E complimenti al Doc Vendemmia per questo interessante articolo
"Gaming isn't about rolling dice and moving your piece around a track.
Gaming is about interaction, decisions, and social skills"
Alan Moon
Stanchi di non saper rispondere a domande del tipo: “ma perché non impieghi meglio il tuo tempo piuttosto che spendere ore a giocare?" Oggi vi do tanti possibili spunti di risposta, mettendo a zittire quei malevoli che non sanno che si perdono.
Questo articolo cerca di riassumere in poche parole e senza troppi tecnicismi ciò che la letteratura medico-scientifica ha da dire in fatto di giochi da tavolo, amalgamando il tutto con qualche riflessione personale. Link in fondo all’articolo per chi avesse voglia di approfondire.
Non sto perdendo tempo, sto…
..allenando il mio cervello a sviluppare nuove competenze
Una premessa qui è d’uopo. Considerato l’approccio semi-scanzonato dell’articolo, non andrò giocoforza nel dettaglio di ogni singola abilità allenabile attraverso un gioco da tavola.
In ambito pedagogico, è noto come l’apprendimento attraverso il gioco sia basilare e dovrebbe essere parte integrante dell’istruzione. Giocare ai giochi da tavola convenzionali è dimostrato come possa velocizzare lo sviluppo delle competenze semantiche e numeriche. Ancor più interessante lo studio svizzero dove vengono prese in esame le competenze emozionali dei bambini, mettendo a confronto dei giochi da tavolo creati ad hoc da psicologi professionisti a giochi moderni quali Codenames, Once Upon a Time e Mimtoo. Gli effetti positivi riscontrabili sono la diminuzione di stress legato all’apprendimento, un aumento della motivazione, la promozione di sentimenti quali ottimismo, cooperazione, esplorazione e merito attraverso la vittoria. In linea di massima, i sentimenti negativi quali noia, frustrazione e impotenza, risultano poco rappresentati. Interessanti sviluppi ci sono poi nell’ambito dell’educazione di bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. In questo ambito, giochi da tavolo lineari sembrano essere un buono strumento per fare comprendere regole, siano esse puramente didattiche o financo sociali.
Numerosi esperimenti di giochi tematici ad hoc sono stati implementati come mezzo di apprendimento più rapido anche per gli adulti, con risultati migliori rispetto al mero studio teorico. Io stesso nel corso della mia formazione medica ne sono stato prima beneficiario e poi convinto sostenitore.
È dimostrato altresì che giocare migliora la cosiddetta memoria di lavoro, ovvero la nostra capacità di trattenere temporaneamente informazioni e di manipolarle. In altre parole, si allena la nostra abilità nel problem solving e nel ragionamento logico. Un recente studio cinese contrappone giocatori maestri di scacchi contro novizi. Durante le partite ne vengono analizzate le funzioni cognitive (quali attenzione, percezione visuo-spaziale, decision making..) attraverso risonanze magnetiche. Sorprendentemente il cervello funziona in maniera sensibilmente diversa nelle due categorie prese in esame. Seguitemi: le connessioni cerebrali mettono in comunicazione differenti aree cerebrali che corrispondono a diverse funzioni e abilità. Ogni qualvolta sia richiesto un maggior sforzo di concentrazione o attenzione, il cervello passa da una modalità di “default” (nella quale nessun compito specifico gli viene chiesto) a una “operativa” dove, di conseguenza, vengono silenziati tutti i pensieri poco pertinenti alla situazione presente. Secondo gli autori, la differenza di perfomance risiede nel fatto che i novizi al tavolo hanno più difficoltà nel disinnescare la modalità di "default", a differenza dei giocatori veterani, i quali mostrano disinvoltura nel sopprimerla. Il risultato è una conseguente agilità nel selezionare le informazioni utili e migliorare il decision making. In altre parole, grazie all’esperienza, i maestri sapevano inconsciamente filtrare le informazioni in maniera efficace, grazie alla pratica che aveva reso possibile un rimodellamento dei collegamenti tra varie aree cerebrali. I novizi invece si stancano di più perché hanno più difficoltà nel focalizzarsi completamente sull’obiettivo. La buona notizia per loro è che la pratica può risolvere il problema. L’articolo non dice però se i novizi, nel frattempo, siano diventati a loro volta grandi maestri di scacchi. Lascio a voi il beneficio del dubbio.
...rallentando il mio declino cognitivo
e migliorando il mio umore
Coltivare hobby e più in generale praticare attività intellettuali piacevoli sono fattori protettivi contro il declino cognitivo. Inoltre, individui con una capacità cognitiva maggiore possono attingere a riserve nascoste e risentire meno degli effetti negativi dell’invecchiamento cerebrale. Uno studio osservazionale francese pubblicato nel 2013 sul BMJ Open mostra come nell’arco di un ventennio vi sia una minore incidenza di demenza tra i giocatori da tavolo abituali over 65. In particolare, levando dall’equazione possibili confounder (quali livello di educazione, sesso/genere, età, stato coniugale,..), si evince come il rischio di sviluppare una demenza sia del 15% più basso tra i partecipanti che si definiscono “giocatori abituali”.
Probabilità di sopravvivenza senza demenza tra giocatori regolari (linea tratteggiata piu’ chiara) contro non giocatori (linea nera).
Copyright: BMJ Open. 2013; 3(8): e002998.
Pubblicato online 2013 Aug 28. doi: 10.1136/bmjopen-2013-002998
È pur vero che un possibile ruolo potrebbe essere giocato dalle sindromi depressive, più rappresentate nella popolazione dei non giocatori. Una possibile chiave di analisi potrebbe comunque essere che, dati alla mano, vi è una significativa minor incidenza di depressione tra i partecipanti che giocano regolarmente da tavolo. Uno studio cinese del 2019 mette in evidenza come sia persino possibile, attraverso il gioco da tavolo, un miglioramento delle funzioni cognitive nei centri di assistenza diurna per anziani e un altro studio taiwanese propone come vera e propria terapia antidepressiva non farmacologica.
...rompendo barriere sociali
Un gruppo inglese che si occupa di malattie mentali ha creato un gioco da tavola che aiuta ad affrontare tematiche “scomode”, legate principalmente ad eventi traumatici del passato/presente. Risultati? Ottimo strumento per creare legami e promuovere inclusività. In linea di massima le caratteristiche dei partecipanti richiedono che siano motivati e che mostrino interesse nell’attività. Altrimenti i risultati possono essere controproducenti. Infatti, per loro stessa natura, il gioco da tavolo richiede una dose sostanziale di pensiero critico e il coinvolgimento emotivo ne è conditio sine qua non. Una rivista scientifica chiamata Games for Health Journal ha pubblicato una meta-analisi riguardo alle board game intervention: vari studi con differenti giochi da tavola sono stati messi a confronto con plurimi intenti, tra cui quello di aumentare la motivazione tra membri di una comunità affinché vengano risolti problemi concreti, anche di natura socio-sanitaria (Goodbye Dengue, The Polio Eradication Game,..). L’obiettivo principe di questi studi era quello di veicolare un messaggio chiave alla popolazione a rischio attraverso il gioco (per esempio promuovere uno stile di vita sano con dieta bilanciata per diminuire tassi di obesità). I risultati sono francamente ambivalenti, mostrando come non basti la conoscenza del problema di fondo per arrivare ad un cambiamento consolidato comportamentale (non basta dire che il fumo uccide per convincere il fumatore a smettere). Dati più incoraggianti mostrano come gli studenti stranieri dell’Università del Mississippi siano riusciti a migliorare notevolmente la padronanza verbale e l’ansia attraverso sedute di gioco.
...aumentando la produttività
E in ambito lavorativo? Secondo gli studi, i giochi cooperativi possono essere fonte di discussione costruttiva, di creazione artistica e usati come attività di team building. Il tutto con positivi risultati in termini di efficacia provata. Un articolo che esamina il game design dietro al Lord of the Rings di Knizia mette in evidenza come al centro dei collaborativi si debba mettere una sfida stimolante al quale tutti i partecipanti possano contribuire mettendoci del loro. In presenza di un alpha-player, la motivazione è facile che crolli.
Insomma, molto è stato scritto e, dati i tempi in cui versiamo di evoluzione rapida dell’hobby, molto altro sarà oggetto di esame approfondito nel prossimo futuro. Personalmente auspico un definitivo sdoganamento del concetto di gioco come puramente puerile e facoltativo. Questo stigma, specie in Italia, deve crollare. Sogno di poter annunciare al mio primario di aver imparato e compreso alcune basi della fisiopatologia umana attraverso un gioco da tavola. Il tutto senza ricevere occhiatacce.
Cominciando dal prendere sul serio le potenzialità di questo mezzo, moderno e interattivo, si potrà finalmente entrare nell’era d’oro del gioco da tavolo.
Bibliografia e altri link utili a chi volesse approfondire:
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- Dartigues JF, Foubert-Samier A, Le Goff M, Viltard M, Amieva H, Orgogozo JM, Barberger-Gateau P, Helmer C. Playing board games, cognitive decline and dementia: a French population-based cohort study. BMJ Open. 2013 Aug 29;3(8):e002998. doi: 10.1136/bmjopen-2013-002998. PMID: 23988362; PMCID: PMC3758967.
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