A&P Chronicles 2004-2005 (I, 2)

Le Cronache della Rinascita

dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 8 Giugno 2120

Parte I, Capitolo 2: "Schiavi delle foglie"

Sedute del 09-23/03/2004

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Le Cronache della Rinascita

dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 8 Giugno 2120

Parte I, Capitolo 2: "Schiavi delle foglie"

Sedute del 09-23/03/2004

Schiavi delle foglie

il
giovane mezzuomo, Jack Longswing, era intento a esplorare i confini della sua
nuova residenza alla ricerca di una via d'uscita, dopo che si era risvegliato
all'interno della cella. Superato il primo momento di eccitazione e curiosità
per l'improvvisa ed inusuale esperienza che gli veniva offerta, ora iniziava a
sentire il disagio della limitazione alla sua libertà, una sensazione
particolarmente insopportabile per quelli della sua razza. Aveva già constatato
la mancanza della sua inesauribile sacca, un dono ricevuto da un viandante al
quale aveva salvato la vita più per curiosità che altro, rassegnandosi a
doversi arrangiare in qualche modo senza ricorrere alle stupefacenti sorprese
che era solito trarre da quell'inusuale contenitore. E tuttavia, per quanto
avesse esplorato ogni minimo pertugio della cella, inclusi gli spazi fra le
pietre del muro, non aveva trovato nulla che lo potesse aiutare per risolvere il
problema della sua prigionia.

Ben
diverso era l'atteggiamento dell'anziano Andil Foraeean, un uomo segnato da
numerose esperienze che lo avevano portato ad accettare la vita con un'ottica
assai fatalistica, riducendosi a vivere di elemosina. Nonostante il suo aspetto
lacero e cencioso, si rizzò a sedere sul pagliericcio ravviandosi i capelli con
movimenti lenti e accurati, quindi si alzò e risistemò il giaciglio con cura
davvero inadeguata al suo misero aspetto. Si guardò brevemente intorno, senza
bussare alla porta nè curandosi di cercare una via di fuga, trasse un sospiro e
si rimise a sedere, con calma, in attesa di qualcosa.

Dall'esterno
delle celle, si udivano i colpi che qualcuno, evidentemente, stava battendo
sulla porta, gridando se vi fosse qualcuno, minacciando e imprecando nella
speranza di ottenere, almeno, una risposta di qualche tipo. Ma i rumori si
spensero nell'eco che rivelava la presenza di un lungo corridoio vuoto, senza
che alcuno si preoccupasse di rispondere.

Cedric,
il marinaio, si era quasi spellato le nocche delle mani battendo sulla porta,
quando infine stabilì che nessuno gli avrebbe dato ascolto. Era furibondo, e
ancora scosso per l'incredibile serie di sfortunate coincidenze che lo avevano
portato a Meldanos, ora si ritrovava anche prigioniero, magari per essere
venduto a qualche mercante di schiavi. La cosa che maggiormente lo stizziva era
che non si sarebbe mai sognato di dare retta a quell'annuncio, se non si fosse
trovato in una situazione di estrema necessità, dopo che aveva dovuto prendere
terra forzatamente, perdendo quella che fino allora era stata la sua casa e la
sua famiglia. E invece, proprio quando pensava che il mare gli avrebbe dato
chissà quali fama e ricchezze, era cambiato tutto all'improvviso, si era
ritrovato in una città senza denaro, senza nulla da fare e soprattutto senza
amici.

Improvvisamente,
uno scatto metallico sembrò annunciare l'apertura delle porte. Per qualche
ragione, le serrature si aprirono all'unisono, facendo echeggiare il secco ed
improvviso rumore all'interno delle prigioni.

"Tutti
fuori!" - gridò una voce tonante, senza garbo, giunta da chissà dove.

Jack
fu il primo a balzar fuori dalla sua cella, ritrovandosi nel lungo corridoio che
si perdeva nel buio alla sua destra. Dall'altra parte, un bruto a torso nudo
dalle fattezze taurine, con una enorme frusta arrotolata alla vita, attendeva
con le mani sui fianchi, davanti ad una breve scalinata che conduceva ad una
porta esterna.

"
Che posto è questo?" - ridacchiò Jack, compiaciuto della nuova
esperienza, avvicinandosi all'omone saltellando. "E tu chi sei? cosa
facciamo adesso? dove andiamo?..." - il carceriere gli intimò il silenzio
con un gesto ineqivocabile, ma riuscì a calmare il mezzuomo per pochi istanti,
dopo di che questo ritornò a riempire il corridoio con la sua voce entusiasta.

Cedric
uscì dalla sua cella mentre da quella dal lato opposto del corridoio un elfo
silvano faceva altrettanto. I due si scambiarono un'occhiata, senza dire nulla,
mentre gli occhi acuti di Tandel, l'elfo, già scrutavano l'ambiente cercando di
carpire di ogni minimo dettaglio che potesse essergli utile. Si trovava
piuttosto perplesso e a disagio in quell'ambiente, che nulla aveva da spartire
con i boschi ed i rumori della natura ai quali era abituato, come era facile
comprendere dai colori verde e marrone che erano prevalenti nei suoi abiti
dall'aspetto morbido e confortevole. Tuttavia, il disagio non traspariva dal suo
viso, dai lineamenti delicati che esaltavano gli occhi lievemente a mandorla,
poiché difficilmente questa razza lascia intuire le proprie emozioni che sono
invero assai contenute, al punto di sembrare generalmente insensibili alla
maggior parte di noi uomini. Grazie alla sua conoscenza delle erbe e delle
piante, Tandel aveva cercato a lungo di individuare la sostanza che aveva
causato la sua malattia, mentre già la febbre lo divorava, senza tuttavia
giungere ad alcuna soluzione. Ora era perplesso e alla pari incuriosito di
quanto stava accadendo, ed iniziava a intuire che vi fosse un nesso in grado di
collegare tutti gli eventi delle ultime ore.

"Oh
che bello! e voi da dove venite?" - Jack distolse la sua attenzione dal
carceriere per rivolgerla ai due nuovi venuti. "Anche voi siete stati male?
Io si, ho avuto la febbre, poi sono svenuto, avevo anche mal di testa, e dopo mi
sono svegliato qui! Che cosa interessante, vero? E come ti chiami tu?"

"Silenzio!"
- intimò ancora una volta il bruto, sciogliendo i legacci della frusta. Cedric
fece un ceno di impazienza al mezzuomo che non sembrava affatto intimorito,
mentre Tandel lo aveva ignorato completamente, preferendo seguire il filo dei
suoi ragionamenti.

"Oooh,
che strana creatura!" - esclamò ad un tratto Jack, lo sguardo fisso alle
spalle dei due nuovi arrivati. Da una delle celle in fondo, un quarto
prigioniero era uscito nel corridoio. Aveva l'aspetto di una femmina elfo, ma la
sua pelle era straordinariamente pallida, aveva i capelli color argento ed i
lineamenti più spigolosi, con occhi che brillavano di una luce violetta che
dava all'intero viso un'espressione maligna e fiera allo stesso tempo.

"Un
Drow!" - esclamò Tandel, voltandosi e storcendo la bocca in una smorfia di
disgusto. Aveva usato quel termine dispregiativo con il quale gli elfi erano
soliti indicare gli appartenenti a quella razza aborrita che erano gli Elfi
Oscuri, secondo le tradizioni una genia di rinnegati dediti al male.

la
Drow avanzò lungo il corridoio, incurante del mezzuomo che prese a saltellargli
attorno asfissiandola con le sue domande, così come dell'espressione di
disprezzo che Tandel gli rivolse, il cui sguardo sostenne fieramente, ostentando
un portamento arrogante ed autoritario al tempo stesso. Krilzit O'Dreel non era
solo un Elfo Oscuro, ma era una femmina della sua razza. I Drow sono infatti una
società matriarcale in cui i maschi hanno ben poca importanza all'interno della
comunità, i cui ruoli più prestigiosi e importanti, soprattutto se di comando,
sono sempre rivestiti dalle donne. Ai maschi di questa razza è concesso al più
il ruolo di precettori e addestratori, ma il più delle volte essi sono semplice
forza lavoro o carne da macello nelle frequenti dispute militari che spesso si
verificano fra clan diversi, il cui scopo è sempre il potere. Pertanto, ben
comprensibile risulta l'atteggiamento arrogante di Krilzit di fronte a quei
maschi, oltretutto di razze normalmente giudicate inferiori, così come quello
di Tandel che non solo si trovava di fronte un Drow, ma oltretutto una femmina.

Gli
Elfi Oscuri sono così chiamati per una serie di ragioni che forse è bene
illustrare al lettore, concedendomi una breve divagazione. Infatti, non è
mistero che i servizi di informazione Romeldani si siano sempre serviti, anche
in passato, di elementi di questa razza, che nella nostra nazione non suscitano
quindi lo stesso odio violento che sarebbe normale altrove. E' vero del resto,
che in molte altre parti di Terala gli Elfi Oscuri non sono mai stati visti, e
quanto di loro si sa lo si sa per lo più per via di leggende e racconti,
piuttosto che dalla realtà.

Molti
ritengono che il nome dato a questa razza sia dovuto al fatto che, da tempo
ormai immemorabile, gli Elfi Oscuri rinunciarono ad abitare sulla superficie,
ritirandosi nelle buie profondità della terra dove hanno proseguito a
sviluppare la loro controversa civiltà che si sviluppa, secondo quanto si
narra, in complesse e straordinarie città sotterranee. Tuttavia, come è
comunemente affermato dagli Elfi di superficie, pare che questa razza non si sia
ritirata volontariamente sotto terra, bensì vi sia stata bandita a causa della
sua estrema malvagità. L'appellativo di "oscuri" proverrebbe infatti,
più propriamente, dalla particolare dedizione dei Drow alle arti negromantiche
e arcane, all'uso e la creazione dei veleni, ai riti demoniaci, alla loro
venerazione di terribili e malvage creature preumane che sarebbero le loro
divinità, insomma ad una loro affinità con tutto ciò che è ritenuto male e
malvagio.

Personalmente,
non ho mai avuto occasione di visitare una città dei Drow, né di vedere
direttamente come essi vivano nei loro clan e nella loro società. Da romeldano
quale io sono, mi è capitato di imbattermi in Elfi Oscuri come in Orchi, Troll
e ogni genere di razza che la nostra nazione abbia mai utilizzato per i proprio
scopi, militari o di altra natura che fossero. La fiducia è cosa che si concede
a pochi, e certo non posso dire che queste razze siano fra quelle che
maggiormente mi ispirino tale sentimento, ma non per questo provo nei loro
confronti un odio atavico come quello coltivato da generazioni di elfi nei
confronti dei loro lontani cugini. Tuttavia, chiunque abbia la ventura di
aggirarsi per le nostre terre, e in particolare in una città ciome Meldanos, sa
che può incontrarvi un po' di tutto, e forse mette già in conto l'ipotesi di
fare anche incontri non particolarmente graditi, non per questo lasciandosi
andare a reazioni impulsive che certo causerebbero l'intervento delle forze
dell'ordine.

Forse
per questa ragione, o forse per quel minimo di cameratismo che si instaura
quando si condivide una difficile situazione in comune, Tandel non andò oltre
lo sguardo carico d'odio che lanciò a Krilzit in quell'occasione, nè la Drow
manifestò altro che la sua evidente superiorità di femmina nei confronti
dell'odiato Silvano. I due si confrontarono brevemente, con gli sguardi, quindi
si ignorarono tranquillamente, mentre il carceriere apriva la porta in cima alle
scale, facendo loro cenno di seguirlo.

Solo
a quel punto, lentamente e senza alcuna fretta o interesse, il vecchio Foraeean
usciva dalla cella, raggiungendo il gruppo per ultimo.

i
cinque furono condotti, senza una parola, in un ampio cortile simile ad una
palestra d'addestramento, circondato da un'alta palizzata di tronchi le cui cime
erano state appuntite per non consentirne la scalata. Il carceriere li lasciò
soli, uscendo da un'apertura che fu subito richiusa alle sue spalle, non senza
che questi sferrasse un manrovescio al piccolo Jack, il quale si era accodato
convinto di poter guadagnare l'uscita, senza smettere con il suo petulante
chiacchiericcio.

Nuovamente
prigionieri, i malcapitati si guardarono attorno, cercando di capire almeno dove
si trovassero. Foraeean sedette in un angolo, senza rivolgere la parola a
nessuno, mentre fra gli altri vi era chi cercava inutilmente di scalare la
palizzata, chi iniziò a socializzare con gli altri, e chi gridava che venissero
a liberarlo, sperando che la sua voce fosse udita da qualcuno dall'altra parte.
Dopo un certo tempo, i prigionieri ricevettero anche del cibo attraverso una
fessura apertasi per l'occasione, ma ancora nessuno sembrava interessarsi alle
loro sorti.

Il
sole aveva superato la metà del suo corso già da alcune clessidre, quando
finalmente qualcuno si presentò al gruppo di prigionieri. Erano due uomini di
mezza età dal portamento militare, anche se gli abiti che indossavano ne
tradivano la probabile appartenenza  a qualche famiglia patrizia di
Romeldan. Si presentarono come Flavius e Marcellus, annunciando al gruppo che
erano i loro nuovi datori di lavoro, a seguito del famoso annuncio cui tutti e
cinque avevano in qualche modo risposto andando all'appuntamento.

La
comprensibile sorpresa fu probabilmente il motivo per cui, sulle prime, i cinque
sembrarono dimenticare la malattia e la perdita di conoscenza che li aveva
condotti in quel posto. In fin dei conti, scoprire di non essere prigionieri ma
anzi, essere riusciti ad ottenere un'occupazione poteva essere per alcuni di
loro motivo di soddisfazione, anche se certo il trattamento fin qui loro
riservato non poteva dirsi certo dei più ortodossi! E in realtà c'erano anche
altri motivi che li trattennero dal manifestare immediatamente le loro proteste,
come ad esempio la paga che gli venne prospettata: si trattava di dieci aquile
d'oro al mese, una somma molto superiore alla paga dei militari normali, e
perfino di quella dei corpi scelti dell'esercito Romeldano.

"La
vostra offerta è molto generosa, signori, ma in verità non credo di essere
interessato all'offerta" - annunciò ad un tratto Foraeean, misurando e
ricercando le parole a dispetto del suo aspetto lacero e macilento.

"Oh,
ma tu hai già accettato la nostra offerta presentandoti all'appuntamento"
- rispose Flavius, ammiccando all'indirizzo di Marcellus. I cinque parvero
perplessi a quelle parole, cercando di capire cosa intendesse dire.

"Vedete,
come tutti i datori di lavoro anche noi dobbiamo prendere le nostre
precauzioni" - disse Marcellus. "Considerato l'investimento che
l'organizzazione fa su di voi, non possiamo certo correre il rischio che
decidiate di sparire o di dare ad altri le informazioni o qualsiasi altra cosa
che vi chiediamo di recuperare per noi. Voi siete sotto l'effetto di un
particolare veleno che è stato la causa del vostro malessere, e che vi
condurrà alla morte se non assumerete uno specifico antidoto una volta al
mese" - concluse, agitando davanti agli occhi degli stupiti avventurieri un
mazzetto di foglioline dall'apparenza del tutto comuni.

"Quando
il reclutatore mi ha controllato il palmo della mano..." - esclamò Cedric,
provocando il cenno di assenso di Flavius. Quel gesto apparentemente tanto
innocuo quanto inutile era stato in realtà la scusa per insinuare il veleno nei
loro corpi, che ora li rendeva schiavi di quell'antidoto. Schiavi delle foglie.

"Noi
vi forniremo le foglie, fra una missione e l'altra, per assicurarci che stiate
bene, ma sempre in misura tale da garantirci che torniate da noi" -
completò Flavius, mentre l'altro iniziò a distribuire due foglie a ciascuno
degli stupefatti personaggi. "E ovviamente, riceverete anche il vostro bel
compenso, che potrà includere qualsiasi altra cosa troviate nel corso delle
missioni, poiché a noi dovrete portare solo ciò che vi chiederemo".

Seguì
un'animata discussione, poiché certo il sistema usato pareva più un ricatto
che non una normale offerta di lavoro, e in fin dei conti i cinque si erano
trovati ad accettare qualcosa prima ancora di sapere con precisione di che si
trattava. Ritengo che sarebbe stato interessante assistere a quella discussione,
in cui un Elfo Silvano ed un Drow si trovavano d'accordo, una volta tanto,
accomunati da una tregua momentanea dovuta al solo fatto di condividere una
sorte comune! Ad ogni modo, forse il denaro della paga, forse la prospettiva di
ulteriori ricchezze, forse entrambe le cose o più probabilmente il fatto di non
avere altra scelta, alla fine indussero tutti ad accettare la prima missione.

"Dovrete
recarvi per noi al confine fra Romeldan e il Bar-Shamdaar, in un luogo che vi
sarà indicato dove ci è stato
riferito si sia verificata una frana che avrebbe portato alla luce un Guerriero
di Ferro themanita abbandonato. Ci risulta che non sia attivo, ma siamo
interessati a studiare il modo in cui il Drago Nero riusciva a infondere una
forza vivente in quelle armature inanimate, poiché con la magia tradizionale
non è possibile ottenere gli stessi effetti".

Fece
una pausa per estrarre un oggetto da una delle tasche. Si trattava di una
piccola fiala di vetro incastonata in un'intelaiatura metallica, dall'apparenza
fragile, che porse al gruppo. Foraeean si avvicinò incuriosito e la prese,
esaminandola da vicino e constatando che pareva essere vuota.

"Quando
troverete il Guerriero di Ferro" - continuò Flavius, - "utilizzerete questa fiala
secondo le istruzioni che vi saranno fornite per assorbirvi il contenuto magico
che poi sarà da noi analizzato quando ce la riporterete. Penso che per questo
compito dovrebbe essere sufficiente un mese di tempo, ma nel caso aveste qualche
difficoltà Marcellus si è premurato di darvi due foglie che vi permetteranno
comunque di sopravvivere fino al ritorno".

Tandel
era animato dalla stessa curiosità che lo aveva spinto ad abbandonare i suoi
boschi, così come per Krilzit era un modo come un altro per fare l'esperienza
di cui aveva bisogno, raccogliendo al contempo un po' di ricchezza che poteva
sempre tornare utile. Per Jack si trattava di un'esperienza interessante, che
anche qualora lo avesse condotto alla morte, gli avrebbe comunque concesso di
sperimentare l'avventura forse più grande di tutte. Cedric non aveva di meglio
da fare e sebbene non gradisse affatto il modo in cui le cose erano andate, in
fin dei conti poteva guadagnare tempo per stabilire il da farsi in seguito.
Foraeean, ovviamente, era la voce fuori dal coro cos come lo era in materia di
aspetto fisico esteriore.

"Accetterò di partecipare a questa prima missione" - disse il vecchio,
distogliendo lo sguardo dalla fiala che aveva in mano. "Ma non intendo poi
proseguire la collaborazione, per cui vi prego di liberarmi dagli effetti del
veleno, poiché non intendo assumere le foglie che mi avete dato, per ragioni che
non intendo giustificare, ma che sono legate al fato che guida i miei passi".

"Ne riparleremo al vostro ritorno, vecchio" - disse Marcellus, risoluto. "Il mio
consiglio è di fare uso delle foglie quando ti sentirai nuovamente male,
comunque portate a termine questa prima missione e poi riparleremo di tutto quel
che volete. Per oggi non abbiamo altro da dirvi, sarete riportati in città, dove
vi consigliamo di alloggiare assieme per iniziare a socializzare fra voi, in fin
dei conti l'affiatamento del gruppo vi sarà utile per completare ciò che vi
chiediamo. Sarete presto contattati dai nostri emissari che vi daranno maggiori
indicazioni sul luogo da raggiungere e sull'uso della fiala, così che potrete
partire prima possibile".

A
quanto mi è dato sapere, non accadde molto altro in quell'occasione, e il
gruppo fu riportato in qualche modo a Meldanos, dove scelsero di alloggiare alla
locanda del "Pesce Baleno" di Marco Pedio, su suggerimento di Cedric
che già conosceva il proprietario. La sera stessa, i cinque entrarono nel
locale e presero delle camere al primo piano, indugiando quindi nella sala
principale per consumare un pasto e discutere sul da farsi.

Indipendentemente
da cosa sarebbe accaduto, una ben strana compagnia si era formata quel giorno,
un Elfo Silvano ed un Drow assieme, con un mezzuomo, un marinaio ed un vecchio
mendicante. Una compagnia che io chiamerò "Gli schiavi delle foglie"
per ragioni che il lettore può ben comprendere.

E
il gruppo non era ancora al completo.