Andrea Angiolino intervista Stephen Baker

Quattro chiacchiere con Stephen Baker di Andrea Angiolino L'autore di mitici best-seller come Heroquest e Starquest ci svela i retroscena della sua brillante carriera.
 Incontro Stephen Baker alla Fiera del Giocattolo di Norimberga, dove è presente in quanto Research & Developement Manager dell'inglese Bluebird.
 La Fiera, teatro di tutti gli affari internazionali nel settore del gioco e del giocattolo, è un continuo correre da uno stand all'altro: ma Stephen ci offre gentilmente una parte del suo prezioso tempo per raccontarci della sua carriera di autore.
 Nella quiete dell'ufficio stampa sfoglia Kaos; ci fa complimenti di rito e rimpiange che in Inghilterra non ci sia una rivista indipendente di giochi di ruolo come la nostra.
 Poi l'intervista ha inizio.
[Intervista di Andrea Angiolino realizzata nel 1998 per Kaos]

Autori

Quattro chiacchiere con Stephen Baker di Andrea Angiolino L'autore di mitici best-seller come Heroquest e Starquest ci svela i retroscena della sua brillante carriera.
 Incontro Stephen Baker alla Fiera del Giocattolo di Norimberga, dove è presente in quanto Research & Developement Manager dell'inglese Bluebird.
 La Fiera, teatro di tutti gli affari internazionali nel settore del gioco e del giocattolo, è un continuo correre da uno stand all'altro: ma Stephen ci offre gentilmente una parte del suo prezioso tempo per raccontarci della sua carriera di autore.
 Nella quiete dell'ufficio stampa sfoglia Kaos; ci fa complimenti di rito e rimpiange che in Inghilterra non ci sia una rivista indipendente di giochi di ruolo come la nostra.
 Poi l'intervista ha inizio.
[Intervista di Andrea Angiolino realizzata nel 1998 per Kaos]

Kaos - La storia di Heroquest e Starquest inizia ai tempi in cui eri alla Games Workshop, vero?
SB - Sono stato Store Manager per loro, ma quando ho lavorato a quei giochi non facevo parte del loro staff.
 Ho iniziato a lavorare a tempo pieno per la Games Workshop nel 1984: già dal 1982 collaboravo con loro part-time nei fine settimana.
 Il mio vero impiego era in banca, fin da quando sono uscito dal college, ma lavoravo per la GW nei weekend per ampliare la mia collezione di giochi (la GW è una di quelle ditte che preferisce pagare i suoi collaboratori in prodotti anziché in denaro, NdR).
 Nel 1984 mi hanno assunto regolrmente e dopo tre mesi ero Store Manager.
 Dopo altri due anni ho ricevuto una telefonata da un tale che lavorava per la filiale inglese della Milton Bradley.
 Aveva visto la pubblicità della Games Workshop e aveva capito che fossimo una specie di falegnameria: stava cercando dei giochi in legno, ma anche dei gruppi di playtester.
 Mi sono quindi offerto come collaudatore di giochi: ho preso una settimana di ferie dalla GW per andare alla Milton Bradley a provare prototipi di gioco e a dare consigli sui loro progetti.
 Alla fine della settimana quel tale, Roger Ford, che era il vicepresidente della divisione Ricerca e Sviluppo, mi ha chiesto se volevo andare a stare da loro a tempo pieno.
 Ovviamente ho detto di sì.
 Sono entrato in MB nel 1986 e ho cominciato lavorando su Misteries of Old Peking: un gioco inventato da Mary Danby, che è andato benone in Francia per parecchi anni.
 Poi ho lavorato su Inkognito, aiutando a metterlo a punto.
 Sono anche stato tre giorni a Venezia, per collaborare con Alex Randolph sulle limature al sistema di gioco.
 
Kaos - E qui arriviamo a Heroquest. Come è nata l'idea?
SB - Roger aveva dimostrato dell'interesse per il filone dei giochi fantasy.
 Io gli ho mostrato molti esempi di titoli con quell'ambientazione, attingendo alla mia collezione personale.
 Ho iniziato a descrivergli come mi immaginavo che potesse essere un gioco di quel tipo che fosse però destinato al mercato di massa.
 Discutevamo a lungo di giochi fantasy.
 Ne abbiamo discusso anche con la GW: i loro progettisti erano a loro volt interessati a un progetto per il mercato di massa.
 Io e Roger pensavamo che sarebbe stato bene utilizzare le miniature della produzione Citadel/GW perché avrebbe contribuito molto all'atmosfera.
 Per essere onesti, il primo prototipo era abbastanza più complicato: ma nel giro di due o tre mesi l'ho semplificato parecchio.
 Nella versione iniziale c'erano dei singoli pezzi di cartone per ciascuna stanza o corridoio, ma c'erano decisamente troppi componenti.
 Allora ho rifatto il gioco con un unico, enorme tabellone, pieghevole in tre parti, come quello di Inkognito: ma era troppo costoso...
 
Kaos - Come mai, nel progettare Heroquest, hai deciso di mescolare il classico gioco da tavolo con degli elementi da gioco di ruolo?
SB - Volevo creare un gioco che per i più grandicelli fosse un vero e proprio gioco di ruolo.
 Il giocatore che impersona il mago cattivo è un master, ha perfino uno 'schermo dell'arbitro'.
 E' un gioco che ha le meccaniche di un boardgame ma che si presenta come un gioco di ruolo.
 E questo, secondo me, è piaciuto a parecchia gente.
 Nel campo del fantasy, i giochi esistenti erano roba che andava a finire a notte fonda.
 A me invece piaceva l'idea di creare un gioco stile Talisman che fosse adatto a gente tra i nove e gli undici anni.
 E ho voluto fare un gioco che avesse il sapore del gioco di ruolo, dove si deve cooperare anche se la collaborazione tra i partecipanti non è regolamentata.
 Non c'è un obiettivo del tipo 'vincere o perdere': si deve compiere la missione assegnata, ma occorre anche migliorare più che si può il proprio personaggio in modo che nelle partite successive sia più potente.
 Abbiamo fatto parecchie riunioni in Milton Bradley per esaminare il prototipo.
 Abbiamo discusso per parecchie settimane con il management.
 Alla vigilia della riunione decisiva c'era ancora molta preoccupazione per i costi e le difficoltà di una produzione del genere.
 La notte precedente alla riunione ho avuto l'idea per fare un unico tabellone, con una mappa di cui si sarebbero usati ogni volta dei settori diversi.
 Era come avere un tabellone nuovo ogni volta per i vari scenari...
 Tra l'altro, scrivere le diverse missioni era un gran divertimento.
 Tornando al tabellone, il problema è che se spieghi i giochi di ruolo o i giochi fantasy a chi non li conosce e magari non è neanche interessato a starti ad ascoltare, il messaggio deve arrivargli il più velocemente possibile.
 A quelle riunioni io giungevo con uno scatolone e iniziavo a tirare fuori tutti i pezzettini.
 In termini reali era come se avessi avuto una mappa unica, ma gli uomini del marketing sono rassicurati se tu invece apri un bel tabellone, spieghi che è un classico gioco da tavolo e loro non devono fare dei salti mentali per passare a chissà quale altra categoria di giochi.
 Questo aiuta il marketing, la pubblicità televisiva e tutto il resto.
 Meglio qualcosa di più immediato da capire, che non crei confusione.
 Il concetto delle stanze componibili in pezzi separati è rimasto invece in Advanced Heroquest.
 
Kaos - Anche quello è un tuo progetto?
SB - Quello no, è stato interamente sviluppato dai progettisti della Gams Workshop 18 mesi dopo.
 Al momento dell'accordo, ci avevano tenuto a tenersi aperta quella possibilità.
 Heroquest è stato lanciato nel 1989 e ha vinto il riconoscimento come 'Family Game of the Year' nel Regno Unito.
 Laggiù ha venduto 126.000 copie, nel corso del primo anno.
 Poi è uscito anche in Francia, Germania, Olanda, Italia, Spagna, Scandinavia, Svizzera, e successivamente anche negli Stati Uniti, in Grecia e un po' su tutti i mercati raggiunti dalla MB.
 Nel giro di due anni, Heroquest e Starquest sono diventati una parte considerevol del fatturato globale della MB Europa.
 
Kaos - Heroquest è un gioco interamente tuo? Dopo che lo hai ideato, lo sviluppo è stato affidato a un team?
SB - L'ho inventato io e ho fatto personalmente la maggior parte dello sviluppo, con l'aiuto di Ben Rathbone.
 Lui è ancora alla Milton Bradley: in particolare, ha lavorato molto alla progettazione delle espansioni.
 
Kaos - Hai citato Starquest.
 Come nasce questo gioco?
SB - Dopo il successo di Heroquest sembrava naturale pensare a un seguito.
 La scelta più ovvia era farne una versione di ambientazione fantascientifica, continuando a lavorare sull'immaginario che la GW e la Citadel avevano messo insieme per Warhammer 40.000, con i loro Space Marines.
 Il progetto Starquest era stato messo a punto con obiettivi diversi.
 Innanzi tutto stabilizzare il successo di Heroquest, che era stato il primo gioco 'mainstream' di questo tipo.
 Certo, c'era già Talisman: ma non era mai diventato un prodotto da spot televisivi.
 Il successo di Heroquest mi consentì di creare un gioco in cui il tabellone era formato da quattro pezzi separati, che potevano essere fatti ruotare.
 Ci ho comunque tenuto moltissimo al fatto che, nell'illustrazione del retro della scatola, il tutto sembrasse un normale tabellone.
 Come in Heroquest, c'erano diversi elementi di scenario che davano un'impressione di tridimensionalità.
 In Heroquest c'erano dei pezzi di arredamento sia in cartone che in plastica; in Spacequest ho messo una sezione centrale a croce.
 Il tabellone era una cosa un po' 'mezzo e mezzo': non si trattava esattamente di stanze e corrido i individuali, ma i quattro pezzi potevano essere ricombinati per cambiarne la disposizione, o magari anche essere messi in fila o in altri modi.
 Il secondo grosso obiettivo era legato al fatto che Heroquest piaceva, ma per il mercato di massa il giocatore che interpretava il mago cattivo era un po' troppo limitato in quello che poteva fare.
 C'erano due punti di vista, su ciò: ai bambini piaceva fare il mago cattivo per il senso di potere che ciò offriva.
 Avevano i loro segreti, erano gli unici a sapere dove si trovava tutto quanto.
 Il prezzo che pagavano per questo era però che loro non erano dei giocatori attivi, ma piuttosto passivi.
 Con Starquest, io volevo che il giocatore malvagio diventasse molto più dinamico: per questo anche lui ha i suoi obiettivi, e può davvero vincere.
 Da qui l'idea dei segnlini 'blip', che possono essere veramente efficaci per un sistema di movimento nascosto, o per lo meno per un movimento in cui i giocatori Marines non sanno che cosa rappresentano i vari segnalini.
 Il gioco funziona: è il mio preferito tra quelli che ho inventato.
 I Marines devono lavorare insieme, il che non è sempre facile.
 Le missioni non consentono sempre di correre l'uno in aiuto dell'altro così facilmente.
 La combinazione di carte per i diversi comandanti dei Marines consente a ciascuno di giocare con un proprio stile di combattimento personale.
 Anche le carte a disposizone del giocatore alieno sono molto divertenti.
 Nei supplementi ho cercato di creare delle missoni in cui occorreva più che altro sopravvivere, ma in generale il gioco è più simile a una serie di scenari di Space Hulk.
 Chi amava questo gioco poteva man mano far promuovere il proprio capitano a gradi più alti e ottenere più carte di equipaggiamento.
 Di Starquest sono state fatte un paio di espansioni, dedicate agli Eldar e ai Dreadnought.
 Spesso mi chiedono se è possibile riuscire nelle missioni dell'espansione sui Dreadnought.
 Specialmente nell'ultimo scenario, in cui si attacca la fabbrica stessa che produce i Dreadnought e se ne possono costruire di nuovi: se tu ne fai fuori uno, il giocatore alieno può fabbricarne un altro con quei pezzi.
 E' uno scenario assai tosto, ma i Marines possono vincere.
 Non è facile, molti dicono che è addirittura impossibile: ma il trucco è non distruggere il Dreadnought! Lo scenario è basato sull'assedio di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale, dove i tedeschi sono andati all'attacco di una fabbrica di carri armati da cui continuavano a saltarne fuori sempre di nuovi.
 
Kaos - E anche Starquest è stato un successo.
SB - Sì: è adato bene fin dal suo lancio in Inghilterra, nel 1990.
 O era il '91? No, era il '90.
 Dopo due anni ho fatto Battlemaster: non so se è arrivato in Italia...
 
Kaos - Sì.
 Era un gioco rivolto ai bambini...
SB - Si tratta di un wargame molto semplice.
 L'obiettivo era quello di offrire più di 100 miniature in una stessa scatola.
 E' un gioco molto meno strategico, ma le strategie ci sono: non basta la pura fortuna.
 Un giocatore abile batte un giocatore scarso.
 E' stato progettato per essere giocato in un'oretta, senza tanti problemi.
 
Kaos - Anche di Battlemaster sei l'unico autore?
SB - Sì.
 In seguito ho fatto altri giochi: ho creato Dinosauria per la Schmidt Spiele e ho lavorato per loro su altri titoli come Village of fear, Dragonsgate...
 Anche qui cercavo di avere più pezzi che si poteva, un effetto tridimensionale, dei bei dadi...
 Il sistema di base era tirare delle belle manciate di dadi per colpire, e successivamente per difendersi.
 Mi piaceva molto conservare questi elementi nei vari giochi da me progettati.
 
Kaos - Come è proseguita la tua carriera?
SB - Nel 1992 ho lasciato la Milton Bradley per diventare un freelance.
 E' stato nell'anno e mezzo successivo che ho fatto Dinosauria e gli altri titoli della Schmidt.
 Lavoravo molto con Roger Ford, che aveva lasciato la MB un paio d'anni prima di me.
 Dopo due anni e mezzo, nel 1995, sono entrato alla Bluebird (una grossa ditta inglese dedita principalmente ai giocattoli, NdR) per aiutarli a ricostruire la loro gamma di giochi e per lavorare nel settore dei giocattoli per ragazzi.
 E questo è in linea di massima ciò che ho fatto negli ultimi tre anni: ho rafforzato considerevolmente il loro assortimento di giochi.
 L'anno scorso abbiamo lanciato Havoc (un wargame fantascientifico, vedi Kaos n. 45, NdR).
 Di nuovo, l'idea non era molto diversa da quella degli altri giochi che ho fatto in passato.
 Il sistema è molto facile: vuole essere per i più giovani ciò che sono i giochi della Games Workshop per i più grandicelli ed esperti.
 Abbiamo messo in commercio a buon mercato una bella gamma di miniature, per di più già dipinte, con un sistema di regole che consente a chiunque di poter combattere una battaglia che abbia tutti i tipici elementi dei wargame tridimensionali più complessi.
 Ma qui le regole sono assai più facili.
 Dal mio punto di vista, io cerco di creare giochi che mi piacerebbe giocare o che mi sarebbe piaciuto giocare quando ero bambino.
 Quando ho cominciato a giocare a wargame e ai boardgames avevo sette od otto anni: facevo dei giochi molto semplici, e quando mi stancavano iniziavo a inventarmi delle regole opzionali, oppure passavo a dei giochi più complessi.
 Ma se non ci fossero stati quei giochi più facili, non avrei mai cominciato.
 Per questo penso che sia un peccato quando a volte, nell'ambiente del gioco, dei titoli più semplici vengono trattati con scarsa considerazione o con disprezzo.
 E mi fa piacere pensare che, nel corso degli anni, Heroquest e Starquest abbiano fatto avvicinare delle nuove persone al mondo delle simulazioni e dei giochi di ruolo.
 
Kaos - Questo è certamente vero per molti dei nostri lettori.
Grazie per la disponibilità, e anche per le belle serate che ho passato su Starquest a dar la caccia agli alieni...



I giochi di Stephen Baker


Axis and Allies: Pacific



Battle Masters

Battleball

Battlemasters: Chaos Warband

Battlemasters: Imperial Lords



HeroQuest

HeroQuest - Adventure Design Kit

HeroQuest - Against the Ogre Horde

HeroQuest - Kellar's Keep

HeroQuest - Return of the Witch Lord

HeroQuest - Wizards of Morcar

HeroScape

HeroScape Expansion Set: Jandar's Oath

HeroScape Expansion Set: Mallidon's Prophecy

HeroScape Expansion Set: Utgar's Rage

HeroScape Expansion Set: Zorlac's Quest



Risk - Lord of the Rings Expansion Set (incl. Siege of Minas Tirith game)

Risk - The Lord of the Rings

Risk - The Lord of the Rings - Trilogy Edition



Schlacht der Dinosaurier, die

Space Crusade

Space Crusade - Eldar Attack

Space Crusade - Mission Dreadnought