The White Castle - Diario degli Autori

Gli autori di The Red Cathedral raccontano in questo diario come sia nato il nuovo progetto

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The White Castle

Questo articolo è la traduzione del Designer Diary di The White Castle, scritto dai due autori Shei S. e Isra C., che ringraziamo per aver espressamente autorizzato questa traduzione, concedendoci anche l'utilizzo di alcune immagini. L'articolo originale è disponibile su BGG.

Qualche giorno prima di quella strana edizione 2020 dello SPIEL, David Esbrí, il nostro editore di The Red Cathedral, ha creato un gruppo WhatsApp con questo messaggio di benvenuto: "Bene, quando iniziamo con il prossimo gioco?". Ovviamente abbiamo risposto: "Subito!!!". Che altro dire? Non capitano tutti i giorni occasioni del genere!

Naturalmente non sapevamo ancora cosa avrebbe significato in termini di salute mentale, né che avremmo conosciuto in prima persona il termine "sindrome da best-seller" grazie a The Red Cathedral, quel gioco in una scatola compatta che ci regala ancora tante soddisfazioni.

Ci ha sempre stuzzicati l'idea di progettare una trilogia, quindi perché non prenderla in considerazione? Ci sembrava un'occasione perfetta, e in Devir pensavano fosse una buona idea, quindi scegliemmo quella strada. Avevamo già The Red Cathedral, quindi il prossimo progetto doveva essere inerente un edificio che non fosse una cattedrale e che non avesse il rosso come colore predominante. Visto che adoriamo il Giappone e uno dei suoi edifici più emblematici è il Castello di Himeji (noto anche come Castello dell'Airone Bianco), abbiamo pensato: perché no? Lo chiameremo Il castello bianco (The White Castle).

Il tema era stato quindi definito. Ora si trattava di trovare un punto in comune con il suo predecessore. Dato che la meccanica dei dadi era quella che le persone avevano maggiormente apprezzato, il gioco doveva, ovviamente, avere dei dadi e una meccanica di selezione interessante.

Come nel caso de The Red Cathedral, la meccanica iniziale dei dadi avrebbe sostenuto l'intero sviluppo del gioco, ed eravamo convinti che il castello dovesse essere il fulcro del gioco (si chiama "The White Castle" per un motivo). Il castello doveva essere presente. Soprattutto, non poteva essere una semplice evoluzione di The Red Cathedral. Doveva essere un gioco completamente nuovo.

Quando abbiamo pensato al Giappone, è stato inevitabile ricordare i suoi castelli, i suoi templi e i suoi bellissimi giardini, dove spesso si trovavano ponti e stagni con carpe Koi. Con in mente questi elementi e concetti, abbiamo progettato la versione 0 del gioco, dove, similmente al gioco finale, c'erano già dei ponti e un castello con delle stanze - ma non sarebbe stato facile.

La versione 0 era un disastro: le risorse mancavano dappertutto, la risoluzione dei turni era un incubo e la maggior parte delle meccaniche di gioco non si incastrava tra loro, ma eravamo ancora convinti di poter sistemare tutto... finché non sono arrivate le prime recensioni, le prime partite e i primi commenti su The Red Cathedral. Abbiamo cominciato a pensare che forse non saremmo riusciti a fare un gioco altrettanto bello.

A tutti è piaciuta la rondella; tutti hanno sottolineato che il bello del gioco è la rondella, e anche a noi piace!

Così abbiamo pensato: perché non utilizzare ancora la rondella in modo originale e dare alla gente ciò che gli piace? Facciamo un nuova rondella!! Anzi, doppia! Tripla! Facciamo in modo che si muova in più direzioni! Basta con i dadi! I dadi sono costosi da produrre! Rondelle con meeple colorati che fanno cose diverse! Con questo scostamento rispetto alla visione originale sulla progettazione del gioco, siamo entrati in una spirale di fallimenti che è durata circa un anno.

Abbiamo provato di tutto! Avevamo navi, battaglie, contadini e un sacco di risorse. Abbiamo sempre voluto che il gioco rispecchiasse la società feudale giapponese con i suoi clan, perciò abbiamo mantenuto questo aspetto in tutte le versioni. Abbiamo realizzato rondelle di ogni tipo, forma e colore. (Alcuni dei prototipi erano molto elaborati!). Alcune versioni comprendevano quasi un centinaio di carte diverse e un'infinità di meccaniche sparse in mezzo, ma niente, assolutamente niente di quello che facevamo era sufficiente.

Niente riusciva a funzionare così bene come in The Red Cathedral, eppure in ogni versione c'erano elementi che ci piacevano.

Eravamo così frustrati che, quando ci mettevamo a lavorare sul progetto, il nostro umore cambiava. Il solo fatto di non riuscire a fare progressi ci faceva arrabbiare, e già prevedevamo problemi sulle tempistiche. Abbiamo parlato con David e gli abbiamo spiegato cosa stava succedendo. Ci ha parlato della sindrome da best-seller, che gli scrittori sperimentano quando scrivono il libro successivo a una pubblicazione di grande successo.

In mezzo a questo tsunami emotivo, ci siamo presi una pausa e ci è venuta l'idea di fare un'espansione per The Red Cathedral. È stato un toccasana: lavorare all'espansione di qualcosa che si conosce a fondo non è la stessa cosa che creare qualcosa da zero e che deve dimostrare di essere all'altezza.

Grazie a questa pausa, e dopo aver capito che eravamo ancora in grado di progettare cose che funzionavano bene, abbiamo pensato: "E se ci dimenticassimo di tutto, delle rondelle che non funzionano, di tutti i commenti sui nostri giochi... e ci concentrassimo sul divertimento e tornassimo ai ponti? I ponti erano fantastici!".

Ed è quello che abbiamo fatto. Basandoci sulla versione 0, abbiamo progettato una nuova versione, che utilizzava una meccanica particolare che avevamo abbandonato perché troppo complessa per quello che volevamo ottenere con il gioco: se si prendeva un dado di valore alto, si otteneva denaro (perché tutte le caselle del castello avevano un valore basso), ma l'azione associata a quel valore doveva essere meno potente di quella associata a un dado di valore basso (perché probabilmente significava che per selezionare l'azione bisognava pagare). C'erano troppe cose da considerare e questo rendeva il gioco complicato, quindi l'avevamo abbandonata.

Avevamo questa dualità di molte risorse/azioni non molto potenti e viceversa, ma poi l'abbiamo vista in Tiletum - e grazie al cielo perché, quando ce ne siamo accorti, il gioco era completo al 70%.

Così abbiamo semplificato il concetto: i valori sarebbero stati un riferimento per sapere se si doveva pagare o ricevere denaro, e le azioni da eseguire sarebbero dipese dal colore del dado utilizzato. Già che c'eravamo, invece di avere le azioni stampate sul tabellone, ci sarebbero state diverse carte azione e il tabellone sarebbe cambiato radicalmente da una partita all'altra. Questo cambiamento dava un senso a tutto. Il gioco finalmente funzionava.

Da quel momento lo sviluppo si è velocizzato, soprattutto su Tabletop Simulator, sebbene abbiamo giocato anche a versioni casalinghe in carta e cartone.

Abbiamo creato una piccola comunità di playtester, grazie alla quale oggi potete godervi The White Castle. È stato bello vedere come, anche se nella sessione su TTS stavano giocando solo quattro persone, ce n'erano otto solo per il gusto di parlare e vedere cosa avevamo cambiato... e sono diventate un po' dipendenti dal gioco. La miglior richiesta che si possa ricevere dai propri playtester una volta completato lo sviluppo è se possono giocare ancora, anche se non c'è più niente da testare.

La plancia personale era solo un supporto per i meeple, e pensavamo che la sensazione di evoluzione si riflettesse nel liberare la plancia, ma non ci riusciva del tutto. Abbiamo pensato: e se potessimo attivare carte azione proprio come nel castello? Così abbiamo ideato la meccanica per ottenere carte dal castello e metterle sulla propria plancia.

La storia dell'azione lanterna è un po' più imbarazzante. L'abbiamo ideata perché non ci piaceva che si finisse con l'avere un'infinità di carte sulla propria plancia. Cosa potevamo fare? In effetti, l'idea che ci è venuta è un po' banale, lo ammettiamo. È stato sufficiente cambiare le azioni sulla plancia e potenziare l'azione lanterna e le azioni individuali. Ci è piaciuto molto vedere questa evoluzione sul tavolo.

E le maggioranze? The Red Cathedral ha una divertente meccanica di maggioranze che dà senso a molte cose nel gioco, quindi perché non implementarla anche in questo?

Alla fine, però, non avevamo abbastanza elementi per implementare una meccanica di maggioranze che non portasse quasi sempre a un pareggio, quindi abbiamo deciso di dare a ogni tipo di personaggio un modo per ottenere un punteggio, e così è stato. Per quanto riguarda le maggioranze, chi lo sa? Forse per un'espansione...

E i ponti? Dovrebbero avere ancora più risalto!

Curiosamente, quando stavamo terminando il processo di sviluppo, abbiamo acquistato una stampante 3D. Naturalmente, una delle prime cose che abbiamo fatto è stata quella di stampare alcuni ponti 3D per vedere come sarebbero venuti... e non sappiamo ancora come, ma abbiamo convinto il nostro editore a includerli.

Terminato il gioco, lo abbiamo consegnato a David. Ha lavorato a stretto contatto con l'incredibile Joan Guardiet, che ha dato nuova vita alle nostre orrende carte e plance. È stato meraviglioso vedere come fossimo tutti sulla stessa lunghezza d'onda riguardo l'estetica del gioco. Allo SPIEL '22 Joan ci ha mostrato alcuni concept e alcune illustrazioni: ci è venuta la pelle d'oca. Stava andando tutto a gonfie vele!

Nel progetto è stata coinvolta anche Meeple Foundry così che le nostre discutibili icone - soprattutto il giardino giapponese, che sembrava un cervello - fossero ben comprese e che tutto fosse al posto giusto. Con tutti questi ingredienti, David è riuscito a fare ciò che solo a lui riesce: fare una magia con i componenti e la grafica del gioco e renderlo un prodotto irresistibile per qualsiasi collezione.

L’azione Giardino

Dopo aver lavorato quasi esclusivamente su questo progetto per due anni e mezzo, con sei o sette giochi diversi completamente progettati e poi scartati perché non ritenuti abbastanza validi, abbiamo finalmente tirato un sospiro di sollievo e imparato la lezione: mai abbandonare l'idea iniziale, quella che ha dato il via a tutto.

Shei & Isra
August 2023

Commenti

Mi piacciono tutti questi designer diaries. Danno un'idea di quanto tempo ci voglia per portare a termine un progetto ben fatto, anche a gente impaziente come me.

Anche a me piace leggere i designer diary, si percepiscono la pazienza e l'umiltà di riprendere il progetto da capo se si presentano problemi o se meccaniche che sembravano nuove, in realtà non lo sono.

Mamma mia quanta pazienza e perseveranza! Deve essere il motivo per cui io non ho mai fatto un gioco.

Quello, ed il fatto che non sono capace! :-D

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