dapprima si pensò a un infarto; ma il medico legale, la dottoressa Reni, ci mise poco ad accorgersi che la povera ragazza era stata vittima di avvelenamento.
Informato della notizia, Olivi fu colto dai brividi. Il nome di Silvia compariva sulla cinquantunesima carta; mentre sull’ultima, quella del cappello, c’era il suo.
La radio nell’ufficio stava trasmettendo “All I want for Christmas is you”.
Episodio XVI: It's the end of the world as we know it [Fedellow]
I giornalisti presero subito la palla al balzo con la storia della giovane ragazza morta in situazioni sospette proprio sotto le feste: poverina, neanche aveva risolto con l'acne, l'intervista ai vicini, salutava sempre, era campionessa regionale di "Happy Salmon", aveva una storia con qualcuno, è colpa degli immigrati. I capoccia della polizia raccolsero la palla lanciata dai giornalisti, la condirono con l'indignazione dei cittadini, la riempirono di merda e la lanciarono addosso a Olivi, che vista la condizione già traballante cadde rovinosamente a terra, travolto dalla situazione.
Non riusciva a tenere tutto insieme: il fantasma della morte del padre, la morte di quella ragazza (avrebbe potuto far qualcosa?), quella donna che se lo porta a letto e lo ricatta e lo porta a letto di nuovo. La carta col suo nome, la paura di fare la fine del padre. Tanta, troppa roba per lui. Se ne stava seduto in terra, appoggiato al divano, con la bottiglia di cognac in mano arrivata agli sgoccioli. Lo riportò alla vita il fastidioso suono della notifica del suo telefono, un messaggio con mittente sconosciuto.
"Buon Natale, Gilberto", recitava la parte di testo. Nella foto allegata, invece, la foto della Regina, con occhi sbarrati, che galleggiava in una pozza di sangue, il suo. E adesso?
Episodio XVII: Continue? [Fedellow]
Aveva passato la notte nel cesso, prima a vomitare nella tazza, poi a dormirci abbracciato. Si era svegliato con un mal di testa che ne bastava la metà. Decise di sedarlo con un'altra bottiglia di cognac. Provò a cambiarsi, ma le braccia si opponevano alla cosa, per cui uscì conciato come era; sbatté la porta di casa alle spalle e si incamminò senza meta per le vie del centro.
Era già pomeriggio inoltrato, piccoli branchi di persone si fermavano a pascolare davanti alle vetrine dei negozi, pronti a finire la tredicesima appena ritirata. Davanti alla finanziaria c'erano dei poveracci vestiti da elfi di Babbo Natale che fermavano i passanti per informarli di quanto fosse basso il loro tasso, nel caso avessero bisogno di un extra oltre alla tredicesima. Olivi, grazie all'alcol in corpo, li scartò con la grazia di Garrincha. "Fungo?", gli fece un venditore di una bancarella, facendolo sobbalzare. Grugnì e passò oltre. Le luci, le luci lo infastidivano e le avrebbe spaccate tutte a colpi di martello – se ne avesse avuto uno e soprattutto la forza di brandirlo. Prese per un vicolo buio, barcollante. Quando l'equilibrio gli mancò più del dovuto provò ad appoggiarsi al muro, ma era un metro più in là di quanto gli paresse. Diede un bacio insanguinato alle pietre del selciato e fu avvolto dai miasmi provenienti dal tombino vicino alla sua faccia. Aprì gli occhi e gli sembrò di vedere dei tentacoli uscirne fuori, in un bagliore verde. Intorno a lui un brusio confuso, voci, l'eco degli zampognari che viene da chissà dove. Suo padre. Silvia. La Regina. Il freddo.
Episodio XVIII: [Darcy]
(leggi sotto)
Episodio XIX: Una renna disperata [Darcy]
Per tutto il 18 dicembre Rudolph provò a contattare Gilberto Olivi, senza riuscirci.
Fu durante la notte che la renna sentì bussare alla porta. Spaventata e in preda a un presentimento, afferrò la pistola d'ordinanza (sì, la sapeva usare) e si avvicinò con cautela all'uscio.
"Chi è?", domandò poi.
"Un'amica di Gilberto", rispose una voce di donna.
La regina, pensò Rudolph. "Cosa vuoi?"
"Porto un messaggio da parte sua".
"Ebbene, ascolto". Rudolph aveva paura, ma cercò di dissimulare con la voce.
"Non posso così, devi aprire".
Rudolph esitò; poi girò la chiave nella toppa, socchiuse la porta e sbirciò fuori.
Il corpo di Olivi, verdastro, gli occhi vitrei, lo fissavano senza interesse, mentre quella oscena voce di donna lo canzonava. "Buon Natale, Rudolph".
"Gilberto!" La renna si lanciò contro il corpo posseduto, ma la regina lo schivò senza fatica.
Rudolph cadde a peso morto nella neve caduta nei giorni precedenti; la regina gli infilò un biglietto nella giacca, poi si voltò e cominciò a camminare, ogni passo che cigolava nella neve fresca. "Non inseguirmi. Non ti conviene".
Rudolph sapeva che aveva ragione. Sesto senso da renne, immaginò. "Maledetta stronza!", le urlò.
Lei ridacchiò. "Stammi bene, nasino bello".
Rudolph le bestemmiò dietro; poi si rialzò, afferrò il biglietto e lo lesse.
Trasalì.
Episodio XX: Ombra e speranza [Darcy]
Mara appoggiò con soddisfazione i dadi rossi sul tavolo. “Nove punti! Me ne manca uno solo”.
Edoardo scosse la testa. “Colpa mia, ho lasciato Lorien troppo indifesa”.
“Già”, convenne lei nel momento in cui il telefonino prese a suonare.
Edoardo rise. “Feliz Navidad? Ma che davero?”
La sorella lo fulminò con gli occhi, poi guardò lo schermo. “Oddio, è Rudolph!”
“O cazzo”. Edoardo sgranò gli occhi. “Rispondi!”
Il ragazzo lesse sul volto della sorella una galassia di stati d’animo e, sebbene Mara non stesse dicendo nulla, capì subito che era successo qualcosa di grave.
“Va bene”, disse infine lei. “Grazie”. Riattaccò.
“Che succede, Mara?”
“Olivi”, rispose lei, fissando il vuoto. “È morto.”
“Edoardo spalancò la bocca per lo stupore. “Morto?”
“Sì. Cioè, no. Rudolph dice che è diventato uno zombie.”
Edoardo capì subito. “La regina”.
“Già!” La ragazza tremava. “Non è tutto: quella stronza ha lasciato un biglietto. Dice che l’ispettore non aveva abbastanza carte in mano”.
Edoardo non capiva. “Ma che significa questa cosa?”
“Non lo so, ma quelle carte c’entrano qualcosa. Anche con quella poveretta, Silvia”.
“C’entrano con quelle carte d’oro? Noi quante ne avevamo, Mara?”
“Non ricordo, non lo so. Non lo so.” La voce di lei aumentava sempre più di velocità e altezza. “Non lo so!”
Fu “Feliz Navidad” a interrompere la corsa di Mara verso l’isteria. “Chi cazzo è ora? Numero sconosciuto”. La ragazza accettò la chiamata.
“Sono la dottoressa Reni. Olivi mi aveva detto di rivolgermi a lei se gli fosse successo qualcosa”.
“Oh…” Mara non sapeva cosa dire. “Perché io?”
“Non sta a me saperlo. D’ogni modo: ho terminato l’autopsia sul corpo di Silvia.”
Mara titubò. “E?”
“E allora forse conosciamo una debolezza del mostro.”
Episodio XXI: Take a walk on the wild side [Fedellow]
"Le colpe dei padri ricadono sempre sui figli", pensava mentre accarezzava i capelli di Olivi, ormai ridotto a poco più di una larva sbavante. Quasi era scocciata della facilità con cui era riuscita a sedurlo prima e a ricattarlo poi. Quel poveraccio c'era anche rimasto sotto, visto come si era ridotto quando l'aveva creduta morta, che morto di pelo. A detta di sua madre Olivi senior era stato tutta un'altra pasta d'uomo... e ci aveva dovuto fare i conti suo padre.
Se è vero che la vendetta è un piatto che va servito freddo nel suo caso era davvero congelato, visto il tempo che era passato da quel Natale. Anni di studi, i master in biologia, i viaggi in giro per il mondo. Aveva scoperto questa neurotossina, estratta da una pianta quasi sconosciuta di una zona nel mezzo del buco del culo dell'Amazzonia (la Sava Pulchrakioma), ora finalmente ne stava testando l'uso applicato all'uomo. Olivi aveva retto, la ragazzetta no. Peccato! Un'altra tacca per lei, la Regina, pensò.
Tutto stava filando liscio, tutto quasi banale. Mandare quel deficiente olandese con quel maglione cacofonico nel pub a spaventare la ragazzina. Plagiare il fratello di lei e farlo stare alle sue dipendenze come un cagnolino. Spargere indizi in giro e far girare tutti in tondo come una giostrina del luna park. Tutto facile, quando sei la regina. Un solo piccolo dettaglio le rovinava la scena, quella piccola nota stonata di un terzo clarinetto che rovina il fortissimo dell'orchestra: Rudolph, lo stramaledetto Rudolph.
Episodio XXII: Il potere della scienza [Darcy]
Marà fissò la dottoressa Reni con gli occhi sgranati. “Mi stai prendendo per il culo?”
Matilde finse di ignorare la domanda della ragazza. “Nel corpo di Silvia ho rinvenuto una tossina originaria dell’America meridionale, i cui effetti sembrano essere compatibili con quelli di Olivi, a detta di Rudolph”.
Mara fece una smorfia. “Una renna… La scienza si basa sui racconti di una renna”.
Ancora una volta la dottoressa ignorò le parole della ragazza. L’avrebbe redarguita poi, pensò, nell’esatto momento in cui si rese conto che non vedeva l’ora. “C’è un antidoto, sembra”.
Edoardo aprì bocca per la prima volta. “Un antidoto? Come nei film di serie B?”
Reni sbottò. “Ma a voi due fratelli vi ha adottato il Grinch? No, fatemi capire”.
Mara ridacchiò, generando un molesto senso di benessere in Matilde.
Edoardo si grattò la testa. “Quale sarebbe?”
“Qui viene il bello. Non chiedermi il perché, si è scoperto che tale sostanza è pressoché innocua per gli orsi. I ricercatori hanno stabilito che tale fatto sia dovuto alla loro disponibilità di acido ursodesossicolico.”
Mara sgranò di nuovo gli occhi. “Sarebbe?”
La dottoressa le sorrise. “Un acido biliare, presente anche nella bile umana”.
“La bile?” Edoardo era confuso come quando un mesetto prima gli avevano spiegato Barrage.
“La bile. Per farla breve, è una sostanza prodotta dal fegato che contribuisce alla digestione.”
Mara dimostrò di essere un po’ più sveglia del fratello. “Lasciami indovinare: dobbiamo vomitare addosso a Olivi.”
Stavolta fu la dottoressa a ridere. “No, lo vendono come farmaco. Ma se preferisci puoi portarmi un panettone coi canditi e te ne produco quanto ne vuoi”.
Episodio XXIII: Attesa [Darcy]
Il difficile fu trovare Olivi; ma a Edoardo e Mara bastò seguire l'odore di merda, la fiala di antidoto in tasca.
Lo trovarono seduto sull'argine di un canale fognario, la bava che gli macchiava la giacca ormai lacerata. Mara si avvicinò in silenzio, pronta a gettare la fiala.
Fu un rumore alle sue spalle a fermarla. Si voltò con lentezza.
La regina la fissava con occhi indemoniati. "Ciao, Mara". Schioccò la lingua. "Buon Natale".
Episodio XXIV: Tattica strategia abnegazione forza [Fedellow]
Quello che seguì allo schicco di lingua fu molto concitato, quasi come un turno a Fantascatti. Edoardo andò per bloccare la sorella, seguito dal ghigno della Regina che lo aveva asservito ai suoi desideri. Mara, abile giocatrice di bluff e identità nascoste, aveva già fiutato da tempo la cosa e si era preparata: spruzzò il contenuto della fiala in faccia al fratello, senza esitare un attimo. Edoardo si portò le mani al viso e si inginocchiò a terra, frastornato. "La Regina di Nemesis... dipinta...", farfugliava.
All'improvviso un bagliore rosso riempì l'aria, annunciando l'arrivo in carica di Rudolph che, con una testata ben assestata, stese a terra la Regina. La dottoressa Reni, anche lei sbucata da chissà dove, spruzzò un qualcosa in faccia all'altra donna stesa a terra. Mara scambiò uno sguardo d'intesa con la dottoressa, segno che la combo pianificata aveva avuto pieno successo. Ora, con calma, Rudolph si avvicinò al povero collega Olivi, ormai ridotto allo stato larvale, e gli fece direttamente bere il contenuto di una ulteriore fiala.
"Bene Gilberto, spero che questo davvero ti faccia tornare ad essere il solito, amabile stronzo", fece Rudolph in modo amorevole. "Ora non mi resta che fare la telefonata". Mise la zampa in tasca e, non senza fatica, tirò fuori il suo telefono Brondi coi tasti facilitati. Premuti i tasti, premuto cancella perché aveva sbagliato, imprecato, ripremuti i tasti, premette il tasto verde e stette impaziente ad aspettare che dall'altra parte qualcuno rispondesse. "Pronto? oh? oh? oh?", fece un vocione pieno di eco dall'altra parte. "Babbo, sono Rudolph. So che sei incasinato peggio del signor Darcy oggi, ma qua è successo un casino che non sto a spiegarti. Il mazzo è stato completato e solo tu puoi fare qualcosa".
"Sono stati buoni?", fu la risposta dall'altro lato della cornetta.
Episodio XXV: Natale 2028 [Darcy & Fedellow]
Mara si abbassò il cappello sugli occhi per ripararsi dal forte sole delle Maldive.
La dottoressa Reni la guardò dal tavolo del baretto e la richiamò all'ordine: "Amore muoviti, che dobbiamo finire la partita online a Ganz Schon Clever 8 contro tuo fratello."
Dall'altra parte del mondo, Edoardo bestemmiò per il triplo uno coi dadi a rilanci esauriti. Poi si mise l'anima in pace e vabbe', scelse l'uno giallo e fece un sorriso a sua moglie. "Scusa, cara, ma quando ci vuole ci vuole".
"Edo, sei il solito grezzo del paesello", le rispose lei. "Per fortuna che t'ho tirato fuori da quel buco, magari finirai a combinare qualcosa di buono". Il fatto che Sonia fosse la sorella di Silvia non aveva mai pesato sul loro rapporto.
Nel buco del solito paesello, Olivi stava pulendo le scarpe, borbottando come suo solito.
"Gilberto, ti muovi?", fece la vellutata voce femminile dal bagno.
"Arrivo, piccola! Scusa, ma su quel cavolo di marciapiede ho pestato una merda".
Sentì Regina ridere in bagno.
Erano stati anni strani, quelli precedenti: lui che lascia la polizia, lei che dopo un pezzo lascia la prigione per la libertà vigilata. Si erano scritti per tutto il periodo, carta e penna come usava un tempo, e avevano capito che vivere nel passato portava solo a perpetuare dolore e morte.
Finita l'ennesima maratona notturna al comando del tiro della slitta del vecchio, Rudolph passò la mattina del 25 in panciolle a riposare. Di là nella sala i suoi figli stavano aiutando la madre ad apparecchiare.
Si grattò uno dei cornini laterali. "Per me solo antipasti, eh: è tutta la notte che mangio sale grosso e carote!"
"Babbo babbo babbo! Dai, mangiamo subito che poi vogliamo provare tutti i giochi che ci ha portato il Nonno!", fecero in coro i tre marmocchi. Avevano preso la smania ludica dalla mamma, una goblinessa doc. Nonché un'elfa. Letteralmente.
"Ma sì, ingozziamoci e poi vediamo com'è questo Heroquest 25° Anniversario, è arrivato giusto due giorni fa!" Cori di bambinesco giubilo accompagnarono le sue parole. "Tesori miei, citando il signor Rezzonico e il RoboCop elvetico Huber, tutto è bene ciò che finisce bene!"
FINE

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