Giocando in comunità

Mani
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Oggi vi racconto di un pomeriggio di giochi di qualche tempo fa, ho passato un sacco di pomeriggi giocando, ma mai uno come questo...

Editoriale
Giocatori
Giochi collegati:
DeusCodenamesKepler-3042
7 Rosso
7 Rosso
Ci ho pensato un po’ se scrivere queste righe o se lasciare perdere. E quando dico un po’ intendo due mesi, perché era fine gennaio. Al gruppo ludico della mia città viene chiesto di partecipare a un esperimento e io, dopo aver dovuto saltare il primo incontro, vado volontario per il secondo tentativo, assieme ad un mio amico che invece aveva già partecipato. Pranzo da lui e prima di partire ci scappa anche una partita a Deus, bel gioco, lo avevo sempre sottovalutato. Poi con un bagagliaio pieno di giochi si parte; da casa sua sarà una mezzoretta di macchina, forse anche meno, usciamo dalla strada asfaltata e ci ritroviamo avvolti nel verde della collina.

Io parlo a ruota libera, di giochi, della mia ragazza, dell’università, del gruppo ludico, un po’ perché parlare è nella mia natura, un po’ perché quando sento salire la tensione non posso fare a meno di parlare.

Arriviamo ad una bella struttura immersa nel verde, e scendiamo di macchina, il mio amico è calmissimo, anche perché non è la prima volta che va lì, io un po’ meno non mi sono mai ritrovato in un contesto simile. Ho dimostrato giochi in più occasioni e a più persone, ma in una comunità di recupero no, non ero mai stato.

Entriamo nella sala dove passeremo il pomeriggio, tutto è già disposto, sedie e tavoli, ma c’è solo un ragazzo che ci aspetta, ci fa
Nome in codice
Nome in codice
poggiare i giochi sopra un tavolo più defilato e, mentre sono intento a svuotare le scatole, lo sento dire: «Sono arrivati quelli dei giochi!» e in qualche secondo da tre diventiamo venti. Ci fanno salire nell’ufficio delle operatrici, ci spiegano un po’ la situazione e ci chiedono di lasciare tutto nell’ufficio, soprattutto il telefono, gli ospiti non devono poter avere la tentazione di chiederceli. Eseguiamo e mi spiegano che la struttura è divisa in due parti, una ospita soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti, l’altra giocatori d’azzardo e molto spesso tra gli ospiti delle due strutture non corre buon sangue.

Scendiamo nuovamente nella sala e faccio vedere qualche gioco: La casa dei sogni, Carcassonne, Nome in codice, Takenoko, e altri ancora. Alla fine, memore della volta precedente, una ragazza insiste per il gioiellino di Vlaada. Io inizio ad estrarre i componenti e mentre lo faccio inizio a spiegare il gioco, sono un po’ ingessato e me ne accorgo, ma mi guardano e mi sorridono, io cerco di sciogliermi e vado avanti con la spiegazione. Devo ripetermi più volte, un po’ perché mi richiedono le regole, un po’ perché arrivano nuovi giocatori che si siedono intorno al tavolo. Il mio amico nel frattempo intrattiene alcuni ospiti con 7 rosso, a lui sembra riesca tutto più facile rispetto a me, mi fa invidia devo dirlo.

Un ragazzo, a occhio e croce è più giovane di me, mi viene incontro, trema e molto e mi si fa sempre più vicino. Mi vergogno, ma ho avuto un po’ di timore e, invece, voleva solo che gli spiegassi di nuovo le regole, non voleva chiederlo nuovamente davanti agli altri. È la svolta, mi rendo conto che vogliono solo giocare e divertirsi: inizio a ridere, parlare e aiutare i ragazzi e le ragazze del tavolo. Le partite si susseguono una dietro l’altra e guai a proporre di cambiare gioco! Ma non sono partite come le altre mille che ho fatto, si procede una parola alla volta, i capisquadra sbagliano il colore della propria squadra alle volte, ma poco importa.

Sono le 17 e alle 17 ci si deve interrompere, è il momento del break: tè e biscotti come nella tradizione britannica; qualche parola la scambiamo, poi torniamo nell’ufficio a riprendere le nostre cose e parlo con molta più tranquillità con una delle operatrici. Mi racconta che la situazione non è facile e che i volti segnati ma sorridenti che ho visto giù non sono sempre così. Mi dice che quella mattina due ospiti si facevano coraggio dicendosi: «Dai che oggi vengono i ragazzi a farci giocare», io non posso fare a meno di restarne colpito. Le operatrici sono contente dalla reazione positiva degli ospiti, a volte, mi dicono, è difficile farli alzare dal letto.

Scendo di sotto e fumo assieme ad un paio di ragazzi, il clima disteso di quel pomeriggio sta lentamente scemando, mi sembrano più cupi di quando siamo arrivati ancora qualche scambio di battute sempre più a distanza, finché non mi ritrovo a fare gli ultimi tiri completamente solo. E penso: penso che dentro quelle scatole non ci sono solo carte, token, pezzi di legno o al massimo miniature, ma forse la cosa più importante che ci si può trovare dentro è una scusa. Sì, una scusa, per stare tutti insieme, per far parlare chi non si sopporta, una scusa per sorridere, una scusa per fare qualcosa, una scusa per non stare soli.

Getto la sigaretta e salgo in macchina, penso che questo pomeriggio ha fatto meglio a me che a loro. Arriviamo a casa del mio amico che sono le 18.30, la mia ragazza non esce dal lavoro prima delle 21, faccio per tornare a casa, ma mi ferma e mi fa: «Ti va di salire per un caffè?», io salgo e il caffè diventa una partita a Kepler-3042, ma infondo va bene così non avevo voglia di stare solo e Kepler si rivela una bella scusa.

 

Commenti

Bella testimonianza! Un paio di volte l'anno anche la nostra associazione fa attività in un'analoga comunità della zona, e sono incontri molto arricchenti, per tutti...

Kepler gran bel gioco!

Grazie della testimonianza...poi la gente quando parliamo del nostro Hobby preferito pensa sempre che stiamo a fare giochini ...

 

bella testimonianza, noi sappiamo che il gioco serve anche a questo ma ogni tanto è bene ricordarlo a tutti. Tra l'altro il podcast ora in homepage riguarda proprio questi temi.

Penso che sei riuscito a rendere perfettamente i tuoi stati d'animo, davvero coinvolgente 

Complimenti per l'articolo e la testimonianza.

Certo, le recensioni/impressioni sui giochi fanno sempre piacere ma devo dire che preferisco leggere questi articoli in homepage.

 

Eccezionale! Portare il gioco a stretto contatto con tematiche sociali può fare solo bene!! Sia a chi viene proposto che a quelli che lo propongono, un'arricchimento splendido!! 

bella testimonianza, vero!

Grazie a tutti, se non fosse stato per la spinta di Agza probabilmente non lo avrei pubblicato.

Il gioco da tavolo mette in contatto le persone. Articoli e testimonianze come questa mi riempiono sempre di meraviglia per come un gioco in scatola possa fungere da "portale" verso altri mondi e altre persone . Che spesso, se ci si pensa, difficilmente avremmo potuto incontrare.   Una cosa bellissima.

La nostra è una delle dipendenze più sane che ci siano (se non diventa una semplice compulsione d'acquisto): rischia anche di far del bene.

themanwhosoldth...

Mi ha fatto molto piacere leggere questo articolo. Complimenti.

Sentiti complimenti, davvero.

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