A&P Chronicles 2002-2003 (VI, 3)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 20 Febbraio 2006

Parte VI, Capitolo 3: Il segno di Uldan

Seduta del 11/06/2003

Act'n Play

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 20 Febbraio 2006

Parte VI, Capitolo 3: Il segno di Uldan

Seduta del 11/06/2003

Il segno di Uldan

come venni a sapere alcuni giorni dopo, i malori sofferti da Adesir e Frostwind dovevano essere solo i primi segni di un avvelenamento che su di me aveva avuto ben più gravi conseguenze. I miei compagni mi videro cadere a terra, privo di sensi, gli occhi che perdevano sangue, uno spettacolo decisamente preoccupante. Anche se, da quanto mi fu raccontato, solo Adesir cercò in tutti i modi di trovare un rimedio al mio stato, mentre gli altri erano più dell'opinione che mi sarei rimesso col tempo, una volta che gli effetti del veleno erano stati rallentati dalla magia. 

Per fortuna, Adesir fu molto insistente e riuscì a preoccupare anche gli altri, altrimenti non avrei mai potuto scrivere queste pagine. Cercò in tutti i modi di analizzare il veleno di cui sembrava cosparsa la legna, senza tuttavia riuscire ad identificarlo. Giunse perfino a proporre una deviazione a nord, verso l'Ultima Frontiera, per invocare l'aiuto dei curatori Gnomi, ma la cosa fu giudicata impossibile: non avrei mai resistito tanto a lungo. Warland aveva fatto un breve pattugliamento della zona, sperando di trovare una qualche tribù il cui stregone potesse esserci d'aiuto, ma sembrava che ci trovassimo in una landa completamente disabitata. A peggiorare le cose, verso sera Frostwind e Adesir avevano ripreso a tossire sangue.

- Thorin... - balbettai, riaprendo gli occhi, riconoscendo il viso amico del mio compagno chino su di me. Tremavo per la debolezza ed il freddo, avevo la netta impressione di essere completamente zuppo e le articolazioni mi dolevano come dopo una battaglia furiosa. Tentai di articolare qualche altra parola, ma non mi uscì un suono.

- Pensa a riposare, Corvo - Thorin mi mise una mano sulla bocca, invitandomi a non sforzarmi troppo. Volsi lo sguardo attorno, rendendomi conto di essere sul carro. La pioggia picchiettava sul telone e il buio mi fece capire che doveva essere ormai sera. Mi addormentai.

al mattino mi svegliai, ancora dolorante e scombussolato, con lo stomaco sottosopra e una sensazione di bocca impastata assai sgradevole. Non avevo riposato bene, mi ero svegliato più volte in preda alla febbre ed alla tosse, notando il sangue che ogni volta macchiava il mio giaciglio. Anche Adesir e Frostwind tossivano allo stesso modo, ma apparivano meno provati quando mi salutarono, mostrandomi alcuni frammenti di legna che avevano raccolto nella speranza di identificare il misterioso veleno che ci aveva colpiti.

- Non è nulla di vegetale - osservai, studiando i frammenti facendo ricorso alle mie conoscenze di erboristeria. Oltre a ciò, non avevo la minima idea di cosa potesse essere la polverina bianca simile a farina che sembrava essere la causa del tutto.

Riuscii comunque a guadagnare una posizione eretta, sebbene fossi barcollante e malfermo sulle gambe al punto di necessitare delle cure magiche di Thorin. Nel frattempo, Warland stava recitando un rituale che coinvolgeva in qualche modo i misteriosi reperti.

- E' Tholcrid - disse, al termine dell'invocazione, soddisfatto. Ci voltammo verso di lui, ansiosi di saperne di più. Il nome di quel veleno mi ricordava qualcosa.

- Si tratta di una sostanza artificiale, creata in laboratorio dagli alchimisti - spiegò il paladino, - aggredisce le mucose e fa sanguinare occhi, orecchie e gola fino alla morte, se l'organismo non se ne libera prima... E' un veleno subdolo e contagioso, che può manifestarsi anche dopo un mese, contagiando moltissime persone. 

- C'è un rimedio naturale - intervenni, ricordando ciò che mi aveva evocato il nome della sostanza. - Si chiama Hiregan, è una pianta che si può trovare da queste parti. Ha foglie rosse e verdi con fiori rosa che vanno pestati e impastati con olio per produrre una sorta di pozione...

- Un antidoto? - chiese Frostwind. 

- No, non un vero e proprio antidoto - risposi, - ma è la nostra sola possibilità. La pozione di Hiregan è in grado di annullare gli effetti del veleno più o meno per un'intera giornata, e se ne avessimo un po' potremmo guadagnare tempo prezioso perché gli effetti svaniscano da soli o per riuscire a trovare chi è in grado di curarci definitivamente.

- Bene, allora dobbiamo trovare questa pianta, e subito! - osservò Polgrim, risoluto.

Mentre gli altri restavano al campo, io, Adesir e Warnom ci dedicammo alla ricerca della pianta che ci avrebbe allungato la vita nei giorni seguenti. Sulla base di quanto ricordavo, fui in grado di disegnarne uno schizzo abbastanza accurato, che Frostwind materializzò con la sua magia, fornendo a Warnom indicazioni sufficienti per la ricerca. Per migliorare le sue possibilità, il paladino ricorse anche ai suoi poteri mistici, invocando l'illuminazione di Uldan che gli avrebbe mostrato il cammino senza perdere tempo prezioso.

Alla fine della giornata, avevamo preparato sette pozioni, mentre avevamo ancora dosi sufficienti per altre quattro. Utilizzammo subito le prime tre, che ci avrebbero tenuti in vita per una giornata senza bisogno di ricorrere ancora alla magia per rallentare gli effetti del veleno, quindi stabilimmo di muoverci durante la notte. La giornata, infatti, non era stata particolarmente stancante, e le pozioni ci facevano sentire ritemprati a sufficienza da non voler perdere altro tempo, ora tanto prezioso. Per rendere più facile il nostro movimento, Frostwind dotò il carro di una simpatica luce magica che scaturiva dalle assi della parte anteriore, illuminando i cavalli ed il percorso lungo il quale avanzavano. 

marciammo, a passo normale, per buona parte della notte, avventurandoci di tanto in tanto in brevi perlustrazioni alla ricerca di altre eventuali piante di Hiregan, per accrescere le nostre scorte. Io ed Adesir facevamo brevi escursioni poco distanti dal sentiero percorso dal carro, mentre Warnom, guidato dalla sua magia, si allontanava talvolta anche fino a scomparire fra le ombre della notte, per far ritorno dopo qualche tempo con nuovi mazzetti di fiori rosa.

Erano passate quasi quattro clessidre, quando vidi Warlond tornare di gran carriera, il cavallo lanciato al galoppo.

- Grossi guai! - ammonì, prima ancora di rallentare la corsa. - Trenta o quaranta grossi selvaggi dalla pelle dipinta di nero muovono verso di noi, e sembrano sul sentiero di guerra! Saranno qui fra pochissimo...

Nessuno sembrava riconoscere la tribù cui potevano appartenere i barbari descritti dal paladino, neanche lo stesso Frostwind, ma non v'era ragione di dubitare delle sue impressioni. I nani balzarono giù dal carro già in assetto di guerra, digrignando i denti nel tentativo di scrutare l'oscurità. Anche Adesir era scesa e solo il mago era rimasto sul carro, iniziando a intonare uno dei suoi rituali magici.

- Saranno attirati dal carro - dissi, rapidamente mentre sfoderavo la lama nera. - Non restiamo tutti qui, siamo un bersaglio per le magie e ci possono accerchiare facilmente!

Scrutandomi attorno, notai un gruppo di cespugli ad alcuni passi sulla nostra sinistra, così smontai di sella e scattai in quella direzione. Qualunque cosa avesse eventualmente attaccato il carro, sarei stato pronto a balzarle alle spalle.

Non riuscivo a scorgere traccia dei nostri avversari nell'oscurità dinanzi a noi, che sembrava impenetrabile, anche se la notte non era delle più buie. Ad un tratto, il silenzio fu rotto dall'eco di una cantilena con cadenza fortemente ritmata, e subito vidi decine di piccole ombre scure viaggiare a grande velocità verso il carro. Simili a spettri d'ombra, le creature dardeggiavano in ogni direzione, volteggiando a mezz'aria, fino a che non circondarono il carro, iniziando a lacerare il telone. Con sgomento mi accorsi che alcune si dedicavano con particolare ferocia ai cavalli del tiro, sulle cui groppe sembravano aprirsi vaste ferite sanguinanti, senza causa apparente.

Alle mie spalle, il cavallo che avevo lasciato poco prima mi superò, procedendo in avanti come guidato da un cavaliere, che tuttavia non era in sella. Evento strano per un cavallo non particolarmente addestrato, ma non avevo tempo da perdere e ignorai la situazione, quando il secco rumore di una scarica elettrica echeggiò nell'aria. Vidi un breve lampo provenire dal carro e subito alcune delle creature si ritirarono, mentre mi sembrò che altre ne fossero annientate. Evidentemente Frostwind sapeva come difendersi. 

Stremati dalle ferite e dagli eventi innaturali che si verificavano, i cavalli si imbizzarrirono e inizarono a correre, senza controllo, trascinando il carro che sobbalzava pericolosamente ad ogni sasso ed ogni infossatura del terreno. Ancora incapace di vedere gli avversari che sapevo essere da qualche parte nell'ombra, mi rimisi a correre, cercando di tenermi alla stessa distanza dal carro, ma parallelamente ad esso. La mia corsa durò poco.

Vi fu uno schianto improvviso. Uno dei cavalli crollò al suolo, altri vi passarono sopra inciampando a loro volta e finendo travolti dalla folle corsa del carro impazzito, che si rovesciò di fianco. Per un attimo, vidi Warland sul suo cavallo bianco, muoversi come in carica dal lato opposto, mentre i nani avanzavano lentamente, alle nostre spalle. Di Adesir non v'era traccia.

Pensando che il mago fosse rimasto coinvolto nello schianto del carro, uscii allo scoperto per avvicinarmi, temendo il peggio. Fu allora che vidi i nostri nemici. 

i
selvaggi, come li aveva definito Warland, erano uomini alti e robusti dalla pelle completamente rivestita di una sostanza simile alla pece, che appariva tuttavia opaca, rendendoli quasi invisibili nel buio della notte. Ero ormai molto vicino a loro, infatti, quando me ne trovai improvvisamente di fronte tre, che impugnavano con entrambe le mani delle lunghe e spesse lance dalla punta enorme, sulla cui asta erano visibili alcune lame aggiuntive. Le lunghe zanne che avevano al posto dei denti mi parvero bianchissime in tutto quel nero, e non seppi se avevo di fronte uomini o mostri.

Chiunque fossero quegli esseri, sentii montare in me una rabbia furiosa. Avevano lanciato contro di noi delle creature spettrali, ammazzato i cavalli e distrutto il carro, forse avevano anche causato la morte di Frostwind e di Adesir, che erano scomparsi alla vista. Li caricai con tutta la forza, avanzando fra i tre in modo da rendere meno facile l'uso delle loro lunghe aste, e li colpii tutti e tre, schizzandomi copiosamente del loro sangue. Riuscii a deviare i goffi movimenti delle loro armi, troppo lente per impensierirmi, quindi roteai la spada nel mezzo della mischia, facendoli cadere a terra tutti e tre privi di vita e gorgoglianti del loro stesso sangue che fuoriusciva dalle gole squarciate.

Vi fu un'esplosione su quanto restava del carro, che dissolse alcuni degli spettri che ancora si affaccendavano nelle vicinanze. Notai con stupore che le fiamme della sfera infuocata non sembravano consumare il legno, né la tela. Forse c'era ancora una speranza che Frostwind fosse vivo, nel qual caso quello era il segno che stava cercando di vendere a caro prezzo la sua pelle. Ma non avrebbe potuto resistere a lungo, poiché il carro era circondato da tutti i lati, e una decina di selvaggi si erano già gettatii sui cavalli per divorarli mentre li facevano a brandelli. 

Rabbrividii al pensiero che il mago potesse subire la stessa sorte, così mi precipitai alle spalle dei selvaggi deciso ad affrontarli, qualunque fosse stato il loro numero. Prima che potessi raggiungerli, mi accorsi di una intensa luce azzurra che rischiarava la cima della lieve altura alla mia sinistra. Una decina di uomini neri si trovavano sulla sommità, fermi, come in attesa di qualcosa, o concentrati su qualcosa che avevano già fatto. La luce proveniva da un cavallo privo di cavaliere, che sembrava il mio, e ora scendeva di gran carriera verso valle, diretto nella direzione in cui avevo visto prima caricare il paladino.

- Uldan è con noi - mormorai fra me e me, convinto che quella fosse una manifestazione del fatto che il dio della giustizia fosse dalla nostra parte. La cosa era ulteriormente rafforzata dal fatto che nessuno era stato in grado di colpirmi e ora mi accingevo a far strage di altri nemici, sorprendendoli alle spalle.

- Sono invincibile, nessuno può uccidermi - mi convinsi, sferrando il mio attacco contro i primi malcapitati. Quattro teste nere irte di zanne sanguinanti rotolarono a terra prima che gli altri potessero rendersi conto di cosa accadeva. Poi, mi ritrovai circondato di nemici.

- La furia di Uldan vi colpisca! - gridai, mentre roteavo la spada con tutta la forza. Altri quattro caddero sventrati senza poter neanche alzare le loro lance. Per un istante, mi sembrò di cogliere uno sguardo di timore negli occhi degli altri, i cui attacchi furono facilmente deviati dalla mia lama, che sentivo gioire per la battaglia, mentre mi trasferiva l'energia vitale di coloro che aveva mietuto senza pietà.

Più avanti, continuavo a vedere il cavallo dalla luce azzurra aggirarsi sul campo di battaglia, la qual cosa mi infondeva altro fervore, convincendomi sempre più del favore del dio. Lo schiocco dei lampi provenne dall'altura, dove evidentemente altri erano impegnati nella loro battaglia contro gli uomini neri rimasti alle spalle della truppa. Poi, mi accorsi che i selvaggi che si trovavano davanti al carro erano stati imprigionati da una specie di ragnatela, e per qualche motivo non riuscivano a liberarsi, scivolando e cadendo goffamente ad ogni tentativo di rialzarsi.

Fui travolto da uno sciame di quei piccoli spettri d'ombra che si precipitarono contro di me da ogni parte. Uno di essi riuscì a colpirmi, infondendo nel mio corpo un gelo soprannaturale che mi rivelò la loro natura di esseri dell'oltretomba, mentre agitavo la spada per tenerli a bada. Subii ancora un'incursione, ma ormai mi ero ripreso dalla sorpresa. Con i piedi saldamente piantati a terra, mi concentrai sulle piccole figure svolazzanti e presi il tempo, muovendomi rapidamente per prevedere il loro volo. In pochi istanti, ne rimanevano solo tre. Probabilmente, ne avevo abbattuti una decina.

quando infine riuscii ad avere la meglio sull'ultimo spettro, questo anziché dissolversi come gli altri sembrò esplodere in aria, e la battaglia terminò d'improvviso. Come per magia, sia i corpi dei nemici uccisi che quelli ancora imprigionati nella ragnatela si disintegrarono lentamente, con strazianti grida di coloro che erano ancora in vita. Dei nostri misteriosi avversari non restava nulla. 

- Chi o cosa accidenti erano, dunque? - mi chiesi, mentre mi guardavo attorno.

- Non sarà stata questa la famosa "caccia"? - propose Polgrim alle mie spalle, mentre puliva la sua lama del sangue nemico, seguito dal fratello a poca distanza.

- Se è come dici, Polgrim, forse sono loro a doversi preoccupare adesso... - risposi, ancora invasato dalla sensazione mistica provata in battaglia.

Uno dopo l'altro, vidi ricomparire Adesir e Frostwind, con grande soddisfazione, e seppi che si erano dati da fare sull'altura per eliminare gli altri uomini neri mentre erano intenti a scagliare le loro magie su di noi. Warnom si avvicinava lentamente, ciondolando sul suo cavallo. Sembrava morto, forse il paladino aveva esaurito le sue energie in quella battaglia ed aveva pagato per tutti il favore che ci aveva accordato il suo dio? Sembrava un tributo ironicamente ingiusto per
Uldan.

Adesir si avvicinò a Warland e raccolse da terra qualcosa che brillava della stessa luce azzurra che avevo visto prima durante il combattimento. Era una spada, e la stava porgendo al paladino. Non era la sua spada, che notai al suo posto, nel fodero alla vita di Warland. Adsir afferrò le sue mani e ve la pose, richiudendo le dita attorno all'elsa, con delicatezza. Immediatamente la luce sembrò avvampare, rivestendo tutto Warland, che si destò dal suo stato.

- Hai visto, Adesir? - esclamai, eccitato. - Questo è un altro segno, ho visto la luce azzurra di Uldan in battaglia e mi ha reso invincibile, il dio è stato dalla nostra parte, ci ha benedetti! 

- Non sai neanche quanto, Gawain - rispose la ragazza, sorridendo dolcemente. 

- Non sai neanche quanto...

Solo in quel momento mi accorsi che Adesir non aveva più il suo arco magico. In compenso, sul petto e sugli spallacci della sua corazza erano comparsi i caratteristici fregi a forma di bilancia che rappresentavano il simbolo sacro del dio della giustizia e dell'equità.