A&P Chronicles 2002-2003 (IV, 7)

Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 21 Gennaio 2006

Parte IV, Capitolo 7: Bar-Arghaal

Seduta del 22/01/2003

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Dal diario di Gawain "Corvo Nero" Caradrim - 21 Gennaio 2006

Parte IV, Capitolo 7: Bar-Arghaal

Seduta del 22/01/2003

Bar-Arghaal

la cena ebbe il pregio di rinfrancarci dopo quella estenuante giornata, anche se si trattò di un cinghiale in sugo di lepre dal sapore fin troppo speziato e piccante, che solo Thorin riuscì ad apprezzare. Adesir fece infine la sua comparsa dalle cucine con un'aria soddisfatta, e fu subito chiaro che per qualche misteriosa ragione aveva imparato a parlare e comprendere il linguaggio degli gnomi, con il secondario effetto di non essere più in grado di comunicare nelle altre lingue. Ogni volta che tentava di rivolgersi a noi era ora necessario l'intervento di Fiocco come interprete, giacché le sue parole suonavano come prive di senso alle nostre orecchie. Intuimmo comunque che doveva trattarsi di un effetto temporaneo, pertanto nessuno si diede pena per la cosa, dato che ormai pensavamo solo al meritato riposo della notte.

Solo Thorin non sembrava particolarmente stanco, e mostrava un broncio per qualche suo pensiero insistente, che non tardò a rivelarmi al termine della cena. Il nano era molto imbarazzato e colpito pèr il comportamento di quei suoi simili che si erano rivelati null'altro che dei volgari banditi di strada, ed era intenzionato il giorno seguente a esplorare il rifugio che avevo trovato, nella speranza di trovare Krug ed indurlo a meditare sulle sue azioni. Compresi che in quel frangente Thorin era animato da sentimenti di comprensione e accondiscendenza che normalmente non trovavano posto nel suo rude e duro modo di fare, ma era chiaro che si trattasse di un caso speciale, dato che si trattava di membri della sua stessa razza. Tentai di tranquillizzarlo, facendogli notare come in ogni popolo vi fossero i buoni ed i cattivi, le persone perbene e le cosiddette mele marce. Ovviamente, restò del suo parere e non potei fare altro che dirgli che lo avrei accompagnato al rifugio dei banditi...

Quando fu il momento di ritirarsi, gli gnomi ci assegnarono un edificio un po' più grande degli altri, nel quale avremmo potuto trovare riparo per la notte. L'interno era caldo ed accogliente, anche se ovviamente tutto era di dimensioni inadeguate alle nostre necessità. C'erano otto piccoli letti che avremmo potuto usare al massimo come cuscini, e che con l'aiuto di Frostwind ammucchiai da un lato per fare spazio al centro in modo da dormire sul pavimento di legno. Mi sdraiai sulla mia coperta, seguendo l'esempio del nano che già era sul punto di iniziare a russare, e presto mi addormentai senza dar peso alle lamentele di Adesir che pretendeva un locale separato.

al mattino, fui svegliato da rumore seguito a breve da un sommesso borbottio di lamento. Non avevo più sonno, così decisi di alzarmi per andare fuori a prendere una boccata d'aria non viziata come quella che si respirava all'interno. Vidi Adesir sdraiata accanto a Frostwind, entrambi sembravano ancora immersi nel sonno, anche se notai che il mago aveva un evidente chiazza rossa su una guancia, la probabile traccia di uno schiaffo per qualche libertà che aveva cercato di prendersi. Ci ebbi gusto. Dopo Bor Vigassian, Adesir sembrava desiderosa di venire in contatto con tutti gli uomini che conosceva tranne me, e del resto anche Frostwind aveva bisogno che qualcuno mettesse un freno al suo ego smisurato...

Mi trovai la via d'uscita sbarrata dal corpo di Thorin, che aveva stabilito di dormire proprio davanti alla porta, "giusto per fare un minimo di guardia", come aveva detto la sera prima di coricarsi. Intenzionato comunque ad uscire in strada, cercai di spostarlo con la punta dello stivale. Ne ebbi un borbottio in risposta che mi rivelò come anche il Nano fosse in realtà sveglio o in dormveglia, stirò le possenti braccia, allungò le gambe ed infine eruppe in un peto fragoroso, aprendo infine gli occhi. 

- Corvo, sei sveglio anche tu? - disse a bassa voce quanto può un nano, cercando di non svegliare gli altri - Volevo andare al tempio di Morgrim, potresti accompagnarmi, se ti va.

Annuii con la testa, indicando la porta che il nano si affrettò ad aprire, felice per avere ottenuto la mia compagnia. Ma non appena socchiuse l'uscio, una folata di gelido vento ci gettò in faccia neve e ghiaccio in quantità, ammucchiandone perfino all'interno della casetta. Durante la notte si era scatenata una vera bufera di neve che ancora infuriava, al punto che nessuno si vedeva in strada, neanche gli gnomi che dovevano certamente essere più abituati di noi a quelle cose.

Ci affrettammo, avvolti nei nostri mantelli e camminando a passo veloce sotto la neve ed il vento ghiacciato che sferzava i nostri visi senza pietà, fino a che giungemmo in vista del grosso edificio circolare di pietra che avevamo visto il giorno prima. Entrammo frettolosamente e ci scrollammo di dosso la neve, trovandoci all'interno del tempio dedicato alla divinità di tutti i nani, Morgrim il Forgiatore, così detto perché secondo la leggenda i nani non nacquero come le altre razze, sarebbero invece stati forgiati dalla roccia e dal metallo nelle sue fucine.

L'interno era piacevolmente riscaldato da numerosi fuochi che ardevano, dando alla grande sala circolare una rossa luminosità che mi fece pensare di essere all'interno della bottega di un maniscalco. Lungo i lati erano disposte una serie di panche di legno, di bassa altezza, tutte rivolte verso il centro, dove l'altare era costituito in realtà da una gigantesca incudine, sulla quale era sospeso un non meno gigantesco martello.

Thorin si diresse verso la zona centrale ed iniziò ad officiare i suoi riti della mattina, che non potei fare a meno di constatare essere assai meno formali e noiosi di quelli di Warnom. Il nano parlava ad alta voce, rivolgendosi a me in tono quasi normale, narrando parabole sulla vita di Morgrim e facendo similitudini con gli episodi delle nostre avventure e quant'altro. Il solo momento di preghiera tradizionale che riconobbi, fu quando Thorin chiese a Morgrim un segno per capire se sarebbe stato giusto tentare di ricondurre Krug al bene o se dovevamo dimenticarci di quell'episodio.

Dopo circa una mezz'ora, fummo raggiunti da Adesir e Frostwind, non meno infreddoliti di noi, che giunsero appena Thorin aveva finito di narrarmi la storia di quando Morgrim aveva subito il furto del suo martello e per riaverlo aveva fatto una strage di nani grigi. Infervorato dall'estasi mistica della parabola, al vedere gli altri due amici aveva immediatamente ripreso da capo, costringendomi così ad un secondo ascolto della stessa storia.

le grandi porte del tempio si spalancarono improvvisamente una terza volta, lasciandoci intravedere alcune figure che si stagliavano contro il chiarore esterno. La neve turbinava attorno alle tozze figure che ora iniziavano ad incedere verso il centro della sala, fino a quando l'ultimo di loro non richiuse i battenti alle sue spalle. Thorin aveva un'espressione di sorpresa, la stessa che probabilmente colse tutti noi quando realizzammo che non si trattava degli gnomi. Avevamo finalmente l'occasione di vedere da vicino i nani di
Bar-Arghaal.

La piccola compagnia si componeva di sette nani, cinque dei quali erano guerrieri ricoperti dalla caratteristica corazza di scaglie dalla testa ai piedi, dal colore brunito eppure lucenti, e dalle armi sferraglianti ad ogni passo. Fra loro, vi erano un ufficiale con la fascia rossa ed un sacerdote dalle vesti azzurre sul cui corpetto era riconoscibile il simbolo di
Morgrim.

- Buongiorno a voi, nobili signori di Bar Arghaal - salutai accennando un inchino di fronte a quei fieri individui. - Io sono Gawain Caradrim, e questi sono i miei compagni, Adesir Drienal, Frostwind delle Tempeste
e....

- Lascia che sia io a parlare! - mi ammonì Thorin, interrompendomi, mentre si portava fra me ed i nani, presentandosi da solo. Iniziò quindi a parlare con il sacerdote e l'ufficiale, ma non fummo in grado di capire nulla, dato che a questo punto la conversazione si svolse esclusivamente in lingua nanica. Poi, ad un tratto, ci fecero un cenno e li seguimmo fuori dal tempio.

Il gruppo si arrestò brevemente una volta fuori, dove ora la tempesta era diminuita di intensità fino quasi a smettere di nevicare. Ancora una volta, non potemmo capire ciò che veniva detto, ma la mia attenzione fu attirata da quella che avrei giurato essere una visione: lungo la strada, Warnom passeggiava al fianco del capo villaggio, indossando abiti laceri e chiaramente di fortuna.

- Warnom, amico mio! - esclamai con le lacrime agli occhi, correndogli incontro. Ci abbracciammo, e mi ritrovai a toccarlo per accertarmi che fosse tutto vero. Gli gnomi avevano accelerato le loro cure ed ora il nostro amico era tornato alla vita per chissà quale mistero della magia che non avevo alcuna voglia di sondare. Mi bastava constatare che fosse davvero così, che anche la più orrenda delle morti poteva essere sconfitta, in quei giorni di confusione ed incertezza. Ben presto, fui raggiunto dal resto del gruppo, le cui reazioni furono simili alla mia.

- Dov'è il mio equipaggiamento? - chiese ad un tratto Warnom. Raccontai così dell'agguato e del fatto che avevamo perduto tutto ciò che era sul carro, ma non si perse d'animo, insisteva perché tornassimo al luogo del combattimento, poiché doveva assolutamente recuperare qualcosa che era rimasto fra le ceneri del carro.

- Nessuno si muoverà da qui - sentenziò ad un tratto uno dei nani di Bar-Arghaal, nuovamente in lingua Auldim, quando comprese che eravamo sul punto di soddisfare la richiesta del nostro amico. Mi lamentai per quell'imposizione, ma a nulla valsero le mie proteste. Mi fu fatto notare, peraltro senza particolare cortesia, che eravamo nella giurisdizione della federazione nanica e lì erano loro a comandare, dalla qual cosa nacque una prima discussione.

Frostwind mostrò allora la nostra cintura dell'amicizia, suscitando in effetti l'interesse del gruppo ed in particolare del sacerdote che ora avevo capito chiamarsi Felgram. Tuttavia, dissero che non era possibile parlare di cose importanti in quel luogo, ed avremmo dovuto recarci dai saggi per la nostra ambasciata, così ci approntammo a seguirli verso la montagna. Fummo pronti in breve, dopo aver prelevato quanto restava dell'equipaggiamento ed aver lasciato i cavalli in custodia al villaggio degli gnomi, dato che sarebbero stati inutili nel viaggio che dovevamo affrontare. I nani sembravano di poche parole e quando parlavano lo facevano in modo che subito mi parve arrogante e poco educato, come constatai quando intimarono a Frostwind che la sua magia non era la benvenuta dalle loro parti. Ad ogni modo, verso metà mattinata fummo pronti alla partenza e ci avviammo per il sentiero montano, dietro le guide di BAr-Arghaal e sotto la bufera che aveva ripreso a infuriare al punto da non consentire neanche di vedere il sole.

marciammo di buon passo per almeno cinque o sei clessidre, inerpicandoci lungo i pendii montuosi e passando frequentemente da una gola all'altra, come in un labirinto creato dalla natura in quei luoghi, fino a quando la colonna si fermò e ci ricompattammo davanti a uno sperone roccioso.

- Mirate, la porta meridionale di Bar-Arghaal! - esclamò compiaciuto Durin, l'ufficiale, indicando un gigantesco portale alto oltre trenta passi che si levava lungo il fianco della roccia poco più avanti. Per quanto imponente, anche ad un occhio attento sarebbe stato impossibile scorgere l'accesso, senza le guide naniche. L'immensa via d'accesso era sormontata da una torre di guardia provvista di gettatoi e feritoie per la difesa, una formidabile opera di ingegneria situata in un luogo così remoto ed ostile, che al confronto faceva impallidire anche le Mura Ciclopiche di Bor-Sesirim. Lo stesso Thorin era rimasto a bocca aperta, senza parole, di fronte a tale dimostrazione delle abilità della sua razza.

Quando le porte furono aperte, venimmo ammoniti di fare molta attenzione, poiché avremmo proceduto al buio e su un terreno sconnesso per lungo tempo, poiché da quel punto mancavano ancora due giorni di marcia per raggiungere Bar-Arghaal. Mi chiesi quanto fosse grande il dominio dei nani sotto quelle montagne, quante generazioni di scavatori e ingegneri ci fossero volute per costruire un simile portentoso complesso sotterraneo. Tuttavia, non c'era tempo per la meraviglia né per altro, dal momento che le nostre guide sembravano avere una certa fretta di proseguire, mostrando ben poca comprensione per chi, non appartenendo alla loro razza, avrebbe certamente avuto difficoltà nella marcia al buio. Thorin ci porse una corda che usammo come guida, avanzando così i primi incerti passi all'interno della montagna, già esausti per la precedente marcia forzata. Ma a nessuno sembrava importare che fossimo affaticati.

Dopo almeno una clessidra e mezza di marcia, grazie anche alle insistenze di Thorin, ci fu accordato un certo tempo per riposare, anche se evidentemente le misure delle nostre clessidre non erano le stesse usate dai nani, così che non saprei dire per quanto ci fu concesso di riprendere fiato. Avevamo percorso una serie di tunnel sotterranei che ben presto mi fecero perdere l'orientamento (anche se raramente ebbi l'impressione di imboccare vie laterali rispetto alla principale, che non deviava di molto rispetto all'ingresso) ed eravamo stati condotti in un ampio salone un tempo usato dai mercanti umani che provenivano da sud per commerciare con le sette città della federazione di
Bar-Arghaal.

La sala, debolmente illuminata da una serie di alti lucernai, ospitava dei letti delle nostre dimensioni, un paio di tavoli e qualche sedia, oltre ad alcuni armadi. Era evidente che quei luoghi non fossero più usati da lungo tempo, giacché da molte decine d'anni i nani si erano ormai ritirati nelle loro sale sotterranee rinunciando ai rapporti con le civiltà umane di Terala. Ovunque aleggiava un odore di muffa e di chiuso e, dopo aver consumato un pasto a base di carne e ottimo pane, dovemmo rimuovere una spessa coltre di polvere e terriccio per poterci stendere su quei letti più simili a rozze panche di legno che altro. 

Quando ripartimmo, dopo aver riposato, percorremmo ancora un breve tratto all'interno della montagna, e ben presto uscimmo all'aperto, venendoci a trovare su un camminamento sopraelevato che si intrecciava con molti altri simili percorsi, in una sorta di labirinto. Ogni camminamento, che di per sé costituiva già un'opera ciclopica interamente realizzata con una pietra bianca di chissà quale provenienza, serpeggiava nel vuoto incrociandone decine di altri, posti a differenti altezze, le cui direzioni erano tali e tante da far girare la testa. Il tratto sul quale ci trovavamo era uno dei più alti, sotto di noi era possibile intravedere, ad un centinaio di passi, il fondo della valle, all'interno della quale un fiume quasi completamente ghiacciato zampillava da una fessura della roccia riversandosi nello strapiombo. La poca acqua non gelata che si riversava dalla cascata risplendeva di una luce tanto brillante che pensai scorresse in una sorta di condotta metallica.

La tenue luce dell'alba fu per noi il primo riferimento allo scorrere del tempo che riuscimmo a trovare da quando avevamo varcato le porte meridionali di
Bar-Arghaal.

Tuttavia, l'immane vista che si era parata ai nostri occhi non rendeva giustizia alle dimensioni di quel formidabile complesso, che appariva ben più piccolo di quanto si rivelò in realtà. Procedendo sul camminamento sopraelevato, infatti,, sembrava che non ci avvicinassimo mai alla sua fine, e ogni tanto incontravamo un posto di guardia dove un nano seduto ad una scrivania prendeva annotazioni prima di lasciarci proseguire. Scendemmo di livello, e dopo numerose clessidre di marcia finalmente ci ritrovammo nuovamente ad entrare nella montagna.

- Stiamo per giungere a Aktaarbork - ci disse Durin, interrompendo il lungo silenzio, - la prima delle sette città di Bar-Arghaal. Sarete ospitati nell'edificio dell'antica gilda dei mercanti, dove stasera incontrerete il Reggente della Forgia! - Notai che Thorin ebbe un sussulto a quella notizia, e alla mia richiesta seppi che il Reggente della Forgia era la massima autorità della Confederazione Nanica, colui al di sopra del quale i nani ritenevano vi fosse il solo
Morgrim. 

Giungemmo così al termine di quel lungo viaggio, entrando in una straordinaria città sotterranea che al solo sguardo intimoriva gli animi, al pensiero che vi fosse al mondo una razza in grado di realizzare un simile portento. Fummo condotti in un grande edificio dove ci furono assegnate delle stanze e presto degli inservienti ci portarono dell'acqua per lavarci; fortunatamente, mi trovai con Frostwind che ebbe cura di scaldare la gelida acqua con le sue arti magiche...

dopo aver riposato brevemente, indossai gli abiti puliti che portavo nello zaino, e mi preparai per il ricevimento avendo cura di apporre i nastri cerimoniali all'elsa della spada, come si conveniva in un'occasione di pace. Presto giunsero nuovamente gli inservienti, per condurci al cospetto del Reggente.

Entrammo in un'ampia sala riscaldata da due enormi camini che si trovavano alle due estremità. Ai lati, lungo una parete, erano appese teste impagliate di numerosi animali, e su quella di fronte erano state appese un'infinità di armi e corazze con tanto di targhe che probabilmente ne descrivevano la classificazione, il proprietario, e le occasioni in cui erano state utilizzate nel corso della storia di quella città. Sopra uno dei due camini, era appeso un particolare quadro che attirò l'attenzione di Warnom. Si trattava di un dipinto chiaramente non nanico, nel quale erano raffigurate strane creature umanoidi dall'aspetto esile, con orecchie a punta e dai bellissimi lineamenti.

Al centro del salone, un grande e massiccio tavolo ornato con rune naniche e grifoni rampanti dominava l'ambiente. Seduto a capotavola si trovava un anziano nano dalla fluente barba bianca, che indossava una lucente corazza dei colori dell'oro e dell'argento, completamente istoriata di rune ed altre incisioni che rivelavano la chiara importanza di colui che l'indossava, il Reggente della Forgia. Ai suoi lati, sedevano due nani per parte, che apparivano più giovani, anche se non di molto; non indossavano armature, sebbene il loro importante stato fosse comunque evidente per via degli altri ornamenti che portavano, come bracciali, monili ed altro.

- Vi porgo il nostro saluto, o viaggiatori - esordì uno dei nani, alzandosi in piedi - Io sono Galdrim, consigliere del Reggente della Forgia - Così dicendo, fece un ampio gesto in direzione del nano più anziano, accennando un goffo inchino.

- Sono Thorgrim Scudo di Roccia, governatore reggente della città di Esembark del Fiume di Ferro - si presentò allora il nano anziano, senza alzarsi dallo scranno. Aveva una voce profonda che rivelava un gran numero di inverni alle sue spalle. Così dicendo, indicò il resto del tavolo invitandoci a sedere con quel gesto.

Subito dopo si presentò Dagor Martello d'Oro, rappresentante del consiglio degli anziani, forse il più anziano dopo il reggente, che aveva un'aria diffidente e minacciosa. Notai che aveva l'abitudine di guardarci strizzando gli occhi, come se cercasse di scrutarci attentamente, nell'atteggiamento di chi non si fida o si aspetta qualcosa di male. Compresi in quel momento che il nostro compito non sarebbe stato facile.

Poiché gli altri non accennarono a seguire l'esempio del reggente e di Dagor, Thorin fece la parte del gruppo prendendo la parola, e ci presentò uno ad uno ai nostri ospiti. Dagor non smetteva di osservarci con il suo fare inquisitorio, mentre gli altri sembravano ascoltare i nostri nomi senza tradire alcun tipo di emozione, ma fui piuttosto indispettito nel notare che tutti portarono una mano sotto il tavolo all'udire il mio soprannome, in un comune gesto scaramantico. Ad ogni modo, non seguì alcuna conversazione a quelle presentazioni, poiché i nani erano soliti discutere le udienze a tavola, così subito vennero fatti entrare gli inservienti con i cibi e le bevande, dando a Warnom l'occasione per una delle sue interminabili e noiose preghiere di ringraziamento, nella quale ebbe cura di coinvolgere tutti i presenti.

Abituato agli schemi di etichetta esmeldiani, completamente diversi da quelli nanici, fui disorientato dal modo in cui i nani erano soliti trattare le faccende diplomatiche, tanto che ci ritrovammo quasi per caso a parlare dello scopo della nostra visita. Quando mi fu chiaro che quella che era sembrata una discussione sorta quasi casualmente nel corso del pranzo era in realtà il vero scopo della nostra missione, ci trovavamo già accalorati nelle discussioni. Il clima era tuttaltro che piacevole, e più volte mi tornarono alla mente le parole di Shair e Guglielmo con le quali ci avevano ammoniti che non saremmo stati i benvenuti a
Bar-Arghaal.

Era facile percepire la diffidenza di quella gente, che ci trattava con sufficienza dubitando di ogni nostra parola, sollevando perplessità e dubbi circa la nostra missione, sostenendo che non c'erano motivi perché i nani tornassero ad intervenire con gli eventi del mondo esterno. Dagor Martello d'Oro era il nostro più accanito oppositore nella discussione, e cercava costantemente di metterci in difficoltà esortando il Reggente a mettere fine a quello spiacevole colloquio per lui privo di senso. Aska Bork, il capo della gilda dei mercanti, sembrava più propenso ad ascoltare quanto avevamo da dire, e fu lui a consegnare al reggente il plico che Frostwind estrasse, discutendone brevemente sottovoce. Tuttavia, anche su quel documento, per noi importante, furono sollevati numerosi dubbi, soprattutto in quanto la richiesta non proveniva da un'autorità come il governo della città di Bor-Sesirim, ma piuttosto da un non meglio identificato gruppo di resistenza. 

La discussione, già accesa fino a quel momento, si inasprì ulteriormente quando ci trovammo di fronte a quel muro di ottusità ed agli innumerevoli dubbi che Dagor sollevava. Non usò mezzi termini per farci capire la scarsa considerazione che aveva della nostra razza, che ci riteneva degli impostori che probabilmente avevano ottenuto la cintura dell'amicizia con l'inganno o il furto, ci chiamò farabutti, manigoldi e malfattori, parole che mi fecero montare il sangue alla testa, facendomi dimenticare le regole dell'etichetta e che mi trovavo al cospetto di chi era a tutti gli effetti un sovrano nella sua terra.

A nulla erano valsi i tentativi di Warnom e Frostwind di fare appello a ciò che quella razza aveva rappresentato nel passato, non riuscivamo a fare breccia nel loro muro di indifferenza. Di quanto avevo appreso sui libri circa la gloriosa storia dei nani non c'era traccia in quella sala, di fronte a me vedevo solo dei vecchi stanchi e codardi, che si erano arresi e si erano nascosti al mondo, credendo che questo li avrebbe salvati da ciò che vi accadeva. Intervenni cercando di far leva sul loro orgoglio con queste motivazioni, ma ebbi in risposta solo maggiore indifferenza e nuovi insulti da parte di Dagor. Anche lo sguardo del reggente non rivelava nulla che lasciasse trapelare un interesse.

- E' mai possibile che non vi rendiate conto? - esplosi ad un tratto, rabbioso, intenzionato a scuotere l'apatia di quella gente. - Non potete ignorare quello che accade nel mondo! Un giorno, quando gli uomini saranno stati schiacciati, Themanis verrà a bussare anche alla vostra porta, e sarà solo una questione di tempo! Per quanto pensate di poter resistere, chiusi nei vostri buchi in queste montagne? Credete che nascondervi servirà per sempre? Non vedo in voi alcuna traccia dell'antica gloria, vi siete arresi e avete paura di affrontare il mondo, i Nani di cui si narra nelle storie e nelle leggende non esistono più, voi siete solo i fantasmi della vostra antica razza...

Naturalmente, mi resi conto solo in seguito che quanto avevo detto in preda alla rabbia mi avrebbe fruttato il taglio della testa presso qualsiasi altra corte. Chiamare codardo un re e dirgli che il suo regno non è altro che una serie di buchi in una montagna non era certo una brillante prova di diplomazia, ma ormai era fatta, mi ero lasciato trasportare dalla mia impulsività e potevo solo sperare che quelle parole servissero a scuotere gli animi dei nani. 

E li scossero, infatti. Solo che fu solo per sollevare ulteriore sdegno e rabbia, per cui fui allontanato dalla sala assieme a Warnom, che mi aveva sostenuto nella discussione, usando parole anche più dure delle mie!

una decina di minuti più tardi, quando ormai io e Warnom stavamo per farci condurre fuori dal regno dei nani convinti che non fosse possibile ottenere nulla da quella gente, Aska Bork ci venne a chiamare, facendoci capire che il Reggente richiedeva la nostra presenza.

Fummo nuovamente accolti nella sala, anche se fu subito chiaro che il nostro ruolo sarebbe stato quello degli spettatori, mentre il Reggente continuava a dialogare con Frostwind e Adesir. Il mago e la ragazza, infatti, sembravano aver saputo mantenere la calma meglio di noi e continuavano a discutere pur senza offendere i suscettibili nani, che tuttavia continuavano a non mostrarsi affatto interessati alle richieste di
Shair.

Dopo una ulteriore lunga ed estenuante discussione nella quale mi sforzai di non intervenire per non compromettere gli sforzi dei miei compagni, mi fu finalmente chiaro che il nostro vero antagonista in quella vicenda era Dagor ed il consiglio degli anziani che rappresentava, irrigidito sulle sue posizioni conservatrici dettate dal lungo isolamento della confederazione. 

La gilda dei mercanti di Aska Bork, invece, sembrava favorevole ad accettare una nuova apertura di Bar-Arghaal verso il mondo esterno. Era ovvio che tale interessamento fosse prevalentemente motivato dall'opportunità di rinfrescare le attività commerciali che da tempo ristagnavano relegate all'interno delle sette città naniche, poiché ora lo scaltro Aska Bork intravedeva l'opportunità di nuovi e vantaggiosi commerci con il mondo esterno da lungo tempo trascurato. Tuttavia, la cosa andava a nostro vantaggio, poiché il reggente si dimostrava possibilista, quale che fosse la sua reale motivazione.

Al termine, il Reggente volle ascoltarci uno ad uno per un'ultimo confronto di idee e si dimostrò sorprendentemente conciliante nel concedere la parola anche a me ed a Warnom. Facendo appello a tutta l'etichetta e l'educazione che fui in grado di sfoggiare, espressi sostanzialmente gli stessi concetti di poco prima, scusandomi per le parole usate e chiarendo cosa intendessi dire, sottolineando come l'isolamento non potesse più giovare alla comunità nanica ora che le cose volgevano al peggio nel mondo esterno.

Dagor rifiutò di trattenersi sostenendo l'inutilità di dare attenzione alle nostre parole, ma Thorgrim Scudo di Roccia ascoltò attentamente ciascuno di noi, pur senza tradire il suo pensiero. Al termine, fummo congedati e venimmo condotti ai nostri alloggi per la notte. Non parlammo lungo il breve tragitto, ciascuno immerso nei suoi pensieri e nelle riflessioni che l'intensa trattativa aveva suscitato, assieme alle incertezze circa il modo in cui si sarebbe conclusa la nostra missione in quel luogo, fra quella gente così dura, ostile e distante dai nostri modi di pensare.

Mi svestii e mi sdraiai sul letto, stanco come dopo un combattimento. Mentre già cadevo preda del sonno, mi trovai a pensare che Thorin, al confronto con i nani di Bar-Arghaal, era da considerarsi di carattere amabile e conciliante...