Brava.
La ferrovia sotterranea non era una ferrovia e non era nemmeno sotterranea: era una rete di collegamenti stradali sicuri da percorrere in caso di fuga e case di gente fidata in cui rifugiarsi. Era chiamata così perché chi ne faceva uso sembrava essere letteralmente scomparso, reso invisibile, come se la strada fosse davvero sottoterra. E di "stazione" in "stazione", ovvero di casa in casa, con un bel po' di fortuna e collaborazione da parte di persone di buona volontà, si poteva davvero raggiungere la libertà, fuggendo dagli Stati schiavisti del sud fino in Canada.
Da questo triste frammento di Storia americana, è nato Freedom: the Underground Railroad, un gioco cooperativo di Brian Mayer da uno a quattro giocatori, pubblicato dalla Academy Games nel 2013, primo della loro serie intitolata appunto Freedom.
Il gioco è una bella sfida: vestiamo i panni di coraggiosi abolizionisti; vinciamo se riusciamo a portare un certo numero di cubetti (schiavi) - variabile in base al numero dei giocatori - verso la libertà in Canada e, contestualmente, comprando tutti i segnalini supporto prima che finiscano gli otto turni del gioco. Se non riusciamo a portare a termine entrambi gli obiettivi oppure se perdiamo troppi uomini, anche a causa dei cacciatori di schiavi che avremo alle calcagna, perdiamo. Abbiamo un grande tabellone diviso in due parti ben distinte: a destra la mappa di una porzione degli Stati Uniti e del Canada, con le varie "stazioni" della ferrovia sotterranea e le strade percorse invece dai cacciatori di schiavi, mentre a sinistra lo spazio per i segnalini e le carte diviso in tre epoche (1800-1839, 1840-1859, 1860-1865). I segnalini sono di tre tipi e hanno prezzi diversi: Support Tokens, che devono essere comprati essendo condizione di vittoria, Conductor Tokens, che servono a spostare gli schiavi sulla mappa, e Fund Raising Tokens, che servono appunto a raccogliere fondi per farci procedere nel gioco. I soldi, infatti, ci servono per comprare le carte e i segnalini e, come in tutti i giochi Euro che si rispettino, sono sempre pochi e risicati. Riguardo alle carte, ognuna porta il nome di un evento storico o di una persona che ha davvero avuto un impatto sull'abolizionismo, in positivo o in negativo, che ci avvantaggerà oppure ci sarà di ostacolo. Alla fine di ogni turno, nuovi schiavi arriverranno da oltreoceano: se non ci sarà posto per loro nelle piantagioni sudiste, andranno persi.
Ripeto: avremo solo otto turni per completare i nostri obiettivi.
Quello che più mi ha colpito di questo gioco sono le emozioni che lascia, indice di un gioco efficacemente ambientato: i cubetti non sono percepiti come solo cubetti e troverete molto pesanti le decisioni da prendere, perché salvare tutti non sarà possibile. Emblematica in questo senso è la videorecensione di Paul Dean di ShutUpAndSitDown, l'unica di quel sito che io ricordi essere priva del consueto umorismo britannico. The Underground Railroad mi ha ricordato i giochi-esperienza della serie The Mechanic is the Message di Brenda Romero, come The New World e Train.
Ho visto una lezione dell'autrice, intitolata Gaming for Understanding, in cui racconta di come la figlia non avesse capito bene a scuola la drammaticità del Middle Passage: l'aveva inteso come una sorta di "crociera per africani". Inventò per lei The New World, gioco a scopo didattico, e così facendo la bambina comprese la tragedia.
A cotanto gioco abbino un film del 2018 ispirato a una storia vera che ha meritato l'Oscar alla migliore sceneggiatura non originale e il Gran premio speciale della giuria di Cannes, Blackkklansman, di Spike Lee.
Siamo nel 1972: Ron Stallworth (interpretato da John David Washington, figlio di Denzel e talentuoso come il padre) è il primo investigatore afroamericano a Colorado Springs e si mette in testa d'infiltrarsi nientepopodimeno che nel Ku Klux Klan, contattando telefonicamente il capo locale tramite un'inserzione trovata sul giornale. Ovviamente lui si dovrà accontentare della parte telefonica dei contatti, la parte fisica la farà il suo collega bianco (ma ebreo, quindi altra discriminazione) Flip Zimmerman, interpretato da Adam Driver. Film eccezionale per come riesce a coniugare leggerezza e serietà del tema, offre spunti interressanti in pieno stile Spike Lee con la scena della conferenza di Kwame Ture, con i dialoghi pungenti tra Stallworth e la fidanzata Patrice (Laura Harrier) e soprattutto con il ricordo del linciaggio seguìto alla diffusione del film Nascita di una Nazione. Lee si prende la rivincita su questo film studiato da sempre in storia del cinema per le sue qualità positive e primo vero blockbuster: Nascita di una Nazione (The Birth of a Nation, D.W.Griffith, 1915) ha di fatto incentivato al razzismo ed è diventato uno stumento di propaganda segregazionista.
Purtroppo la fabbrica dei sogni Hollywood ha continuato per decenni a discriminare gli afroamericani, esiste tutta una critica rivolta anche ai poetici film dell'orrore degli anni '30, dove l'antagonista era sempre in nero (il mantello nero di Dracula, il mostro della Laguna Nera, la creatura di Frankenstein vestita di nero contrapposta alla sposa in bianco, King Kong) e attentava platealmente alla virtù della donna bianca.
Quest'ultima riflessione mi porta a un altro testo in cui ho trovato questo tema trattato egregiamente: la recente serie tv Hollywood (2020), ideata da quel geniaccio di showrunner che è Ryan Murphy (Nip/Tuck, American Horror Story, Glee, Feud, Pose, Scream Queens... le azzecca tutte, quest'uomo!): tra le altre cose, in questa serie si racconta di come le attrici di colore negli anni '40 potessero ambire solo a ruoli da domestica ignorante o eventualmente ridicola, e si cita la premiazione agli Oscar della Mami di Via col Vento Hattie McDaniel (Queen Latifah, che qui fa una particina, ma si fa ricordare), prima afroamericana a ottenere la statuetta come attrice non protagonista, alla quale fu proibito di sedersi tra gli altri candidati durante il galà della premiazione.
Colonna sonora consigliata: Billie Holiday - Strange Fruit del 1939, Nina Simone - Mississippi Goddam del 1963, Beyoncé Knowles - Formation del 2016.
Ho scritto questo articolo in seguito all'ennesima uccisione di un afroamericano perpetrata da un poliziotto bianco in quella che dovrebbe essere "the Land of the Free and the Home of the Brave".
Sorry, but I can't breathe.