[Approfondimenti] The Dungeon Calls – i Dungeon Crawler ed i loro discendenti - Parte prima: una definizione di Dungeon Crawler

Primo di una serie di articolo scritti da Normanno sui Dungeon Crawler.

E' un argomento del quale nessuno meglio del nostro può parlare con conoscenza e approfondimento e spero sia di spunto a molte discussioni e approfondimenti.

Agzaroth

The Dungeon Calls – i Dungeon Crawler ed i loro discendenti
Parte prima: una definizione di Dungeon Crawler
 
Negli anni ’80 e primi anni ’90 il gioco di ruolo “old school” andava per la maggiore, con un fiorire di sistemi ed ambientazioni mai visto prima (e paragonabile a quello attuale dei giochi di narrazione e dei gdr “new wave”), ma il riferimento restava sempre e comunque – allora come oggi – Dungeons & Dragons. All’epoca la carta stampata era il medium più diffuso tra i giocatori, prima dell’avvento su scala globale della Rete, e su uno dei tanti mensili stranieri di giochi di ruolo trovai una vignetta ambientata in un mondo fantasy in cui uno dei personaggi si lamentava delle nuove ambientazioni e desiderava tornare ad una cosa tipo “entri in una stanza di 9m x 9m, un orco sorveglia una cassa…”. Questa frase riassume benissimo il concetto di Dungeon Crawler nei suoi elementi base: esplorazione di sotterranei, incontro con mostri, raccolta di tesori. Semplice, efficace, e contemporaneamente aperto ad una gamma pressoché infinita di variazioni.
Approfondimenti
Giochi
Primo di una serie di articolo scritti da Normanno sui Dungeon Crawler.
 
E' un argomento del quale nessuno meglio del nostro può parlare con conoscenza e approfondimento e spero sia di spunto a molte discussioni e approfondimenti.
 
Agzaroth
 
The Dungeon Calls – i Dungeon Crawler ed i loro discendenti
Parte prima: una definizione di Dungeon Crawler
 
Negli anni ’80 e primi anni ’90 il gioco di ruolo “old school” andava per la maggiore, con un fiorire di sistemi ed ambientazioni mai visto prima (e paragonabile a quello attuale dei giochi di narrazione e dei gdr “new wave”), ma il riferimento restava sempre e comunque – allora come oggi – Dungeons & Dragons. All’epoca la carta stampata era il medium più diffuso tra i giocatori, prima dell’avvento su scala globale della Rete, e su uno dei tanti mensili stranieri di giochi di ruolo trovai una vignetta ambientata in un mondo fantasy in cui uno dei personaggi si lamentava delle nuove ambientazioni e desiderava tornare ad una cosa tipo “entri in una stanza di 9m x 9m, un orco sorveglia una cassa…”. Questa frase riassume benissimo il concetto di Dungeon Crawler nei suoi elementi base: esplorazione di sotterranei, incontro con mostri, raccolta di tesori. Semplice, efficace, e contemporaneamente aperto ad una gamma pressoché infinita di variazioni.
 
 
Un po’ di etimologia
Da dove deriva il termine Dungeon Crawler? Il termine dungeon è un’anglicizzazione del termine francese donjon, che a sua volta deriverebbe dominionus, anche se l’etimo è incerto), che in origine indicava la torre più alta, o rocca, di un castello (in italiano “dongione”). Il termine inglese per se appare nella lingua anglosassone solo nel XIV secolo, ad indicare appunto la torre più alta di un castello.
Oggi il termine indica invece una prigione sotterranea (e, per estensione, un sotterraneo), e probabilmente questa associazione del termine risale quantomeno al Rinascimento. Paradossalmente, in francese moderno la parola donjon significa ancora dongione, mentre per indicare un sotterraneo con funzione di prigione si usa oubliette (“posto dimenticato”, dal verbo oublier, “dimenticare”), termine usato anche in inglese per indicare un sotterraneo con accesso verticale, cioè tramite una botola.
Per i geek del gioco, il termine dungeon indica invece un sotterraneo, usualmente da esplorare e provvisto di mostri da eliminare e tesori da riportare alla luce. In questo senso il termine può essere fatto risalire a Dungeons & Dragons, in cui una delle attività più redditizie in termini di punti esperienza e monete d’oro è proprio quella di esplorare sotterranei di ogni tipo.
 
To crawl in inglese significa “strisciare”, ma anche “spostarsi lentamente” o “spostarsi carponi”. Crawling viene definito negli studi biomeccanici come una delle sette forme di locomozione, e consiste appunto nel “gattonare”, spostarsi usando braccia e gambe, ed è la prima forma di locomozione appresa negli umani, ma anche una forma di spostamento lento in campo militare (p.es., leopard crawl o tiger crawl).
Dungeon Crawl(da ora in poi abbreviato in DC), quindi, significa “spostarsi lentamente in un sotterraneo” (o, se preferite un’immagine meno cupa, “gattonare in un sotterraneo”). Questa definizione viene usata sia nel campo dei videogames sin dal 1975, che in quello dei giochi di ruolo. Nel campo dei boardgames, la definizione ha assunto col tempo connotati piuttosto eterogenei, come vedremo fra poco.
 
 
Una definizione di DC?
Cercando in rete, DC viene trovato su wikipedia principalmente come riferimento ai videogiochi (a partire dai simil-Rogue in poi), un argomento che probabilmente finirà in un prossimo articolo ma che qui non viene trattato se non incidentalmente. Passando su quello che è il riferimento moderno per chi gioca da tavolo (e di ruolo), cioè Boardgame Geek (BGG), troviamo che la definizione di DC è espressa in termini diretti ma che personalmente trovo ambigui e un po’ “abbondanti”, tanto è vero che gli esempi riportati escono parecchio fuori contesto – sempre a mio avviso: “Un tipo di scenario nei giochi di ruolo fantasy in cui gli eroi esplorano un ambiente labirintico, combattendo diversi mostri e saccheggiando ogni tesoro che possano trovare”. Gli esempi includono Mice and Mystics, Descent, e Claustrophobia. Come vedremo, tutti i giochi usati come esempio sono abbastanza distanti dal concetto di DC, persino da quello espresso in due righe dai guru di BGG. Ma partiamo da questa definizione per cercare di capire cosa potrebbe intendersi per “dungeon crawl” o “dungeon crawler”, ponendo l’accento sulle prime due caratteristiche riportate dalla definizione.
 
Scenario nei giochi di ruolo fantasy: in base alla definizione di BGG, un DC è intrinsecamente legato ai giochi di ruolo fantasy. Pertanto giochi come Imperial Assault, Gears of War, Shadows of Brimstone, o The Undercity non possono rientrare nella categoria DC. Anzi, a guardare la definizione in maniera oggettiva, un DC non rientrerà mai nei giochi da tavolo, i quali sono ormai separati dai giochi di ruolo. 
 
Esplorare un ambiente labirintico (il verbo inglese usato è “navigate”, che vuol dire “navigare (orientandosi), percorrere navigando”, e quindi “esplorare”): in giochi come Mice & Mystic o Descent i labirinti sono decisamente pochi, per non dire nessuno. In uno dei primi DC della storia, The Sorcerer’s Cave, la definizione sarebbe stata decisamente calzante. Ma io voglio porre l’accento sulla parola “navigate”, esplorare. I giochi menzionati sono tutti “a mappa visibile”, cioè la mappa del gioco è visibile ai giocatori sin dall’inizio, e l’esplorazione è ridotta a poco e niente.
 
Le ultime due caratteristiche sono pressappoco comuni a tutti i giochi che vengono normalmente fatti rientrare nei DC: combattere contro i mostri e saccheggiare tesori (recuperare oggetti, raccogliere oggetti, come vi pare).
 
Pertanto, una volta fatto salvo che la prima parte della definizione è completamente errata, altrimenti dovremmo escludere ogni gioco da tavolo, ed ogni gioco non fantasy, tutti i giochi in cui non c’è esplorazione di un labirinto non sono DC. Quindi ad essere veramente “puristi”, i DC non esistono. Cerchiamo allora di trovare una definizione migliore di un DC, aiutandoci con alcuni dei giochi che vengono comunemente fatti rientrare in questa categoria.
 
 
Il mondo dei boardgame DC
Visti i limiti oggettivi dell’unica definizione “ufficiale” di un DC, proviamo noi a dare una definizione operativa secondo la quale possiamo identificare un boardgame come “DC” o “non DC”. Vedremo che la cosa non è così semplice, ma possiamo provare quantomeno a costruire uno schema base da cui partire. 
 
Innanzi tutto, potremmo rimuovere la prima frase dalla definizione: non stiamo parlando infatti di giochi di ruolo, ma di giochi da tavolo; e non stiamo parlando di scenari ma di un genere, quindi di una serie di caratteri definibili oggettivamente, riscontrabili sperimentalmente e – ci aggiungo – semplici da individuare. 
 
La prima caratteristica deriva direttamente dalla prima frase della definizione di BGG: perché un boardgame possa essere definito un DC occorre che i giocatori “interpretino” dei personaggi, e che quindi la scala del gioco sia “singola persona”. Pertanto, perché un gioco da tavolo possa essere considerato DC, occorre che la maggior parte dei giocatori controlli ciascuno un personaggio singolo. Possiamo quindi parlare di un gruppo di eroi, ciascuno con le proprie statistiche ed abilità. In questa caratteristica non si fa menzione di avversari; quelli complicano la faccenda e verranno menzionati più avanti.
 
Esplorazione di ambienti (labirintici): perché un gioco sia definito DC occorre che sia presente nel gioco una meccanica di esplorazione di un ambiente non lineare (“labirintico” è un po’ fuorviante), quindi costituito da corridoi, stanze, passaggi, radure, paludi o quant’altro che non formi un percorso unico e diretto da un punto A ad un punto B. Non che ci siano giochi in cui si esplori un tratto autostradale in rettilineo, ma non si sa mai – ed a quel punto sarebbe questo un DC? Potremmo quindi parlare di un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli (che parolone…).
Ma attenzione: cosa intendiamo con “esplorazione”? Personalmente, ed in termini di gioco, ritengo che “esplorare” significhi avere a che fare con una mappa sconosciuta all’inizio della partita, e che viene rivelata man mano che il gioco procede. Pertanto giochi come Descent, Mice and Mystics, o Claustrophobia, non rientrerebbero nella definizione di DC. Questa cosa ci costringe a completare la nostra definizione, trasformandola in: un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli; questi ambienti all’inizio della partita non sono immediatamente visibili agli eroi.
 
Combattimento contro mostri: perché esplorare una grotta, se non siete speleologi? E a questo proposito, The Cave è quindi un DC? No, ovviamente, perché in The Cave esiste solo la parte esplorativa. Perché un gioco da tavolo sia un DC occorre che ci siano dei simpatici mostri che abitano il posto che gli eroi esplorano, e che naturalmente non sono proprio molto contenti dell’intrusione a casa loro; il combattimento con mostri è quindi un altro elemento fondamentale dei DC, che porta la nostra definizione a diventare: un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli; questi ambienti all’inizio della partita non sono immediatamente visibili agli eroi ed ospitano mostri ostili da combattere. Da chi siano controllati questi mostri diventa secondario (ma non irrilevante) ai fini della nostra definizione. I veri DC sono quelli con un Gamemaster, cioè un giocatore che controlla mostri e trappole? O basta un sistema automatico (un’intelligenza artificiale, per così dire) per definire un DC? Ai fini della nostra definizione, la cosa importante è che ci siano scontri con mostri, mentre chi controlla questi mostri è relativamente inutile per definire il genere del gioco. Qualora volessimo aggiungere categorie tassonomiche alla nostra classificazione, questo particolare diventa importante, ma ciò esula dallo scopo di questo articolo.
 
Saccheggio/raccolta di tesori: i mostri lasciano cadere tesori, lo sa qualsiasi videogiocatore. E lo scopo ultimo dell’esplorare una caverna su Krynn o una jungla su Venere è quello di raccogliere tesori e diventare ricchi e potenti. Ammettiamolo. Per cui, la nostra definizione riceve un’ulteriore pezzo: un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli; questi ambienti all’inizio della partita non sono immediatamente visibili agli eroi ed ospitano mostri ostili da combattere, tesori e oggetti da raccogliere. Su questa parte c’è poco da discutere, ai fini di questo articolo: la faccenda è chiara, voglio la spada +3. Ma, ed aggiungo un ma, quale sarebbe lo scopo ufficiale per cui gli eroi sono in marcia? Una quest, una missione, ritrovare un personaggio scomparso, recuperare un tesoro misterioso, sconfiggere un mostro mitico… tutti i DC che si rispettino hanno scenari in cui c’è uno scopo finale dello scenario stesso. Questo ci porta ad un’altra parte della definizione, stavolta nuova.
 
Uno scopo per esplorare: la ragione per cui si decide di esplorare codesti ambienti interconessi etc. etc. quale sarebbe? Un DC che si rispetti funziona a scenari – non necessariamente connessi in una campagna, ed ogni scenario ha un obiettivo finale. A mio avviso, anche questo andrebbe incorporato nella definizione di DC, che quindi diventa: un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli; questi ambienti all’inizio della partita non sono immediatamente visibili agli eroi ed ospitano mostri ostili da combattere, tesori e oggetti da raccogliere. Il gioco si svolge attraverso scenari non necessariamente connessi in una campagna ed ogni scenario ha un obiettivo finale definito dall’inizio della partita.
 
C’è un ultima parte della definizione di un DC che io reputo fondamentale e che invece non viene considerata nella definizione di BGG: la crescita del personaggio. Questo aspetto, che molti associano – giustamente – ai gdr “old school”, è l’ultimo tassello della definizione operativa per inserire un gioco nel genere “DC”. La crescita dei personaggi deve essere percepibile in termini di regole di gioco, ma non deve necessariamente avvenire per miglioramento delle caratteristiche dei personaggi. Per esempio, in HeroQuest la “crescita” consiste semplicemente nel migliorare l’equipaggiamento, mentre in Shadows of Brimstone la crescita del personaggio comporta il cambiamento di più di una statistica di gioco, oltre al miglioramento dell’equipaggiamento stesso.  Pertanto aggiungiamo alla nostra definizione questa parte: nel gioco c’è una crescita percepibile del personaggio, in termini di abilità e/o equipaggiamento.
 
La nostra definizione, finalmente, è completa. Un DC è un genere di giochi in cui : un gruppo di eroi che esplora ambienti interconnessi a percorsi multipli; questi ambienti all’inizio della partita non sono immediatamente visibili agli eroi ed ospitano mostri ostili da combattere, tesori e oggetti da raccogliere. Il gioco si svolge attraverso scenari non necessariamente connessi in una campagna ed ogni scenario ha un obiettivo finale definito dall’inizio della partita; nel gioco c’è una crescita percepibile del personaggio, in termini di abilità e/o equipaggiamento.
 
Un’ultima cosa ritengo fondamentale da chiarire: la definizione di DC non dipende dall’ambientazione. Un DC può essere horror, fantasy, fantascientifico, ucronico, storico, quel che vi pare. Per quanto mi riguarda può essere pure un gruppo di pupazzi che cerca qualcosa in una casa (che so, un DC ambientato in Toy Story…). L’ambientazione non è un fattore limitante, ed è il primo e più grave errore commesso nella definizione di BGG.
 
 
DC or not DC?
Avendo una definizione, possiamo testarla in maniera operativa prendendo come esempio due giochi abbastanza conosciuti. 
 
HeroQuest, che da molti viene considerato (a torto o ragione) l’archetipo dei DC è davvero un DC? Vediamolo insieme. Il gruppo di eroi ce l’abbiamo: quasi tutti i giocatori controllano ciascuno un eroe; questi eroi esplorano ambienti interconnessi a percorsi multipli – anche se questi vengono creati a partire da un tabellone fisso, i giocatori non sanno quali stanze esistono e quali no. Gli eroi possono scegliere di seguire percorsi differenti ed aprire porte diverse, non c’è un unico percorso lineare nel gioco. Nelle stanze, e spesso nei corridoi, ci sono mostri da combattere, e oggetti e ricchezze da trovare. Ogni partita ha un suo obiettivo principale che gli eroi devono raggiungere, e i personaggi “crescono” grazie all’utilizzo di nuovi oggetti, più potenti dei precedenti.
 
Descent (2nd edition) viene da molti (a torto o ragione) considerato il vero erede di HeroQuest. Ma è davvero un DC, secondo la nostra definizione? Anche qui abbiamo il gruppo di eroi, ciascuno controllato da un giocatore diverso. Ma qui la mappa è palese fin dall’inizio, e non c’è il fattore esplorazione (e molto spesso c’è un percorso unico da seguire, in genere conseguenza della presenza di una mappa palese fin dall’inizio). Mostri da combattere ce ne sono e come, così come c’è una raccolta di tesori ed oggetti e obiettivi da raggiungere. La crescita degli eroi è gestita meglio che in HeroQuest, perché oltre all’equipaggiamento gli eroi hanno anche abilità diverse da acquisire. Ma, mancando una parte della definizione, Descent non è un DC.
 
Quasi-DC e Skirmish-DC
Descent non è il solo caso. Ci sono moltissimi boardgame che vengono definiti DC ma non corrispondono alla definizione che abbiamo trovato (né, per quanto ci riguarda, alla definizione data da BGG, che come abbiamo visto è limitata ed ambigua, e quasi inapplicabile). Imperial Assault, Mice & Mystics, Mansions of Madness, sono tutti giochi di questo tipo, cioè “quasi-DC”. La nomenclatura scientifica imporrebbe un “para” davanti al nome, quindi questi giochi potrebbero essere definiti “para-DC”, però mi rendo conto che un termine del genere non prenderà mai. Forse “quasi-DC” va meglio, ma su questo sono aperto a nuove idee. Un punto in comune di molti di questi giochi è l’aspetto “skirmish”, cioè gruppo contro gruppo – tanto è vero che per esempio in Descent o Imperial Assault un giocatore può controllare più di un personaggio, e l’Overlord fa da avversario. In casi del genere io propongo la definizione di “skirmish-DC”, che evita confusione, e definisce un gioco simile ad un DC ma senza la parte esplorativa. 
 
Mi rendo conto che oggi moltissimi giochi vengono definiti DC solo perché ci sono miniature o c’è l’ambientazione fantasy (alcune tra le più grosse “cantonate” in termini di definizione sono Arcadia Quest e Zombicide, solo per fare due esempi, i quali non rientrano nemmeno nel genere skirmish-DC), però ritengo che per chiarire di cosa si stia parlando occorrono definizioni chiare e comprensibili. Non sogno nemmeno lontanamente di impersonare il “Linneo dei giochi da tavolo”, ma come molti Nerd soffro di sindrome ossessivo-compulsiva e devo dare un ordine ed un’etichetta a molte cose che mi circondano. Forse anche Linneo era un Nerd?
 

 

Commenti

Grazie AGZ per aver alimentato la mia scimmia da DC oltre il limite sopportabile :-)

...se non arriva HQ25 entro NATALE va a finire che mi prendo un HQ old style su Amazon.....

Grande AGZ

Definizione che andrebbe scolpita su tavola di pietra e riproposta al Mosé di turno.
Bravo Normanno!.

...l'articolo è di Normanno :)

Solo qualche considerazione:
In Zombicide la mappa la vedi ma non sai il contenuto delle stanze in termini di mostri (di obbiettivi si).
In Descent nessuno ti vieta (anzi io lo faccio sempre) di rivelare la mappa a poco a poco mano a mano che la esplori (allunga un pochino il tempo di gioco ma migliora molto il feeling dell'esplorazione) e questo lo rende del tutto calzante alla definizione di Normanno.
Stessa cosa dicasi per altri giochi simili a Descent.

Inoltre non so quanto possa essere obbligatoria la definizione di mappa da scoprire a poco a poco per rientrare nella definizione di DC. Non perché non sia d'accordo con il fatto che l'esplorazione debba necessariamente essere fatta verso luoghi "sconosciuti" ma perché possiamo discutere sul fatto che tali luoghi debbano essere sconosciuti in termini di stanze e corridoi (come sostiene Normanno) o semplicemente in termini di solo CONTENUTO di tali stanze e corridoi (che secondo me è la parte fondamentale di ciò che uno deve scoprire). Molto più della forma del labirinto conta cosa ci trovi dentro!

Ottimo articolo comunque, ben fatto e strutturato, bravo Normanno!

Ottimo articolo! Non bazzico molto questo genere di giochi al momento, però come dici tu amo molto il lavoro di chiarificazione e il tracciare delle linee guida, quindi non posso che applaudire tutti gli impegni assunti in questa direzione.
Mi sento di appoggiare Pennuto, non ponendomi da esperto ma in termini di sensazioni che ne potrebbe avere un giocatore fra i tanti.
Secondo me il dover "scoprire" la mappa gradualmente è piuttosto trascurabile; fornisco due motivazioni.

- la prima è pragmatica. Una volta che una parola o un concetto sono entrati nell'uso comune, anche a costo di fraintendimenti o fuorvianze, è forzoso e poco produttivo cercare di raddrizzare. Come dire... ormai si è "imposta", questo dimostra che tale concetto o parola è efficace.
Basta Inoltre pensare alla diffusione impropria del termine "hacker" no? Sempre improprio, ma quando scrivo la quarta di copertina di un poliziesco parlerò di pirati informatici che hackano dati, attirando così i potenziali lettori.

- in secondo luogo penso al flavor, al sapore. Un bel fantasy, un bello star wars, non mi cambia molto di sapore che io conosca o non conosca a priori la mappa, proprio perché non so il contenuto. Certo, perdo il fascino dei vicoli ciechi, ma il resto è intatto; e io personalmente penso che nemmeno ci farei molto caso!
Infine il termine "crawl" rimanda, come tu stesso dici, al movimento circospetto militare: "Sto nella tana del nemico quindi devo fare attenzione!" Potrei conoscere il grosso del territorio grazie a un briefing iniziale di missione, una mappa presa dalla capitale o uno "scanner a positroni cubettistici". Il punto è ARRIVARCI! :-)

Concludo la digressione dicendo. Splendido articolo, ottimo contributo lo sviluppare un ragionamento per step fino ad arrivare a una definizione complessiva; ogni elemento è stato ben centrato e definito. Imho, percepisco l'elemento della nebbia come abbastanza relativo NEL COMPLESSO, significativo più per eventuali sottogeneri.
Ps Hai scatenato tutti i Linnei :-)

Beh, io non considero le house rules in questo articolo, ma solo il gioco come viene venduto, e da questo punto di vista Descent è uno Skirmish-DC; la mia definizione deriva dalla traduzione di "to crawl" e dalla prima definizione del Dungeon Crawl, cioè quella usata nei videogames e nei giochi di ruolo fantasy old school, e per questo la mappa deve essere "sconosciuta" anche in termini geografici ("to navigate" indica l'esplorazione o più esattamente il muoversi orientandosi in una zona non nota). Ed in genere nell'accezione classica del DC i luoghi sono sconosciuti anche come mappa, tanto è vero che nei videogiochi e nei primi DC la mappa è casuale. Però è chiaro che finché non esisterà un sistema di peer reviewers nel mondo dei giochi le definizioni possono cambiare, e uno potrebbe pure dire (come succede) che un DC è un qualsiasi gioco in cui ci siano miniature fantasy e sia ambientato dentro ad un dungeon; semplicemente in questo articolo io cerco di attivare - e sono felice di esserci riuscito un minimo - una discussione per la definizione di un genere che viene usato a sproposito come contenitore "generico", e che invece a mio avviso ha una sua specificità.

Cacchio ho fatto confusione.
Allora grazie Normanno e attendiamo il prossimo capitolo!

Mi sembra, Normanno, che la questione della mappa sia la più sentita :D
anche perché il mio intervento verte proprio su quello.

Io riflettevo su Mice&Mystics.
Da un lato è incontestabile che la mappa venga appoggiata sul tavolo ad inizio partita. D'altra parte è anche vero che almeno alcune stanze sono "sconosciute", perché si trovano sul retro del tabellone.
Quindi già a livello di conoscenze non siamo all'onniscenza ma alla parziale consapevolezza del percorso.

Ma il nodo della questione secondo me è un altro, e questo richiede di considerare la creazione (credo) di M&m piuttosto che non l'esperienza ludica.
Come penso tu converrai con me, l'autore ha ricavato molti elementi da Heroquest (l'archetipo dei DC) e ha cercato di semplificarne lo scorrimento (con buon successo, dal mio punto di vista). Uno dei principali compiti che si è posto, forse il principale, è stato quello di eliminare la presenza del master. Per fare questo ha dovuto impostare una sorta di IA per gestire i mostri, ed ha dovuto fornire ai giocatori una mappa di partenza da creare all'inizio dello scenario. Certo, nessuno gli impediva di indicare ai giocatori quali tasselli utilizzare nel prosieguo dello scenario, ma probabilmente per semplificare l'approcio al gioco ha considerato migliore questa idea.
La mia riflessione è questa: considerando che se avesse optato per l'altra opzione il gioco sarebbe rientrato a pieno merito nella categoria DC, basta questa scelta per escluderlo?
A mio parere la domanda è posta in termini sbagliati. Quello che a mio parere dovrebbe contare è quanto la conoscenza sia "reale" (si conosce non solo a grandi linee il percorso, ma anche contenuto di stanze? mostri? tesori?); con reale intendo che sia in grado di provocare scelte diverse ai personaggi giocanti. Se la risposta è che i personaggi giocanti vengono fortemente influenzati dalla conoscenza del prosieguo del percorso, allora effettivamente escluderei il gioco dalla categoria; se invece l'influenza è minima o nulla, procederei in senso opposto.
Mi rendo conto che stiamo facendo accademia!! :D

Comunque complimenti, bellissimo articolo

Ma lo scopo è esattamente quello di fare accademia... non ho ancora elementi sufficienti per creare una sistematica valida, e conoscere il parere di altri appassionati è fondamentale! Quindi grazie a tutti per i commenti!

In ogni caso, in sistematica basta l'assenza di un solo carattere per ascrivere un organismo ad un'altra specie, altro genere, etc.
Pertanto la risposta alla domanda che alcuni di voi fanno, "solo perché la mappa è così, è sufficiente a dire che X non è un DC?" è decisamente "si, è sufficiente". Quando esiste una serie di caratteri definita ed oggettivamente riconoscibile, non c'è discussione, se stiamo parlando di sistematica.
Semmai, e qui la questione si fa veramente "scottante", potremmo non prendere in considerazione il carattere "mappa nascosta", qualora riuscissimo a dimostrare che la mappa nascosta/visibile sia in realtà un carattere che non abbia un "peso" nella nostra definizione. Ma bisogna trovare prove oggettive, non filosofiche. Non è una critica ai sostenitori della mappa visibile, ma è una richiesta: troviamo una o più motivazioni oggettive e cominciamo a cambiare la definizione.

Grazie Normanno per questo illuminante articolo, che aprirà una prolifica diatriba infinita! (Lo dico con simpatia, sono un tuo fanboy da tempi insospettabili!).
Ho visto nascere questo articolo dalle pagine del forum, e mi pare che ci volesse proprio! Non tanto per etichettare il genre di un gioco in "giusto" e "sbagliato", ma per costruire un vocabolario comune, per comprendersi e poter interagire meglio.
Personalmente concordo in pieno con a definizione, e mi ritrovo anche - complice forse anche una laurea in scienze ambientali - nella schematicità "linneiana" delle scelte.
Più che sulla base della definizione di BGG (di per sé asettica), partirei dalla storia - che l'articolo ben traccia - del termine; l'esplorazione di un sotterraneo sconosciuto era - e per me rimane - un pilastro dei gdr poi "convertiti" al gioco da tavolo. Il discrimine è proprio il non sapere dove troverai l'obiettivo della quest, che aggiunge moltissimo fascino/mood/flavour ad un gioco! M&M e Descent non l'hanno; sono bellissimi giochi nel loro genre, ma danno un'esperienza di gioco mooolto diversa da Heroquest/Advanced HQ/Warhammer Quest, più legati alla old school dei gdr e all'ambientazione cappa&spada (se me la vedo brutta me la do a gambe levate!) che all'high fantasy "entro tankato e spacco tutto quello che incontro". Il non sapere dove ti porta la missione esalta questa componente di incertezza (incertezza anche sulla sopravvivenza del personaggio) e fa di un gioco - imho - un DC o meno. Se sapere che scegliere di andare a destra o a sinistra di un bivio potrebbe costare la vita del tuo PG s ripercuote sulla tua esperienza di gioco, allora quello è un DC per me.
Per questo secondo me Heroquest è ancora il padre dei DC, il suo bellissimo fratello spaziale Starquest non lo è.
Cambierei invece la definizione di "skirmish-DC". Il punto focale secondo me non è la possibilità di giocarlo gruppo contro gruppo (poteva essere giocato così anche Heroquest), ma il fatto che la componente tattica sia più spiccata e prevalente rispetto alle altre caratteristiche. Esempio Descent: come piazzi il personaggio sulla mappa quadrettata, e la sinergia tra posizione, poteri/abilità, e altri PG è una componente più importante dell'esplorare, trovare tesori, ecc. (a me ha ricordato moltissimo il combattimento di D&D 3.X) spesso a discapito della "claustrofobia". Non che un gioco sia meglio di un altro, ma danno due esperienze diverse.

Semplicemente "DA MANUALE!", chiarisce alla perfezione gli archetipi fondamentali dei giochi da tavolo DC, e spiega il perché di alcune distinzioni (sottili ma sostanziali) tra le differenti meccaniche di gioco. Complimenti!

Mi aggiungo ai più che doverosi complimenti a Normanno per l'articolo/guida sul mondo DC.
Specie per chi come non conosceva tutte queste sfaccettature del genere..
Ancora complimenti!!

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