A&P Chronicles 2004-2005 (I, 1)

Le Cronache della Rinascita
dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 7 Giugno 2120
Parte I, Capitolo 1: "Prologo"

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Le Cronache della Rinascita
dagli scritti di Aurelian il Vecchio - 7 Giugno 2120
Parte I, Capitolo 1: "Prologo"

Prologo


a storia è una ben strana cosa. Con i suoi cicli, i corsi ed i ricorsi, il rincorrersi di episodi, eventi ed ere che sembrano avere grandi similitudini, se non vere e proprie cicliche ripetizioni. Sì, la storia è una ben strana cosa. E se sono io a dirlo, Aurelius Ambrosius Meldanian, meglio noto come Aurelian il Vecchio, storiografo ed agiografo ufficiale del governo di Romeldan, potete fidarvi. Mio padre era storiografo ufficiale a sua volta, e mio nonno prima di lui, così come il mio bisnonno e tutti i miei antenati precedenti che mi è dato rintracciare nell'albero genealogico della famiglia Meldanian, una famiglia fortunatamente patrizia ed agiata le cui vicende, da sempre, si sono intrecciate con la storia del nostro continente.


Numerose sono le ere epiche e leggendarie che hanno segnato la storia della nostra amata Terala, e forse molti prima di me hanno ritenuto di essere testimoni di qualche evento straordinario, come il Conflitto delle Potenze, la scoperta della magia runica, le vicende dei Cristalli e dei loro eredi... Tuttavia, sono certo che anche oggi, nel ventunesimo secolo, molte forze siano ancora o nuovamente all'opera, per consentire a chi come me, privilegiato, avrà il compito di tramandare ai posteri ciò che accadde, ciò che sarà base per una nuova ulteriore epoca di Terala.


Ed io, che per l'incarico che rivesto ho la possibilità di analizzare esaurientemente e con dovizia di mezzi e risorse ciò che accade nel mondo, credo che vi sia molto più da narrare oggi, che non una semplice trattazione agiografica del mio tempo. Credo che per le strade di Terala e lungo i fili intessuti da Hoadun già si muovano nuovi eroi inconsapevoli del ruolo che avranno nella storia del mondo. Solo il tempo potrà fare di me un saggio veggente oppure un semplice illuso che avrà vaneggiato di cose possibili ma non realizzate. Solo il tempo dirà se ho avuto ragione nel narrare ciò che mi accingo a vergare su queste pergamene, la storia di un piccolo manipolo di semplici individui, incappati per sorte o per caso in eventi e avventure apparentemente più grandi di loro. Ma la storia, pur essendo una ben strana cosa, non è al servizio solo dei governi e dei potenti. La storia è di tutti, è la nostra fonte di esperienze e di vita, la sorgente a cui le generazioni future attingono da sempre per fare tesoro di ciò che fu, per costruire un domani migliore, o quantomeno diverso.


Per questo ho deciso di scrivere queste cronache, da un punto di vista diverso  rispetto a quello che normalmente utilizzo per i miei trattati. Questa è una storia di persone, non di stati e imperi. Una storia di persone che certamente hanno a che vedere con stati e imperi, ma incentrata sugli individui anziché sulle politiche, sulle economie, sulle religioni. Una storia che, pur partendo da così modeste basi, si intreccia nonostante tutto con vicende assai importanti, e dimostra come essa sia fatta dalle persone, anche quando loro non ne sono coscienti.


a per comprendere l'eccezionalità degli eventi narrati, una breve premessa è opportuna, allo scopo di inquadrare correttamente le vicende di queste cronache. Mi sia permesso, quindi, in questo breve prologo, di introdurre il lettore al quadro generale che si presentava nel continente meridionale di Terala all'alba del ventunesimo secolo.


Dopo un secolo o poco più di dominazione themanita, il mondo era infine tornato ad una certa normalità, ripercorrendo uno dei suoi ricorsi storici per cui, in effetti, la nuova situazione non era certo tale, ma piuttosto assai simile a quella in cui si viveva prima che l'Oscuro Signore decidesse di estendere il suo dominio verso meridione. Il completamento delle vicende di cristalli, ad opera di un gruppo di eroi detti "gli eredi dei cristalli" e passati alla leggenda al punto tale che le loro stesse gesta e identità sono ritenute talvolta frutto di pura fantasia popolare, aveva avuto due risultati particolarmente evidenti: il ritorno degli Elfi e la caduta della dominazione themanita nel nostro continente.


Per lungo tempo gli Elfi si erano estraniati dal mondo, cancellando ogni traccia della loro precedente esistenza con tale efficacia che, per alcune generazioni, si era addirittura dubitato che l'antico popolo fosse mai esistito. In quel periodo le antiche alleanze erano venute meno, ogni razza aveva badato per lo più ai fatti propri, rinchiudendosi all'interno dei propri domini come avevano fatto i Nani, o rinverdendo vecchie politiche separazioniste che avevano portato di fatto ad un netto isolamento dei regni umani. I commerci ne avevano risentito, ma ancor più la diffusione della cultura e delle informazioni, fino a creare una situazione che storicamente pare ideale per giustificare le invasioni themanite del ventesimo secolo.


Proprio in quel periodo Themanis riversò sul continente meridionale di Terala gran parte delle sue attenzioni e, ovviamente, delle sue schiere. Se questo fosse dovuto all'opportunità storica cui ho brevemente accennato o piuttosto, come vogliono alcune storie, ad un suo interessamento nelle sorti dell'ultimo cristallo, non saprei dire con certezza. L'unico fatto certo è che l'Oscuro Signore trovò terreno fertile nella situazione che si era venuta a creare, riuscendo a portare sotto il proprio controllo gran parte del continente. Ben maggiori sforzi furono necessari per vincere la resistenza della formidabile organizzazione romeldana, risultato che fu effettivamente ottento abbastanza tardi, ma che comunque riuscì.


A quel punto, nulla restava dei regni esmeldiani, completamente annessi al giogo themanita, così come l'impero Auldim, Romeldan ed il Carusaal, ridotti a semplici province del nuovo impero. Calevenve, Nivelenve e gli altri regni elfici avevano cessato di esistere già da tempo e non costituirono un problema per l'Oscuro Signore, mentre i Nani furono dati per estinti a Bar-Shamdaar e per vinti a Bar-Arghaal. La resistenza era ridotta a sparute bande male organizzate e con pochi mezzi di sussistenza, alla stregua di semplici banditi, mentre Themanis dispiegava le ali della sua possente organizzazione su tutte le terre conosciute.


In qualità di storico, sento l'obbligo di precisare che non v'è in questi scritti alcun giudizio di parte sulle vicende del passato, che mi limito ad osservare e riportare. Per amor di verità, quindi, mi sia consentito dire che non tutto ciò che venne con la dominazione di Themanis fu male. Certamente vi fu privazione della libertà, vi furono soprusi, angherie e violenze, vi fu repressione e soppressione di idee e di libero pensiero, ma venne anche qualcosa che auspicabilmente dovrebbe essere il seme da cui far germogliare qualcosa di nuovo. La tirannia portò con sé una formidabile organizzazione, che in molti casi  non aveva eguali fra i regni e gli imperi che aveva annesso. L'esercito themanita, infatti, era caratterizzato da una disciplina e un'organizzazione che forse solo Romeldan conosceva prima di allora, e che certo fu di insegnamento per molti altri stati. Analogamente, l'intero apparato di governo era una macchina pressoché perfetta, con un complesso ed articolato sistema di responsabilità e organismi tali da consentire efficienti meccanismi di controllo e di gestione anche per un impero tanto grande.


In quest'ottica, il lettore non si sorprenda nell'apprendere che la fine della dominazione themanita non fu dovuta ad un'insurrezione popolare o di massa. In verità, a molti le cose stavano bene sotto la nuova organizzazione, che risultava più efficiente, garantiva più ordine e dava maggiori certezze, sia pure ad un prezzo talvolta elevato. Il mio parere è che il cambiamento fu originato da altri eventi, primo fra tutti la conclusione della vicenda dei cristalli, che forse considero ad oggi la ragione più probabile per l'improvviso e temporaneo interesse di Themanis nel nostro continente. Probabilmente, il ritorno degli Elfi da un lato, e la consapevolezza di aver perduto ogni possibiltà di impossessarsi dell'ultimo cristallo, semplicemente cancellarono i motivi per cui l'Oscuro Signore si era mosso nel ventesimo secolo. Il primo fattore portò un rinsaldarsi delle antiche alleanze ed un nuovo ingresso in campo di forze che difficilmente potevano essere contenute su un impero tanto vaso, sia pure con l'eccellente organizzazione del Drago Nero. Il secondo, presumibilmente, rese inutili eventuali sforzi, dato che non v'era più la ragione stessa del contendere. Ma queste sono mie personali riflessioni e non dati storici, voglia il lettore ritenerli un semplice spunto di riflessione su cui non tornerò ad annoiarlo.


fatti storici, oggi, dicono che gli Elfi sono nuovamente su Terala, e che le nazioni ed i regni precedenti al ventesimo secolo si sono ricostituiti o sono in via di ricostruzione. Se si tratti del ripetersi di un ciclo già visto o meno lo diranno i posteri, a noi uomini di questo tempo è consentito solo auspicare che quella parte di buono che possiamo aver imparato dalla dominazione themanita entri a far parte delle nostre menti e faccia da base per qualcosa di nuovo.


Romeldan, l'ultimo a cadere sotto il giogo del Drago Nero, si è ricostituito rapidamente, puntando naturalmente alla ricostruzione dell'esercito e della sua rete di informatori, anche se non tutto il territorio è tornato all'antica efficienza. Oggi le nostre città, e Meldanos in particolare, sono un vero e proprio punto di riferimento per tutti coloro che cerchino un'organizzazione in grado di valorizzarne le abilità, dietro compensi generalmente adeguati. Il commercio è rifiorito, ed il grande afflusso di avventurieri ha permesso di mantenere in massima parte l'ordine che rischiava di dissolversi al ritiro dei themaniti, senza cadere preda del brigantaggio che da altre parti si è diffuso.


Calevenve e Nivelenve sono tornate ad essere nazioni elfiche come lo erano in passato. Gli Elfi Silvani, i più semplici forse di questa razza e probabilmente i più curiosi, hanno iniziato a mostrarsi fra gli uomini e non è del tutto inusuale incontrarli nelle nostre città. Ben più difficile è incontrare gli Alti, che da sempre costituiscono la parte più nobile e antica del loro popolo. Anche gli Elfi Oscuri, almeno dalle nostre parti, sono tornati a mostrarsi, spesso entrando a far parte delle nostre organizzazioni per la raccolta di informazioni.


Bar-Shamdaar è nuovamente popolata dai nani, che hanno ricominciato a rendere difficile la vita nelle terre di confine con Romeldan, da sempre oggetto di contesa, anche se tali contrasti non sono mai sfociati in aperta ostilità. Bar-Arghaal, come era ovvio, resta la più grande e popolosa confederazione nanica nel nostro continente, e certamente fra le sue montagne sono custodite molte delle risposte che oggi cerchiamo per spiegare gli eventi appena conclusi, dato che questa fu la base di riferimento, a quanto si dice, per quella compagine di eroi che portò a termine le vicende dei cristalli.


Altrove, la situazione è diversa. Gli altri regni si stanno riformando, ma sono ancora molto indietro. Solo il Frosnal oggi rimane ancora formalmente un protettorato themanita, mentre gli esmeldiani hanno ripreso possesso della rocca di Vigassian e della capitale Bor-Sesirim. L'impero Auldim si sta ricostituendo a sua volta, ma la sua struttura arcaica e burocratica probabilmente non consentirà un rapido ripristino delle cose. Al di fuori di Romeldan, i territori del nostro continente sono oggi spesso preda di briganti, bande di disertori senza scrupoli e mostri usciti dalle loro tane avvertendo la mancanza di chi teneva le cose sotto controllo.


Certamente, avventurarsi in giro al di fuori delle città è oggi è più pericoloso che in passato, anche se i segnali di ripresa ci sono. Ci vorrà del tempo.


Edè in questo contesto che inizia la nostra storia, che narra di un modestonumero di individui, apparentemente normali e coinvolti quasi per caso invicende destinate a rivelarsi assai più grandi di quanto si sarebbe dettoinizialmente. Voglia il lettore perdonarmi qualche piccola imprecisione, almenonelle parti iniziali di questa trattazione, dovuta al fatto che ebbi occasionedi conoscerne i protagonisti solo molto tempo dopo che gli eventi si erano giàmessi in moto. Quanto da me scritto in queste pergamene, infatti, è in molticasi frutto di quanto mi fu raccontato in seguito da coloro che ne furonocoinvolti, e spesso io non ebbi modo di assistere a ciò che accadde, dovendoquindi limitarmi a narrare le cose basandomi su racconti e voci che, si sa, èdifficile separare dalle valutazioni soggettive dell'interlocutore che di voltain volta ce li riferisce.


ueste cronache iniziano in giorni difficili di un'epoca difficile, ma è in tempi come questi che i valori dei singoli emergono, come ci insegna la storia. Nei momenti più complicati, singole individualità emergono talvolta, contribuendo, anche a loro insaputa, ad instaurare un nuovo corso di cose, come in questo caso. La storia inizia ai primi giorni d'estate nel caos di una grande capitale come Meldanos, affollata da avventurieri, mercanti, ladri e ogni sorta di individui di ogni razza e provenienza, giunti sin qui in cerca di qualcosa da fare, di un lavoro, un'occasione, o semplicemente con la speranza di dare un senso alla propria esistenza. 


In questi giorni, le vie della capitale erano tappezzate di annunci di reclutamento, poiché, come ho anticipato, la riorganizzazione dell'apparato militare e della rete di informatori sono le cose più importanti per la nostra nazione. Gli annunci venivano affissi praticamente ovunque, sulle colonne dei templi, sulle pareti delle taverne, sulle fontane, sugli alberi, affinché chiunque potesse vederli senza difficoltà. Da alcuni giorni, però, un nuovo singolare messaggio aveva preso a comparire sistematicamente, quasi in tutti i posti in cui un precedente annuncio di reclutamento era stato messo. Si trattava di semplici pezzi di pergamena scritti a mano, con grafie diverse e non sempre leggibili, il più delle volte dai caratteri piccoli e ravvicinati, che certo non invogliavano alla lettura.

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Se sei interessato, conserva questo annuncio e recati domani mattina al Vicolo del Cerbiatto alla seconda clessidra.


Questo era più o meno il messaggio che riportavano, evidentemente ambiguo e volutamente generico, il che produceva il disinteresse della maggior parte dei pochi passanti che notavano l'avviso, anche per via del fatto che le pergamene erano quasi sempre macchiate e stropicciate, lasciando molti dubbi sulla serietà di chi poteva aver lasciato l'annuncio. Eppure, vi furono almeno sei persone che vi prestarono fede.


Si trattava di due elfi silvani, un marinaio, un vecchio mendicante, un mezzuomo ed una femmina di elfo oscuro. Tutti e sei si presentarono, chi prima e chi dopo, all'appuntamento annunciato recando il pezzo di pergamena in mano. Tutti furono ricevuti da un uomo di mezza età piuttosto scorbutico e sbrigativo, seduto ad un tavolo improvvisato che era stato posto al fondo del vicolo, sul quale si trovavano numerosi fogli di pergamena e una boccetta di inchiostro. Il misterioso interlocutore si dimostrò assai poco disponibile a rispondere alle richieste di chiarimento dei sei avventori, mentre fu ben più sollecito e preciso nel porre una serie di domande circa la provenienza, il nome, l'alloggio dei sei avventori, scrutandoli per bene dalla testa ai piedi, senza trascurare di esaminare attentamente anche i palmi delle mani. Tutti furono congedati con un laconico invito ad attendere un eventuale contatto da parte della misteriosa organizzazione, senza che fosse possibile scoprire di chi o cosa si trattasse.


Quella sera stessa, alcuni dei sei avventurieri iniziarono ad avvisare i primi sintomi del malessere. Gli altri ne subirono gli effetti la mattina seguente, e tutti comunque rimasero a letto, ammalati, l'intero giorno successivo. E quello dopo. E quello successivo. A nulla valsero gli intrugli, le analisi di chi, fra i sei, conosceva le vie della medicina, delle erbe, dei veleni o della magia. Nessuno ebbe modo di comprendere la natura del male che lo aveva colpito, i cui effetti andavano peggiorando mano a mano che il tempo passava. La febbre aumentò ed il respiro si fece affannoso fino ad essere quasi impossibile, e al termine gli sventurati caddero nell'incoscienza, convinti di essere in punto di morte.


Ma il fato aveva deciso che non era quello il tempo di morire.


Era invece il momento di iniziare una nuova fase delle loro vite.


Uno dopo l'altro, ciascuno riprese conoscenza, per ritrovarsi solo in un'angusta cella chiusa da una porta metallica sulla quale spiccava uno spioncino chiuso dall'esterno. Si trovarono adagiati su un pagliericcio, con i soli vestiti e privi delle loro borse, degli zaini, delle armi e di ogni altro oggetto che possedevano. Il mezzuomo iniziò a esaminare la sua cella, alla ricerca di una via d'uscita che non trovò. Il vecchio sedette sul pagliericcio, nella fatalistica attesa che si compisse ciò che Hoadun aveva riservato per lui. Gli altri si guardarono attorno, cercando di capire, battendo alla porta, senza ottenere altra risposta che l'eco dei loro colpi sul metallo.