Ah, secondo me è fantastica: ha rivoltato un paradigma, a modo suo.
Il fatto è che il gioco di ruolo riguarda quello che un gruppo di persone si immaginano e comunicano ai loro compagni di gioco, e questo riguarda dei personaggi fittizi in un mondo fittizio. Se qualcosa non è comunicato, non entra davvero a farne parte.
Allo stesso modo, affinché un gioco – un’esperienza mediata da regole – possa funzionare, deve succedere che le regole passino dentro e fuori quella narrazione, senza interrompere il ciclo di continuo e fluido scambio.
Ed è esattamente quello che le mosse fanno: le mosse, le regole di base del gioco, si attivano quando succede qualcosa nella narrazione e intervengono su di essa per cambiarla. Se voglio sedurre o manipolare qualcuno, devo prima far vedere il mio personaggio che lo fa (che ci prova, almeno) e poi devo tirare i dadi. Non è una scelta: è un obbligo, devo tirare quella mossa. Se voglio evitare di tirare, allora devo cambiare la descrizione di quello che fa il mio personaggio (il regolamento dice che posso; insomma, nessuna mossa tirata a tradimento, se non voglio veramente farla).
In questo modo, le regole sono davvero di lancio per la storia e non si mettono mai di mezzo.