Mi piace la tua attenzione all'ergonomia del gioco :)
Troppo spesso è trascurata.
"Divinity Derby" prova a concentrare diverse tendenze degli ultimi anni - le corse, le miniature fighe, il cross-over mitologico - in un riempitivo coloratissimo. Vediamo se ci riesce.
Questa anteprima si basa sulla sola lettura del regolamento e non ha alcun valore di recensione.
La Ares Games è una piccola casa tutta italiana che si è fatta notare nel 2011 con la riedizione del celebrato Wings of Glory; all'appuntamento di Essen si presenta con un gioco di corse e scommesse che potrebbe dire la sua. L'autore è Carlo A. Rossi, dove la A serve a distinguerlo dagli altri venti Carlo Rossi del suo condominio. I giocatori, da tre a sei, impersonano altrettanti dei di mitologie varie ed eventuali - ci sono, tra gli altri, Odino, Horus e Quetzalcoatl - invitati da Zeus ad assistere alla corsa di maestose creature volanti e a scommettere con lui come se per i mortali non ci fosse un domani.
Ogni corsa si svolge in diverse fasi.
Dapprima hanno luogo le prime due scommesse: partendo dal primo giocatore, ogni divinità gioca coperta una delle sue undici carte scommessa (ciascuna di esse indicante due esiti di gara, tipo primo, ultimo o squalificato, ciascuno con diversi livelli di rischio e, quindi, di vincita) e ci piazza sopra il segnalino di uno dei contendenti, se disponibile - sono in numero inferiore a quello degli scommettitori. Il giro di puntate viene ripetuto due volte; vige sempre la regola che, in una singola corsa, un giocatore può puntare una volta sola per una certa creatura.
Si sovolge poi la corsa vera e propria. Il motore del gioco sono le carte movimento, pescate in un certo numero funzione di quello dei giocatori e disposte sui supporti condivisi. Il mazzo comprende nove carte per ogni bestia, le quali presentano due valori numerici, ovverosia il movimento veloce e quello lento; quattro delle nove carte permettono di ricorrere a scorrettezze varie ed eventuali grazie a opportuni modificatori numerici.La terza fase è quella cruciale del giudizio di Zeus; il mazzo del divin fedifrago - le sue quattro carte, più tutte le carte movimento con trucco utilizzate - viene mescolato per poi pescarne due carte. Se, tra queste, ci sono carte movimento, le creature associate vengono escluse dalla graduatoria (le altre scalano di conseguenza).
Infine, ha luogo la risoluzione delle scommesse: una volta definito l'ordine di arrivo (al netto dell'ira del vecchio), i giocatori rivelano le loro tre carte scommessa: quelle centrate forniscono punti vittoria, le altre vengono semplicemente scartate tra le divin pernacchie degli altri partecipanti.
Alla fine della prima e della seconda corsa si risistema tutto, il segnalino del primo giocatore passa di mano, eccetera eccetera solite cose che sapete bene. Alla fine della terza corsa, chi ha totalizzato più punti con le scommesse è il vincitore.
Parto dalla produzione. I mteriali sembrano ottimi, colorati e con testi ridotti all'osso; splendidi i disegni, opera di Denis Martynets. Qualche dubbio, tuttavia, è legato all'ergonomia: tanto per cominciare, l'idea della mano condivisa con i giocatori prossimi - che sulla carta è molto buona e ricorda le trovate di altri giochi che, in vario modo, hanno sviluppato meccaniche simili (per esempio le città doppie di Between two cities) - è stata messa in pratica con dei supporti tradizionali, tipo quelli di Scarabeo. Ora: il dover avere due avversari al tuo fianco o, possibilmente, appena oltre l'angolo, potrebbe creare qualche problema di dispozione al tavolo. Penso per esempio al classico tavolo rettangolare per sei persone e a come un gruppo da quattro debba disporsi affinché tutti vedano i due supporti ai lati senza dover continuamente spostare il collo come degli struzzi con le traveggole.
Il tabellone, ben illustrato e molto chiaro, quasi al limite dell'astrazione, fa il suo senza osare: il circuito è un ipotetico anello aereo, senza ostacoli né variazioni di sorta (tutti elementi che, evidentemente, sono stati ritenuti di troppo, penso anche giustamente).
I tempi di gioco sono quelli che ci si aspetterebbe da un gioco di questa fascia, anche se - per quanto detto - è probabile che si possa arrivare a superare i tempi indicati (ossia quarantacinque-novanta minuti: essendo il titolo per tre-sei giocatori, indicativamente quindici minuti a cranio).
Quanto al gioco in sé, il paragone che - penso di non essere l'unico - mi è venuto subito in mente è quello con Camel up (titolo vincitore Spiel des Jahres 2014 che, per inciso, non ho mai provato); di questo, Divinity Derby sembra riprendere la struttura di corsa con scommesse, arricchita con materiali sontuosi e qualche necessario spunto di originalità (da una parte i cammelli impilati, dall'altra la minaccia di Zeus che potrebbe squalificare chi bara).
Le tre corse, eccezion fatta per le implicazioni tattico-strategiche delle scommesse e le relative, potenziali vincite, non differiscono tra di loro. Probabilmente un elemento di memoria (una sorta di mini-campionato) avrebbe potuto garantire ulteriore profondità al titolo; del resto, avrebbe avuto ripercussioni sul sistema delle scommesse, probabilmente incrindando la struttura stessa del gioco (parlerei anche di bilanciamento, ma vale quanto detto sopra).
A prima vista, Divinity Derby sembra un gioco che va a collocarsi nel solco della tradizione recente - e di quella mitologica. Niente di nuovo sotto il sole, dunque; ma un titolo che potrebbe attrarre per la pulizia del sistema e l'intrigante trovata delle carte condivise. Oltreché, naturalmente, per quelle miniature.
Mi piace la tua attenzione all'ergonomia del gioco :)
Troppo spesso è trascurata.
La meccanica centrale è la stessa di Hab & Gut (dello stesso autore), il gioco ci intriga. Grazie dell'anteprima.
Grazie a linx, prego ai giullari. ;-)
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