Chronicles of Crime è un collaborativo per
1-
4 giocatori di David Cicurel edito in Italia da Uplay edizioni. Scriviamo questa recensione alla fine di novembre, dopo aver divorato i casi base
Il potere nascosto,
La maledizione dei faraoni e
Ogni rosa ha le sue spine. Per chi ha seguito le nostre dirette e report da Essen sa che questo è stato uno dei titoli che più aveva colpito il Barbuto, consapevole che la moglie lo avrebbe adorato e... così è stato. Ovviamente non faremo spoiler di alcun tipo.
Il Gioco
Giocare a Chronicles of Crime è parecchio semplice. Per prima cosa si posiziona il tabellone al centro del tavolo e si dispongono in bella vista tutte le carte prova e il mazzo di carte personaggio e luogo a portata di mano. Si avvia l’app e si sceglie il caso che si vuole risolvere e verremo introdotti in una scena del crimine sulla quale siamo chiamati ad indagare: un furto, un omicidio o una sparizione… Da quel momento sarà l’app a dirci quali luoghi saranno visitabili e quali personaggi incontreremo coi quali possiamo interagire.
Per muoverci ed indagare useremo sempre il dispositivo mobile: tramite un sistema di QR code ci potremo spostare per Londra, fare domande ai sospettati e ai testimoni circa le prove che avremo raccolto o sui loro legami con le altre persone coinvolte nel caso, fino a che non crederemo di aver trovato risposta a tutte le domande, momento in cui potremo tornare a far rapporto al capo a Scotland Yard.
Altra particolarità è l’analisi della scena del crimine che viene fatta grazie alla realtà virtuale. Indossando un VR, o semplicemente osservando lo schermo del tabelt/cellulare e facendolo scorrere col dito se il nostro dispositivo non è dotato di giroscopio, vedremo la scena del crimine a 360° e la descriveremo agli altri che saranno incaricati di selezionare tra le carte prova, gli oggetti che individueremo sul luogo del misfatto. La scena del crimine può essere visitata quante volte si vuole ma ogni nuova analisi fa spendere tempo prezioso, così come ogni domanda che viene posta ai sospettati, ogni spostamento da una zona all’altra di Londra e ogni telefonata agli esperti della scientifica.
Gioco o Videogioco?
Sin dall’anteprima di Agzaroth è stata sollevata la
questione della troppa presenza dell’app all’interno del gioco, non è più un semplice ausilio come in Alchimisti, per randomizzare le partite e avere in segreto delle informazioni, o come nella seconda edizione de Le case della follia per eliminare il master e rendere il gioco totalmente cooperativo
, in Chronicles of Crime, l’app è il mezzo grazie al quale si gioca e senza il quale è impossibile farlo. Se da un lato questo obbliga a giocare sempre con il cellulare (ben carico) in mano, dall’altro permette al titolo possibili infinite nuove missioni giocabili sempre coi soli materiali della scatola base e soprattutto
permette al gioco infinite combinazioni di domande e risposte. A differenza di altri deduttivi, in Chronicles of Crime
puoi chiedere a chiunque qualsiasi cosa e avrai sempre una risposta, cosa impossibile ad esempio in Sherlock. Ultimo, ma non meno banale, l’app permette correzioni in corso d’opera, sia dal punto di vista della traduzione, che per snellire passaggi forse troppo oscuri. L’uso dell’app è massiccio? Assolutamente sì. Poteva essere pensato senza? Sì, ma si sarebbe perso il punto di forza del gioco: il ventaglio pressoché infinito di possibilità da sondare.
L’app
Oltre ad essere così importante in Chronicles of Crime e non un mero orpello,
l’app è fatta abbastanza bene: musica a tema disattivabile, un menù user friendly, scansione ottima anche con poca luce, possibilità di vedere una cronologia delle scansioni e risposte ottenute. Se provate a scaricare gratuitamente l’app dagli store per android o Ios, vedrete che
non è selezionabile la lingua italiana questo perché, a differenza di altri paesi, la politica dell’editore italiano è quella di rendere disponibile la lingua solo per chi ha acquistato una copia del gioco in italiano, facendone richiesta all’editore (o scansionando il QR che dovrebbe essere presente nelle scatole della prossima ristampa): attenzione
la possibilità di usare l’app in italiano resterà legata all’account scelto al momento della registrazione; fate attenzione in caso di acquisti di gruppo perché il cellulare a disposizione dovrà essere sempre lo stesso (a meno di passare le credenziali ovviamente). Abbiamo riscontrato parecchi refusi nell’app giocandoci poco dopo il Lucca Comics & Games, personaggi femminili che parlano al maschile, alcuni errori di battitura e abbiamo trovato una schermata non tradotta.
L’app è però in costante aggiornamento e, andando avanti coi casi e le settimane, abbiamo trovato sempre meno refusi: ottimo segno di cura costante del prodotto. L’app inoltre permette
la rigiocabilità delle missioni, questo grazie a due piccoli accorgimenti. Conclusa l’avventura e date le risposte, si conosce il proprio punteggio e se le risposte date sono giuste o sbagliate e se non si vuole leggere la soluzione, si può ripartire con l’indagine. Ad esempio nella nostra prima missione non avevamo la prova tangibile dell’arma usata per il delitto, pur avendo capito di quale arma si trattasse: l’abbiamo rigiocato per scovare anche quell’indizio in più. Inoltre nelle avventure,
il tempo non è solo un fattore preso in considerazione per il punteggio, ma
modifica alcune parti della storia, permettendoci di incontrare persone diverse in luoghi diversi a seconda dell’ora in cui vengono visitati.
Non ci è piaciuto che il punteggio possa superare il massimo di 100/100, se faccio 140/100 come faccio a sapere se è il massimo o se esiste anche un 150/100?
La deduzione
Il parallelo con altri giochi deduttivi viene spontaneo, solitamente affiancandolo al capostipite dei giochi deduttivi: Sherlock Holmes Consulente Investigativo o al suo recente figlio Detective.
Una delle critiche maggiormente mosse al gioco è proprio quella di non restituire una vera sfida di deduzione. Non concordiamo, e tenete a mente che Sherlock Holmes è senza ombra di dubbio il nostro gioco preferito di sempre a cui abbiamo dato 9.9, perché ha il difetto di non essere infinito. In Chronicles of Crime lo scopo è diverso: non basta dedurre (o per meglio dire ipotizzare, proprio come richiesto dal processo di abduzione tipico dell’investigatore di Baker Street) da alcuni piccoli fatti come si sono probabilmente svolti i fatti: non siamo più nella Londra di fine 1800, ma in quella del 2018, fatta di DNA e impronte digitali nella quale servono prove schiaccianti affinché il processo porti ad una condanna e non bastano i sospetti, per quanto fondati, della polizia per procedere ad un arresto.
Ecco che quindi tutto
il processo di deduzione è centralissimo in Chronicles of Crime in quanto si dovranno fare alle persone giuste le domande giuste, si dovranno analizzare le prove giuste e soprattutto andrà fatto tutto in fretta. Non potremo chiedere tutto a tutti, non possiamo muoverci per tentativi: dobbiamo analizzare le prove che man mano troveremo e dedurre grazie ad esse il prossimo passo da fare. Solo un investigatore che saprà fiutare la pista giusta potrà risolvere il caso.
Considerazioni finali
Concludiamo analizzando i parametri classici che usiamo per tutte le recensioni anche se qui ci troviamo di fronte ad un prodotto leggermente diverso. I materiali sono buoni, per lo meno quei pochi che sono presenti nella scatola base: tabellone spesso, tante carte ben illustrate. La scalabilità è buona, ma come in ogni collaborativo, molto fa il gruppo. In Chronicles of Crime c’è il rischio concreto che il giocatore con il cellulare diventi un giocatore Alpha predominante, infatti molti hanno segnalato il fatto che il gioco sia più adatto per il solitario: sarà che noi lo abbiamo giocato sempre in 2 ma non abbiamo notato questo problema, anche se solo uno guardava la scena del crimine, l’altro era ugualmente coinvolto nella cernita delle carte indizio, e la collaborazione si è sentita nel momento in cui si dovevano prendere le decisioni. Probabilmente più si è meno si viene coinvolti… proprio come in Sherlock. Il livello di difficoltà secondo noi è medio basso, proprio perché è un prodotto che si rivolge ad un pubblico più vasto: se siete dei buoni solutori di deduttivi potreste trovarlo forse un po’ troppo facile in alcuni momenti.
A noi è piaciuto molto, credo che spenderemo qualche soldino per l’acquisto delle prossime storie e probabilmente anche per le prossime espansioni Noir e Welcome ti Redview, che aggiungono anche nuove meccaniche al titolo.