A&P Chronicles ''Il Falco ed il Leone'' (III, 3)

Agiografie Imperiali del X° Secolo: Il Leone ed il Falco

Biblioteca di Lalad-Nor - 8 Maggio 937

Parte III, Capitolo 3: "La Mantide ed il Panterocorno"

Seduta del 19/04/2005

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Agiografie Imperiali del X° Secolo: Il Leone ed il Falco

Biblioteca di Lalad-Nor - 8 Maggio 937

Parte III, Capitolo 3: "La Mantide ed il Panterocorno"

Seduta del 19/04/2005


La Mantide ed il Panterocorno

era
ormai l'alba e sia Zak che Polgraam erano visibilmente stanchi ed affaticati per
via della loro ricognizione notturna da poco conclusa con esito incerto. Sebbene
gli eventi di cui erano stati testimoni suscitassero inevitabilmente nuove
discussioni circa il da farsi, fu subito evidente che sarebbe stato necessario
concedere loro qualche clessidra di riposo, mentre gli altri avrebbero cercato d
fare il punto della situazione. Tentarono così di farsi un'idea più precisa,
mettendo assieme le informazioni di cui disponevano: l'avvistamento iniziale del
villaggio da parte di Ser Agraman, la breve ricognizione dall'alto di Exilim ed
infine l'esplorazione ravvicinata dei due che adesso riposavano a breve distanza
dagli altri. Il risultato fu una rozza mappa della zona, dalla quale balzarono
all'occhio alcune cose che prima erano poco chiare. La più importante,
comunque, fu che il Lago del Cuore non si trovava all'interno del perimetro
illuminato dell'accampamento. Il piccolo specchio d'acqua si trovava infatti a
mezza costa sul versante opposto della collina che sovrastava l'insediamento:
questo rendeva possibile raggiungerlo anche senza dover passare per il
villaggio, facendo un giro un po' più lungo. Considerato quanto poco riuscivano
a sapere sui misteriosi abitanti di quell'accampamento, quella parve la scelta
migliore. 

Si
misero in marcia a pomeriggio inoltrato, e si avventurarono per quei boschi
sconosciuti e verdeggianti tenendosi sul lato sinistro dell'accampamento,
mantenendosi ad una distanza che permettesse loro di procedere senza rischio di
essere avvistati, grazie anche alla copertura della vegetazione. Al tramonto,
furono costretti a fare nuovamente campo, poiché si resero conto che era
praticamente impossibile procedere di notte, a causa della scarsissima
visibilità, così scelsero una posizione lievemente sopraelevata, che consentì
loro di tenere d'occhio l'insediamento senza essere visti a loro volta. Per gran
parte della notte udirono il suono di tamburi che risuonavano incessantemente
nella piccola vallata, e anche se l'accensione di due grosse pire
particolarmente intense al centro dell'abitato fece loro supporre un rituale di
qualche tipo, non furono in grado di capire di cosa potesse trattarsi con
esattezza. Al mattino, le orecchie rimbombavano ancora del suono dei tamburi,
anche se ora era cessato.

Marciarono
speditamente per tutta la mattinata seguente, iniziando ad inerpicarsi lungo il
fianco sinistro della collina, lungo un tragitto che piegava lievemente verso il
lato opposto, poiché Exilim desiderava abbreviare il percorso il più
possibile. A metà giornata avevano ormai il villaggio quasi di spalle, e la
salita iniziava a farsi più ripida e meno agevole per l'ultimo tratto, che
portava verso la cresta ormai di fronte al piccolo gruppo. Dall'altro lato,
ridiscendendo sul versante opposto, li attendeva il Lago del Cuore.

Ora
che si trovavano in posizione più elevata sulla collina, per la prima volta
potevano vedere più in dettaglio il misterioso accampamento, composto da almeno
un centinaio di case in legno, con ampi campi adibiti a pascolo, allevamento e
coltivazione. Tutto lasciava supporre una popolazione stanziale, cosa che
stonava terribilmente con lo stile di vita dei barbari che si aspettavano.
Polgraam non aveva mai sentito parlare di nulla del genere fra la sua gente,
eppure da quel poco che sapevano, gli abitanti di quel luogo dovevano essere dei
barbari o almeno i discendenti delle tribù scomparse della Pantera e
dell'Ariete. D'altra parte la cosa non li riguardava. Avevano deciso di
raggiungere il lago senza curarsi del villaggio, che probabilmente sarebbe
rimasto per loro un interrogativo.

La
marcia si fece assai più dura nell'ultimo tratto, e quando fu l'imbrunire
avevano percorso solo un breve tragitto in più a causa della ripida salita che
metteva a dura prova la loro resistenza, in particolare per coloro che
indossavano una pesante armatura, come Sverken, Eliars e Ser Agraman. Lungo il
cammino notarono che di tanto in tanto animali normalmente schivi, come le
volpi, si mostravano, avvicinandosi a Lunya per poi sparire nuovamente nella
macchia: un altro probabile effetto della singolare malattia che sembrava aver
causato nella sacerdotessa una singolare affinità con certi animali selvatici.
Infine venne il tramonto, e ancora non avevano superato la cima. Si accamparono
ancora una volta e montarono di guardia per quella che speravano fosse l'ultima
notte prima di raggiungere il Lago del Cuore.

-
La Mantide! - gridò improvvisamente Lunya. La prospettiva di passare una notte
tranquilla svanì rapidamente a quel grido. La sacerdotessa era visibilmente
sconvolta, tremava e sudava avvertendo una presenza innaturale tutto attorno a
loro.

-
C'è qualcosa, sento una presenza lassù - confermò Zak, indicando un'altura
sulla loro sinistra. - Potrebbe essere la Mantide, che i barbari temono e per
questo non escono dal perimetro dell'accampamento...

-
Non possiamo  restare qui, rischiamo di essere assaliti dall'alto! -
scattò Sverken mentre già gli altri si davano da fare per smontare il campo.

non
vi fu bisogno di discutere per capire che la posizione in cui si trovavano non
era affatto difendibile. Si trovavano in un punto dal quale avrebbero potuto
essere attaccati tanto dall'alto quanto dal canalone che conduceva al valico
sulla cima, con una visuale troppo limitata per potersi preparare ad un
eventuale scontro. E, a peggiorare le cose, erano al buio. Qualcuno accese una
torcia, mentre gli altr iniziavano a muoversi.

-
Dobbiamo ridiscendere verso la valle - disse Exilim, indicando in basso, verso
l'accampamento nuovamente contornato dal perimetro luminoso. La situazione non
sarebbe migliorata di molto, ma almeno avrebbero potuto vedere con sufficiente
anticipo chiunque si fosse avvicinato loro. E con un po' di fortuna, pensò il
carusaliano, la misteriosa presenza non avrebbe voluto rivelarsi all'aperto...

Raggiunsero
un luogo molto più in basso, che parve loro più idoneo del precedente ad
un'eventuale incontro, e si fermarono per valutare l'ipotesi di fare nuovamente
campo. Da quanto avevano potuto osservare, non sembrava che fossero stati
seguiti, ma si sbagliavano. Improvvisamente un rumore attirò la loro
attenzione. Qualcosa di decisamente grande si muoveva fra gli alberi alla loro
sinistra, oltre il loro limitato campo visivo. 

-
Datemi una luce e vado a vedere di cosa si tratta - propose Ser Agraman,
imbracciando lo scudo e la spada. 

-
E' là! - indicò Polgraam puntando il dito di fronte a loro, mentre i rumori si
facevano più vicini.

Lunya
mormorò qualche parola e improvvisamente lo scudo del cavaliere esmeldiano si
illuminò come se contenesse la luce della luna stessa. Allo stesso istante,
Exilim gli posò una mano sulla spalla, arrestandolo, mentre gesticolava con
l'altra, e la sua spada prese a sfrigolare, percorsa da sottili linee di energia
magica rossastra. Compiaciuto, Ser Agraman fece qualche passo in avanti, verso
la direzione da cui provenivano i rumori, ora sempre più vicini.

-
La Mantidè! - gridò ancora Sverken, come in preda ad un terrore improvviso.
Quindi, crollò a terra, privo di sensi.

Poi,
d'improvviso, Ser Agraman si ritrovò di fronte alla creatura, ma non era quella
che si aspettava. 

Si
ergeva davnti a lui, ritta sulle zampe posteriori che parevano rivestite di un
vello lanuginoso e terminavano con due grossi zoccoli. La parte inferiore del
corpo ricordava quella di un ariete, ma a metà del busto la pelliccia diveniva
più scura, fino a sembrare quasi nera e lucente al chiarore emesso dallo scudo
del cavaliere. Le zampe anteriori, protese in avanti con fare minaccioso, erano
muscolose e possenti, con lunghi artigli che fendevano l'aria di fronte a sé.
La testa di felino, dalle zanne acuminate, si trovava ad oltre quattro braccia
da terra e ricordava quella di una pantera, tranne che per le corna ritorte ai
lati. La creatura emise un ruggito che gelò il sangue nelle vene di Ser Agraman,
il quale fu preda della paura che lo fece voltare e correre via gridando
"il Panterocorno, il Panterocorno!".   

-
La Mantide, la Mantide! - urlavano facendogli eco Lunya e Sverken che era stato
nel frattempo rianimato dalla ragazza. Pareva che ciascuno vedesse una creatura
diversa. Zak era scomparso nell'oscurità. Polgraam lasciò cadere la sua spada,
spaventato quando la vide percorsa dall'energia rossa che Exilim invocò anche
per lui, mentre teneva un occhio sulla mostruosità che si avvicinava. Poi il
barbaro si riprese, e mentre Ser Agraman li incitava ad attaccare tutti assieme,
raccolse la sciabola e si dileguò nella macchia tentando di aggirare
l'avversario.

Ma
l'enorme creatura sembrava essersi fermata. Si trovava a circa cinquanta passi
dal gruppo terrorizzato e smise di avanzare. 

-
E' la Mantide... voi non la vedete nel modo giusto... solo io e Sverken la
vediamo per quel che è davvero... - ripeteva Lunya, cercando di convincere gli
altri, che tuttavia vedevano lo stesso Panterocorno che poco prima aveva messo
in fuga Ser Agraman.

-
Fidatevi di Lunya, non dei vostri occhi! - gridò Exilim, cercando di infondere
coraggio.

-
Siamo sicuri di voler attaccare? - chiese Eliars, quasi sottovoce. Il mercenario
era abituato a valutare le situazioni sul campo di battaglia, e le dimensioni di
quell'essere non sembravano a loro favore, tutt'altro.

-
Io sono Polgraam del Lupo Spettrale e siamo amici del Panterocorno! - gridò il
barbaro parandosi di fronte alla creatura, nella speranza che i legami fra
tribù potessero risolvere la situazione. Ma all'improvviso il medaglione
dell'Alce Bianco, che Polgraam aveva al collo, andò in mille pezzi senza causa
apparente. 

-
La Mantide! - un grido strozzato uscì questa volta dalla gola di Exilim, il
quale crollò a terra come poco prima era accaduto a Sverken. Ser Agraman fu
subito su di lui e cercò di rianimarlo, costringendolo a riaprire gli occhi
dopo pochi istanti. La creatura era rimasta immobile al suo posto.

-
Non possiamo attaccare - mormorò Exilim, riprendendosi lentamente. - Quella non
è una creatura qualsiasi, è la manifestazione di una divinità! Non abbiamo
speranze in un confronto diretto... abbiamo sbagliato strada, non è questa la
via che dobbiamo percorrere, non possiamo affrontarla. 

-
Dobbiamo cambiare strada - aggiunse infine, riprendendosi completamente, mentre
si scrollava di dosso le foglie rimaste impigliate nei suoi vestiti. Gli altri
lo osservavano come intimoriti, il suo tono di voce non ammetteva repliche.
Sembrava che il carusaliano avesse realmente visto qualcosa che agli altri non
era concesso.

dapprima
lentamente, poi via via accelerando il passo pur senza smettere di guardarsi
alle spalle, il piccolo gruppo arretrò. Ripresero l'equipaggiamento ed
iniziarono ad allontanarsi dalla cima della collina, continuando a scendere
verso il basso, verso l'accampamento. Nonostante i loro timori, la creatura
rimaneva al suo posto, senza accennare ad un inseguimento. In breve, fu evidente
che doveva trattarsi di una sorta di guardiano, come Exilim aveva già intuito.
Per qualche ragione non potevano avvicinarsi al lago, non prima di aver fatto
qualcosa che ancora non era chiaro, ma che a questo punto doveva avere a che
fare con il misterioso accampamento ed i suoi abitanti.

-
Ho percepito chiaramente la forza di un totem - disse Lunya, mentre si
allontanavano, facendo sgranare gli occhi a Polgraam.

-
Si, l'ho percepito anche io - rispose Exilim. - Ma in realtà, il Panterocorno
era solo un'illusione. Non chiedermi come, ma ho "sentito" che il vero
totem si celava dietro un inganno, ed era la Mantide, come tu e Sverken avete
avuto ben chiaro da subito. Solo che non si trattava di una semplice evocazione,
era il totem stesso all'opera...

Incapaci
di dare una spiegazione all'evento soprannaturale di cui erano stati testimoni,
e quasi vittime, proseguirono verso il basso fino al sorgere del sole, poi
fecero una sosta. Exilim si alzò ancora una volta in aria, cercando di vedere
dall'alto cosa celasse il villaggio, e raccontò di due ruscelli che
probabilmente portavano in qualche modo al lago. Se fosse stato possibile
seguirli, sarebbero arrivati al lago per una via diversa che forse non avrebbe
scatenato su di loro il totem guardiano. Tuttavia, nonostante i loro sforzi e le
esplorazioni in avanscoperta di Zak e Polgraam, nelle ore seguenti non
riuscirono a rintracciare i due corsi d'acqua all'esterno del perimetro del
villaggio, e furono costretti ad avvicinarsi fino al margine esterno
dell'insediamento.

Sfruttando
la vegetazione per cercare di non farsi scorgere dagli abitanti nonostante si
trovassero ormai molto vicini all'accampamento, iniziarono a percorrere un ampio
giro lungo il lato destro, fino a che trovarono un tronco sul quale erano state
lasciate due carcasse di agnello sventrate di fresco. 

-
Forse un sacrificio rituale... - commentò Polgraam alla vista di quei resti.

-
Qualcuno si avvicina dal villaggio - lo interruppe Eliars, facendo voltare gli
altri.

Il
drappello avanzava proprio nella loro direzione, anche se non sembravano averli
visti per il momento. Sembravano dei barbari, come si aspettavano, e vestivano
quasi tutti delle tuniche gialle, come le bandiere che sventolavano in cima ai pali che segnavano il confine dell'abitato. Ai lati, alcuni guerrieri con archi in spalla e
spade alla cintola conducevano una giovinetta legata, la quale avanzava senza
tuttavia opporre molta resistenza. Al centro, un uomo vecchissimo dalla barba
lunga alcuni passi, che richiedeva un portatore alle sue spalle, avanzava con
fare deciso. Doveva essere lo sciamano della tribù, qualunque essa fosse. E di
qualunque tribù si trattasse, dovevano essere capitati nel bel mezzo di un
sacrificio umano...

-
Dobbiamo salvarla - mormorò Exilim, interpretando il pensiero di Ser Agraman,
anche se probabilmente per ragioni diverse. Quindi, con Zak e Polgraam
iniziarono a compiere un giro più largo per portarsi in una posizione di lato
rispetto agli altri.

Il
gruppo dei barbari si fermò un istante al margine esterno dell'accampamento,
dove l'uomo anziano gesticolò brevemente prima di invitare gli altri a
proseguire con un cenno del capo. Quindi avanzarono verso il tronco con le
carcasse d'agnello, e qui legarono la ragazza ad un tronco. Quindi, uno dei
sacerdoti estrasse un pugnale e lo levò verso l'alto mormorando qualcosa di
incomprensibile. 

In
quel momento Sverken scoccò le frecce.

L'uomo
con il pugnale crollò a terra morto sul colpo, mentre gli altri iniziarono ad
urlare qualcosa in una lingua che lo stesso Polgraam non comprese, voltandosi
rapidamente sui propri passi. Quando Polgraam liberò la giovinetta cercando di
rassicurarla, lei stranamente non sembrò entusiasta del salvataggio, anzi
appariva terrorizzata più ora dalla loro presenza che non poco prima per
l'imminente morte che l'attendeva.

-
Parla una lingua antica - disse Polgraam, rivolgendosi agli altri, - non la
capisco bene, ma parla di noi chiamandoci "creature della morte"...

-
Forse si riferisce agli spettri che abbiamo incontrato nella pianura - suggerì
Ser Agraman, - prova a spiegarti meglio.

Non
senza qualche problema, Polgraam riuscì infine ad instaurare una sorta di
dialogo con quella ragazza, adattando il suo modo di parlare a quella lingua
assai antica e non più usata da secoli se non in qualche rituale degli
sciamani. La fanciulla si chiamava Garal, e come avevano immaginato stava per
essere sacrificata, con il suo stesso consenso, Sembrava che quella gente fosse
assolutamente convinta che i dintorni, all'esterno dell'accampamento, fossero
infestati da presenze malvagie che chiamavano "creature della morte" e
che tenevano a bada con il perimetro, i rituali dello sciamano e, quando le cose
si facevano più complicate, con qualche sacrificio come quello che gli
avventurieri avevano appena interrotto.

La
cosa più complessa fu far capire a Garal che loro non erano i nemici che tanto
temevano, cosa più che ovvia per la ragazza, dato che praticamente dalla
nascita non aveva avuto alcun contatto con l'esterno, come del resto tutti gli
abitanti del villaggio. Polgraam era quasi inferocito per quell'atteggiamento,
la cui colpa dava senza mezzi termini allo sciamano della tribù, non
capacitandosi di che razza di totem potesse essere il Panterocorno per chiedere
dei sacrifici umani, cosa aborrita dalla maggior parte dei barbari, sia pure con
rare eccezioni generalmente mal viste e non tollerate dalla maggioranza dei
clan.

-
Dobbiamo assolutamente entrare nel villaggio e trovare questo sciamano - disse
Polgraam, risoluto. - Garal dice che si chiama Samor-Daar, e dalla descrizione
dev'essere il vecchio che accompagnava il gruppetto che abbiamo messo in fuga.
Lui è la causa di tutto!

Gli
altri si scambiarono un'occhiata perplessa. L'idea di un incursione
nell'accampamento era ciò che fino ad allora avevano tentato di evitare a tutti
i costi, e meno che mai avevano voglia di affrontare un potente sciamano di
chissà quale potere mistico, parte del quale era stato appena mostrato loro con
l'apparizione che li aveva costretti a scendere dalla collina. Qualcuno si
mostrò assai scettico all'idea, sottolineando come gli affari interni della
tribù non avrebbero dovuto riguardarli, ma Polgraam sentiva di aver visto
giusto.

-
Non capite? - disse il barbaro, concitato. - Lo sciamano li ha tenuti relegati
in questo villaggio inventando la storia delle creature della morte, li tiene
soggiogati per i suoi scopi, per venerare e alimentare un culto ignobile, quello
della Mantide! Non è un caso che alcuni di noi, illuminati dalla propria fede,
abbiano visto attraverso l'illusione, scorgendo cosa c'è veramente dietro a
quella manifestazione che ci ha impedito di proseguire, lassù... Né la Pantera
né l'Ariete avrebbero mai chiesto un sacrificio umano a questa gente!

Lunya,
Sverken e Exilim compresero che il compagno aveva ragione. Quasi certamente le
cose stavano come aveva frettolosamente riassunto, almeno a grandi linee. Del
resto, loro avevano visto, avevano sentito, avevano percepito che qualcosa non
andava, rendendosi conto che la loro vista era certamente ingannata da qualche
oscuro potere all'opera da quelle parti. E malgrado Eliars e Ser Agraman fossero
ancora perplessi, sapevano che non c'era modo di proseguire verso il Lago del
Cuore se non avessero risolto ciò che di strano accadeva in quell'accampamento.

alla
fine si mossero, decisi a seguire l'invito di Polgraam. Iniziarono a muoversi
verso il margine dell'accampamento, osservando a poche decine di passi
l'assembramento di folla che si raccoglieva dietro i guerrieri. Varcarono il
confine senza che accadesse nulla di speciale, come Ser Agraman aveva temuto
sulle prime, seguendo il loro compagno barbaro.

-
Io parlo in nome del Panterocorno! - gridò Polgraam all'indirizzo della folla,
senza arrestare la sua avanzata. - E' il Panterocorno che ha voluto che
arrivassimo fino a voi, lo spirito del totem non desidera il sacrificio di
questa giovane e ci ha inviati per impedirlo!

Vi
fu un lieve movimento nella linea dei guerrieri, ora c'erano almeno un centinaio
di barbari assiepati dietro di loro, con espressioni a metà fra il confuso e
l'indignato.

-
Tu, sciamano Samor-Daar, sei la causa di tutto questo, tu stai ingannando questa
gente, tu non parli a nome del Panterocorno! - gridò Polgraam, con aria di
sfida.

A
quelle parole lo sciamano si mostrò, scansando due grossi guerrieri, con la sua
lunga barba bianca che si perdeva fra le file posteriori, impugnando il bastone
nodoso che levò verso l'alto mormorando qualcosa.

-
Dice che noi siamo stati accecati dalle creature della morte - riferì Poglraam,
traducendo quel che lo sciamando diceva ai suoi, - ed ora ne darà una
dimostrazione...

In
quel momento, un ruggito alle loro spalle li fece voltare. Poco al di fuori del
margine dell'accampamento che avevano da poco varcato, la creatura dalle
fattezze animalesche aveva fatto la sua comparsa, e si ergeva minacciosa al loro
indirizzo.

- E'
la Mantide, qualsiasi cosa vediate, è la Mantide! - disse Polgraam, cercando di
sostenere l'animo dei suoi compagni mentre già alcuni di loro avevano sfoderato
le armi.

-
Ser Agraman, bisogna distruggere il totem al centro del villaggio - suggerirono
quasi assieme Exilim e Sverken, intuendo il solo modo che avevano per guadagnare
la fiducia dei barbari, rompendo l'illusione che li avvinghiava da secoli e
secoli di menzogne. L'esmeldiano annuì e saltò a cavallo, piantando gli
speroni nei fianchi della bestia che scattò in avanti, pronta a lanciarsi al
galoppo oltre la barriera umana, ma in quel momento lo sciamano scosse il suo
bastone, e con un lamentoso nitrito il cavallo stramazzò a terra facendo
rotolare Ser Agraman per alcuni passi.

L'esmeldiano
si rialzò, furente, e si lanciò in avanti roteando la spada, seguendo Polgraam
che già era partito all'attacco non appena l'azione dello sciamano aveva aperto
le ostilità. Alle loro spalle, Sverken aveva iniziato a scagliare frecce che
scompaginavano l'allineamento dei guerrieri, mentre Eliars affrontava la
gigantesca creatura che tagliava loro ogni via di fuga eventuale. Zak aveva
fatto perdere le sue tracce e si muoveva, silenzioso e furtivo, al largo della
zona del combattimento, nel tentativo di raggiungere il totem per abbatterlo.

Ser
Agraman e Poglraam stavano per giungere a contatto con i primi avversari quando
Exilim invocò la sua magia, scatenando una forza invisibile che scagliò
Samor-Daar a molti passi di distanza, come fosse un fuscello spazzato dal vento.
Prontamente, il carusaliano aggirò la folla per correre verso il punto in cui
lo sciamano doveva essere caduto.

-
Il bastone, Ser Agraman, dobbiamo rompere il suo bastone - gridò Polgraam
all'amico, notando che lo sciamano aveva lasciato cadere l'oggetto che ora si
trovava a terra alle spalle dei guerrieri. I due si avventarono sugli avversari
e iniziarono a combattere, nel tentativo di aprirsi un varco verso il prezioso
oggetto. Ma la resistenza era superiore ai loro sforzi, poiché oltre ai
guerrieri della prima linea, non era facile vincere la semplice spinta dei corpi
che si assiepavano, inferociti, alle loro spalle, allontanandoli dal luogo che
volevano raggiungere.

-
Bisogna aprire gli occhi a questa gente - diceva intanto Lunya alle loro spalle,
levando le braccia verso l'alto, - tu, luminosa signora della Luna, benedici i
loro spiriti!

A
quell'invocazione, alcuni dei barbari sgranarono gli occhi, mentre la
sacerdotessa ripeteva la preghiera indirizzandola su altri barbari. Mano a mano
che l'invocazione veniva ripetuta, alcuni dei barbari sgranavano gli occhi,
mentre la verità si rivelava loro in tutta la sua crudezza. Coloro che venivano
benedetti da Silemine non vedevano più ora il Panterocorno ergersi contro
Eliars a difesa della tribù, bensì un orrendo insetto troppo cresciuto, una
Mantide, che si levava minacciosa e incuteva terrore in chiunque vi posasse lo
sguardo.

Qualcuno
rimase a bocca aperta, contemplando la verità rivelata, qualcuno lasciò cadere
l'arma, altri arretrarono, creando un varco temporaneo nella folla che aveva
impedito l'avanzata di Ser Agraman e Polgraam. Non appena si avvide del varco,
l'esmeldiano si mosse, raggiungendo il bastone che giaceva a terra, mentre il
compagno lo incitava a spezzarlo. Allungò le mani, incurante dei movimenti
tutto attorno, poi le ritrasse quando improvvisamente uno sciame di insetti
giunto da chissà dove implose all'interno del lungo oggetto di legno, come
ingoiato da questo.

L'esmeldiano
non si lasciò distrarre. Spinse violentemente un uomo che lo percuoteva
sull'armatura a destra, allungò un pugno con l'elsa della spada ad un altro,
quindi si chinò nuovamente per raccogliere l'oggetto, in breve lo avrebbe
spezzato in due. Le sue mani raggiunsero infine il bastone e vi si chiusero
attorno.

E
nello stesso istante. Ser Agraman svanì nel nulla.

Mentre
la situazione si calmava, ora che tutti potevano chiaramente vedere la Mantide
che aveva appena abbattuto Eliars, uno sciame di mantidi si levò dal punto in
cui fino a poco prima si trovavano Ser Agraman e il bastone dello sciamano.
Simile ad una densa nube frusciante, lo sciame si raccolse in aria, quindi
siallontanò rapidamente, volando verso la grande collina.