Come realizzare un boardgame di successo

Come realizzare un boardgame di successo - Riassunto del seminario a cura di Bruno Faidutti tenuto a Lucca C&G 2009.

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Come realizzare un boardgame di successo - Riassunto del seminario a cura di Bruno Faidutti tenuto a Lucca C&G 2009.

Il seminario si è svolto Sabato 31 Ottobre, l’appuntamento è slittato alle ore 16 ed è durato un paio di ore abbondanti. L’incontro si è svolto in lingua inglese con l’ausilio di una traduttrice.
I partecipanti rispecchiavano diverse categorie di persone vicine al gioco: autori, giocatori, giornalisti, educatori e dimostratori; ovviamente l’appartenere a una categoria non ne esclude un’altra.
Come annunciato l’argomentazione verteva sul legame tra ambientazione e meccanica e sulla sua importanza, per non dire indispensabilità secondo il punto di vista di Faidutti.



Per porre l’accento sul punto di partenza il ragionamento è iniziato analizzando un classico errore che si deve affrontare nel mondo del gioco: l’editore che chiede in “corsa” un cambio di ambientazione. Il problema è che spesso non c’è una specifica richiesta, che comporterebbe un nuovo settaggio delle regole.
L’editore semplicemente cambia e prende un gioco con ambientazione (esempio, medievale) e lo trasforma incollandoci sopra una nuova ambientazione (esempio, tribale africana).
Le motivazioni? Principalmente marketing. I risultati? Normalmente un completo fallimento. I motivi sono da ricercare nell’intuitività delle regole; se esse sono strettamente legate all’ambientazione sarà semplice ricordarle. Se il gioco perde di intuitività perder automaticamente di appeal.



Prendiamo un esempio pratico portato da Faidutti. L’ultimo suo gioco edito, Ad Astra, ha un tema fantascientifico. L’editore ha espresso alcune perplessità al riguardo e nel passare dei mesi, prospettandosi la possibilità di un cambio di ambientazione verso la direzione “Isole del Pacifico”, sono state pensate delle nuove regole per il movimento.
Perché? Perché le attuali regole adatte al movimento di navi spaziali non sarebbero assolutamente state adatte a un possibile movimento di canoe volte alla colonizzazione di isole.



Vediamo allora alcune considerazioni che sono state fatte di conseguenza a questa prima parte dell’incontro.

- Il ragionamento cade parzialmente per i giochi astratti, logici o combinatori. Vediamo ad esempio nei giochi di Reiner Knizia. L’ambientazione c’è, è lì attaccata, logicamente regge, ma al tempo stesso ci rendiamo conto che non se ne sente né il bisogno né il peso.

- Comprendiamo inoltre che ci sono giochi con una solida base matematica che utilizzano l’ambientazione per spiegare la meccanica. L’esempio perfetto in questo caso è Puerto Rico. Il gioco è perfetto anche senza ambientazione, ma è essa a creare uno schema mentale nella nostra testa che lo rende comprensibile, ricordabile e giocabile fluidamente.

- Il cambio di ambientazione può funzionare. Prerogativa essenziale però è la linearità del gioco. Una o due meccaniche semplici possono, infatti, essere “ricoperte” da ambientazioni differenti. Per giochi complessi questo diventa impossibile, o meglio negativo. Controproducente.



Passiamo ora a una domanda fondamentale nel comprendere il Faidutti autore e quindi le sue disquisizioni in merito: come preferisce iniziare a progettare, dalla meccanica o dall’ambientazione?

La risposta è: entrambe. Si inizia con una e immediatamente segue l’altra, in una sorta di botta e risposta tra le due facce del materiale. Il gioco nello scorrere delle idee si alimenta, si crea e cresce. Nasce quindi un intreccio che lega i due elementi. Come in un arazzo. Il lavoro eseguito su meccanica e ambientazione è quindi simultaneo.



Un ragionamento importante sorto in questo momento del seminario è: al gioco noi chiediamo un momento di relax, la possibilità di “staccare” dalla vita reale.



Come otteniamo che i giocatori godano di questo break? Dando profondità al gioco.



Come diamo profondità al gioco? Molti pensano che siano le meccaniche, ma gran parte del lavoro è svolto dall’ambientazione se legata bene alla meccanica.

Prendiamo per esempio i giochi di ruolo dal vivo, di qualunque genere essi siano. Le meccaniche sono generalmente semplici, in alcuni casi quasi inesistenti. I giocatori “staccano” dalla vita reale? Decisamente si. Ecco quindi raggiunto l’obiettivo del gioco.



Ecco adesso alcune domande dei partecipanti e le risposte dell’autore:



- Come mai ci sono tanti giochi ambientati in situazioni irreali, fantasy o fantascientifiche?

Queste ambientazioni possono giustificare meccaniche altrimenti inspiegabili. Temi realistici portano infatti a giochi lineari ed eleganti, sai da dove parti e sai dove puoi arrivare.
Un’ambientazione fantasy invece giustifica regole che colorano e “riscaldano”. Prendiamo un esempio: Memoir 44 è un eccellente gioco, ma cosa ha fatto l’autore per ottenere un “e se potessi?”, ha cambiato l’ambientazione, ha aggiunto regole altrimenti inspiegabili e ha creato Battlelore.



- Se durante la lavorazione del nostro gioco ci accorgiamo che meccaniche e ambientazione prendono strade diverse, cosa consiglia di fare?
La risposta è stata sintetica e porta a riflessioni: piegate ciò che non aggiunge sapore al gioco.



- Qual è il suo punto di vista sui cooperativi tanto in voga in questi ultimi due anni?
I cooperativi hanno spesso un’ambientazione molto forte ed è proprio essa in molti casi a spingere il gioco in questa direzione. La domanda che si pone un giocatore nel momento di scegliere o meno un cooperativo è “se voglio divertirmi o se voglio essere il migliore”. Il problema è che quasi tutti i cooperativi sono in difetto rispetto a un elemento che porta molto divertimento in una partita: il poter danneggiare gli altri giocatori (cosa che non rientra nella vita reale e che aiuta a “staccare”).
Un palliativo è la presenza di un’antagonista nel gioco, che oltretutto introduce una componente psicologica, che indirizza l’esperienza verso una competizione a squadre. In definitiva Faidutti non ama i giochi cooperativi.



- Qual è il suo punto di vista sui giochi on-line?
Questo mercato è un’integrazione e assolutamente non una minaccia per il mondo dei giochi da tavolo.
Il pubblico è fondamentalmente lo stesso e c’è uno scambio di giocatori più che un rubarseli. Resta comunque il primato dei giochi con componenti fisici. Al gioco on-line manca un valore aggiunto che rimborsi completamente l’assenza di giocatori in carne e ossa davanti a se. I giochi on-line sono realmente sociali, ma meno sociali di un gioco da tavolo tradizionale.
C’è da ammettere che la tecnologia può risolvere alcune problematiche pratiche, ma i giocatori si sentono più rassicurati tenendo in mano i materiali a cui siamo abituati. (Riguardo alle nuove tecnologie si è parlato di Windows Surface).



- Cosa ne pensa di dare ai giocatori la possibilità di operare su più fronti, senza un ruolo definito per parte della partita?
È meglio evitare questa possibilità perché fondamentalmente toglie immedesimazione e sicurezza (sempre il sapere chi sono e dove vado) e quindi l’esperienza di gioco è meno appagante.
Il gioco potrebbe addirittura diventare frustrante o schizofrenico.



- Quanto è importante l’impatto grafico di un gioco?
Premettiamo che l’autore ha poca voce in capitolo riguardo questa parte del gioco quando viene edito.
In fase di lavorazione e play test Faidutti riduce all’essenziale la grafica, utilizza semplici clipart per facilitare la vita dei tester. Riguardo i lavori finiti il punto di vista è che i giocatori siano sempre più informati e che il numero di chi entra in un negozio e chiede ”un gioco” è in diminuzione visto il servizio offerto da siti nazionali e internazionali che propongono recensioni e commenti.
In definitiva l’utente subisce sempre meno l’impatto grafico di un gioco sullo scaffale e sempre più il passaparola.



- Quali consigli si sente di dare agli aspiranti autori?
L’errore più comune è mettere troppe regole, non soffocare i giochi è molto importante. Non essere paranoici riguardo i diritti d’autore è fondamentale, presentate i giochi non temendo che qualcuno vi rubi l’idea.



Il seminario si è chiuso con alcune foto di rito, la consegna degli attestati di partecipazione e il fuggi fuggi generale per godersi la rimanente oretta scarsa che rimaneva di fiera. Personalmente ho trovato interessante e istruttiva questa esperienza, immagino lo sia stato per tutte le categorie convenute.
Spero la formula sia riproposta anche l’anno prossimo, magari con più precisione (e anticipazione) riguardo orari, luoghi e modalità.