Arriva finalmente il post che tutti attendevate (
vero??!!!). Siamo giunti al momento dei pesi massimi del mio primo trimestre.
Tra i giochi, provati per la prima volta, ci sono:
Findorff, Tiletum Stationfall, Woodcraft.
Partirò dal nuovo gioco di Friedman Friese:
Findorff, nel quale predominano, come sempre nei giochi di Friese,
la F e il verde.
Un gioco classico sotto i tutti punti di vista:
minimale nei componenti, essenziale nelle meccaniche, fluido e veloce nelle dinamiche al tavolo.
Siamo nel distretto di Findorff, scopo del gioco è quello di espanderci all’interno del territorio, costruendo edifici nei vari settori dell’immensa mappa.
Il gioco si basa su una selezione delle azioni
mediante una sorta di rondella, (non fisicamente rappresentata ma formalmente presente),
il piazzamento dei lavoratori e gestione delle risorse.
Le azioni sono le più classiche (
comprare strutture per potenziare le azioni, vendere materiali, assumere lavoratori, impiegare i lavoratori per la produzione), nell’ordine in cui le ho rappresentate in modo che
la produzione viene sempre seguita dall’acquisto in un bilanciamento perfetto.
Aspetti peculiari sono (in parte, già visti in Alta Tensione):
-
fase burocrazia, nel corso della quale, oltre a ricavare denaro, un lavoratore muore e viene escluso dal gioco;
-
mercato della torba, il cui valore cresce e decresce nel corso della partita in base all’utilizzo che si faccia del materiale;
-
avanzamento del tempo di gioco, mediante il piazzamento dei treni sul tabellone;
-
carte edificio, vero motore del gioco, che sono varie e interessanti: costituiscono la principale fonte di punteggio, a fine partita e attribuiscono benefici immediati o permanenti.
Il gioco mi ha convinto davvero; si tratta di
una corsa contro il tempo che scorre sempre più velocemente e porta, con sé, la morte dei meeple anziani.
Scorrere del tempo che è un'arma nelle mani dei giocatori i quali possono velocizzarlo o rallentarlo a seconda delle necessità, facendo scattare il fine partita, diventando un fattore strategico da non sottovalutare per vincere la partita.
Promosso a pieni voti.
A seguire ho provato
Tiletum: il nuovo gioco degli italiani Tascini e Luciani.
Piazzamento dadi che prende spunto da precedenti produzioni dei due autori.
Parto subito affermato che mi ha dato sensazioni contrastanti in base alla scalabilità.
In tre giocatori l’amalgama mi è sembrata meglio riuscita che in quattro.
All'aumento dei giocatori, infatti, ho trovato un
eccesso di lunghezza e di downtime tra un turno e l’altro.
La vera peculiarità è, comunque, la selezione delle azioni mediante l’utilizzo di dadi multicolore lanciati all’inizio del round che indicano oltre alla forza dell’azione, anche le risorse disponibili per colore.
Infatti, i dadi vengono piazzati sui relativi spazi azione, contrassegnati da un valore specifico, mentre il loro colore genera la risorsa recuperabile per quel turno.
La scelta non è affatto banale,
visto che più efficace è l'azione meno risorse potranno essere ottenute con il singolo dado.
Questa meccanica è l’elemento principale d’interesse attorno al quale viene creato il resto del gioco.
Per il resto si rintracciano elementi ricorrenti nei giochi dei due autori:
il viaggio sulla mappa (vedi Marco Polo), la risoluzione dei contratti (Marco Polo, Barrage), il tracciato del re (Lorenzo il Magnifico e Granda Austria Hotel), le stesse fiere (sono molto simili agli obiettivi di fine turno di Barrage).
Il gioco è piacevole, caratterizzato dall’ottima componentistica (ad eccezione del colore che tendono a confondersi), pieno di possibilità strategiche, decisamente largo nelle scelte. Le varie strade percorribili cercano di compiacere il giocatore il quale porta a casa la partita, sempre soddisfatto delle tante cose fatte e dei molti punti realizzati.
L’importante è, però, non trascurare alcun aspetto del gioco;
tutto può diventare utile per avere punti (i personaggi che danno azioni suppletive e fanno fare punti con la loro posizione nel palazzo; i contratti, ovviamente; il tracciato del re che può far perdere punti importanti; il mercante e l’architetto: il primo, perché essenziale per ottenere i punti delle fiere, il secondo, perché permette di ottenere i punti dalle costruzioni delle cattedrali).
Anche l’ordine di turno influisce in modo determinante poiché essere terzo o quarto penalizza non poco.
Un titolo che fa sentire il giocatore a casa, in una comfort zone di cose conosciute e già viste ma tutte messe bene al loro posto, senza sbavature ed eccessi.
Proseguo il mio racconto con il gioco più strano e fuori degli schemi che ho provato:
Stationfall. Il nuovo titolo della famiglia Eklund (questa volta è Matt l’autore); l’ennesimo esperimento ludico della ION Games.
Non saprei bene come definirlo perché è un gioco davvero particolare già dalle premesse.
Siamo su una nave spaziale che sta cadendo sulla terra e abbiamo tredici minuti per scappare. La cosa ancor più strana è che possiamo scegliere di rappresentare i più disparati personaggi (
una scimmia, un ratto, l’intelligenza artificiale, oltre ai classici, il capitano, il soldato, il fuggitivo, ma anche il droide, e così via).
Le stranezze non finiscono qui.
All'inizio della partita si
dovranno scegliere due personaggi ma, nel corso della stessa, tutti i personaggi in gioco potranno essere mossi e utilizzati. Oltretutto i due personaggi scelti rimarranno segreti a tutti gli altri giocatori.
Un gioco di bluff, ruoli nascosti ma anche di esplorazione e sopravvivenza che si mostra eccessivo sotto ogni aspetto.
Un tabellone enorme che raffigura la nave spaziale, pieno zeppo d’informazioni, icone, spazi azione, ecc., tanti personaggi, ciascuno dei quali con azioni specifiche, poteri speciali e diverse modalità di fare punti; il tutto che va ad aggiungersi alle numerose azioni principali comuni a tutti i giocatori.
L’idea è geniale:
un pazzesco puzzle di personaggi e di meccaniche che vorrebbero ricreare l’atmosfera ansiogena dei racconti fantascientifici catastrofici, unita a un certa dose di ironia e di sberleffo, oltre alla componente di mistero che aleggia sulla partita, data dal non conoscere i ruoli scelti.
Tuttavia, l’ergonomia del gioco è davvero poco gestibile; il tabellone è troppo ampio e carico di icone e informazioni; ciò non rende possibile avere il controllo di tutto il gioco dalla propria postazione; sensazione che, di certo, si accresce all’aumento dei giocatori (considerando che è possibile giocare sino a nove).
Troppe informazioni, regole, regolette da ricordare; troppi personaggi da controllare e azioni da conoscere, impedisce di giocare con reale cognizione di cosa stia accadendo.
Per alcuni aspetti, potrebbe assomigliare a
Nemesis.
Tuttavia, il gioco dell'Awaken Realms, nella sua opulenza, non è mai eccessivo e, sebbene complicato e pieno di regole, risulta decisamente più lineare e accessibile.
Inoltre, quello che, a mio avviso, manca in Stationfall, è il punto forte di Nemesis, ovvero
la narrazione emergente.
In Nemesis, ogni partita è un’esperienza che va oltre il gioco, è una storia di sopravvivenza e di lotta contro gli altri giocatori e contro il nemico strisciante nel buio; la tensione è l’elemento caratterizzante del gioco: non sai mai cosa potrà accadere e di chi ti possa fidare.
In Stationfall, si è troppo impegnati a leggere regole e capire esattamente quali, tra le venti/trenta azioni disponibili, debbano essere scelte.
Questo aspetto del gioco impedisce di creare un vero racconto come accade in Nemesis.
Nella mia esperienza, ci si è limitati, il più delle volte, a spostarsi da una stanza all’altra, per occupare, infine, la capsula di salvataggio.
Tra l’altro, altra differenza importante che ho riscontrato mentre in Nemesis si può anche morire prima della fine del gioco, in Stationfall, ci si trascina fino alla fine, soltanto per fare qualche punto in più degli altri.
A mio avviso, una grande idea, realizzata in modo estremante cavilloso (ci sono svariati regolamenti, ognuno pieno zeppo di regole), che si disperde nel flusso infinito di cose da ricordare e tenere a mente, perdendo così la piacevolezza del gioco.
Concludo la mia carrellata, con l’ultimo gioco provato, tra i cinghialotti,
Woodcraft.
Il gioco ci vede interpretare dei boscaioli, in un bosco fantasy, nel quale le monete sono i mirtilli e i punti sono le ghiande.
Anche in questo caso, parliamo di un gestionale di dadi, che vengono manipolati in modo davvero originale, riuscito e divertente.
Il dado può essere
coltivato e crescere di valore; può essere
accresciuto ma anche
tagliato, trasformandosi in più dadi di valore inferiore o
incollato, trasformando più dadi in un dado solo: questa è la vera peculiarità del gioco.
Altro aspetto ben curato e correttamente inserito è la crescita della falegnameria che aumenta la possibilità di manipolare efficacemente i dadi.
Elementi imprescindibili:
la scelta degli ordini, principale fonte di punti, da opzionare quando davvero possibile eseguirli e il
tracciato reputazione, molto redditizio a fine partita.
Altro aspetto pregevole del gioco è il meccanismo della selezione delle azioni
mediante l’utilizzo della rondella.
Sebbene non particolarmente penalizzante e anzi spesso fonte d’inaspettati bonus, la rondella delle azioni può diventare un’arma strategica importante perché è possibile bloccare le azioni agli altri giocatori.
Alla seconda partita, ho rivalutato l’incidenza sul gioco degli
aiutanti; queste carte devono essere scelte con cura e utilizzate in modo da farle funzionare in modo combinato; occorre, inoltre, scegliere un misto tra quelle che danno immediati vantaggi e quelle che attribuiscono un potere permanente. Rimangono, comunque, uno degli elementi meno determinanti del gioco, giacché chi ha vinto entrambe le partite non li ha collezionati in gran numero.
Il mini gioco degli attrezzi è incontrollabile e occasionale; non mi sembra che possa essere inserito in una strategia specifica, anche se può dare dei vantaggi istantanei.
Giudizio decisamente positivo per il gioco che si è confermato e, anzi, ha accresciuto la sua piacevolezza nella seconda partita.
La maggiore consapevolezza delle regole mi ha, infatti, permesso di implementare una strategia in modo compiuto, cercando di non ricorrere agli errori della prima partita.
Si tratta, indubbiamente, di uno dei migliori gestionali di dadi che abbia mai provato (l
a sua meccanica di manipolazioni, ribadisco, mi ha catturato appieno), che richiede, certamente, diverse partite per essere pienamente apprezzato ma che lascia la voglia, a ogni partita, di rigiocare per approfondire ulteriori aspetti.
Promosso a pieni voti.
Arriviamo, infine, alla classifica di gradimento tra i pesi massimi:
- il
primo posto è stato combattutissimo ma, alla fine, io continuo a preferire, tra tutti i titoli provati di questa categoria,
Findorff, per la
maggiore semplicità e accessibilità che non incide affatto sulla ottima profondità del gioco;
- il
secondo posto lo prende
Woodcraft, con la sua
meravigliosa meccanica di manipolazione di dadi;
- il terzo posto va a
Tiletum, gioco che
dà molta soddisfazione ma non appare particolarmente originale;
- il
quarto e
ultimo posto va, infine, a
Stationfall, un’idea originale ma dannatamente complicata e poco coinvolgente;
regole, regolette, tanti personaggi, tanti modi di fare punti e azioni; troppo, troppo.