Tanta attesa non era mai stata così ripagata. Sei un folle, forse financo un drogato per partorire siffatti testi, ma continua così e prendi le stesse robe ché ti fanno bene!
SEMPLICEMENTE EPICO!
Il racconto che ha accompagnato le serate di Natale di molti di noi prende nuova linfa dalla passione che così tanto tiene uniti noi goblin.
Quella che segue è una libera interpretazione di una storia popolare, come lo erano state il Canto di Natale della Tana dei Goblin e Game Actually. Ringrazio di cuore i goblin che si sono prestati per questo racconto. Dal sottoscritto e da tutta la redazione gli auguri per un felice Natale.
C’erano una volta due regni vicini, molto vicini; così simili agli occhi di un viaggiatore, eppure da anni in guerra tra loro, senza che nessuno degli abitanti né dei guerreggianti ricordasse il motivo di tale astio.
Nel suo palazzo a forma di cubo il re - il peso degli anni, la barba imbiancata, la veste ormai logora – era in febbrile attesa, giacché la moglie stava per partorire il suo terzo figlio. Di fianco a lui, compite nei modi ma con lo sguardo velato, stavano le principesse Caterina e Carolina. Il re guardò le due bambine, negli occhi la certezza che finalmente sarebbe arrivato anche l’erede, colui che in futuro avrebbe piazzato i lavoratori del regno al posto suo.
Anche se c’era stata quella profezia. La donna era apparsa dal nulla tra le colonne della sala del trono, si era avvicinata a grandi passi al re e aveva tuonato che sarebbe stata una terza ragazza a garantire l’equilibrio – “il bilanciamento delle meccaniche”, così aveva detto. Il re, in preda all’agitazione, aveva ordinato al generale di catturare la donna; ma questa, tra lo stupore generale, era scomparsa davanti ai loro occhi.
“Bah, non devo certo preoccuparmi delle parole di una megera”, si ripeté per la millesima volta il monarca nel momento esatto in cui, improvviso pur se atteso, uno strillo acutissimo riempì il silenzio ansioso che colmava d’angoscia il cubo che dominava la valle.
***
“Fantaghirò, dai, tocca a te!”, disse Carolina prendendo le risorse dalla riserva comune. Voleva molto bene alla sorellina, nonostante il suo carattere difficile che, più di una volta, aveva costretto il burbero padre a metterla in castigo, giù nel pozzo, in compagnia dei topi; o in cucina, a pelare patate. Fantaghirò sbuffò, poi eseguì la sua mossa senza pensarci troppo come sempre, la noia che stava prendendo il sopravvento. “Se proprio devo, dopo giochiamo a Fantascatti, almeno!”, propose speranzosa. Mentre defustellavano un nuovo gioco, i custodi della biblioteca reale guardavano divertiti la scena.
***
Il principe era già un giovane alto, sano e avvezzo ai ferroviari quando sul padre morì. Per ironia della sorte, il defunto sovrano mal sopportava l’eliminazione dei giocatori a partita ben lungi dalla conclusione.
Romualdo si trovò pertanto a essere proclamato re senza che avesse mai voluto realmente diventarlo; a quel punto era irrimediabilmente diventato tutto fin troppo reale: il suo paese era in guerra e le miniature di quella guerra erano uomini veri.
***
Erano tutti schierati accanto al trono. Il cerimoniere aveva annunciato i tre principi dell’astratto regno di Assabal, i quali erano arrivati offrendo alleanza militare e recando giochi in dono, a condizione che le tre principesse giocassero con loro almeno una volta a settimana. Carolina e Caterina, per amore del padre, pur riluttanti, avevano accettato ingoiando il rospo. Quando il terzo dei barbuti giovanotti porse il suo gioco a Fantaghirò, però, la fiera ragazza sbottò. “Padre! Ti deluderò ancora. Ma non succederà mai. Lo sai che detesto i giochi in cui si deve pensare, non sacrificherò la mia felicità per la tua stupida guerra”. Il re la guardò furioso. le due figlie maggiori fecero un passo indietro, imbarazzate.***
“Sono stanco della guerra, amici”, esclamò il giovane all’improvviso guardando senza vederle le carte azione che aveva in mano. “Mi accorderò col re avversario perché si ponga fine alle ostilità. Insieme.”
“Questa cosa è preoccupante, Romualdo” disse Ivaldo dopo qualche istante di pesante silenzio. “Tu odi i cooperativi.”
***
“Generale, ti ho fatto chiamare perché è arrivata una missiva urgente. Re Romualdo propone una sfida risolutiva. Una partita per decidere l’esito della guerra. A un ibrido!”, disse il vecchio sovrano.
“Non accetti, maestà: è un trucco”, rispose l’esperto militare, fin troppo repentinamente. “Il giovane re è incerto, pieno di dubbi e di paure dopo la morte del padre; sicuro è una mossa per prendere tempo. Anzi, dico io, approfittiamone. Lanciamo un’offensiva!”
“Non so, generale. Non so. Sono stufo di tutto questo sangue versato. Ascolterò i miei indovini, forse”, propose dubbioso il re, probabilmente cercando un appiglio per prendere una decisione.
“Sire, permetta che vada io a chiamarglieli”, disse il generale, inchinandosi prima di lasciare la stanza del trono.
“Deve accettare la sfida, mio sovrano”, esordì l’indovino con la barba scura.
“Ma la carta evento è chiara: a giocare dovranno essere le sue figlie”, aggiunse il magio.
“No! Non esiste! Carolina non può vedere un dado nemmeno in cucina; e Caterina ha paura perfino a toccare qualcosa che non sia fatto di legno.”
“Ma le carte…”, insistette l'indovino.
“Non se ne parla neppure! E Fantaghirò, poi, che non va oltre i giochini. Non possono essere loro a tenere alto l’onore del gioco alla tedesca.”
“Seguite il consiglio dei vostri indovini, vostra maestà”, si intromise il generale. “Non vi hanno mai tradito”.
***
***
“C’è nessuno?” Fantaghirò avanzava nella penombra, esibendo un coraggio che in fondo non provava. “Ohi!”“CHI SEI?” La caverna rimbombò una voce grossa. “SEI QUI PER GIOCARE?”
Fantaghirò si avvicinò a un’immensa libreria in roccia e provò a strizzare gli occhi per vedere cosa ci fosse sopra. “Non so, giochiamo al buio?”, disse sarcastica e spavalda. “Accendi qualcosa, per favore.”
“UMPF… ECCO.” Una torcia su una parete si accese improvvisamente; Fantaghirò la afferrò e cominciò a esplorare la stanza. Sulla libreria c’erano centinaia di scatole enormi, quasi tutte vecchie di decenni. La ragazza soffiò; una scatola rivelò durate da pranzo di Natale. “Mamma, aiuto”, pensò tra sé e sé. “Nemmeno se mi pagassero”.
“Scegline uno tu”, propose la bestia emergendo dalla penombra. Aveva una statura imponente e una barba scura e ispida. “Tanto ti sconfiggo uguale: lo sai che io vivo per far perdere gli altri, vero?”
Romualdo era agitato. “Non avrei dovuto lasciarla entrare. Maledizione… Ora entro!”
“Fermo! Cazzo dici? Finirai col morale a pezzi. O peggio: ricordi che fine ha fatto il vecchio compagno d’armi di tuo padre?”, disse Ivaldo.
“Diciotto partite consecutive a Star Wars Rebellion. Senza dormire”, aggiunge Cataldo, rabbrividendo al ricordo.
“Non m’importa. Entro lo stesso. La tirerò fuori!”
“Esco da me, grazie.” Gli fece eco Fantaghirò, trionfante.
I tre uomini la guardarono con stupore. “Ragazzina! Ma come… come hai fatto?”
“Ho proposto alla bestia di giocare a questo”, disse lei mostrando ai tre Armi e acciaio. “È bastato spacciarlo per un gioco di civilizzazione”.
***
Lasciata la ragazza, il generale si recò verso la tenda con le tavole per i pasti, dove stavano le due sorelle maggiori. Il suo piano stava prendendo forma. Un sorriso sinistro comparve sulla sua bocca.
“Principessa Carolina, principessa Caterina. Permettete una parola?”, disse entrando nel locale.
“Certo, generale. Dite pure”, le rispose Carolina.
“Vedete, sono preoccupato: vostra sorella si è lamentata di voi: ha paura che le facciate perdere la sfida. Se posso darvi due consigli...”
“Cos’è che ha detto Fantaghirò?”, avvampò subito Caterina.
“Quello che vi ho appena detto; sapete, ci tiene molto alla partita.”
“Certo, ci tiene molto. LEI!”, urlò Caterina. “Lei che non è capace di ascoltare una spiegazione di più di cinque minuti! Quella viziata… Vieni, Carolina. Stavolta mi sente.”
Le due ragazze partirono come furie, lasciando il generale dietro di loro. Non poterono vedere il ghigno sul suo viso.
Caterina e Carolina non persero tempo; fecero sellare i cavalli e partirono, lasciando Fantaghirò da sola.
Più tardi, quella stessa notte, dalla tenda del generale si sentì fuoriuscire una risata lunga e quasi irreale.
***
“Da sola non potete farcela, Fantaghirò. Il trono di spade è un gioco di alleanze, e in tre contro uno non avreste speranze nemmeno foste una campionessa”, disse il generale. “E, senza offesa, non lo siete”.
“Non temete: so quello che faccio”, disse lei montando a cavallo.
Lui fece un cenno con la testa, mostrandosi preoccupato; ma gli occhi raccontavano un’altra storia.
Romualdo e i suoi amici attendevano impazienti: nessuno dei tre campioni del re avversario si era ancora presentato. Ivaldo giochicchiava con le truppe dei Lannister, Cataldo sbuffava mentre impilava i gettoni comando. In cielo il sole picchiava sempre più forte e la leggera ombra del gazebo non aiutava certo a stemperare la tensione.
All’improvviso si avvertì un cavallo al galoppo; i tre volsero la testa e si stupirono di vedere la ragazza della foresta. “Tu? Cosa ci fai qui?” Chiese Romualdo, incredulo.
Lei prese posto al tavolo. “Sono qui per giocare. I miei compagni saranno qui a breve.”
Ivaldo emise un suono di sorpresa. Romualdo si strofinò gli occhi.
“Adesso basta, ragazza. Iniziamo o questa sfida non si farà. Né ora né mai”, disse spazientito Romualdo.
“Vostra Maestà davvero oserebbe sfidarmi sapendo di giocare tre contro uno?”, chiese lei, impertinente.
“Vi ho dato una possibilità; ma non accetto di essere preso in giro. Forza!”
Fantaghirò, riluttante, chinò il capo e guardò il tabellone. Si sentì girare la testa.
“Perché proprio Il trono di spade, Romualdo?” Chiese appena si fu risistemata al tavolo.
“Che domande: perché è un ibrido, per sei, fortemente diplomatico. Che c’è di meglio per risolvere una guerra senza spargimenti di sangue?”, rispose lui, serissimo.
“E poi, sapete, Romualdo gioca classico”, intervenne Cataldo, facendo l’occhiolino a Ivaldo.
“Qualcosa in contrario?”, domandò Romualdo, rivolgendo un’occhiataccia all’amico.
“Voi che dite?”, disse Fantaghirò. “Voi siete in tre, io da sola.”
“Eccola! La tecnica del pianto!”, la irrise Romualdo. “Fantastico!”
“Sfidatemi a un gioco per due. Vediamocela tra di noi”, propose Fantaghirò con fare combattivo.
Lui rimase interdetto. Guardò i due amici per cercare un consiglio.
Lei si alzò, trovando un coraggio che non sapeva di avere. “Sfidatemi, ho detto!” Fantaghirò prese la scatola dalla borsa e la scagliò con forza contro il re avversario.
“Ahia!”, disse re Romualdo, colto di sorpresa.
“Come osate?” Si intromise Cataldo.
“Non sto parlando con te!”, gli ringhiò lei di rimando.
“Cataldo, ci penso io”, disse Romualdo appoggiando una mano sulla spalla dell’amico. “Che duello sia!”
“Assassino!” chiamò Romualdo, ironicamente nei panni del re.
“Eccomi!”, disse Fantaghirò, mostrando la carta. “Uccido il vescovo”, aggiunse scrutando gli occhi del suo avversario. Lui sembrò non muoversi. La principessa prese due monete dalla riserva e giocò la sala da ballo.
“Esattore delle tasse”, continuò lui. Nessun cenno da parte di lei.
“Mago.” Niente.
“Re.” Lei mostrò la seconda carta.
"Architetto!”, chiamò Fantaghirò. Romualdo mostrò la carta e mise la mano sul mazzo dei quartieri.
“Non dimenticate niente, vostra maestà?”
“Cazzo, la sala da ballo!” si disperò Romualdo.
“Condottiero!” disse lei esultante. Costruì il settimo edificio e contò le monete rimaste. Poi si fermò.
“Io… non posso…” si alzò di scatto.
“Che fate? Finite la partita”, disse lui.
“Non posso. Scusatemi”. Fantaghirò fuggì.
Un’oca starnazzò.
***
Quando Fantaghirò tornò all’accampamento, in lacrime, trovò suo padre e l’intera corte ad attenderla. Abbracciò le sorelle, poi si inginocchiò davanti al re e gli raccontò quanto era successo. “Padre, non potevo vincere così!”, disse Fantaghirò disperata. Carolina, dietro al sovrano, aveva gli occhi umidi; Caterina singhiozzò.***
“Sire! Re Romualdo e i suoi scudieri!” Annunciò il maestro di cerimonie.
“Fateli entrare.”, rispose il re, sinceramente sorpreso.
I tre uomini entrarono, i cappelli in mano. “Veniamo in pace, vostra maestà!”
“Mi hanno riferito che mia figlia non ha voluto sconfiggerti”, disse lui, non sapendo bene come esordire.
“In cuor mio ho accettato la sconfitta, maestà”. Sono qui per proporvi una tregua duratura. “Basta guerre.”
“Menzogne!” tuonò il generale, spingendo via a spallate due servitori. “Tutte menzogne!”
Il re volse pesantemente lo sguardo al militare: nei suoi occhi vide la fierezza di sempre.
“Guardie!”, ruggì, la voce appena velata da un’ombra di disperazione. “Arrestate quest’uomo!”
I soldati si mossero versò Romualdo.
“Non lui, idioti!”
***
“Ho detto che non voglio vedere nessuno!”, urlò Fantaghirò quando sentì bussare.***
Caterina e Carolina accompagnarono i tre uomini nella libreria di corte.***
“Siete sicuro di voler partire, padre?”, chiese Caterina.
“Sì, figlia mia. Voglio andare in giro a raccontare questa storia per tutta Europa, da Essen fino a Modena. Lascio il regno – anzi, i regni! – in buone mani.”
Il re sorrise; poi diede una carezza a Fantaghirò. “Scusami. Per tutto”, disse trattenendo a fatica le lacrime. “Scusami”.
“Non ti preoccupare, padre”, disse sua figlia. “Vi perdono e vi capisco”.
Il re singhiozzò; montò a cavallo e partì per non farsi vedere mentre piangeva.
Il silenzio era tangibile; Romualdo stringeva le spalle di Fantaghirò, mentre Cataldo teneva sottobraccio le due sorelle maggiori.
Il sole stava tramontando lentamente su un reame unito e finalmente in pace; Ivaldo guardò i suoi amici, poi fece la sua proposta.
“Dopo cena Specie dominanti?”
Tanta attesa non era mai stata così ripagata. Sei un folle, forse financo un drogato per partorire siffatti testi, ma continua così e prendi le stesse robe ché ti fanno bene!
SEMPLICEMENTE EPICO!
Ahahahah ma quanto ti ci è voluto? Comunque Ivaldo incute timore sopra ogni altro
92 minuti di applausi!!!!!!!! Fantastico :)
Ivaldo TOP!!!
Grande Darcy, me lo leggerò poco a poco ... in attesa di sapere se Ivaldo avrà la sua agognata ricompensa . Grazie di cuore per averci dedicato questa Opera ?. Buone feste
“Notevole collezione, principesse. E ditemi: avete anche giochi belli?”
XD
Bello, bello, bello.
Ma sbaglio, o il Capo Redattore fa sempre la parte del cattivo?
Bravo bravo il nostro darcy!!!! Anzi può darcy [cit.]
Auguri a tutti ?
E applausi per Signor Darcy
????
Auguri a tutti!!! Fantastica!!!!!
Grazie, Signor Darcy. Ormai la sua fiaba di Natale è tradizione, come vedere Una poltrona per due il 24 sera!
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