Ritorno alla natura

garten-gg , creative commons

Con il passare degli anni, nuove tematiche emergono e sempre più spesso i giochi da tavolo ne traggono spunto per le loro ambientazioni.

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Questa è la libera traduzione dell'articolo originale scritto dal designer Bruno Faidutti su proprio sito.

Venti anni fa, le ambientazioni più popolari per i giochi da tavolo, per la maggior parte degli autori, me incluso, e delle case editrici, erano prese dalla letteratura e dalla storia. Dalla prima, usavamo il fantasy medievale, la fantascienza e il giallo, dalla seconda le guerre, lo sviluppo economico e la colonizzazione. Queste ambientazioni oggi non sono scomparse ma, sulle scatole dei giochi più recenti in Europa e Stati Uniti, sono sempre più spesso rimpiazzate da temi ispirati non all’uomo ma alla natura - fiori, alberi, animali e simili. Questa tendenza ha almeno dieci anni, ma ultimamente è cresciuta di molto, forse a causa della fine della crisi causata dal Covid. Non ho nulla contro queste nuove ambientazioni ma, sfortunatamente, sono un po’ contro la mia… natura. 

Fiori, alberi, uccelli

I giochi in cui si piantano alberi o  si coltiva il proprio giardino, in cui si proteggono orsi, roditori o uccelli, in cui si gestisce un branco di lupi o una mandria di bisonti, sono sempre più frequenti. Trent’anni fa queste ambientazioni erano usate quasi esclusivamente per giochi semplici, per bambini piccoli e famiglie. Oggi sono comuni in giochi da tavolo relativamente complessi per adulti,  come quelli di Elizabeth Hargrave (l’autrice, tra gli altri, del recente successo Wingspan), che è specializzata nei giochi a tema animali. 

Wingspan può ancora essere considerato un peso medio, ma Woodcraft, di Ross Arnold e Vladimir Suchy, è un gioco estremamente complesso, indirizzato a giocatori assidui, gli stessi che giocano a gestionali o a giochi di conquiste.

Ci sono stati pochi precursori, come Agricola, di Uwe Rosenberg, pubblicato nel 2007, ma erano delle eccezioni. Quando se ne sentì parlare per la prima volta, alcuni giocatori pensarono addirittura che dovesse essere un gioco di guerra sulle conquiste romane in Gran Bretagna. Uwe Rosenberg continuò a creare giochi sull’agricoltura, ma fu quasi l’unico per diverso tempo, prima che diventasse di moda.  

Mi ricordo di aver sentito negli anni ottanta che le copertine 'green' non vendevano, ma oggi sono dappertutto. Ho passato in rassegna il web francese e inglese per cercare un’analisi di questa tendenza naturalistica nei giochi da tavolo, e sono rimasto stupito nel trovare davvero poco, come se la cosa fosse poco interessante od ovvia. 

La spiegazione più semplice è che questa moda 'green' è iniziata con le case editrici, in cerca di ambientazioni originali, poco controverse, più consensuali e più intergenerazionali. Non sono convinto del tutto. Se alberi e animali come ambientazioni in giochi per adulti di dieci anni fa erano originali, non lo sono più, ma la moda prosegue. Se guerra, conquiste coloniali o gialli possono essere temi controversi, non è necessariamente lo stesso per il fantasy o la fantascienza. Oltretutto, mentre questi due ultimi temi potevano non essere intergenerazionali negli anni novanta, oggi lo sono di certo.  La gran parte dei giocatori sono uomini, e alcune case editrici potrebbero pensare che giochi a tema natura possano invogliare nell’hobby più donne, anche se sono personalmente scettico riguardo la teoria che le donne siano più interessate degli uomini a piante e animali. A uccelli, gatti e animali, forse, ma nemmeno per quelli sono molto sicuro. 

Più che la ricerca di consenso, questa ritirata dei giochi in un mondo naturale più o meno fantastico è probabilmente dovuta al desiderio di cercare rassicurazioni in un mondo moderno sempre peggiore. Tra la pandemia, il ritorno della guerra di trincea in Europa, l’irrazionalità delle politiche statunitensi e il riscaldamento globale sempre più difficile da ignorare, la gente ha diverse ragioni per essere preoccupata. Il mercato dei giochi da tavolo sicuramente non è l’unico a esserne affetto. In letteratura, musica e giochi, i grandi classici, che ci illudono che il mondo non possa cambiare, continuano a vendere, mentre la maggior parte delle novità non riesce a emergere. I miei Citadels e Incan Gold continuano a vendere, mentre i miei giochi più recenti passano inosservati. La natura, l'ambientazione più rassicurante, universale e senza tempo che ci sia, o per lo meno si spera, è un altro modo di cercare un po' di rassicurazione. I giocatori ne sentono il bisogno, gli editori seguono questa richiesta, e per gli autori c'è un po' dell'uno e un po' dell'altra.

Naturalmente c’è un modo più positivo di vedere la cosa. Uno può sentirsi fiero ed entusiasta nel giocare a piantare alberi, quasi come se li stesse piantando davvero, come se stesse aiutando a salvare il pianeta. Questa confusione tra gioco e realtà può sembrare carina, ingenua e innocua, ma risulta problematica per due motivi. È preoccupante perché prendere i giochi troppo sul serio li priva della loro futilità, del loro non avere un senso, che è la vera essenza del gioco. È inoltre pericoloso, perché l’idea che i giochi abbiano effetto sulla realtà è un’illusione, in un tempo dove è necessaria un’azione reale. Giocare a giochi carini, generosi e green non ci renderà più carini, generosi e green, non più di quanto giocare a giochi meschini, i miei preferiti, ci rende meschini o giocare a giochi stupidi, che possono essere divertenti, ci rende stupidi. Non sponsorizziamo la guerra giocando a wargame, non salveremo la Terra giocando a salvarla. 

Dieci anni fa, su quello che tutt’oggi è il mio post più visitato, 'Postcolonial Catan', prendevo in giro l’immaginario coloniale alla base di Settlers of Catan e altri giochi di sviluppo. Giochi in cui i giocatori raccolgono e accumulano risorse per costruire strutture, che produrranno altre risorse per costruire ulteriori strutture, e così via, sono ancora presenti ma ora hanno un sentore più green, e più volontaristico. Non è più il costruire chiese o colonizzare un nuovo continente, è il coltivare il proprio giardino, anche se questo giardino può risultare alquanto esotico, come potete vedere da giochi come Tang Garden, Ishtar, Llama Land, Kohaku. 

Ciò si traduce in qualcosa di più ambizioso, o più pretenzioso, quando i giocatori si cimentano nel piantumare e riparare un pianeta devastato. Ho appena letto il regolamento di Tribes of the Wind, di Joachim Thome, e sono piuttosto certo che il prototipo originale avesse un’ambientazione differente. Probabilmente era qualcosa riguardo nani o villaggi elfici, o forse castelli medievali, prima che la casa editrice cambiasse l’azione in un mondo post-apocalittico dove i giocatori si trovano a costruire strani insediamenti green

Spiriti della foresta

Gli alberi hanno molte più radici di noi, e gli animali hanno molta meno tecnologia, e molto di tutto ciò che accade nei giochi non sarebbe possibile in ambientazioni naturalistiche… a meno di non rilasciare ancora una volta il potere della magia. Ecco perché ci sono così tanti giochi con spiriti della foresta, degli animali o della rinascita. In alcuni casi il ruolo di agenti naturali è stato dato ai buoni vecchi elfi fantasy, in altri nani e gnomi hanno lasciato le loro caverne scoprendo di avere il pollice verde, ma nella maggior parte dei casi si parla di spiriti fatati. A volte questi spiriti sono esotici, spesso giapponesi - il naturalismo è interamente compatibile con l’orientalismo. Siamo tornati al fantasy, ma ora è green e naturalistico, senza rischio di confusione tra gioco e realtà - a meno che, ovviamente, non si creda realmente nelle fate. Uno dei miei giochi recenti preferiti, Night Parade of a Hundred Yokai, appartiene a questo nuovo genere, anche se vi è qualche scaramuccia per essere il primo spirito a costruire un bel Tori. Il fantasy medievale e la fantascienze hanno un grande vantaggio per gli autori di giochi: possiamo fare più o meno quello che vogliamo con il sistema e le meccaniche di un gioco. Visto che ogni effetto può essere giustificato con della magia o qualche strana tecnologia aliena, l’autore può focalizzarsi su tattica e interazione tra i giocatori, senza alcun riguardo per il realismo. 

Storia e natura

Un bravo autore può ovviamente far stare insieme natura e storia. I panda sono probabilmente gli animali selvatici più comuni sulle scatole dei giochi, ma dinosauri e mammut non sono molto più indietro. In giochi recenti come Paleo di Peter Rustemeyer, o Endless Winter di Stan Kordondkiy, i giocatori controllano tribù di uomini che affrontano la natura, nella forma di freddi inverni e bestie feroci. Questa natura è selvaggia e ostile, ma non ha ancora perso il combattimento, e gli uomini in qualche misura ne fanno ancora parte. Gli illustratori lo sanno e spesso disegnano i membri della tribù con indosso corna o palchi, facendoli sembrare sciamani o druidi pronti a invocare gli spiriti naturali. 

Lo stesso vale, anche se in misura minore, per molti giochi di scoperta o esplorazione. Gli esploratori indossano ancora il loro elmetto coloniale, ma sempre meno si trovano ad affrontare selvaggi armati di cerbottane e sempre di più animali selvatici armati di zanne e artigli, quando non spiriti e la loro magia. Se si vive in un mondo in cui la natura sembra una cosa del passato, può risultare paradossalmente rassicurante giocare a un gioco in cui sembra che possa ancora sopraffarci. 

Lo zoo di Noè

Giochi con un certo numero di specie animali non sono una novità. Quando un autore cerca di inserire in una scatola il più grande numero possibile e diverso di animali, si finisce sempre con il gestire uno zoo o riempire un’arca. 

L’ Arca di Noè è l’unico e solo episodio biblico a essere utilizzato frequentemente come ambientazione per giochi da tavolo. In parte ciò è dovuto al suo essere diventato più una storia per bambini che un dogma religioso, in parte perché creare coppie di animali già suona come un gioco di carte e incastrarli dentro uno spazio limitato già suona già come un gioco da tavolo. Non tutti questi giochi sono indirizzati a bambini. Meccanicamente, raccogliere animali per uno zoo non è molto diverso, e i giochi a tema zoo sono popolari già da certo tempo. Zooloretto, di Micheal Schacht, ha meritato il suo Spiel des Jahres

Ovviamente c’è una differenza. Chiudere animali nelle gabbie è cattivo, salvarli da una inondazione è buono. Questo è il motivo per cui un gestionale pesante sugli zoo, chiaramente progettato per adulti, è stato chiamato Ark Nova e mascherato molto superficialmente  come gioco a tema Arca di Noè, probabilmente dopo un intenso brainstorming alla casa editrice. Il nome suggerisce qualcosa come salvare gli animali dal riscaldamento climatico e dall’aumento del livello del mare, quando in realtà si tratta solo di gestire uno zoo, e, ovviamente, di fare soldi. Allo stesso modo, ci sono ancora giochi in cui la mappa è quella dell’Africa, ma da venti anni a questa parte i giocatori non cacciano più gli animali. Ora non li catturano nemmeno più, li vogliono solo osservare, a volte senza nemmeno osare a fotografarli. 

Parlando di Arca di Noè, ho appena visto l’annuncio di un nuovo gioco da tavolo, in una grossa scatola, chiamato The Flood, in cui… ogni giocatore costruisce la propria arca! La casa editrice, decisamente cristiana, cerca di sminuire ciò che probabilmente vede come un quasi cadere nell’eresia, mentre probabilmente avrebbe dovuto fare l’opposto, puntando su questa caratteristica divertente e surrealistica. Mi pento di non averci pensato prima - magari cercherò di fare un gioco in cui ogni giocatore controlla un gruppo di hobbit e cerca di essere il primo a lanciare il proprio Unico Anello nel cratere del Monte Fato.  

Vegetarianesimo e tenerezza

Essendo le mie conoscenze in botanica estremamente limitate, non sono in grado di dire quali specie di alberi siano più spesso rappresentati sulle scatole dei giochi, ma dubito che ciò possa rivelare qualcosa che valga la pena commentare. Me la cavo un po’ meglio con gli animali selvatici, e i risultati sono interessanti. Il leone, il re degli animali, compare spesso, ma il cervo, altro animale nobile e fiero, ma erbivoro - stavo per scrivere vegetariano - è probabilmente più frequente, mostrando la volontà di rappresentare una natura pacifica, quasi “depurata”. Il grande protagonista sulle scatole dei giochi è però ovviamente il panda, un vero e proprio animale hipster, simpatico come pochi, e che mangia bambù.

Antropomorfismo

Ci sono anche alcuni panda nei giochi in cui sono rappresentati animali antropomorfi. In questo tipo di giochi i veri protagonisti sono i gatti e le volpi, considerati archetipi di intelligenza e individualità, o al contrario i roditori, più gregari. 

Gli animali antropomorfi, ai quali vengono attribuite caratteristiche sociali, psicologiche e talvolta anche fisiche degli esseri umani, sono da tempo presenti nelle fiabe e quindi nei giochi per bambini. Da secoli si trovano anche in testi non esclusivamente destinati ai giovani, come le favole o le storie mitologiche. La letteratura è abbondante su questo argomento, e non è l’obiettivo della mia riflessione, quindi non entrerò nei dettagli. Al contrario la loro presenza sempre più frequente nei giochi per adulti è recente e può essere analizzata meglio. 

Quando c’è un solo animale per specie, spesso con un bel muso coccoloso, questo è lì per portare i giocatori nel mondo delle favole e dei racconti, o semplicemente per riportarli alla loro infanzia, due modi per rassicurarsi in un mondo che un po’ fa paura - anche se ci sarebbe molto da dire contro l’idea un po’ ingenua che i giocatori siano solo “bambini troppo cresciuti”.

Le cose si complicano, e diventano a volte ambigue, quando il gioco coinvolge intere specie animali, spesso in guerra l’una con l’altra. I popoli del fantasy medievale, come nani, elfi, orchi e goblin, così come gli alieni dallo spazio profondo, sono stati spesso utilizzati come mezzo per eliminare, nei giochi di combattimento e conquista, le problematiche legate alla rappresentazione di conflitti tra popoli, etnie o nazioni, portando però paradossalmente sia a un’essenzializzazione sia a un’eufemizzazione di questi. Una consapevolezza molto parziale di questo fenomeno ha portato ad alcuni ridicoli dibattiti sul presunto razzismo in D&D. Il vero problema (se proprio vogliamo chiamarlo tale) però non è tanto il razzismo sugli orchi o sugli elfi oscuri, ma piuttosto il fatto che nei nostri mondi immaginari i gruppi sociali, nazionali e etnici siano sistematicamente essenzializzati. L’argomento meriterebbe certamente un po’ di studi storici. 

L’essenzialismo diventa più evidente sostituendo questi gruppi con le specie animali. Leoni, aquile, castori o gatti sono spesso infatti un modo più leggero per rappresentare europei, asiatici e africani (nelle ambientazioni antiche) o americani, russi e cinesi (in quelle più moderne). Il mio Chawaii, ben illustrato da Paul Mafayon, è un buon esempio di ciò, anche se rappresenta un solo gruppo etnico, e i gatti mangiano veramente il pesce. 

Qualche giorno fa io e Bruno Cathala stavamo pensando a una possibile nuova edizione di Mission Red Planet. Siamo stati d’accordo nel decidere di abbandonare l’ambientazione steampunk delle prime due edizioni, assente nel prototipo iniziale.  Inizialmente abbiamo pensato a un’ambientazione contemporanea simile a una Guerra Fredda, con rivalità tra le grandi potenze di oggi, come Russia, Stati Uniti, Cina ed Europa, ma non volevamo trattare questo tema con serietà, e ci sembrava difficile farlo con umorismo. Probabilmente opteremo per una lotta tra corporazioni, come un Elon Musk contro Jeff Bezos, ma anche un gatti contro cani avrebbe funzionato, alleggerendo ulteriormente il tutto. 

Gli animali antropomorfi non sono sempre comodi e teneri sostituti per gli essere umani. Possono essere introdotti anche in modo positivo, conscio, con umorismo e prospettiva critica. Il miglior esempio è Root di Cole Wehrle, gioco complesso e ambizioso ispirato dalle problematiche geopolitiche moderne. L’uso di specie animali permette di creare un discorso politico più discreto, che probabilmente sarebbe stato più difficile da trasmettere in un contesto geopolitico più realistico. In questo caso ognuno, a seconda della propria appartenenza, avrebbe avuto da ridire per questo o quel dettaglio. E comunque l’aspetto principale rimane che così è anche più carino e divertente. 

Naturalmente è anche possibile avere tutto, fantascienza o fantasy con l’antropomorfismo, in modo da aggiungere due livelli di oggettivizzazione, o anche solo perché così è più divertente, o anche solo perché l’artista vuole disegnare gatti o leoni. Persino io ho recentemente comprato un gioco con draghi antropomorfi, Flamecraft di Manny Vega

Riedizioni

Per svago ho passato in rassegna BGG per cercare giochi in cui, con una nuova edizione, gli esseri umani siano stati rimpiazzati con animali antropomorfi. Ne ho trovati alcuni interessanti, ma se ne conoscete altri fatemelo sapere perché mi incuriosiscono. Air, Land and Sea, un gioco di carte con illustrazioni molto realistiche sulla Seconda Guerra Mondiale, è diventato così, senza alcun cambiamento di regole, Critters at War (Animali in Guerra), gioco altrettanto marziale ma a cui colori e bestiole conferiscono una maggiore leggerezza. In Hibachi, nuova edizione di Safranito, i cuochi si sono trasferiti dall’India al Giappone e sono diventati gatti, volpi e scimmie. Nel nuovo Libertalia i pirati sono leoni, cavalli, volpi e scimmie, senza che nessuno sappia il motivo. La cosa è più sottile e conscia in My Little Schyte, versione leggermente semplificata di Schyte, dove un mondo cartoonesco di animali sostituisce quello di un’Europa post-apocalittica. Le mele rimpiazzano le stelle come punti vittoria, ma il gioco rimane solamente di poco più semplice dell’originale, e non va preso sottogamba solo per il suo aspetto infantile. Del come e perché Quo Vadis sia diventato Zoo Vadis, senza che sia stato del tutto rimosso il riferimento al Senato Romano, è ben spiegato e chiarito dalla casa editrice, in un diario davvero interessante pubblicato su BGG.

Questa cosa succede anche nei giochi astratti, come Splits, diventato Battle Sheep, ma a dire il vero astratti con tema animali non sono una novità. Hive ha circa vent’anni, Jungle Game quasi cento, Bagh Chal e Volpi e Polli più di mille. 

Il contrario è molto raro, ne ho trovato un solo esempio: i teneri gatti di Kittys, un simpatico gioco di carte giapponese, sono diventati gangster nell’edizione francese, facendo perdere improvvisamente al gioco tutto il suo fascino. 

Anche i giochi che si ispirano a favole sono interessanti. Nelle prime edizioni del classico La Lepre e la Tartaruga di David Parlett, i due protagonisti erano rappresentati in modo realistico; nelle versioni più recenti, come in un altro gioco di Gary Kim basato sulla stessa favola, sono antropomorfi, e la loro gara diventa molto più simile a uno sport umano. 

Quindi, cosa ne dovremmo pensare di tutti questi giochi green, spirituali e naturali? Personalmente le buone vecchie ambientazioni fantasy, storiche o fantascientifiche non mi annoiano ancora, ma probabilmente perché faccio parte della mia generazione. Posso capire che pubblico, autori ed editori possano cercare qualcosa di più attuale e diverso. Mi piacciono sia gatti che cani, e non ho nulla contro gli spiriti della foresta, ma mi spiace che questi soggetti tendano ad avere meno umorismo di draghi e nani, e siano molto meno autoironici. 

Commenti

Grazie per questa disamina decisamente interessante ed approfondita. Mi ha fatto realizzare perché, se mi fermo all'ambientazione, quasi nessuna delle nuove uscite degli ultimi anni mi ha particolarmente portato a voler provare il gioco.

"Personalmente le buone vecchie ambientazioni fantasy, storiche o fantascientifiche non mi annoiano ancora, ma probabilmente perché faccio parte della mia generazione."
(Bruno Faidutti)

Un articolo molto lungo scritto da qualcuno (un autore rinomato ma ormai vecchio, lui stesso lo sottolinea) che non ama granché il fatto che il mercato sia diventato più variegato (questa è la sensazione). Onestamente, ho letto l'articolo con un po' di tristezza addosso.

Io che il fantascientifico e il fantasy non li ho mai realmente avuti come passione, sono felice che le cose siano un pelo cambiate.

Io invece sono d'accordo, ma sarò vecchio anche io. Questi temi non li ritengo per nulla interessanti da giocare e men che meno che siano il punto trainante per farci un gioco.

Al di là del fantasy storico e sci-fi per me il gioco si fa interessante quando ha tematiche tecniche interessanti, che sviscerano questo o quell'aspetto di una produzione/professione/tematica rendendo interessante qualcosa di poco appettibile sulla carta, magari.

Questa è una direzione prettamente commerciale atta a vendere ad un pubblico omogeneo, casual e spesso "ignorante" a discapito secondo me di giochi più interessanti ed articolati.

Non dico che non ci stia ma come tutte le cose il "troppo stroppa". Se una cosa ha successo va bene, ma iniziarne poi un filone con decine di titoli simili o uguali come succede al cinema, è pura noia.

Però, ehi, vendono e si deve mangiare; quindi alla fine hanno ragione loro e poco importa.
Diventa semplicemente più difficili per noi trovare qualcosa di intenso e valido per i nostri palati.

spero di non fare il solito flame quando si parla di certe questioni....

"Uno può sentirsi fiero ed entusiasta nel giocare a piantare alberi, quasi come se li stesse piantando davvero, come se stesse aiutando a salvare il pianeta. Questa confusione tra gioco e realtà può sembrare carina, ingenua e innocua, ma risulta problematica per due motivi. È preoccupante perché prendere i giochi troppo sul serio li priva della loro futilità, del loro non avere un senso, che è la vera essenza del gioco. È inoltre pericoloso, perché l’idea che i giochi abbiano effetto sulla realtà è un’illusione, in un tempo dove è necessaria un’azione reale. Giocare a giochi carini, generosi e green non ci renderà più carini, generosi e green, non più di quanto giocare a giochi meschini, i miei preferiti, ci rende meschini o giocare a giochi stupidi, che possono essere divertenti, ci rende stupidi. Non sponsorizziamo la guerra giocando a wargame, non salveremo la Terra giocando a salvarla"

tutto vero e anche condivisibile. ma. l'aspetto sociologico viene completamente ignorato così. la creazione della cultura che forma gli individui che andranno poi a comporre, amministrare, guidare quella stessa società che li ha cresciuti,  trova nel gioco uno strumento importante e potente. renderlo consapevole, il gioco intendo, aiuterebbe ad allontanare molte delle ragioni che ci fanno sperare  di confondere realtà e immaginazione...

 

P.S.

cmq interessante articolo eh. come sempre grazie per la traduzione!

Caro Bruno hai ragione, le mode editoriali sono una sciagura! Ma non certo quelle legate alle tematiche, ché oltretutto negli euro uno cerca tutto fuorché un tema sentito.

Non ci sono più le mezze stagioni ambientazioni di una volta? Oggi è tutto un verdeggiare di piante e un antropomorfizzare animali e zoomorfizzare umani a discapito di temi come colonialismo e monocentrismo culturale? Direi che ne abbiamo guadagnato. Dove invece le mode editoriali infliggono i peggiori danni è sul fronte delle meccaniche, ossia del gioco in sé. Con te concordo sul fatto che il dilagare del “multisolitario”, cioè la scomparsa dell’interazione, sia una piaga che ci affligge, così come il fatto che gli autori ormai vengano pagati un tanto al chilo per le meccaniche: ho aggiunto anche due tracciati e un minigioco, lascio?

alla fine rimarrà soltanto Eklund a parlare di temi storici. Tutto il resto sarà solo animali, natura e fantascienza. Eklund come l'ultimo immortale.

Civilizzazione e colonie oramai come temi sono stati  banditi o trasferiti nello spazio, bollati come politicamente scorretti.  Ora dopo Wingspan che è un grandissimo gioco e un successo commerciale planetario tutti si sono sentiti in dovere  di buttarsi sul filone naturalistico green ecologico  ed è tutto un fiorire esagerato  di boschetti, spiritelli, animaletti, gnomi, fiorellini e farfalline. Fortunatamente negli anni mi sono fatto una solida scorta di titoli oramai introvabili e di questa moda green a tutti i costi  posso pure infischiarmene.

Interessante, grazie (anche se io sono più per ambientazioni fantasy e sci-fi).

Alcuni dei motivi per cui non ho apprezzato granché l'articolo di Bruno Faidutti sono i seguenti:

1) Proporre l'idea che i giochi con ambientazioni naturalistiche stiano rimpiazzando le ambientazioni fantasy, fantascientifiche e storiche, come se dovesse esserci una guerra tra le due opzioni/fazioni: o le une, o le altre. Perché porre le cose in questo modo? Che senso ha?
Per me è molto più costruttivo e ragionevole sostenere che l'offerta si è ampliata e accanto alle ambientazioni classiche, attualmente il mercato offre anche altro. Ed è un aspetto in sé estremamente positivo: la varietà.
La narrazione che si propone di un certo fenomeno è importante, soprattutto se si vuole creare un clima di rispetto reciproco e accettazione. Bruno Faidutti in questo stecca, fortemente. Fa credere che se sono un appassionato di certe ambientazioni classiche, devo temere l'invasione di altre ambientazioni più recenti, con il rischio di estinzione. Perché non si può convivere in modo pacifico, accettare l'esistenza di più gusti e preferenze, e perché non proporre una narrazione del genere?

2) La tesi che a giocare siano perlopiù uomini. Vorrei capire da dove ha preso questa informazione Faidutti. Su quale evidenza empirica si basa? In mancanza di evidenze, una simile tesi la trovo controproducente, persino sotto certi versi sessista (può essere vista in questo modo), e quindi problematica. A mio avviso l'hobby del gioco da tavolo è unisex e cercare di proporre una narrazione del genere è decisamente più auspicabile.

3) La tesi implicita (non lo dice in modo esplicito, ma lo fa sembrare) che i giochi con ambientazioni naturalistiche siano cose da bambini (un tempo giocavano solo i bambini a certe cose). Sono totalmente in disaccordo con una tesi simile (in che senso il birdwatching sarebbe un'attività da bambini, ad esempio?) e il successo che stanno avendo sul mercato certi giochi, dimostra senza se e senza ma che non è così.

4) Per quanto riguarda infine i giochi da tavolo con ambientazioni storiche (giochi che apprezzo), personalmente reputo positivo che oltre a titoli che affrontano guerre, sviluppo economico e colonizzazione, oggi si offra anche molto altro.
Benvengano titoli come Votes for Women, Lacrimosa, Freud, Le avventure di Robin Hood, Gutenberg, ecc.

Non mi sembra proprio che manchino nuovi classici wargames o giochi di sviluppo economico (Carriage ha avuto di recente un successo enorme). Vedo una sana convivenza tra vecchio e nuovo, in termini di ambientazioni. Perché creare rivalità? A chi giova? Ciò che attualmente si sta evitando (e si può comprendere bene il motivo, mi sembra qualcosa di ragionevole), è in particolar modo il tema della colonizzazione, il quale viene talvolta proposto in modo alternativo (Spirit Island è un esempio classico in merito). Ma esistono già così tanti giochi con una simile ambientazione, che se anche per i prossimi 20 anni non dovesse più uscire nulla al riguardo, non credo che uno sarebbe a corto di opzioni. Al di là di questo, sono comunque d'accordo con chi sostiene che non parlare di certi eventi storici o negarli (non affrontarli nei giochi), non aiuta a vivere meglio nel presente. Quindi mettere una censura, ha le sue problematicità (come anche ovviamente il proporre certe delicate ambientazioni).

Elijah scrive:

2)La tesi che a giocare siano perlopiù uomini. 

Infatti nessuna di noi gioca, siamo tutte a fare shopping, dal parrucchiere o a farci le unghie

l'articolo mi ha fatto venire voglia di sapere quanti giochi esistono per tipo di ambientazione.

Esiste uno studio, anche a braccio, che indichi la percentuale di giochi ad ambientazione fantasy, fantascientifica, storica, astratta, naturalistica ecc...?
Suppongo sia molto difficile da produrre (anche perchè le categorie non sono sempre ben divise) ma magari un algoritmo di bgg (o della tana) basandosi sul suo database, potrebbe rapidamente fornire qualche dato di massima.

ottoorizzontale scrive:

l'articolo mi ha fatto venire voglia di sapere quanti giochi esistono per tipo di ambientazione.

Esiste uno studio, anche a braccio, che indichi la percentuale di giochi ad ambientazione fantasy, fantascientifica, storica, astratta, naturalistica ecc...?

Suppongo sia molto difficile da produrre (anche perchè le categorie non sono sempre ben divise) ma magari un algoritmo di bgg (o della tana) basandosi sul suo database, potrebbe rapidamente fornire qualche dato di massima.

Bisogna chiedere a Nand...

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