Grand Austria Hotel - Un gioco buono come la Sacher

Grand Austria Hotel è un gioco edito dalla Lookout Games novantasette anni dopo la caduta del glorioso Impero austro-ungarico; è un titolo indipendente dalla lingua, come ci si aspetterebbe da un impero multietnico, e richiede circa mezz'ora a giocatore - più il tempo per svolgere le azioni.

Giochi collegati: 
Grand Austria Hotel
Voto recensore:
8,0

Proclama imperiale

Grand Austria Hotel è un gioco edito dalla Lookout Games novantasette anni dopo la caduta del glorioso Impero austro-ungarico; è un titolo indipendente dalla lingua, come ci si aspetterebbe da un impero multietnico, e richiede circa mezz'ora a giocatore - più il tempo per svolgere le azioni.

Gli autori di questo piccolo gioiellino sono Virginio Gigli e Simone Luciani, quest'ultimo autore - col fido Tascini - dell'ottimo Sulle tracce di Marco Polo, titolo che presenta qualche somiglianza con quello oggetto di recensione. Dicono.

Ora, uno non può creare un gestionale con dadi e risorse che subito tirano in ballo le analogie vere o presunte.

Come se cammelli e strudel fossero la stessa cosa.

Bah.

Ambientazione

grand austria hotel copertina
copertina

Ogni giocatore impersona il proprietario di un hotel nella Vienna imperiale e ambisce a farlo diventare il miglior albergo della città, finanche entrando nelle grazie di Sua Maestà l'Imperatore. Le meccaniche spesso sono piuttosto slegate da tale contesto; ma la caratterizzazione del personale - sempre che se ne riesca a leggere la mansione dalle carte – e la gestione degli ordini degli ospiti - pingui e affamati nemmeno fossero soldati di ritorno dalla guerra austro-prussiana – riesce a creare un minimo di immedesimazione. Comunque più di quanto non ne provasse una qualsiasi delle popolazioni non austriache.

Materiali e regolamento

Nella scatola - "è grande, è arancione, è fragile", direbbe John Hammond - c'è tanta roba, sebbene non tutta di qualità esemplare, va detto. Molto buoni i dadi – che vabbè, son dadi bianchi di legno –, i componenti in cartone (spessi e robusti) e le plance; meno curati i cubetti - piccoli e a volte non granché cubici - e, soprattutto, i dischetti di legno, verniciati un po' alla buona e peraltro in colori scelti a caso dal catalogo Pantone.

Anche le carte non sono eccezionali, quanto a qualità: sebbene si mischino solo a inizio partita, può convenire imbustarle.

Il comparto grafico è invero notevole: i disegni sono belli (indovinate chi ne è l'autore? Bravi, proprio Klemens illustro-tutto-io Franz) e le icone – per quanto possibile, data l'improbabile varietà degli effetti – sono sostanzialmente chiare.

Nel complesso magari non siamo ai livelli della Hans im Glück, ma non ci si può lamentare; anche perché l'ergonomia – a parte qualche caduta di stile (leggi: tracciato delle corone) – è piuttosto buona.

Il regolamento potrebbe essere scritto meglio, soprattutto per quanto riguarda la parte di preparazione della partita, ma non si può dire che sia insoddisfacente: ben illustrato e con appendici molto utili sugli effetti di carte e tessere, non lascia particolari dubbi. Il buon Leopold non brilla in simpatia e non cambia mai espressione, ma sa fare il suo dovere.

grand austria hotel carte

Il gioco

In ciascuno dei sette round i giocatori si alternano per svolgere i loro turni di azione (due per round, per un totale di quattordici a partita); da regolamento il secondo giro si svolge in senso inverso rispetto al primo (come per i primi villaggi de I coloni di Catan), ma - se vi turba troppo invecchiare mentre aspettate che tocchi di nuovo a voi - sappiate che esiste una variante ufficiale che permette di giocare mantenendo il senso di giro.

Ogni turno prevede - come prima cosa e se il proprio hotel ha meno di tre ospiti in attesa di una camera pronta - la possibilità di scegliere un'ospite tra quelli che si stanno scolando un tonico nel giardino e che si vendono sempre a meno man mano che aspettano. Accolto un ospite – sia esso nobile, artista, cittadino o turista (questi ultimi disposti a dormire in qualsiasi stanza) – al ricevimento, si deve poi eseguire una delle azioni principali, legate ai dadi. Questi ultimi vengono lanciati tutti a inizio round e poi suddivisi in base al loro valore; ogni azione è tanto più efficace quanti più sono i dadi rimasti col numero associato. In particolare, le azioni permettono di:

  1. acquisire cubetti di cibo, purché gli strudel (marroncini) siano almeno tanti quanti i dolci (bianchi);
  2. acquisire cubetti di bevande, purché ci sia vino (rosso) almeno pari alla quantità di caffè (nero);
  3. preparare le camere dell'hotel, sbuffando;
  4. guadagnare corone e/o punti imperatore;
  5. assumere un dipendente perché non si può fare tutto da soli;
  6. svolgere una qualsiasi delle azioni sopra pagando una corona.

In aggiunta all'azione obbligatoria, ci sono poi una quantità improponibile di azioni facoltative e di effetti da risolvere - un po' a caso e senza pretese di completezza: effetti attivabili del personale, bonus quando gli ospiti entrano in camera, cibo che esce dalle cucine e va servito agli ospiti, punti per corridoi colorati completati, turni aggiuntivi regalati da faraoni egiziani annoiati, dischetti che saltellano sul tracciato dei punti imperatore, dimenticanze varie. In pratica è come Tempesta d'amore, ma senza pubblicità.

Gli effetti sono tantissimi e occuperanno la maggior parte del tempo di gioco: sappiatelo e tenete a portata di mano le appendici del regolamento e, se necessario, anche l'elenco dei dipendenti (i quali, per inciso, garantiscono bonus di quattro tipi diversi: una tantum, a ogni round, continui, a fine partita).

Va detto che, a eccezione proprio del sempre crescente numero di dipendenti (giocati possibilmente con degli sconti perché quelli migliori costicchiano abbastanza), in Grand Austria Hotel non si crea alcun particolare motore di risorse – del resto il motore è appena stato inventato. Ne consegue quindi che i turni si susseguono un po' tutti uguali – non è necessariamente un difetto, perché le cose da fare sono tantissime, la coperta cortissima e le notti viennesi piuttosto gelide.

Un veloce accenno lo meritano le carte bonus (tre per partita), che garantiscono ulteriori bonus di punti vittoria per chi soddisfa delle condizioni che, per inciso, sono sentitissime con l'ambientazione – diavolo, quale hotel non ha sempre sognato di riempire precisamente quattro camere gialle e tre blu?

Quanto al tracciato imperatore, al termine del terzo, del quinto e del settimo e ultimo round di gioco (sottratti a tutti rispettivamente tre, cinque e sette punti imperatore), si verifica se si guadagna il – consistente – favore imperiale o se, viceversa, si subisce una penalità che può essere anche piuttosto pesante. Meglio non farsi trovare impreparati, come decenni prima contro il piccolo corso.

A fine partita all'insalata, già ricca di suo, si aggiungono punti per le merci avanzate, per le camere occupate, per le corone non spese; poi si perdono punti per gli ospiti lasciati incazzati nella hall e, come da imperial regio decreto, vince chi ha più punti. Che credevate? Churchill non è ancora Churchill.

Scalabilità e interazione

Il problema grosso è quello dei tempi d'attesa, come accennato; tolto questo, il suo essere sostanzialmente un rompicapo in solitario fa di Grand Austria Hotel un gioco che scala piuttosto bene nelle sue meccaniche e con il numero di dadi che scala di conseguenza. Ciò non toglie che il suo meglio lo dà in due – Austria e Ungheria.

L'interazione è indiretta e non particolarmente feroce; anzi: a parte qualche utile carta ospite e i dadi più ambiti che spariscono subito, non è che ci si metta poi troppo i bastoni tra le ruote. Ciò non toglie che sia fondamentale tenere d'occhio le plance avversarie e capire come poterlo fare.

Originalità

Ai tempi non si era mai vista una cosa così, roba da leccarsi i baffi fino alla fine del manubrio – a riuscirci. Nel duemilaquindici, invece, di nuovo c'è poco; ma quel che c'è è legato insieme molto bene. La meccanica dei dadi, che a inizio round vanno a formare una banca di azioni disponibili per tutti, è molto bella e non garantisce di poter svolgere quella che davvero serve – è possibile comunque passare e, se del caso, rilanciare i dadi dopo averne buttato via uno (per finta, eh!).

La scelta degli ospiti si incanala nel solco ormai consolidato del più-aspetti-meno-paghi-più-te-lo-fottono, mentre le catene di effetti attivabili durante il gioco richiedono parecchia oculatezza strategica.

Rigiocabilità

Tre carte obiettivo di dodici, idem con patate per le tessere imperatore; notevole turnazione di personale, configurazioni differenti dell'hotel. Se riuscite a fare due partite uguali potreste finanche diventare consiglieri alla corte di Cecco Beppe.

grand austria hotel partita in corso

Eleganza e fluidità

Se proprio vogliamo trovare un grande difetto di Grand Austria Hotel, esso è insito nella struttura stessa del gioco: questo concatenarsi continuo degli effetti nell'arco di una serie di turni che seguono un doppio giro di tavolo è tutto, fuorché fluido.

Un po' come le varie anime dell'impero, alla fin fine, non hanno mai legato tra loro in un'unica, condivisibile entità, anche in questo gioco le varie parti a volte arrancano un po' a fatica una dietro l'altra; non è facile stare dietro a tutto e, se non si fa attenzione, qualcosa – i bonus delle serie di camere, la scelta dell'ospite, il dischetto sul tracciato delle corone – può sfuggire.

Di contro, un aspetto piuttosto elegante – va detto – è l'efficacia delle azioni che diminuisce man mano che i dadi relativi vengono utilizzati.

Profondità

Come detto, le continue scelte a cui questo gioco, nella sua penuria di azioni, ci sottopone si ripercuotono, più che in un vero e proprio ventaglio esponenziale di possibilità, in un fiorire di effetti che vanno a incrementare – direttamente o indirettamente – il punteggio. In Grand Austria Hotel, insomma, più che consolidare il mezzo, si punta subito a pompare il fine. Non è, sia chiaro, un gioco da prendersi alla leggera, tutt'altro; è, viceversa, un titolo parecchio soggetto alla paralisi da analisi e necessita di attente considerazioni prettamente tattiche per riuscire a incanalata nella pur lieve idea strategica che si decide di perseguire.

A scompaginare parzialmente i piani un minimo di fattore alea, mai invasivo ma presente sia nel lancio dei dadi – del resto uguali per tutti – e, soprattutto, nella pesca delle carte personale. Alcune di queste ultime, soprattutto se giocate con uno sconto o – ancora meglio – gratis grazie ai bonus dati dagli ospiti, permettono di ottenere dei vantaggi davvero consistenti. Va detto che di carte, potenzialmente, se ne pescano parecchie e il tutto è decisamente controllabile.

Grand Austria Hotel garantisce in definitiva una discreta profondità in un gioco che, a un primo approccio, sembra decisamente più abbordabile; un po' come l'Adriatico.

Conclusione

Va detto che questo assegnare punti per qualsiasi cosa si faccia non permette sempre di capire come e dove si vinca o si perda una partita (soprattutto qualora i distacchi non siano abissali: l'esempio classico è quello di Die Burgen von Burgund); del resto questa è una precisa volontà progettuale: non si tratta di un gioco che ti costringe a dover fare una certa cosa meglio degli avversari, bensì lascia parecchia libertà nella scelta della linea da seguire, dei dipendenti da assumere e degli ospiti da servire. Unico punto fermo, la consapevolezza di non poter trascurare i punti imperatore, onde evitare di subire i malus previsti – spesso decisamente temibili (esemplare, a tal proposito, uno di quelli pensati per il settimo turno, che regala o toglie ben otto punti vittoria).

Non sarà il capolavoro dei giochi con i dadi – non si tratta di un vero e proprio gestionale dadi, a parere del messo di sua Maestà l'Imperatore che vi scrive –; ma Grand Austria Hotel è un gioco solido, bilanciato e che lascia una notevole soddisfazione.

Un po' come la Sacher.

Pro:
  • Gioco piuttosto profondo e dalla durata tutto sommato contenuta.
  • Regolamento non particolarmente complicato.
  • Componentistica relativamente buona e ben illustrata.
  • Insalata di punti (se piace).
Contro:
  • Gioco non elegantissimo e non particolarmente fluido.
  • In quattro giocatori e senza variante procuratevi una Settimana enigmistica per i tempi morti.
  • Una quantità improbabile di effetti da conoscere, icone non sempre chiarissime - almeno nelle prime partite.
  • Insalata di punti (se non piace).
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Commenti

Con la variante del turno modificato è diventato il gioco preferito dal nostro gruppo..

Per noi gioco dell'anno 2016 

Ciao, la variante in cosa consiste?

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