Come Knizia ti fa un gioco

Oggi vorrei analizzare un gioco di Knizia piuttosto sottovalutato e poco considerato. Questo ha il pregio essere un pregevole esempio di come un sistema sia davvero equilibrato, ma questo equilibrio è davvero un mezzo per raggiungere il divertimento? E se si come?

L'angolo di Sargon

Oggi vorrei analizzare un gioco di Knizia piuttosto sottovalutato e poco considerato. Questo ha il pregio essere un pregevole esempio di come un sistema sia davvero equilibrato, ma questo equilibrio è davvero un mezzo per raggiungere il divertimento? E se si come?


Bene, oggi cercherò di analizzare Der Turmbau su Babel, un gioco di Knizia basato su maggioranze e aste. La recensione del gioco la potete leggere qui. Qui mi preme vedere come il sistema si sviluppa e si avviluppa.

Il concetto del gioco è semplice: o prendono carte o si giocano carte per fare punti. Qui la prima anomalia: chi prende carte ne prende 2 ma anche gli altri giocatori prenderanno 1 carta ciascuno, alla Puerto Rico, un’azione scelta da un giocatore che però viene svolta da tutti con bonus per l’ha scelta. Non è un sistema tipicamente iniziano, basti ricordare AmunRe o Medici o Tigris & Euphrates, dove le azioni sono svolte avulse dal contesto degli altri giocatori, azioni per se e che si esauriscono in se. Davvero una novità per il talentuoso professore che sforna giochi come biscotti. Se un giocatore non passa ha la sola alternativa di giocare carte e iniziare una curiosa asta. I termini dell’asta sono particolari, occorre agevolare il proprio successo facendosi aiutare dagli altri giocatori. Scegliere un colore e una difficoltà vuol dire anche scatenare le violente e giuste pretese degli avversari che di certo cercheranno il proprio utile o fornendoci carte del colore nella speranza di essere accettati o usando la carta scambio che ha del pericoloso. Accettare gli avversari vuol dire dare a questi una buona mano nel fare punti, ma questo vale per ogni giocatore e quindi il sistema riesce a dare le stesse preoccupazioni ad ognuno in modo equo. Ovviamente cambia la fattispecie, in particolare il colore del disco scelto che è quello che non solo da veri punti (nella ripetizione del colore) ma anche determina la fine della partita agevolando il giocatore che sta palesemente vincendo. Il gioco ha un curioso meccanismo di autoregolamentazione, nel senso che più i giocatori prendono parte alle aste, meno questi stessi giocatori possono parteciparvi nel futuro, almeno non senza passare per il turno a vuoto del prendere carte. Chi rimane “in gioco” può tranquillamente stare sicuro di riuscire a portare a casa una buona mano visto che gli altri rimasti senza carte (o molto poche) non potranno fare granché. Ma il pericolo è dietro l’angolo: non potendo partecipare in modo decisivo o nelle modalità volute, gli avversari potrebbero non aiutarvi nella costruzione e, quindi, lasciarvi senza nulla… il sistema in questo agevola chi riesce a cogliere quali colori sono più voluti/presenti nelle mani dei giocatori. Ma anche questo sbilanciamento viene riequilibrato dal fatto che chi non riesce a costruire viene ripagato con una preziosa carta. Questa carta è nulla in confronto al disco della costruzione ed inoltre viene consegnata a tutti gli altri giocatori i quali hanno anche il vantaggio dei punti vittoria guadagnati dalle carte offerte e non scelte. È una punizione, forse eccessiva, per chi non organizza il proprio lavoro con cura e tende a fare delle proprie scelte solo un affare personale e solitario. Certo anche la sorte gioca brutti scherzi, ma difficilmente si arriva a non costruire il disco se si segue il gioco e si scende a compromessi col fare e far fare punti agli altri. Il gioco infine prevede anche una gratifica per chi non viene scelto: tante carte si sono offerte tanti punti vittoria si prendono se non scelti…. Ottimo visto che dare 3 carte e non essere scelti equivale a prendere tanti punti quanti ne prenderebbe un giocatore che non sia arrivato ne primo ne secondo al conteggio sulla meraviglia. Dare tre carte spesso vuol dire non essere scelti perché vorrebbe dire dare troppe parti di costruzioni in una meraviglia… meglio darne 3 ora piuttosto che dover penare per non fargliene ricevere 10 o peggio per la maggioranza nella costruzione. Insomma le considerazioni sono tante e tutte dovute al fatto che il sistema da un vantaggio a chi in quel momento vantaggi non ha. Un sistema equilibrato che tende a far conseguire ai giocatori un andamento della partita omogeneo con gli altri, volenti o nolenti.


Ora tutto questo per dire che però il sistema per quanto possa essere decisamente equilibrato, non è assolutamente divertente. In Turmbau zu Babel c’è una vera corsa a chi riesce meglio a sfruttare le carte che per sorte sono capitate, non c’è molta pianificazione strategica, anche perché sembra che qualunque strada sia percorribile e comunque con poco scarto di punti. Il problema, quindi, non è certo fare un gioco equilibrato (o molto approssimativo, in realtà neanche gli scacchi sono equilibrati: il bianco muove per primo….), anche perché equilibrato non vuol dire divertente. Quando si pianifica, il divertimento sta nel vedere la propria pianificazione divenire realtà e gustarne il successo, assaporare il momento della sua attuazione critica o finale. In Turmbau zu Babel, non si ha questa impressione. Il sistema è talmente equilibrato verso una gestione precisa delle carte e delle velleità che non da adito ad aneliti vari o speranze decisive. La strategia in Turmbau zu Babel sembra quella di assecondare il sistema che decide per noi (ovviamente nei limiti) come sarebbe meglio agire, poi che uno non segua la strada diritta per prendere invece quella tortuosa, questa un’altra storia. Ma purtroppo la strada maestra è più facile più diretta e più remunerativa. Quando un giocatore deve decidere chi coinvolgere nella costruzione o meno è pesantemente influenzato dal fatto che le carte non scelte diverranno punti e torneranno in mano. Tale scelta impone una soluzione drastica che spesso non rientra nella nostra strategia. Cercare di fare da soli è perdente, ma il coinvolgere altri non parimenti vincente, nekl senso che on tutti otterranno gli stessi vantaggi. Il problema sta nel fatto che, come ho già detto prima, chi ha ricevuto un vantaggio ne riceverà un altro solo dopo qualche carta e qualche disco, non si può fare tutto. Quindi c’è un bilanciamento richiesto forse dal meccanismo e dell’editore, ma il gioco non lo richiede. Prendiamo come esempio AmunRe, stesso autore. In AmunRe le cose sono diverse: le aste non sono così bassamente calmierate e calmate, e la fase dell’offerta ha solo una semplice quanto dubbia contropartita dei 3 ori. In quel gioco dunque la voracità, la cattiveria dei giocatori si esprime meglio e il gusto, il divertimento ne guadagna. Una strategia in AmunRe è pianificata e sostenuta, è amata e odiata, è vincente o perdente. In Turmbau zu Babel, invece, la strategia è più monotona e piatta, senza sobbalzi particolari. L’unico vero momento casuale (a parte le carte che si pescano, ma non me ne preoccuperei molto) del gioco è la reazione dei giocatori davanti a delle scelte. Il gioco cambia aspetto quando un giocatore sbaglia a considerare e a soppesare i vari pro e contro di una scelta. Ovviamente nelle prime partite non ci sarà possibilità di non sbagliare, ma più avanti ci si accorge che il vero momento critico del gioco è la scelta di un giocatore in un’asta. Nella malaugurata ipotesi che un giocatore non sappia giocare (a quel gioco o in generale), il sistema non da possibilità di rimediare, visto che di fatto è equilibrato, quindi non concede recupero da una situazione iniziale di svantaggio. Ed è questo il rovescio della medaglia dell’equilibrio: la mancanza di recupero di punti. Il gioco Turmbau zu Babel prevede che la differenza la faccia una casupola o una carta evento, altrimenti si rischierebbero molti pareggi. Proprio a questo servono spesso le carte evento, a disequilibrare un sistema equilibrato, ovvero noioso o farraginoso. E, tornando a AmunRe, le carte evento sono molto incisive sul punteggio proprio perché anche il sistema è equilibrato, sebbene abbia asta e offerta. Proprio quell’asta poi ha il meccanismo che impedisce ai giocatori di prendere più di una provincia, condannando chi prende subito una provincia fuori dall’asta per quel turno), equilibrando costi con proventi futuri e soprattutto pareggiando il gap di soldi. Lo stesso avviene nell’offerta dove comunque la carta  vi da 3 ori. Sono tutti meccanismi per appianare dislivelli che in un gioco come AmunRe o Turmbau zu Babel non possono essere accettati per varie ragioni, tra cui, ovvie, anche quelle commerciali.


L’equilibrio quindi ha il difetto di far risultare fisso, schematico un sistema. Guardate Caylus o Puerto Rico, hanno carte evento?  No, non sono neanche equilibrati (i ruoli non sono tutti ugualmente forti, ne tutte le caselle del percorso al castello sono tutte ugualmente forti), ma questo li rende vari e divertenti. Lo scoprire il segreto della partita perfetta esalta, e una partita perfetta la si può fare solo in un gioco non equilibrato, altrimenti sarebbe solo una partita fissa.  


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