Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 16 Novembre 2019
Parte IV, Capitolo 3: "Il Tempio della montagna e il Villaggio del Sole"
Seduta del 10 Febbraio 2004
"Il Tempio della montagna e il Villaggio
del Sole"
rael
si muoveva, agile e veloce, come non risentisse in alcun modo dello
sfinimento di solo pochi istanti prima, guidandomi nel folto della boscaglia
che portava verso l'interno dell'isola. Seguiva sicura quello che per lei
doveva essere un sentiero visibile e ben noto, sebbene io non potessi notare
differenze rispetto al resto della vegetazione che ci circondava, e in più
di un'occasione ebbi qualche difficoltà a starle dietro. Dalla piana
iniziale, il terreno si era rapidamente trasformato in una serie di dolci
ondulazioni e avvallamenti, che preludevano al prossimo innalzarsi del picco
che si ergeva verso il cielo fendendo le nubi a mezz'aria.
Quando
infine giungemmo ai piedi del picco, anziché trovare un sentiero per
iniziare la nostra ascesa, Rael iniziò ad inerpicarsi lungo la parete
rocciosa, rivelando ancor più l'estrema urgenza che doveva sentire.
Fortunatamente, la scalata fu relativamente semplice, visto che le
irregolarità della roccia fornivano numerosi appigli ai quali sorreggersi,
ma la mia salita fu ugualmente rallentata, non tanto per il peso
dell'equipaggiamento e dell'armatura, quanto dal dolore che ancora provavo
alla spalla sinistra per via del colpo d'ascia che avevo ricevuto dal
Guerriero di Ferro poco prima.
-
Se ti è possibile, Rael - dissi alla ragazza in uno dei brevi momenti di
pausa, - dovresti trovare un modo per medicare le mie ferite... non posso
affrontare mio padre in queste condizioni.
-
Poco prima del Villaggio del Sole c'è una fonte miracolosa che potrebbe
fare al caso tuo - rispose lei. - Prima di entrare in città vi passeremo,
così che tu possa ristabilirti per l'incontro tanto atteso.
Dopo
quelle brevi parole aveva ripreso la scalata, e completammo la salita in
pochi minuti, ritrovandoci su quello che appariva essere un sentiero
proveniente dal basso. Evidentemente, tanta era la fretta di Rael, che
invece di aggirare la base della montagna per prendere il sentiero dal
basso, aveva preferito inerpicarsi dal punto in cui ci eravamo trovati per
poi proseguire da più in alto. Mi chiesi perché mai avesse tanta fretta.
Certo, la sua popolazione era stata fatta prigioniera dai themaniti, ma non
poteva certo pensare che io da solo potessi bastare a liberare la città!
Perché mai sembrava avere così tanta urgenza che il padre incontrasse il
figlio? Erano domande destinate a restare senza risposta, per ora, presto
avrei capito da solo.
Lo
stretto sentiero che percorrevamo si aggrappava al fianco della montagna in
una salita quasi costante, ma non si avvolgeva completamente attorno al
picco, sembrava piuttosto serpeggiare lungo parte dei fianchi scoscesi,
sollevandosi oltre la vegetazione sottostante, fino a raggiungere le nuvole.
Guardando in basso, ripensai ai miei amici, laggiù da qualche parte, e
immaginai cosa stesse accadendo. Ce l'avrebbero fatta, mi dissi, avrebbero
eliminato gli avversari e poi, trovato il mio messaggio, mi avrebbero
raggiunto per cercare la chiave. Non dubitavo infatti che l'oggetto tanto
cercato, di qualsiasi cosa si trattasse, fosse in qualche modo legato al
Villaggio del Sole, dove mi attendeva mio padre, Ob Dentrix. La mia partenza
aveva solo anticipato le cose, avremmo ripreso la ricerca assieme dopo che
fossi riuscito a risolvere la mia questione di famiglia. Perché anche io ce
l'avrei fatta. Ce la dovevo fare.
Dopo
più di una clessidra di marcia raggiungemmo le nuvole e ci immergemmo nella
nebbia con la quale avvolgevano la montagna. Stranamente, in quel posto
parzialmente impenetrabile ai raggi del sole, la vita sembrava più che mai
presente, in misura ancora maggiore che nella vegetazione ormai lontana
sotto di noi. Scoiattoli attraversavano la strada, indugiando brevemente
alla nostra vista per poi scomparire rapidi. A destra e sinistra si sentiva
il frullare delle ali di qualche volatile, accompagnato da versi e cinguetti
a volte melodiosi, a volte semplicemente naturali. L'intero ambiente
sembrava ispirare una straordinaria tranquillità, come un qualcosa che da
secoli non conosceva gli orrori del mondo, almeno fino all'arrivo di mio
padre.
Erano
passate almeno tre clessidre da quando avevo abbandonato il gruppo, quando
Rael mi fece abbandonare il sentiero, voltando sulla sinistra. Sembrava ora
che non ci trovassimo più lungo i fianchi della montagna, poiché il
terreno si allargava sui lati in spazi più ampi, a indicare che eravamo
prossimi alla nostra meta. Camminammo ancora un po' in mezzo alla
vegetazione, fino a che questa si aprì in una piccola radura, al cui centro
stava la fonte. Una piccola pozza ricolma d'acqua calma, dal colore azzurro
intenso che sembrava emanare luce tutto attorno, la cui sola vista sembrava
rinfrancare gli spiriti e infondere coraggio.
-
Abbi molto rispetto di questa fonte - mormorò Rael, quasi sottovoce.
Annuii, già rapito dalla poesia e dall'incanto di quel luogo, e mi
inginocchiai osservando la mia immagine riflessa nel liquido azzurro. Il mio
viso appariva meno stanco e provato di quanto pensassi, quando infransi la
superficie dell'acqua raccogliendola fra le mani che portai al viso. L'acqua
aveva mille sapori diversi, eppure nessuno. Aveva l'aroma e la fragranza di
qualsiasi cosa desiderassi in quel momento, eppure non saprei descriverlo
con le parole.
Non
appena ebbi bevuto il primo sorso, provai un tremito e mi accorsi che il mio
corpo e la mente si fortificavano assieme. Laddove gocce della preziosa
acqua mi avevano bagnato, vidi le ferite richiudersi come per un miracolo,
provando un indicibile sollievo fisico e interiore. Rapidamente, sganciai i
fermi della corazza e mi tolsi la casacca, quindi presi a irrorare il mio
corpo ferito giovandone immediatamente, mentre inginocchiato ringraziavo gli
dei per quel dono grandioso.
-
Sono pronto - dissi infine, rivestendomi, mentre anche Rael si bagnava con
l'acqua della fonte magica.. Mi sentivo ora più fortificato
che mai, nel corpo e nello spirito, ero rinforzato fisicamente ma anche
mentalmente, mi sentivo sicuro, forte ed audace come forse non ero stato
mai, provando un'inebriante sensazione di intimo piacere interiore. Era ora di affrontare ciò che mi
attendeva.
-
Che tutto si compia, ora - dissi con un ultimo sguardo alla Fonte, mentre
tornavo a seguire la mia guida.
tornammo
al sentiero dal quale ci eravamo allontanati e riprendemmo a seguirlo,
proseguendo il nostro viaggio verso l'alto. La giornata era splendida ed un
caldo sole troneggiava nell' immenso cielo blu intenso sopra le nostre
teste, al di sotto del quale si stendeva una coltre di nubi candide simili
ad un improbabile suolo morbido ed inconsistente. D'improvviso, sembrò
addirittura cambiare la stagione, ed iniziai a provare un certo calore,
trovandomi sudato. Anche la vegetazione era repentinamente cambiata, eravamo
ora circondati da cespugli ed alberi lussureggianti che emanavano odori
fragranti ed aromatici, fra i quali occhieggiavano migliaia di fiori di
tutte le forme e colori, quali non avevo mai visto prima, L'aria era pervasa
dal ronzio e dalle forme bizzarre di mille varietà di insetti che passavano
da un fiore all'altro, instancabili nella loro naturale operosità, mentre i
numerosi rivoli che avevaqmo visto prima erano adesso scomparsi e solo di
tanto in tanto capitava di incontrare un piccolo corso d'acqua..
La
cima della montagna era ancora in alto, sopra di noi, ma talvolta riuscivo
ora a scorgerne l'estremità, che non terminava a punta come le montagne del
Bar-Arghaal, culminando invece in una sommità che pareva pianeggiante.
Tuttavia, non era là che eravamo diretti, mi disse Rael. Il Villaggio del
Sole si trovava si in alto, ma non sulla cima della montagna, e comunque mi
informò che avremmo fatto ancora una deviazione per recarci ad un luogo che
definì sacro, dove sentiva la necessità di pregare prima che gli eventi in
attesa si compissero. Salimmo così per almeno un'altra clessidra, lungo un
sentiero che ora non era più avvolto attorno alla cima, ma saliva quasi in
verticale, così che ebbi qualche difficoltà a stare dietro al passo rapido
della donna, dato il peso della corazza e del mio equipaggiamento.
Ad
un tratto ci trovammo su una cengia pianeggiante ed erbosa, dove una caverna
si apriva nel fianco della montagna. L'ingresso era contornato ai lati
da due bracieri accesi, e sul lato destro un getto d'acqua, simile ad
una piccola cascata, eruttava dalla roccia dietro la vegetazione, causando
una nebbiolina dovuta alla nebulizzazione dell'acqua nell'infrangersi contro
le rocce ed il fogliame. Un sentiero di pietre bianche sembrava condurre
all'imbocco della caverna, provenendo dalla nostra destra, probabilmente dal
villaggio stesso.
Rael
si fermò un istante sulla soglia e iniziò a mormorare qualcosa in una
lingua per me incomprensibile, ma notai che gesticolava al mio indirizzo,
spostando talvolta piccole pietre e pugni di terra ai miei piedi. Doveva
trattarsi di un rituale di purificazione, immaginai, poiché ad un tratto mi
disse che potevamo entrare, e venimmo così a trovarci in un'immensa grotta
all'interno del picco montuoso. La volta era alta oltre cinquanta braccia, e
la caverna era così ampia che la luce dall'esterno non poteva illuminarla
completamente. Procedendo dietro la mia guida all'interno, notai che ai
lati, in lontananza, erano state fissate numerose torce, ma la loro
posizione assai in alto mi fece pensare che doveva trattarsi di qualcosa di
magico, dal momento che nessuno avrebbe potuto sostituirle agevolmente a
circa quindici passi da terra. Il suolo era roccioso, ma non ingombro di
detriti, così procedemmo rapidamente sempre verso l'interno, attraversando
almeno tre volte un piccolo ruscello che serpeggiava all'interno della
grotta, che intuii essere l'origine del getto d'acqua che avevo visto
all'esterno.
Attraversammo
quindi un passaggio che ci portò in una seconda caverna, ancor più grande
e maestosa della precedente. La volta era qui a non meno di cento passi da
terra e le torce ai lati ed al fondo della grotta erano così lontane che
apparivano ai miei occhi come piccoli puntini luminosi, sufficienti comunque
a farmi percepire la sagoma vagamente romboidale dell'ambiente sotterraneo.
Giunti più o meno al centro, Rael mi intimò di fermarmi al centro di un
simbolo inciso a terra, che riproduceva un cerchio all'interno di un rombo i
cui vertici puntavano verso i lati del rombo più grande costituito dalla
caverna.
-
Resta qui, Gawain - mi disse, senza entrare nel cerchio - ora io pregherò i
miei dei, e sappi che potrà volerci un po' di tempo.
Annuii,
non avendo comunque alternative, e la vidi allontanarsi mentre già
riprendeva a cantilenare qualcosa nella sua lingua misteriosa. Volgendo lo
sguardo attorno, cercai di osservare l'ampia sala, distinguendo solo alcune
forme senza dettagli. Al fondo, pareva esservi un braciere o un fuoco di
qualche tipo, come dedussi dal bagliore tremulo e rossastro che proveniva di
fronte a me. Sulla destra, nell'angolo del rombo, una colonna d'acqua pareva
precipitare dall'alto della volta quasi senza scroscio, e doveva essere in
qualche modo raccolta e condottata poiché non v'era traccia di allagamenti
né del ribollire della schiuma che si sarebbe generata nell'impatto contro
il suolo. Nell'angolo di fronte, alla mia sinistra, non potevo distinguere
nulla più che un tenue bagliore, simile ad un riflesso. Alle mie spalle,
infine, il passaggio da cui eravamo giunti era contornato nella parte
superiore, fino alla volta, da grandi incisioni runiche che culminavano dove
si trovavano alcune grandi aperture attraverso le quali fischiava il vento e
penetrava parte della luce dall'esterno. Probabilmente, quello strano tempio
sotterraneo doveva essere legato al culto delle divinità elementali,
pensai, dopo aver così constatato la presenza almeno dell'aria, dell'acqua
e del fuoco.
Rael
fece più volte il giro della caverna, soffermandosi a lungo presso ognuno
degli angoli, in preghiera. Di tanto in tanto mi giungevano lontani gli echi
delle sue parole, resi ancor più irriconoscibili dall'ampiezza della sala.
Erano passate almeno tre clessidre quando tornò da me e, entrando per la
prima volta nel cerchio, mi disse che ora potevamo proseguire. Mi prese per
mano, suscitando il mio stupore, e mi guidò verso l'esterno. Poco prima di
tornare alla cengia esterna, ebbi l'impressione di vedere un simbolo simile
ad una spada argentata sulla sua spalla sinistra, ma prima che potessi dire
qualcosa era già svanito.
quando
fummo nuovamente all'aperto, fu subito chiaro che Rael aveva urgenza di
raggiungere finalmente il Villaggio del Sole. Mi esortò brevemente, quindi
prese a correre senza quasi curarsi che la seguissi. Prendemmo il sentiero
di ciottoli, attraverso il bosco, quindi giù per una discesa che ci portò
ad un incrocio dove si trovavano altri due bracieri accessi, a segnalare
l'inizio della strada per il tempio. Seguì una salita che superammo di buon
passo, fino ad un trivio che prendemmo verso l'alto, tornando ad inerpicarci
per un buon tratto verso la cima, fino a che arrivammo in vissta
dell'insediamento. Era poco più di un centinaio di case scavate
direttamente nel fianco della montagna, in uno stile che mi fece pensare ai
nani, anche se in questo caso tutto appariva più rozzo e non c'era traccia
di opere che testimoniassero un particolare ingegno nella costruzione. Il
villaggio pareva disabitato, probabilmente i suoi abitanti erano tenuti
prigionieri dai themaniti di Ob Dentrix.
-
Dove dobbiamo andare, Rael?
-
Alle case alte - rispose, indicando la parte più elevata del piccolo
abitato. - Dobbiamo fare molta attenzione ora, c'è una sola strada e non si
può aggirare in nessun modo, dovremo fare in modo che il silenzio sia il
nostro migliore alleato.
-
Allora dovremo aspettare il buio - suggerii, notando che mancava poco al
tramonto. Alcuni fiori iniziavano già a chiudersi con sorprendente
rapidità. - Così vedremo anche la posizione dei nostri avversari in base
ai punti in cui accenderanno i fuochi...
Così
facemmo e non ci volle molto perché l'oscurità calasse sulla montagna,
avvolgendoci nel buio non ancora rischiarato dalla luna, che probabilmente
si trovava alle spalle del picco più alto. Ad un tratto, vedemmo i fuochi
da campo e le torce accendersi, particolarmente contentrati nella zona alta
del villaggio. Uscimmo dal nostro riparo e superammo il breve spazio aperto
che ci portò all'inizio della scalinata di roccia che saliva zigzagando
verso l'alto attraverso i diversi livelli delle case, fino a raggiungere la
base. I gradini sembravano in alcuni punti fessurati, e ciuffi d'erba o di
muschio spuntavano dalle spaccature, a testimoniare la mancanza di una
manutenzione accurata da parte di quella gente, come se quel luogo fosse
nulla più che una residenza temporanea, in attesa di una sistemazione
migliore. Il sentiero era stretto e impervio, e ci trovavamo almeno a
quattrocento passi più in basso da dove si dovevano trovare i prigionieri
ed i nostri avversari.
Iniziammo
la salita, sfruttando le ombre e cercando di essere il più silenziosi
possibile, fino a che fummo a ridosso delle prime case illuminate,
probabilmente piccoli posti di guardia disposti da mio padre lungo la strada
che portava in alto.
-
Che noia questo servizio! - diceva una voce dall'interno di una delle case.
-
Si, e poi per cosa? Per stare qui ad aspettare chissà cosa... - rispose
un'altra voce. - Speriamo almeno che le altre dodici navi giungano presto a
darci il cambio...
- E
dire che avrei preferito essere con la flotta, ve lo immaginate vedere in
azione le nuove armi del mare? - aveva risposto un terzo soldato,
incuriosendomi a quelle notizie. Tuttavia, non ebbi modo di ascoltare altro,
poiché le guardie cambiarono subito argomento e presero a parlare, per la
verità anche in modo assai volgare, delle loro fidanzate che li attendevano
e di altri argomenti piuttosto ordinari e inutili ai miei fini.
Riuscimmo
agevolmente a superare il primo posto di guardia senza farci notare, fino a
che raggiungemmo la parte alta, dove un'ampio piazzale del tutto invisibile
dal basso era rischiarato dalle luci di numerosi fuochi. Una dozzina di
themaniti stava da un lato, a sorvegliare un gruppo di una quarantina di
individui che parevano seduti a terra e legati fra loro, erano gli abitanti
del Villaggio del Sole, li avevamo trovati. Da qualche parte, quindi, doveva
esserci Ob Dentrix.
-
Andiamo ora - mi disse Rael con calma, prendendomi la mano, - e ricorda di
mantenere la calma...
La
donna mi condusse per mano, avanzando in campo aperto di fronte ai themaniti,
con apparente calma. Sfoderai la spada, pronto al peggio, e fu allora che
Rael lasciò la mia mano, proprio mentre i themaniti si accorgevano della
nostra presenza, Qualcuno gridò un altolà che ignorammo, proseguendo,
mentre altri sfoderarono le armi e iniziarono a disporsi ai nostri lati,
accerchiandoci. La calma di Rael era per me fonte di ulteriore sicurezza,
che si aggiungeva allo stato di benessere che mi aveva dato l'acqua della
fonte magica. Un soldato andò ad avvisare qualcuno in una delle case poco
distanti.
Dopo
pochi istanti, si aprì una porta e ne uscirono due figure che conoscevo
assai bene. La prima era quella di un guerriero avanti negli anni eppure
incredibilmente vigoroso nell'aspetto e in qualche modo impressionante nella
sua pesante corazza di piastre nere: Ob Dentrix. Il secondo uomo era uno che
forse non avevo pensato di incontrare lì, e che onestamente avrei preferito
non incontrare mai più nella mia vita: era la figura incappucciata, scarna
e ingobbita del l'ambasciatore themanita che avevamo incontrato a
Bar-Arghaal.
-
Figlio mio, sei giunto fin qui, infine! - disse Ob Dentrix con la sua voce
profonda.
-
Si... tutto è andato secondo i nostri piani... - fece eco la voce stridula
e gracidante dell'ambasciatore.