Storie di Giochi da tavolo - Race for the Galaxy

Oggi questa rubrica ci porta in una galassia lontana lontana, costellata più da icone che da stelle.

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Race for the Galaxy
Quando Tom Lehmann parla di Race for the Galaxy cita due fonti di ispirazione per il suo gioco.

La prima è Duel for the Stars, un prototipo di un CCG (gioco di carte collezionabili) che ideò a metà degli anni 90 con Rob Watkins.

Nel gioco le carte rappresentavano varie cose: mondi che potevano essere colonizzati; flotte, armate e leader che combattevano nei mondi; tecnologie da sviluppare (come terraformazione e occultamento) e forme di amministrazione (tipo libero commercio o spesa in deficit).
Alcuni mondi erano disabitati, altri erano occupati da razze aliene. Le razze potevano essere amichevoli ed essere assimilate economicamente oppure ostili da dover combattere.
Ogni impero si espandeva da un mondo base e secondo ciò che faceva poteva unirsi a delle fazioni: l’impero, i ribelli, le razze antiche o la lega pan-galattica. Ogni impero poteva avanzare nel livello tecnologico, acquisendo la capacità di decifrare gli artefatti (carte che conferivano vantaggi) lasciati da una scomparsa razza aliena. Per tutto questo Lehmann prese ispirazione dal Ciclo degli Heechee di Frederik Pohl e dal Ciclo delle cinque galassie di David Brin, che verranno poi citati nei crediti di Race for the Galaxy.
Ma Duel for the Stars soffriva della “sindrome del troppo”: troppi sottosistemi, troppo complesso, troppo ambizioso, troppo lungo per il mercato dei CCG (i giocatori esperti impiegavano circa 90 minuti per una partita) e quindi non venne pubblicato.

E arriviamo alla seconda fonte di ispirazione che è, beh, Puerto Rico!

L’idea per un gioco di carte di Puerto Rico viene a Lehmann e a Richard Borg durante una colazione ad Essen. Il concetto è semplice, cioè che le carte si possono usare per tutto: per pagare i costi, per costruire tecnologie o come merci. I due vanno quindi a proporre la loro idea a Stefan Brück della Alea, che però gli rivela che Andreas Seyfarth sta già lavorando ad un gioco di carte basato sul suo Puerto Rico. Dopo alcuni mesi però Brück, preoccupato di mancare la data di lancio prefissata, chiede ai due di lavorare ad un prototipo in parallelo a Seyfarth. Dopo tre mesi di sviluppo mostrano il gioco a Brück, che si convince a presentarlo a Andreas, il quale apprezza l’idea centrale, ma vuole fonderla con il suo progetto e usare il set di carte che aveva già sviluppato. Sfuma così la collaborazione e Lehmann resta deluso, anche se riconosce a Seyfarth la prerogativa di fare quel che vuole con il suo gioco: nasce così San Juan, per cui Lehmann e Borg saranno ricompensati con delle royalty e citazione nei crediti del gioco.

Sviluppo del prototipo

Nei mesi successi Lehmann si dedica ad altri progetti, ma le ore spese sul prototipo e la certezza di avere un buon gioco tra le mani gli riportano continuamente Race for the Galaxy alla mente.
Quando esce San Juan si convince che i due giochi sono abbastanza diversi, perciò ripresenta la sua idea a Brück, che questa volta dà il suo benestare.

Lo sviluppo iniziale fila liscio, essenzialmente perché Lehmann riadatta molte carte già sviluppate per Duel for the Stars. Già dalla prima settimana ha un prototipo funzionante che risulta abbastanza popolare tra i playtester. Sceglie di avere un set di carte piuttosto ampio (circa 90) ma di non sommergere i giocatori con troppi effetti specifici – problema che non si porrà con le icone. In poche settimane il set di base delle carte diventa abbastanza stabile: ci sono modifiche per il bilanciamento, ma i due terzi delle carte non cambieranno più.

Libero dall’eredità di Puerto Rico, Lehmann inizia ad apportare cambiamenti. Per prima cosa si ricorda di Rommel in the Desert, uno dei sui giochi preferiti, dove i giocatori invece di avere accesso ad azioni diverse possono anche scegliere di eseguire la stessa: questo gli permette di evitare la frustrazione derivante dal non poter scegliere l’azione più utile al momento. Rende inoltre la scelta delle azioni simultanea per tutti i giocatori in modo da accorciare i tempi.
Prosegue poi con gli edifici grandi, che nella sua visione non devono solo dare punti, ma fornire un’opzione strategica. Li rende quindi unici (a differenza di San Juan) e con poteri utili: questo fornisce un incentivo a costruirli velocemente, anche se il tutto è bilanciato dal loro costo e dall’incertezza di trovare carte che ci funzionino bene insieme nel prosieguo della partita.
La fase di produzione viene messa come ultima, in modo da evitare l’effetto “Artigiano” di Puerto Rico: ora il giocatore che sceglie di produrre non favorisce quello immediatamente successivo in ordine di turno.
Viene aggiunta anche l’espansione militare (piuttosto blanda direi) così da evitare che il gioco si basi solo sulla costruzione di un motore economico.

Icone (non presenti nel gioco!)

Dopo un anno di test il gioco viene quindi presentato a Jay Tummelson della Rio Grande Games, che si dimostra subito interessato ma propone di usare solo le icone per le carte.
Tom esegue, ma questa versione non piace praticamente a nessuno: il gioco ora si dimostra più difficile da imparare e anche i tester che lo avevano giocato centinaia di volte ora non ci vogliono più giocare.
Ma la Rio Grande vuole tanto spazio per le immagini, quindi si arriva al compromesso di avere i poteri standard relegati alle icone, mentre per le carte un po’ più complesse viene lasciato il testo.

Pubblicazione

A questo punto il gioco è pronto e nel 2007 viene pubblicato, ed è subito un grande successo di vendite e di critica, tanto da convincere Lehmann a lasciare il suo lavoro e a dedicarsi solo allo sviluppo di giochi da tavolo.
Il gioco base verrà arricchito da cinque espansioni, che aggiungeranno il quinto giocatore, la possibilità di giocare in solo, altri mondi iniziali, gli obiettivi e altro ancora.

Eredità

Visto il successo ottenuto Lehmann sfrutterà l’universo creato per Race for the Galaxy per altri giochi:

  • In Roll for the Galaxy perdiamo le carte ma guadagniamo un pacco di dadi, usati come lavoratori. Rimangono le varie fasi, ma il risultato finale è abbastanza diverso. Tra l’altro lo progetta con Wei-Hwa Huang, che a sua volta aveva sviluppato Race.
  • Jump Drive ha le carte ma non le fasi. Notevolmente più semplice di Race è un ottimo e veloce filler.
  • Con New Frontiers Lehmann chiude il cerchio e torna all’origine di tutto: praticamente rifà Puerto Rico con ambientazione spaziale!

E per il momento è tutto... dalla galassia lontana lontana.

La scheda di aiuto per i giocatori

Commenti

bell'articolo, anche se Lehman e i suoi editori hanno sempre avuto questo vizio di spezzettare i giochi già fatti in più scatole

Gioco capolavoro, progettato con una cura maniacale dei dettagli

Interessante come sempre.

Bell'articolo sul mio gioco preferito di sempre :)

Già, interessante la commissione con San Juan. Hanno un motore di gioco molto simile. Per gli amanti di Race for the Galaxy consiglio di recuperarlo.

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