Alla soglia del 2025, quasi ogni giocatore di giochi da tavolo ha sentito parlare di crowdfunding e più nello specifico di Kickstarter. In generale, con crowdfunding si intende un particolare modello di business in cui un creatore, idealmente una persona che non ha né i mezzi né i fondi per realizzare un progetto che ha in testa, espone la sua idea su una piattaforma di crowdfunding, proponendo una sorta di raccolta fondi e promettendo (nel caso il progetto vada in porto) una copia del prodotto finito, quando questo sarà disponibile.
Per l’acquirente finale, cioè noi, questa è un’occasione per finanziare prodotti che magari non raggiungerebbero mai il mercato: troppo di nicchia o troppo particolari perché qualche grosso editore voglia scommetterci sopra. Ci sono anche altri vantaggi: eliminando gran parte della filiera dei distributori e comprando direttamente dall’autore, il prodotto può essere offerto a un prezzo più conveniente o con una quantità di contenuto (a volte esclusivo) maggiore rispetto a quello che sarà possibile trovare nei negozi.
Sulla carta sembra una bella idea, ci guadagnano tutti: i creatori, che possono proporre quello che hanno in testa senza filtri, gli acquirenti finali, che si trovano più prodotti, più originali e a un buon prezzo.
Inizialmente, in effetti, Kickstarter per i giochi da tavolo era proprio così: c’è stata una "
golden age” di giochi finanziati per pochissimo denaro rispetto a quanto sarebbero costati in seguito; basti pensare a
Kingdom Death Monster, forse il gioco più costoso in assoluto, che nelle sue prime incarnazioni veniva venduto a meno di 100 euro (va detto - per onestà intellettuale - che la prima versione era parecchio diversa dall’attuale).
Ma anche senza ricorrere a esempi così estremi, ci sono altri casi in cui è stato possibile risparmiare centinaia di euro grazie al sistema del crowdfunding; sia direttamente, rispetto al prezzo di listino (vedi ad esempio Aeon Trespass Odissey, che ha avuto un aumento di prezzo dopo la campagna), sia indirettamente, perché magari si spendeva circa quanto in retail, ma ottenendo in più delle espansioni (esclusive o meno) con un valore di mercato non trascurabile (ricordiamo Tainted Grail o ISS Vanguard, con intere campagne totalmente gratuite e poi vendute separatamente).
Tuttavia, questo sistema nasconde un'insidia non da poco: dato che si sta finanziando un progetto e non si sta acquistando un prodotto, non c’è certezza né che si riceverà qualcosa né che quello che si riceverà avrà una qualità adeguata. Ad esempio, se la persona a cui diamo i soldi li sperpera, difficilmente si potrà recuperare l'investimento: certo, magari qualcuno penserà che sia possibile rivalersi legalmente per recuperare almeno una parte della cifra spesa, ma è un’eventualità abbastanza rara, dato che tipicamente - quando qualcosa va storto - viene dichiarato fallimento e gli utenti finali hanno ben poco che si possa recuperare.
L’idea del
crowdfunding,
alle sue origini, funzionava, tant’è che nacquero aziende che basavano tutto il loro modello di
business sulla raccolta fondi, sfornando un progetto dopo l’altro; basti pensare che la stessa Awaken Realms e CMON oggi sono quello che sono grazie al
crowdfunding.
Ma, come tutte le cose troppo belle per essere vere, o non sono vere o non durano. Il modello del crowdfunding ha iniziato molto presto a scricchiolare mostrando il suo primo e più grande problema: il tempo.
Tra la creazione di una campagna per un gioco da tavolo e la consegna di un prodotto “fatto e finito” possono trascorrere lunghi periodi, spesso e volentieri tra i due e i quattro anni.
Il motivo di questi tempi è abbastanza insito nel tipo di proposta: un creatore di giochi da tavolo che vuole proporre una sua idea ha poco più di un prototipo in mano, spesso estremamente incompleto. Questo è lampante nel caso in cui la formula del crowdfunding sia utilizzata da persone per cui è pensata, cioè chi ha l’idea, ma non i soldi. Chi chiede finanziamenti “a monte” lo fa perché non ha i fondi per terminare lo sviluppo: artwork, sculture 3d, prototipi, eccetera sono tutte cose estremamente costose.
Quindi abbiamo questi creatori che possono sì proporre la loro idea, ma prima che questa si evolva - anche solo per essere pronta per la produzione - passerà molto tempo e ne passerà altro poi per produrre effettivamente il gioco e per spedirlo dal lontano oriente.
Il problema principale nell’attesa così lunga non è solo per chi acquista e deve portare pazienza, ma il fatto che nel mentre il mondo cambia.
I prezzi che l'autore aveva stimato per produrre e spedire il gioco, non saranno gli stessi ad anni di distanza: se uno sviluppo che invece di durare un anno ne dura due, magari porterà a dover pagare più collaboratori per più tempo.
Basti banalmente pensare all’inflazione, che è una cosa normale nel panorama economico, ma anche a eventi straordinari: sia evidenti, come il Covid, sia meno evidenti, come il pagamento dell’IVA nei singoli paesi di spedizione. Il “fattore IVA” è stata una delle più grandi batoste - per editori e distributori - nell’ambito del crowdfunding dei giochi da tavolo, perché inizialmente, tramite escamotage fiscali, l’IVA (o VAT) non veniva pagata in tutta Europa; cosa su cui poi l’UE ha “messo una pezza” e quindi molti autori si sono trovati ad aver intascato una certa cifra per un prodotto, ma a dover poi utilizzare parte consistente di quella cifra per pagare delle tasse che non avevano preventivato.
Questo ha portato alla creazione di un circolo vizioso, perché molti, vedendo che quanto raccolto per un progetto non bastava più per portarlo effettivamente a termine, hanno iniziato a lanciare un progetto dietro l’altro, in modo da utilizzare parte dei fondi delle successive raccolte, per coprire i costi residui delle precedenti.
Non serve essere un genio del marketing per capire che questa “macchina perpetua” non poteva funzionare. Appena alcuni progetti hanno iniziato a non raccogliere i fondi sperati, non si potevano dirottare questi ultimi nemmeno sui progetti precedenti, facendo crollare il castello di carte. L’esempio più eclatante è stata Mythic Games, che nei tempi d’oro stava al fianco di aziende come Awaken Realms e CMON e di cui oggi rimane solo uno scheletro e il risentimento di tanti giocatori che si sono visti centinaia, se non migliaia, di euro bruciati in modo assolutamente poco trasparente (e, a voler essere buoni, disonesto).
Ma Mythic Games non è stata l’unica a cadere, sebbene sia quella che ha fatto il tonfo più grosso. Tra le case affermate che ad oggi hanno chiuso perché non hanno saputo sostenere il modello del
crowdfunding troviamo
Grimlord Games (autori di
Village Attacks),
Petersen Games (autori di
Cthulhu Wars) e molti altri, sia grandi che piccoli.
Per alcuni di questi si è vista una parziale “luce alla fine del tunnel” quando le loro proprietà intellettuali sono stati acquisite da aziende più grandi e più sane, che magari hanno anche onorato in una qualche maniera le vendite fatte in precedenza, ma è indubbio che il sistema si sia rivelato pericoloso e in parte predatorio.
Predatorio, in quanto si sono sempre minimizzati i rischi e si è sfruttato il fattore FOMO, tramite ricompense esclusive. La sigla FOMO significa “Fear of Missing Out”, cioè “paura di perdersi qualcosa”, sfruttata ampiamente dalle varie case editrici tramite ricompense esclusive della campagna di crowdfunding. In pratica, viene promesso all’acquirente che partecipando alla campagna riceverà un’espansione gratuitamente, che poi mai sarà venduta nei negozi. In questo modo spingono a fare un pledge potenzialmente incauto e avventato, sfruttando la paura di perdere quel contenuto esclusivo.
Altra cosa potenzialmente predatoria è il famoso early bird, piccole ricompense che vengono date a chi finanzia un prodotto durante la campagna o in alcuni casi nelle sue prime ore. Per un piccolo autore indipendente l’early bird è un mossa strategica per spingere una campagna nelle ore iniziali, cosa che crea una reazione a catena data dal fatto che se molti investono in un progetto, altrettanti sono portati a dargli fiducia. Ma è veramente necessario per le major del settore utilizzare questi mezzucci per qualche pledge in più? Alla fine anche l’early bird nella maggior parte dei casi è l'ennesimo meccanismo per portare a un finanziamento incauto.
Va detto che da molti progetti finanziati è possibile uscire, non sono vincolanti: basta chiedere il rimborso entro tempi ragionevoli e in genere viene concesso. C’è tuttavia un MA molto grande: il rimborso ti viene concesso, ma trattenendo tra il 10% ed il 20% di quanto pagato inizialmente, in quanto una parte della cifra spesa si volatilizza in commissioni per i vari attori in gioco. Qui si innesca un altro meccanismo mentale: dove per non giustificare un’ulteriore perdita si tenderà a non voler abbandonare la nave.
D’altra parte, intere aziende avevano basato a un certo punto il loro principale modello di business sul crowdfunding, prendendo un sistema pensato per creatori indipendenti e plasmandolo in un meccanismo di preorder, dove possono permettersi di fare investimenti a lungo termine con soldi non loro e senza nemmeno avere interessi da pagare. Basti vedere come un qualsiasi progetto Awaken Realms racimoli milioni, mentre agli sviluppatori indipendenti rimangono le briciole. Senza nulla togliere alla sontuosità dei prodotti di Awaken Realms, non si può certo dire che sia un'azienda che ha bisogno del crowdfunding per “tirare a campare”.
Nel tenere vivo questo meccanismo, una parte di colpa ce l’hanno gli influencer, dove, tra chi si dedica principalmente al crowdfunding, si può notare lo stesso processo avvenuto nelle recensioni per i videogiochi: il successo si basa sulla disponibilità in anteprima del contenuto. Il contenuto in anteprima lo si può produrre avendo a disposizione prototipi prima del lancio della campagna o comunque tramite accordi con gli autori. Ma chiaramente nessun autore manderebbe un prototipo per farlo demolire da un influencer con decine di migliaia di iscritti. E nessun influencer può permettersi di farsi terra bruciata attorno, soprattutto con i grossi editori. Quindi si crea un rapporto di codipendenza, con un chiaro conflitto d’interessi, quando non proprio ricatti. Guardate un qualsiasi video sulla pagina di un qualsiasi progetto in crowdfunding, nella maggioranza dei casi tutto sembra perfetto, divertentissimo, pulito e senza problemi. Qualcuno prova a rimanere più moderato parlando anche del pubblico a cui il prodotto “potrebbe non piacere”, ma mai senza dire “questo proprio non funziona”... e di giochi che non funzionano dal crowdfunding ne sono usciti e nemmeno pochi.
Una parte di compiacenza è riscontrabile anche nelle piattaforme stesse come Kickstarter e Gamefound, prontissime a incassare le commissioni per i progetti ospitati, ma che sostanzialmente fanno “spallucce” quando qualcosa va male.
In conclusione, ad oggi, il mondo del crowdfunding è un giardino con poche rose e molte spine: la convenienza è limitata (in alcuni casi si va anche in perdita rispetto al retail) e i pericoli sono molti. In generale, volendo estrapolare alcuni consigli per evitare qualche fregatura, vi raccomandiamo:
- non fidatevi di chi promette troppo a troppo poco;
- state attenti a chi ha troppi progetti ancora da consegnare;
- preferite i progetti il cui sviluppo è molto avanzato;
- se volete avere le spalle coperte buttatevi su aziende che abbiano un modello di business dedicato anche al mercato retail oltre che al crowdfunding… che è un po’ un controsenso rispetto a quanto detto prima sulla componente ideologica del crowdfunding come strumento per far emergere i piccoli, ma questi sono i tempi.
Nel futuro la situazione non andrà probabilmente a migliorare, anzi il crowdfunding sicuramente si normalizzerà ancor di più come una sistema di preorder, piuttosto che di finanziamento. Purtroppo, per un cambiamento, servirebbe uno scossone di massa alle “fondamenta del sistema”, che non è nell’interesse di nessuno se non di noi utenti finali, che, per inesperienza, cocciutaggine e sopra citate politiche predatorie, non riusciamo a staccarci e richiedere questo segnale di cambiamento.