Sid Meier's Civilization: The Board Game (FFG)

Voto recensore:
7,7

Civilization è un titolo a cui molti giocatori sono particolarmente sensibili. Vuoi per la popolarità della serie di videogiochi, vuoi per il tema condiviso da ormai diversi altri giochi in scatola, lo sviluppo di una civiltà rappresenta un archetipo del popolare genere di “gestione risorse”. Con questo prodotto, da ora in poi Civ, FFG investe in un terreno sicuro e cerca di proporre un gioco che riassuma tutti i punti di forza del tema, superando le debolezze dei concorrenti.

Questa recensione non intende proporre un confronto preciso tra Civ e il videogioco omonimo e non discuteremo in dettaglio nemmeno le regole stesse di Civ, che chiunque può consultare sul sito FFG; piuttosto cercherò di riassumere i caratteri principali del gioco e i motivi per i quali esso è attualmente il più appetibile tra i giochi del suo genere, pur essendo lontano dalla perfezione.

Ambientazione
L’ambientazione è un requisito essenziale quando si parla di civiltà, ma in questo titolo è azzeccata solo in parte in quanto trae dal videogioco, pur attenuandolo, il poco gradevole stile di calderone generico in cui, ad esempio, gli americani comunisti costruiscono il Colosso di Rodi. Se da un lato questa forma di libertà rende il gioco vario, dall’altro non fa troppo bene allo stile dello stesso.
Le sei civiltà presenti nel gioco sono ben differenziate, probabilmente non troppo bilanciate tra di esse (v. sotto), ma in generale rappresentano gradevoli varianti; si sente però la mancanza di un maggiore scelta e l’assenza di nomi illustri fa presumere (con un certo timore) future espansioni. (Voto: 6,5)

Il Gioco
Articolato su più turni, Civ offre un’ampia scelta di azioni e strategie.
Ad ogni turno ciascun giocatore compie, in quest’ordine: soliti aggiustamenti di inizio turno, raccolta dei punti Trade (l’insieme astratto delle risorse statali), gestione delle città (ciascuna può compiere un’azione, sui cui dettagli v. oltre), movimento delle forze in campo e ricerca tecnologica. Questa scaletta determina la possibilità d’impiegare truppe nello stesso turno in cui si creano; vi sono tuttavia alcuni accorgimenti che impediscono o limitano alcune “combo”, ad esempio è impossibile ammassare più truppe e con esse attaccare nello stesso turno così come trarre vantaggio da una tecnologia nello stesso turno in cui viene ricercata.
La fase di gestione cittadina, cuore del gioco, offre 3 opzioni mutualmente esclusive: produzione di edifici/unità, produzione di cultura e raccolta di una risorsa; la prima è decisamente la più utile, la seconda sembra mal bilanciata (v. oltre), la terza ancora di più, in quanto utile davvero in pochi casi. Interessante il meccanismo per cui ogni città genera propri punti produzione per costruire edifici e unità che, se non vengono spesi, vanno perduti.
Il Trade è invece una risorsa globale che in parte interagisce con i punti produzione, ma che può essere accumulata da un turno all’altro. Le due risorse principali del gioco si impiegano dunque in modo notevolmente diverso.

Il gioco mira a porre scelte difficili, tendenzialmente mono-direzionali, con poche possibilità di compromessi; non capiterà mai che in turno si riesca a fare davvero tutto quello di cui si avrebbe bisogno, anzi, generalmente neanche la metà.
Civilization fa ampio uso di un irritante esubero di carte e segnalini, nel migliore (peggiore?) stile FFG, per rappresentare tutte le variabili e gli elementi di cui tenere nota così come delle sempre più inflazionate “rotelle” (o dials) per tenere conto delle risorse.

Considerazioni
Bilanciamento
Il gioco si può vincere in 4 modi diversi corrispondenti ad altrettante direzioni nelle quali sviluppare la propria civiltà; questa è una gran bella cosa, perché permette di cambiare notevolmente approccio, per quanto sia generalmente necessario non trascurare nessuna delle quattro strade (tecnologica, culturale, economica, militare).
Ciascuna civiltà è più facilitata nel perseguire una di queste strade, talvolta anche un paio, e nessuna è da escludere a priori; alcune civiltà offrono una strategia piuttosto ovvia (Germanici), altre sono piuttosto flessibili (Americani), altre sono più difficili da usare (Russi) e perdonano pochi errori. Il rovescio della medaglia è che la compresenza di così tanti fattori crea molte variabili, che danno l’impressione di uno scarso controllo e di limitato bilanciamento. Ad esempio, la vittoria culturale è generalmente molto difficile, anche perché il modo principale per acquisire cultura è regolato da una meccanica che lascia un po’ perplessi; tuttavia, una civiltà quale i Romani può superare tale meccanica grazie alla propria regola speciale e ottenere una fin troppo facile vittoria culturale.
La strada tecnologica e quella economica sembrano all’incirca sullo stesso piano, con il notevole valore aggiunto di essere strettamente dipendenti l’una dall’altra; tuttavia, entrambe (specie quella tecnologica) procedono secondo un sistema di scatti fissi il che rende sostanzialmente molto prevedibile quando un giocatore sia in procinto di vincere e, al tempo stesso, quando non ci sia speranza, magari perché si è rimasti indietro di un solo turno.
La vittoria militare è la più insidiosa, la più “potente” in termini di situazione di vittoria di più giocatori ed è particolarmente condizionata dai nostri vicini; scoprire il fianco al momento sbagliato significa vittoria per la potenza militare di turno e, cosa ancora peggiore, indebolire un giocatore (per difesa o meno) senza riuscire a finirlo al proprio turno significa in genere regalare la vittoria al prossimo avversario.
In definitiva, bisogna comunque apprezzare la varietà offerta senza incorrere in tempi di gioco biblici, il che rappresenta senz’altro uno dei punti di forza di Civ. (Voto: 7.5)

Colpo d’occhio
Non ci siamo, il tabellone è davvero brutto perché una volta scoperto somiglia a un’accozzaglia di pixel accostati a caso. Il mondo non ha un verso, è pieno di laghi e tratti di mari che spuntano e muoiono dal nulla, catene montuose sparpagliate a caso e così per tutto il resto. È il prezzo da pagare per aver voluto riprodurre su tavolo la generazione casuale dello scenario da videogioco, peccato. Decisamente anonime pure le pochissime miniature.
In generale risultano carine, in compenso, le illustrazioni, ma non si può proprio dire che Civ sia una gran bellezza a vedersi. (Voto: 5,5)

Divertimento
Civ è divertente. Si è già accennato sopra al valore del tema, però preme sottolineare che il divertimento di Civ deriva non solo dalla giocabilità, ma anche dal fatto che il gioco riunisce diversi aspetti, seppur tutti semplificati: esplorazione, movimento, diplomazia, costruzione, sviluppo, gestione e guerra.
Il gioco procede secondo un’escalation molto sentita, muovendo lentamente i primi passi fino a precipitare verso gli ultimi turni quando tecnologie potenti permettono di rovesciare mezzo tabellone in poche mosse. Questo ritmo rende Civ un gioco piuttosto difficile nonostante il regolamento non sia ostico.
Tanti sono gli aspetti in ballo e talvolta, purtroppo, s’intravede dietro il meccanismo di gioco una griglia matematica abbastanza rigida. Il gioco in effetti presta il fianco a certi tipi di approccio (giocatori “tristi analisti”), con alcuni aspetti tendenti allo stile tedesco. Fortunatamente una buona dose di casualità assicura che lo sterile calcolo abbia un’utilità circoscritta nel gioco e l’interazione tra giocatori rimane sempre alta. (Voto: 8)

Regolamento
Come da tradizione FFG, si tratta di un manuale prolisso, discorsivo, sparpagliato. In compenso le regole non sono particolarmente complesse, il che determina in generale una buona giocabilità. Chiariamoci, Civ non è di certo un gioco facile né rapido da apprendere, ma è senz’altro giocabile.
Uno dei suoi punti di forza è proprio il tempo di gioco relativamente contenuto (considerando il tema), un obiettivo che si raggiunge attraverso due fattori: la semplificazione tendente all’astratto di certe meccaniche (specialmente commercio e guerra) e l’eliminazione di altre tradizionalmente presenti in questi giochi. Si tratta in generale di compromessi più che accettabili in funzione della giocabilità, non si ha mai l’impressione di giocare sottotono, né che certi aspetti siano stati realizzati in modo troppo approssimativo, a parte aspetti quali le meraviglie, gli uomini straordinari e le forme politiche.
Il gioco non comprende dadi, ma in accordo alla moda corrente fa un uso smodato di carte di vario tipo anche per gestire la casualità.
Da segnalare, tra gli aspetti migliori del regolamento, senz’altro la gestione semplificata dell’albero tecnologico e delle merci di scambio. (Voto: 8)

Tirando le somme, il gioco merita un 7 pieno. Per alcuni aspetti, primo fa tutti il merito di rendere giocabile un tema così complesso, meriterebbe anche di più, ma non si può ignorare il fatto, per nulla secondario, che Civ ha "poco carattere"; la grandeur del tema viene in parte penalizzata da una certa debolezza sul piano dell'ambientazione, della veste grafica, di certe meccaniche lontane da un realismo (es. quello politico) che certo avrebbero giovato al gioco se fossero state realizzate in modo più tematico e il sottotitolo di Civ, "Choose your path to glory!", è in parte una promessa delusa; difficile avvertire davvero in pieno questa gloria durante e alla fine della partita.

Civ è un bel gioco, ma non si può dire che realizzi in pieno le potenzialità del suo animo, che rimane, al più, un qualcosa di tiepido, ma poco pulsante.

Pro:

Regolamento sfaccettato e non ostico.
Buona giocabilità.
Buona longevità.
Difficoltà elevata.
Alta interazione.

Contro:

Ambientazione limitata.
Grafica e aspetto modesti.
Alcune regole poco bilanciate.
Non cattura del tutto la vivacità del tema.

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