Ma ha anche dei difetti 😂😂😂
Karvi è un eurogame per 2-4 giocatori edito dalla Devir, con una meccanica particolare di movimento dadi su un percorso circolare.
La durata indicativa di 120 minuti è purtroppo una balla colossale.
Come si gioca a Karvi
Oltre alla plancia ogni giocatore ottiene una torre e una casetta disponibili fin dall’inizio, le risorse scritte su di una carta pescata a caso, che determina anche l’ordine di turno, e due dadi (uno in 4 giocatori) da piazzare sulla plancia villaggio.
Quest’ultima è dove si svolgerà il grosso del gioco, ed è composta da un percorso circolare di spazi di piazzamento per i dadi. Ogni spazio indica l’azione innescata dal piazzamento e il costo in birra (i corni disegnati sui dadi) per potercisi fermare. Alcune caselle sono considerate iniziali, e una volta senza dadi vengono sostituite, andando a costituire il timer della partita: tre giri in totale in 2-3 giocatori, quattro in 4.
C’è poi un’ultima, grande plancia, indicata come tabellone di gioco nel regolamento, dove potremo spostare i drakkar nelle nostre peregrinazioni per il mare del Nord. Qui è dove recupereremo le tessere commercio e razzia e dove piazzeremo casette e torri.
La particolarità del gioco sta nel fatto che i turni di gioco non sono simmetrici tra i giocatori. Chi ha il dado in ultima posizione sulla plancia villaggio è il giocatore attivo, e può spostare il proprio dado in qualsiasi spazio successivo, senza limiti di passi, purchè possa pagare il relativo costo in birra. I turni continuano in questa maniera finchè tutti i giocatori non ritornano agli spazi iniziali, dove devono per forza fermarsi. Questo segna la fine del round. Al termine del terzo (quarto in 4 giocatori) la partita finisce e si procede al calcolo finale dei punti.
Durante ogni turno, in aggiunta al movimento del dado e alla relativa azione, i giocatori possono muovere il proprio Drakkar una singola volta, pagando razioni stazionate sulla nave stessa, e giocare quante carte vogliono dalla propria mano, pagandone il costo.
Le azioni sono piuttosto intuitive:
- Prendere risorse o guerrieri,
- rabboccare la birra, aumentando i valori sui dadi,
- fare provviste, piazzandole sul Drakkar,
- raccogliere entrate, prendendo un’entrata base più aggiunte date da casette e torri piazzate,
- aumentare la forza di combattimento, migliorando i nostri guerrieri,
- perfezionare, cioè pescare una carta oppure piazzare uno dei miglioramenti sulla nostra plancia personale,
- commerciare, piazzando una tessera commercio sulla nostra plancia pagando le risorse e ottenendo le ricompense scritte,
- razziare, piazzando una tessera razzia sulla nostra plancia se abbiamo abbastanza forza, facendo subire danni ai nostri guerrieri e ottenendo le ricompense scritte.
Le carte, che possiamo giocare a volontà, convertono risorse in birra, cibo, guerrieri o forza di combattimento, e consentono spostamenti del drakkar o del dado oltre a quelli consentiti.
I punti si fanno in diverse maniere. La maggior parte vengono accumulati durante la partita, grazie a carte e a piazzamenti di torri, casette, tessere commercio e razzia. A fine partita si aggiungono i punti birra rimasti, la forza totale dei nostri guerrieri, il quadrato delle tessere commercio accumulate, le pietre runiche piazzate se sono soddisfatti i prerequisiti, più i soliti pity points per risorse avanzate.
Perché ho cercato di procurarmi il gioco per mesi
La meccanica che lega l’ordine di turno alla posizione più arretrata sulla plancia villaggio, se ben bilanciata, arricchisce di una tensione tattica unica il gioco. Preferisco assicurarmi un’azione forte anche al costo di perdere qualche turno? O cerco di prendere quel che passa il convento, puntando sulla quantità piuttosto che sulla qualità?
Ricordo con piacere le succose decisioni di Glen More (e di Heaven and Ale, con qualche differenza), dove turni rapidi e veloci dipendevano da una scelta a monte sempre molto interessante e interattiva. Dove si fermeranno i miei avversari? Quanto posso essere ingordo e quanto cauto?
Anche la semplicità delle meccaniche mi attirava. Tutto sembrava lineare ma, amalgamato con il resto, in grado di produrre quella complessità emergente che ci fa esclamare di piacere di fronte a un gioco ben fatto. E l’aggiunta delle carte pareva concedere quel pizzico di imprevedibilità che rende il gioco interessante anche a distanza di tempo.
Cosa mi ha stupito in positivo
Si può riassumere tutto in “La componentistica”. Mi è piaciuto tutto, dalle illustrazioni che non distolgono l’attenzione dalle cose importanti, alla volontaria rinuncia all’utilizzo della plastica, alle scatoline per contenere tutti i materiali divisi in maniera abbastanza razionale.
Anche le barche, composte di cartone e assemblabili, mi sono parse un esperimento tutto sommato riuscito
Perché il gioco mi ha deluso
1. La scelta di quanto muoversi è spesso ovvia
In Karvi conviene sempre muoversi il meno possibile. Chi prova a fuggire in avanti viene immancabilmente punito dalle tartarughe che si pappano tutte le azioni lasciate indietro. La meccanica della birra da consumare funziona decentemente per il primo quarto della partita, forse, poi viene a mancare completamente come contrappeso alla volontà di rallentare il più possibile (ne parliamo meglio più avanti).
Ci ho provato, a correre. Da amante di GWT e compagnia bella, ho cercato modi controintuitivi per cui muoversi velocemente convenisse. Non ce ne sono, a parte l’occasionale giocata tattica. Chi va più lento fa più engine e pure più azioni, e non basta la maggiore efficacia dell’azione singola di chi viaggia più veloce.
L’andamento della partita ne risente, con i giocatori che si divertono a fare un bel trenino per incastrare il più azioni possibile in un round, il che ci porta a…
2. Le partite durano infinito
Le partite durano un’ora a giocatore anche conoscendo le regole (e l’iconografia non sempre è il massimo). Una durata esagerata per un gioco che poi così profondo non è. Quando si iniziano ad avere abbastanza risorse grazie al proprio motore la (scarsa) tensione presente fino ad allora tra muoversi un po’ più veloci per azioni forti o rallentare svanisce del tutto. Il motore stesso è talmente forte che in end-game se si gioca bene si fa tutto: si raggiungono le due estremità sulla mappa per pietre di scoring extra e si completano tutte le tile commercio/razzia e quasi tutte le restanti razzia/commercio.
Le parti finali della partita sono poi uno stillicidio dato che, una volta che si sa giocare, si tengono le carte in mano per costruirsi sequenze monster con turni extra e combo varie. Questo è infatti un altro problema…
3. Non c’è limite alle carte giocate in un turno
Ci sono tanti giochi in cui si può giocare carte come azione gratuita. Tuttavia solitamente non capita mai di giocarne troppe di fila, vuoi perché il gioco stesso ti invita a sfruttarle subito per approfittare dell’effetto snowball, vuoi perché espressamente ti vieta di giocarne più di una per turno.
In Karvi non c’è alcun limite a quante se ne possono giocare nello stesso turno. Immagino la teoria fosse che, siccome costano risorse, esiste comunque un vincolo intrinseco alle possibili giocate consecutive. Peccato che dopo qualche partita risulta subito evidente come le carte della categoria “Birra” sono di gran lunga le più forti, dato che consentono di fare più turni di fila in vari modi. Questi turni di fila generano risorse extra, che a loro volta possono essere usate per giocare altre carte, che possono dare azioni extra…
Nelle nostre ultime partite la pila delle carte birra è sempre finita, e gli ultimi turni di ogni giocatore diventavano imbarazzantemente lunghi. Questo perché le carte birra in molti casi ti permettono in pratica di fare più azioni di fila accumulando risorse, il che porta a migliorare l’engine, che porta a più risorse, che porta a più carte birra…
La sensazione di trascinamento, già presente e sentita nelle prime partite, nelle ultime è diventata aspettata e inevitabile compagna di strada. Nelle partite a quattro giocatori speravamo qualcosa sarebbe cambiato, con un solo dado per giocatore, ma con un intero round in più le cose sono state ancora più disastrose (oltre tre ore e mezza, quasi quattro).
4. Un bilanciamento non pervenuto
Le tessere razzia danno punti istantanei, vero. Ma lo stesso fanno diverse tile commercio, che tra l’altro danno bonus istantanei più consistenti e spesso con possibilità di scelta (tra tre diverse carte scoperte). I soldati che muoiono e vanno nel Valhalla danno punti, vero. Ma lo stesso fanno i soldati che rimangono vivi a fine partita.
Lo squilibrio tra le due chiamiamole strategie principali è palese. Poi è vero che, migliorando a rallentare il gioco e i propri passi, alla fine fai entrambe, ma conviene sempre maxare il commercio e fare qualche razzia piuttosto che il contrario.
Delle carte birra migliori di tutte le altre si è già parlato, e anche i vari miglioramenti della nave non sono molto equilibrati, ma una recensione non è la sede per parlarne in dettaglio. Rendono solo più evidente quanto poco si sia investito nel bilanciamento globale del gioco.
Conclusione
Il gioco ha fallito sotto tanti aspetti secondo il mio punto di vista. L’idea alla base è figa e originale, e se avesse funzionato il numero a inizio recensione sarebbe stato diverso.
Purtroppo tra premesse tradite, tempi biblici di gioco e sbilanciamenti vari, Karvi svetta al contrario in un panorama ludico da 7.1 per le sue inefficienze. È proprio vero quel che dicono, maggiori le aspettative, più grande il tonfo. Tanto mi ero affezionato all’idea originale che ho provato a ideare alcune varianti. Quando quella che mi piaceva di più prevedeva il non utilizzo delle carte, mi son reso conto che probabilmente era meglio vendere il gioco e applicarmi ad altro. Poi il gioco di per sè non è orrendo, e in diversi gruppi può meritare una partita ogni tanto. Ma non riesce ad arrivare alla sufficienza nella mia personale scala di voto.
Se vi sentite coraggiosi vichinghi, provate a vedere se la supera nella vostra.