[Saranno Goblin] Diario di gioco

Per un genitore è difficile rendersi conto se i propri figli potranno o vorranno appassionarsi ai boardgames come loro e spesso si tende a forzare questa strada come avviene per molti hobby o passioni personali sfociando in risultati indesiderati.

Qual è dunque l’approccio migliore verso i figli o meglio, ne esiste davvero uno?

 

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Per un genitore è difficile rendersi conto se i propri figli potranno o vorranno appassionarsi ai boardgames come loro e spesso si tende a forzare questa strada come avviene per molti hobby o passioni personali sfociando in risultati indesiderati.

Qual è dunque l’approccio migliore verso i figli o meglio, ne esiste davvero uno?


Credo che la risposta migliore sia “nì”, nel senso che un vero percorso da seguire non esiste, dipende da così tanti fattori che elencarli tutti sarebbe quantomeno impossibile.

Praticheremo dunque un’altra strada, più semplice se vogliamo, quella del racconto di un papà e di suo figlio Alessandro di sei anni e mezzo (quando scrivo l’articolo) che si è appassionato ai giochi da tavolo.

Tutto iniziò più di tre anni fa quando io  e mia moglie ci stavamo sfidando a HeroScape su un enorme territorio montano, con due eserciti da oltre mille punti e il piccolo Alessandro si stava guardando un episodio di un qualche cartone animato in TV; la sua passione per i Lego Duplo e i giochi di costruzione in generale lo attirarono verso questo gioco che mamma e papà stavano facendo, dove potevi assemblare a tuo piacimento il terreno di gioco, con acqua, sabbia, terra, roccia, elevazioni, alberi, acqua, neve e molto altro.
A partita finita lo lasciai giocare con le miniature per vedere quante ne avrebbe distrutte e con mia enorme sorpresa conoscendo mio figlio, scoprii che le utilizzava come se fossero il Santo Graal dei giochi, quasi timoroso di rovinarle; passò un intero pomeriggio a fare e disfare il paesaggio, inventandosi assurdi combattimenti e battaglie tra robot e samurai.

Capii che forse potevo avere speranze con lui e mi misi subito all’opera: acquistai il primo “Gioco dell’oca” che mi passò sotto mano in modo da spendere poco e vedere se la cosa poteva davvero funzionare.
Dopo le prime due partite e dovendogli sempre leggere la somma poiché riusciva a malapena a dire quanti puntini c’erano sulla faccia del dado, comprese benissimo lo svolgimento e scoprii insieme a mia moglie che nessun altro gioco basato solo sui dadi sarebbe entrato in casa nostra: Alessandro è il Dio Supremo del Sacro Dado™, nulla può contro di lui, la resistenza è inutile, bisogna arrendersi (semicit.).

Grazie ai preziosi consigli degli utenti della Tana nel forum, acquistai dapprima Pinguin Pescatore il quale si rivelò un enorme successo: partite a non finire, subito abile nel capire la migliore linea di gioco e soprattutto notai una “sana” verve agonistica… Il ragazzino voleva vincere, senza se e ma di sorta.

Puntai allora a Fantascatti per capire se la destrezza nel colpo d’occhio e l’attenzione visiva poteva essere un solletico interessante per la sua nascente fame ludica: altra pesca grossa anche qui, soprattutto perché poteva giocarci con i suoi amichetti. A questo punto il ragazzo aveva quasi quattro anni e dovevo soltanto mediare sulle delusioni riguardanti le perdite, insegnandogli che il divertimento era giocare e la vittoria era un valore di surplus.

Arrivò il momento di tirar fuori dall’armadio Ticket to Ride – Europa e Carcassonne, per testare quanto in alto potevo puntare perché sembrava che il limite della capacità fosse elevato e, va ammesso, un po’ la cosa mi lasciava perplesso perché non desideravo che questa attitudine fosse simulativa nei confronti del genitore ma solamente per puro piacere ludico.

Sebbene i due titoli appena citati fossero davvero troppo per un bambino di quattro anni, a Ticket To Ride Europa riusciva tranquillamente a seguire la tratta del treno (ricordandoglielo con due segnalini) pescando le carte e posizionando i vagoni, il tutto senza segnare alcun punteggio: pure e semplice gioco card driven che lo divertiva e intratteneva; chiedendo durante le partite cosa gli piacesse di più, la risposta verteva nel vedere le tratte colorate completate sul bel tabellone di gioco, riscontro che si ritrova anche su commenti di giocatori adulti nel forum.

Idem anche per Carcassonne, dove collocava le tessere e i meeples fingendosi contadino, ladro, ecc… e divertendosi a vedere di volta in volta come evolveva il tabellone di gioco una volta esaurite le tiles, il tutto senza segnare alcun punto, troppo presto a quattro anni per una meccanica basata su una strategia di gioco a lunga tratta.

Non sentendomi dunque completamente appagato, tirai fuori l’asso nella manica e un pomeriggio di pioggia gli presentai sul tavolo una scatola consumata sui bordi, dall’odore di soffitta: era HeroQuest!

L’idea di base era verificare se era pronto per un collaborativo, proponendo un titolo che ha superato la prova del tempo e che tutt’oggi, vista anche la riedizione in arrivo da Game Zone, è assolutamente un titolo sempre ricercato, ampliato e giocato, benché le meccaniche sentano un po’ il peso degli anni.
Per un bambino di quattro anni e mezzo tutto questo non ha nessun valore, il design della scatola, la plancia grandissima e l’enorme mole di miniature gli ha fatto strabuzzare gli occhi fuori dalla testa.
Fin dalla prima partita, sebbene dovevo leggergli il testo dato che ancora frequentava la scuola materna, ne ha capito il senso di gioco e le missioni scorrevano via veloci, dove io facevo da Dungeon Master e tenevo due personaggi mentre Alessandro i due rimanenti. Uniti come una vera squadra di avventurieri e aiutati dal Dio Supremo del Sacro Dado ™ nessuno poteva ostacolarci, la tensione nei suoi occhi all’apertura di una porta era palpabile e riusciva a gestire bene i suoi turni di gioco, lasciandosi qualche volta ad eroismi solitari dove il papà (anche DM) doveva sopperire.

La soddisfazione ludica del bambino era pari forse solo a quella del papà. La mamma era preoccupata a questo punto, perché quando ti vedi portare a casa disegni dall’asilo raffiguranti barbari armati di spadone che combattono goblins e orchi, magari ti lascia perplesso sulle domande che le maestre potrebbero farsi. Nessun problema alla fine, anzi abbiamo notato un evidente sviluppo del linguaggio e del senso logico.

Quando Alessandro compì cinque anni, beccai per puro caso una buonissima offerta di Dungeons and Dragons : il gioco da tavolo e l’acquisto fu impulsivo; un paio di buone letture ai due manuali, una partita di test in solitaria ed ero pronto per affrontare il gioco con lui: il successo fu stratosferico, il primo scenario fu superato in circa un paio d’ore, con calma e permettendogli di assimilare sistema, carte e tutto le componenti di gioco; anche qui dovevo leggere il testo e per circa sei mesi nessun altro gioco venne utilizzato, mangiava D&D a ogni pasto praticamente.
Rilevai subito ottime capacità strategiche perché riusciva a valutare in base ai punti ferita dei suoi personaggi quali nemici attaccare, se valeva la pena tergiversare e cosa più importante, se l’attacco era meglio portarlo melee o a distanza tramite magie. Ero impressionato e deliziato, devo ammetterlo.
Proposi una partita anche a un vicino parente che per quasi vent’anni aveva giocato solo e soltanto a D&D 3.5 unito ai cuginetti; egli rilevò con estremo stupore le capacità di gioco di Alessandro, dovendosi davvero impegnare come DM per riuscire a contrastarlo: ricordo ancora con piacere come il chierico ci guarì la maga permettendoci di superare lo scenario contro un DM davvero agguerrito e molto impersonato nella parte, riuscendo a deliziarci con racconti di profonda atmosfera.
Credo che per un paio di giorni il mio piccolo barbaro si sia davvero sentito un eroe e i cuginetti si ricorderanno a vita questa partita, mai il tavolo dei nonni era stato così vivo e l’atmosfera piena di frasi da combattimento improponibili dei nostri piccoli eroi.

Voglio citare inoltre una partita della durata di quattro ore e mezza, io e lui in un sabato di primavera, dove abbiam fatto due scenari intramezzati dal pranzo dove al termine del secondo scenario il sottoscritto era decisamente cotto mentre il ragazzetto ti spara un epocale “Dai papà, facciamo un’altra partita!”.

Fantastico – momento di pianto di gioia –

Voglio citare come divertenti fillerini, figli di regali di compleanno, i sempreverdi Forza Quattro e Jenga: strategia visiva e tattica per il primo, destrezza e manualità per il secondo sono state le caratteristiche che gli hanno fatto amare questi due titoli.

Presi per interesse personale Summoner Wars : Master Set e glielo proposi: letteralmente impazzito per le carte, non riusciva a memorizzare l’ordine del turno di gioco e faticava a immedesimarsi nella partita, per cui è stato riposto per riproporlo più avanti.

 

Sei anni e l’esplosione ludica in casa nostra.

L’avvicinarsi delle canoniche ferie estive al mare e il meteo decisamente bizzarro e ballerino dell’estate 2014 fecero sì che guardai con molto interesse i fillers da portarci con noi anche per cambiare ormai dalla consolidata presenza di miniature sul tavolo; la scelta cadde su Dispettri e Qwirkle.

Dispettri è tutt’ora un gioco di grande successo, nonostante una meccanica non fluidissima, gli ha permesso prima di tutto di imparare la scala dei numeri da uno a quattordici e comprenderne il valore e in secondo luogo la capacità di bastonare mamma e papà senza alcuna pietà; il Dio Supremo del Sacro Dado™ era salito di livello e adesso padroneggiava moltitudini di carte senza battere ciglio.

Fortunatamente ci eravamo portati anche Qwirkle dove qualche partita riuscivamo a vincerla; da sottolineare il fatto che magari, verso fine partita io o la mamma sbagliavamo a posizionare qualche tessera e Alessandro se ne accorgeva subito, sintomo di grande attenzione e capacità visivo\logica.

Oramai il punto di non ritorno era stato superato e riproposi Ticket to Ride – Europa e Carcassonne questa volta, però, col regolamento completo e senza house rules; le partite sono sempre avvincenti, a TTRE riesce a gestire bene il parco delle carte per le tratte e fa sempre dei punteggi molto alti, mentre a Carcassonne è abbastanza bilanciato tra strategia e capacità generale di gioco; ci escono sempre delle partite appassionanti e difficilmente fino al conteggio finale si sa il vincitore della partita.
Scoprirete in seguito perché sia interessante che riesca a giocare al 100% a questi titoli.

Sull’onda del successo riuscii a recuperare Coloretto, Jaipur, I Coloni di Catan e Splendor
Questi quattro titoli, con Alessandro ormai alla soglia dei sei anni e mezzo, li metto insieme perché sono i giochi del periodo in cui scrivo l’articolo.

Iniziamo con Coloretto dove riesce a elaborare strategie interessanti, fare delle gran bastardate anche se in qualche caso si perde un po’ per strada; ottimo davvero il surplus dato dal gioco dove Alessandro riesce a fare le somme matematiche con grande disinvoltura.

Proposto anche Jaipur aspettandomi un insuccesso, il bambino si è dimostrato un degno avversario, magari pecca di profondità strategica vista l’età ma per il resto è davvero dura batterlo a volte; anche qui segnalo la capacità di calcolo precisa del punteggio finale e la scelta strategica nel vincere il gettone cammelliere e\o provare a scartare gruppi da quattro o cinque carte per volta.

Ringraziando Amazon per una offerta flash finalmente porto a casa I Coloni di Catan e un bel sabato sera ci mettiamo con la mamma a fare una bella partita: gioco che continua a chiedere, senza pietà per impegni o stanchezza dei genitori, Alessandro ora ha la sola missione di colonizzare l’isola e lasciare le briciole ai genitori; apprezzo l’aria divertente e spensierata durante la partita anche se la tensione verso il decimo punto si fa sentire.
Si consiglia spesso questo gioco come introduttivo per i babbani, mi sento di consigliarlo senza remore per bambini dai sei anni in su.

Arrivamo al presente corrente e a Splendor. Difficile dire per il momento se è il preferito dei quattro titoli finali citati, tende ancora un po’ a puntare alle carte troppo alte (costose) e perde dei turni dove potrebbe fare del buon farming per puntare in alto verso il fine partita; si diverte molto a giochicchiare con le fiches di gioco e continua a chiedere cosa raffigurano le carte, dimostrando interesse per le pietre preziose del gioco.

Allora, sarà un Goblin?

Viste le premesse direi proprio di sì, per certo non spingerò mai il ragazzo a giocare controvoglia, qualche volta propongo di giocare ma spesso e volentieri è lui stesso a farlo.

Per farvi capire ciò che intendevo a circa metà articolo, vi riporto i giochi di cui ho parlato e l’età minima consigliata (e indicativa) sulla scatola. Traete le conclusioni da soli.
 

  • I Coloni di Catan 10+
  • Splendor 10+
  • Carcassonne 8+
  • Pinguin Pescatore 8+
  • Fantascatti 8+
  • Dispettri 8+
  • Jaipur 12+
  • Jenga 6+
  • Ticket to Ride 8+
  • Summoner Wars 9+
  • Forza 4 6+
  • Qwirkle 6+
  • HeroQuest 10+
  • D&D: Boardgame 10+
  • HeroScape 8+
  • Coloretto 8+

Commenti

..a mio avviso e da non genitore tu e tua moglie avete intrapreso una delle strade migliori per far crescere in modo "sano" e intelligente vostro figlio. I bambini di oggi sono molto più "svegli" e intraprendenti di quanto non lo fossero (io in primis) quelli degli anni 80, tutto questo dovuto al maggior numero e differente tipo di input che ricevono dall'esterno..
Detto questo i giochi da tavolo sono un "passatempo" ludico ed educativo a quell'età sicuramente da preferire a videogames (e lo dico da videogiocatore) e cag**te varie per bambini tipo maialotto panciotto o simili..
Complimenti ancora al tuo bimbo per le sue indiscusse capacità e ai genitori!

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