A&P Chronicles 2002-2003 (I, 8)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 12 Novembre 2005

Parte I, Capitolo 8: Sulla via del ritorno

Seduta di Ottobre 2002

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 12 Novembre 2005

Parte I, Capitolo 8: Sulla via del ritorno

Seduta di Ottobre 2002

Sulla via del ritorno

thorin
era ancora a terra, privo di sensi, dopo aver ricevuto la scarica elettrica
emanata dall'elsa della strana spada gemmata. Adesir, bloccata sul posto
come paralizzata, sembrava una statua che ci fissava con occhi immobili,
mentre io ed Agherwulf osservavamo incuriositi Warnom, dal quale ci
attendevamo delle spiegazioni.

- Warnom - dissi cercando di restare calmo nonostante gli ultimi episodi -
tu sembri sapere molte cose più di noi su quella spada, quindi ora non
sarebbe il caso che ci dicessi tutto e ci spiegassi perché hai voluto
levarla dalle mani di Adesir?

- In realtà, Gawain, non è che io sappia chissà cosa su questa spada -
commentò l'uomo con il suo consueto fare calmo e quasi flemmatico. Mentre
parlava, teneva la spada infoderata fra le mani e continuava ad osservarla.

- In realtà - proseguì dopo una breve pausa - posso solo dire che avverto un
forte potere in questa lama, molto forte davvero. E oggetti con un potere
così smisurato hanno strane capacità, talvolta, fra cui quella di imporre
una propria sorta di volontà su quella di coloro con cui viene in contatto.
Adesir ha mostrato di poter essere soggiogata da tale occulta volontà, e
poiché questo non è un bene, ritengo che non debba essere lei a portare la
spada, anche se, in realtà, preferirei non averla neanche io...

- Di sicuro non sarò io a portarla! - commentai, ricordando la strana
sensazione di repulsione che provavo avvicinandomi a quell'oggetto. - E
neanche Agherwulf né Thorin, visti i risultati quando hanno tentato di
impugnare l'arma...

All'improvviso, mi ricordai del nostro amico nano, steso a terra privo di
sensi. Imprecai fra me e me per essermi dimenticato di lui, e mi chinai per
prestargli soccorso. Warnom, evidentemente resosi conto anche lui della
situazione, mi fece spostare di lato, impose le sue mani sul corpo del
nostro amico e pronunciò alcune parole incomprensibili, che ebbero tuttavia
l'effetto quasi immediato di far riaprire gli occhi al nano.

- Per Morgrim! - imprecò Thorin guadagnando la posizione eretta e
digrignando i denti. - Bell'aiuto che mi avete dato con quella creatura, ho
dovuto combattere da solo, me ne ricorderò la prossima volta!

Evidentemente in stato confusionale, il buon nano era tornato al momento in
cui avevamo combattuto con la strana presenza che aveva consegnato la spada
ad Adesir. Cercai di farlo ragionare, spiegandogli che non sempre occorre
combattere, e anzi, in quel caso, combattere era proprio la scelta
sbagliata, come si era poi dimostrato. Naturalmente, non credo affatto che
Thorin fosse convinto della cosa, ma non proseguì la discussione e lo
coinvolgemmo nella decisione di cosa dovessimo fare con la spada gemmata.

- Non c'è dubbio. - disse, risoluto come suo solito. - La spada è stata
affidata ad uno di noi e questo conta. Adesir ne è custode e lei deve
portarla! - Ovviamente, non servì a nulla spiegare i possibili problemi
ipotizzati da Warnom e anche Agherwulf sembrava della stessa opinione del
nano. Inoltre, Adesir si stava liberando dall'incantesimo che la teneva
bloccata, così decisi di affrontare la cosa direttamente con lei, dato che
non mi erano mai piaciute le cose fatte all'insaputa degli altri.

- Io rivorrei la spada - disse fermamente Adesir dopo che cercai di
spiegarle la situazione. - E' stata data a me e la voglio portare io, non
c'è nessun problema. Ridatemela.

Non sapevo cosa pensare. Era forse sotto l'influenza dell'oggetto anche ora
che non lo aveva fra le mani? Mi trovai alquanto perplesso ed indeciso, ma
Warnom, ormai in minoranza, porse la spada alla ragazza, rassegnato. Come
prova, le chiesi di farmi provare la spada e stavolta lei acconsentì, anche
se io ovviamente mi rifiutai di prenderla. Dopotutto, forse, non era sotto
alcun influsso malefico e, prima, si era rifiutata lei stessa per ragioni
tutte sue...

intanto,
Agherwulf aveva iniziato ad esplorare la stanza alla ricerca di qualcosa che
ci permettesse di uscirne. L'ingresso, infatti, era ancora invaso dalle
fiamme e non sembrava esserci modo di spegnerle dall'interno. Lo strano
braciere nero aveva attirato la sua attenzione, e ne aveva estratto una
specie di pietra che emanava una luminosa fiamma azzurra, irradiando a sua
volta un'intensa luce bianca. Quando aveva estratto la pietra, la fiamma del
braciere si era leggermente attenuata.

- Ehi, guardate qua! - ci chiamò, mostrandoci la fiamma nella sua mano. Non
sembrava risentire in alcun modo del calore, e anzi, passava compiaciuto la
mano attraverso la fiamma per mostrarci che non bruciava affatto. Provò
anche a infilare l'oggetto in una sacca che non bruciò, alla pari della
mano, e pensammo di poter trasportare con noi quell'insolita sorgente
luminosa.

- Forse le fiamme nel corridoio sono alimentate dal braciere - pensai a voce
alta, e mi accorsi che Warnom aveva avuto la stessa idea. Levai a mia volta
una pietra dal contenitore, ma immediatamente la stanza piombò nel buio.
Riposi subito l'oggetto al suo posto, e la luce tornò.

- Magari dobbiamo levarle tutte, dal braciere - commentò Warnom,
avvicinandosi con una sacca di cuoio aperta. Ci disponemmo, io, Warnom ed
Agherwulf, attorno al braciere, a distanza ravvicinata per non perderci di
vista quando avremmo nuovamente provocato il buio. Iniziammo quindi a
togliere le pietre riponendole nella sacca di Warnom.

- Rimettete tutto a posto, presto! - la voce di Thorin echeggiò rombando
nella sala immersa nell'oscurità. Senza farci troppe domande, aiutai
immediatamente Warnom a rovesciare nuovamente il contenuto della sacca nel
braciere, e facemmo nuovamente tornare la luce. Quindi, ci voltammo con aria
interrogativa verso il nano.

- La creatura che ci ha dato la spada ritiene di averci già donato
abbastanza e non desidera essere disturbata oltre! - ci disse. Notai che
Thorin aveva la pelle d'oca, e non era per il freddo. Non riuscii comunque a
capire esattamente cosa avesse sentito nel buio: il nano non era in grado di
dare una descrizione obiettiva degli eventi, e raccontava sempre la sua
versione delle cose, che non ci consentiva di farci un'idea precisa.
Tuttavia, ci sembrò chiaro che non avremmo dovuto disturbare ulteriormente
il braciere.

Passammo del tempo a cercare un'uscita da quella che sembrava sempre più una
trappola, senza tuttavia trovare nulla. Non c'erano porte né passaggi
nascosti, né botole, né meccanismi segreti. Anche Adesir, ergendosi in piedi
sul braciere nel bel mezzo delle fiamme azzurre, non vide nulla che potesse
risultare utile in un'eventuale disegno sul pavimento; presi sulle spalle il
nano, mi sdraiai a terra per osservare il soffitto, ma sempre senza esito.

Poi, ad un tratto, Adesir sfoderò la spada gemmata e le fiamme nel corridoio
si spensero come per incanto. Tutto lì sotto avveniva per magia, pensai, e
mi sentivo a disagio.

non
appena Adesir mise piede nel corridoio ora sicuro, muovendo alcuni passi,
notammo che la luce divenne più intensa in quell'ambiente, e ci guardammo
perplessi l'un l'altro. Cercavo conferme o spiegazioni nei volti dei miei
compagni più avvezzi di me alle cose magiche, ma con sconforto osservai che
erano disorientati quanto me. Ad un tratto, la ragazza si fermò e, girandosi
verso di noi fece segno di procedere in silenzio. Senza ulteriori domande, e
dopo aver tentato di spiegare la cosa a Thorin, procedemmo nel corridoio
delle trappole.

Dopo alcuni minuti, fummo superati da Agherwulf che, dalla retroguardia, era
corso in avanti. Le fiamme avevano ripreso ad accendersi, ora, alle nostre
spalle. Lo stesso meccanismo che ci aveva condotti in qualche modo fino alla
stanza della spada, ora ci mostrava che era ora di uscire dal sotterraneo.

Voltammo l'angolo e ci gettammo istintivamente a terra, ricordando la
gigantesca lama che era in agguato. Solo Adesir procedeva in piedi,
incurante dei nostri avvertimenti, ma a lei non successe nulla e per un
attimo giurerei di averla vista parlare al nulla. Passammo incolumi anche
sul pavimento mobile che ci aveva fatto cadere in acqua, invitati a gesti
dalla stessa Adesir che restò al centro della zona consentendoci di passare
senza attivare il congegno. In breve, eravamo tornati alla prima stanza del
sotterraneo, dove con sconcerto ci accorgemmo che il corpo di Gaios era
scomparso senza lasciare tracce.

Rassegnati a quell'ulteriore stranezza, decidemmo di uscire dal cunicolo, e
Agherwulf manovrò attentamente il meccanismo di apertura, sbirciando furoi
per assicurarsi di non avere spiacevoli sorprese ad attenderci. In pochi
minuti fummo nella sala del tempio, uscimmo all'aperto e constatammo che non
c'era traccia di presenze estranee. Tutto sembrava come lo avevamo lasciato.

Con il suo gracchiare che ormai conoscevo bene, il corvo tornò a posarsi
sulla mia spalla, osservandomi come in segno di saluto. Adesir commentò che
secondo lei l'animale portava sfortuna, ma non replicai. Mi accorsi di
essere felice di rivedere il mio strano amico.

Non restava ora che affrontare la palude per il viaggio di ritorno, stavolta
senza la zattera!

dopo
aver discusso della situazione, decidemmo che era indispensabile tentare di
recuperare il nostro equipaggiamento, nonostante i pericoli che potevano
attenderci ad Arl-Bocherim, dato che non avevamo neanche le provviste per
intraprendere il viaggio di ritorno e non avremmo comunque saputo uscire
dalla palude per altra via che quella dalla quale eravamo venuti.

Tirammo fuori dal nascondiglio fra le canne la barchetta sulla quale era
giunto Warnom, e decidemmo che vi avrebbero preso posto Thorin, la cui
altezza non gli avrebbe consentito di marciare nelle acque della palude, e
Adesir che con la sua vista e le sue doti di arciere ci sarebbe stata di
grande aiuto nel caso di un nuovo attacco delle Testedure.

L'attraversamento della palude si rivelò più semplice che all'andata. Vi fu
un solo momento di pericolo, quando Warnom e Agherwulf incapparono in un
punto di sabbie mobili, ma fummo rapidi a trattenerli con le corde, e da
quel momento in poi procedemmo tenendoci aggrappati alla barca per non
correre ulteriori rischi.

Ad un tratto, Agherwulf notò un movimento nel fogliame, senza riuscire a
distinguere la sagoma, ma intuimmo che qualcuno, o qualcosa, ci stava
osservando. Anche il corvo si dimostrò alquanto innervosito, ma non era
possibile dare maggiore attenzione all'evento, così proseguimmo sperando che
si trattasse solo di un animale della palude.

Era pomeriggio inoltrato quando approdammo alla riva dal lato di
Arl-Bocherim, tirammo in secco la barca e, stremati, riposammo brevemente
discutendo sul da farsi. Discussi a lungo con i miei compagni in quell'occasione,
manifestando la mia contrarietà ad avvicinarci tutti assieme al villaggio;
probabilmente, esso era ancora presidiato dai Themaniti, e ritenevo che la
sola Adesir, approfittando dell'oscurità che sarebbe calata di lì a poco,
avesse sufficienti probabilità di effettuare una ricognizione per elaborare
successivamente un piano per recuperare il nostro equipaggiamento.

Ad ogni modo, la prima cosa da fare era trovare un posto dove stabilire una
base per il resto del gruppo, non troppo distante dal villaggio, e
possibilmente dallo stesso lato della via principale, in modo da accelerare
la nostra fuga senza dover aggirare il villaggio con i muli al seguito, come
suggerì Agherwulf. Ci mettemmo in marcia sfruttando un'ultima mezz'ora di
luce, anche se la stanchezza e le ferite non ci consentivano di essere al
pieno delle nostre forze.