Games for Dummies

dummies

Piccoli segnali che ci dicono che stiamo involvendo.

Editoriale
Giochi

Tempo fa un amico presenta un prototipo a una casa editrice. L'editore era quello giusto, il gioco funzionava, le idee c'erano, il prototipo era ben sviluppato. Il gioco è piaciuto, ma l'obiezione principale è stata: «Questo gioco è troppo tecnico, vince sempre chi è più bravo; devi inserire un qualche meccanismo per cui anche chi è alla prima partita o non conosce le carte possa vincere.»

Ma lui voleva fare un gioco tecnico, in cui il più bravo vince, in cui chi ha studiato le carte fosse meritevolmente avvantaggiato.

crash test symbol
In uno dei tanti articoli che traduciamo, una frase mi ha colpito: "Le prime mosse devono essere semplici e devono permettere al gioco di inerpicarsi lentamente verso una complessità via via maggiore. La quiete e la relativa semplicità dei primi turni danno ai giocatori la possibilità di riscaldarsi, di entrare nel clima del gioco; di modo che, quando la complessità aumenta, essi siano in grado di gestire bene la partita [...]"

E qui mi torna in mente una delle risposte datemi dagli autori della Splotter Spellen in un'intervista, ovvero che i primi turni devono essere importanti e decisivi tanto quanti gli ultimi, altrimenti tanto vale non giocarli nemmeno.

Ancora: le app tanto apprezzate da molti, che riducono la difficoltà di gestione dei nemici, del sistema di gioco, ecc. Lascio da parte setup e desetup, perché non fanno parte del gioco giocato, anche se ci sarebbe da discutere sul sottile piacere che si ha nel preparare il tavolo prima dell'arrivo degli amici.

Limitiamoci alla gestione del gioco dal punto di vista del giocatore e del game designer:

  • il giocatore scopre una carta, tira un dado per un nemico sperando di fare basso, muove fisicamente un pezzo, applica una regola che ha studiato per essere sicuro di eseguire bene la parte del gioco. Ecco, quando si studia un regolamento senza app, ci si deve applicare anche in quella parte di bookkeeping che è la gestione del nemico o del sistema in generale. Può essere noiosa, ma spesso ha il vantaggio di farti riflettere meglio sui meccanismi di gioco, di farti conoscere bene come agirà questo “contorno”, in un certo modo di farti progredire nella tua padronanza delle meccaniche;
  • il game designer dovrà trovare soluzioni e idee che rendano bene la variabilità e l'imprevedibilità, ma senza appesantire troppo la gestione e a volte alcune di queste idee non sono solo brillanti ed efficaci, ma possono anche essere spunto per altri titoli.
Antiquity
Antiquity
Con un'app puoi accantonare sempre di più, relegare all'intelligenza artificiale sempre più meccanismi, rendendoli anche più complicati, tanto li gestisce lei, ma in questo modo li rendi anche più oscuri e più lontani dalla comprensione del giocatore.

Poi ci sono i giochi che l'editore stesso definisce pesi medio-leggeri e leggi in qualche recensione “è un bruciacervelli” (Wingspan).
Allora ripensi alle tue partite ad Antiquity e ti chiedi come poteva essere definito quello, di gioco.

Infine guardi lo scaffale, vedi El Grande e ti ricordi che nel '96 ha vinto lo Spiel des Jahres. Lo Spiel, ovvero il premio per famiglie. Ti consoli pensando che ai tempi non esisteva il Kenner, che almeno avrebbe vinto quello, ma non puoi fare a meno di guardare i vincitori dello Spiel degli ultimi anni e chiederti quanta differenza ci sia tra quelle e queste famiglie. 
Che poi El Grande... quattro pezzi di legno, una grafica da paura (nel senso letterale), una manciata di cubi. Oggi pare che se non hai pezzi di plastica, grafica super e illustrazioni come quadri, un gioco non sia nemmeno da prendere in esame.

El Grande
El Grande
Caylus è stato rieditato in una "nuova versione più semplice" per "andare incontro al pubblico moderno". Parole loro.

Mi sembra che tutti i giochi – quasi tutti, dai – che vengono proposti abbiano limitato le scelte, limitato l'interazione per non essere frustranti, limitato i meccanismi punitivi, limitato l'impatto dell'esperienza, limitato il plus dato dalla bravura. 
Laddove un gioco vuole proporsi per giocatori, lo fa spesso non aumentando la profondità, ma solo incrementando il numero di cosa da fare, mentre la complessità di gioco rimane superficiale, aumenta solo la complicazione. Così ti trovi giochi vastissimi, enormi, appariscenti... ma piatti.

Il gioco è un prodotto d'intrattenimento destinato non più a una nicchia di appassionati, bensì a una massa di occasionali. Come tale deve essere subito oggetto di hype, deve essere subito digeribile, subito chiacchierato, subito apprezzato, subito diffuso. Subito a prova di dummy.

Commenti

la bulimia da giochi colpisce tutti. Ma è un altro argomento

Uno dei migliori articoli da "Risiko è il male". Come allora devo dire che condivido il succo, in linea di massima, ma lo trovo un po' esgerato in alcune sfumature.

Ad ogni modo, ottima puntualizzazione:

Il mio punto di vista è quello dell'articolo, dove non ho parlato di giochi di una volta migliori di quelli di oggi: quella è un'errata lettura vostra. Ho parlato del fatto che l'allargamento del mercato comporta una base sempre più casual e svogliata e un'editoria sempre più accondiscendente.

Questa citazione dice tutto. Bravo Agz.

@Killa_Priest: scoprire la tua opinione sulle app mi ha sorpreso davvero parecchio... ok che un'app può rendere comode molte cose, ma addirittura apprezzarla perché può togliere un giocatore (il master) mi sembra assurdo, quello è un impoverimento del gioco, non un guadagno!!

Se vuoi togliere giocatori gioca al PC, oppure aspetta che sono sicuro che faranno anche un gioco con una app che gioca da sola tutti i giocatori e tu potrai sederti a guardarla giocare pensando a quanto è brava a battersi da sola!! :-P

Seriamente i giochi con le app (e parolo proprio di app, non di software generico) hanno un enorme problema: voglio vederti a rigiocarli fra 10 o 20 anni quando non troverai nessuna piattaforma compatibile con quell'app mai aggiornata perché... è un gioco vecchio. Indipendentemente che il gioco fosse bello o brutto l'impossibilità futura di poterlo giocare per colpa di un elemento "esterno" al concetto di gioco da tavolo è una perdita (anche economica nel caso).

Insomma, per evitare di andare troppo OT (e prima che tu ti metta a citare emulatori, o altro) il mio punto di vista è: un app ben fatta deve facilitare, agevolare, sostenere l'esperienza di gioco, ma MAI diventare componente insostituibile del motore di gioco. Se perdi un puzzillo/tassello/miniatura lo cambi "facile", se perdi un app... 

In realtà è un processo che ha coinvolto da sempre le varie correnti artistiche e creative dell umanità nel corso della storia.

Sto pensando alla musica classica che è passata da essere musica di elite nelle corti del 1600 per diventare musica borghese nel 1700.

Nel 1900 infine la musica diventa pop. La piramide si allarga e coinvolge una quantità enorme di persone, ai concerti si va in migliaia mentre nel 1600 il concerto era dedicato a una decina di nobili r suonato a domicilio (concerto da Camera).

Non me ne vogliate..dirò una cosa impopolare: la profondità della musica di Bach o di Brahms è molto superiore a qiella di Vasco Rossi o chi per lui..

Però è più difficile da ascoltare, più stancante, più faticosa, richiede impegno, studio, passione.

E a me che vendo i biglietti all entrata del concerto ciò non mi interessa, con Vasco ne vendo migliaia, con Brahms molte meno!

Cmq bell articolo!

Faccio un passo di lato, quindi chiedo perdono innanzitutto ad Agzaroth.

Mi chiedo se oltre alle dinamiche commerciali e di espansione culturale evidenziate nell'articolo e nei commenti, non ci sia anche una sorta di "saturazione" nel processo creativo e progettuale dei giochi. Mi spiego e faccio riferimento specifico ai german: considerando l'inizio dell'epoca contemporanea dei GDT il 1995 (El Grande - ma avete presente quanto costa comprarlo oggi? Anche questo è un male), da almeno 25 anni i designer stanno esplorando meccaniche e dinamiche, proponendole in nuovi giochi. E se avessero ormai esplorato gran parte delle dinamiche a disposizione, così che lo spazio per le novità si assottiglia, mentre si amplia quello delle combinazioni fra idee già applicate e ben rodate? In questo caso, saremmo in una fase di ottimizzazione, che propone magari giochi sempre più fluidi e ben strutturati, ma senza innovazioni: una tipica fase matura piena di giochi con pochissime o nessuna sbavatura, ma priva di azzardi e sperimentazioni.

Per verificare, si potrebbe (meglio: degli appassionati ed esperti di german potrebbero) scorrere la produzione degli ultimi anni e marcare quali meccaniche/dinamiche sono state introdotte o usate da quali giochi.

Chiaro che, se la percezione fosse confermata, poi resterebbe da capire quanto le dinamiche commerciali influenzino la ricerca: se idee nuove hanno poco mercato, perché il mrcato rifugge dal rischio, investo meno in ricerca?

Scusa, Siras, stai dicendo che i giochi più recenti hanno pochissime sbavature o non ne hanno affatto??

Fammi pensare un momento... mmmmh... no.

Ad ogni modo, il problema posto dall'articolo non è l'originalità (di cui, peraltro, personalmente non m'importa nulla), bensì il fatto che spesso, per esigenze di mercato, si tende a sacrificare la profondità e la purezza tecnica del design per venire incontro ad un pubblico di smidollati che non vogliono impegnarsi mezz'oretta a studiarsi un po' di cose del gioco per aumentare le probabilità di vittoria, ma che devono sentire di poter vincere comunque grazie alla pesca di una carta o ad un tiro fortunato di dadi (per fare 2 esempi). Così, anche quegli smidollati potrebbero decidere di acquistare il gioco (magari perché è bello da vedere) e la casa editrice incrementa i profitti che non sarebbero così alti se dovesse vendere solo alla nicchia dei "veri" gamers.

Ciao Epaminondas,

Ponevo solo la questione, poiché è una buona metrica sulla maturità dello sviluppo dei giochi.

E, sì, come scrivevo, ero consapevole di andare "fuori tema" :)

Boomer o non boomer, la verità mi sa che è piuttosto un'altra:

anche noi giocatori duri e puri stiamo scivolando verso la semplicità e la velocità di gioco.

Sicuramente grazie alle scelte editoriali, ma sotto sotto intravedo - almeno in me in molte occasioni - una labile preferenza verso giochi "concentrati", vuoi per mancanza di tempo, altre per voglia. Prima se non era un Vlaada non aprivo tavolo, oggi mi riscopro ad apprezzare anche un giochino tipo Hadara.

Una solo verità oggettiva - e banale : ci sono troppi giochi in uscita e pochissimi meritevoli

È quella che io chiamo la bimbominchizzazione dei GdT che insegue quella di tutta la società.

Se oggi si vedono i frutti di 40 anni di distruzione della scuola pubblica nonché di rincretinimento delle masse (oltre che di distruzione della meritocrazia) a mezzo tv è perché fa comodo che non ci siano molte persone in grado di discernere una causa da un effetto o capaci di collegare 3 pensieri logici di fila.

Una delle caratteristiche dei GdT, almeno di una certa categoria di questi, è che hanno anche la funzione di farti ragionare, di contribuire al migliotamento delle capacità individuali.

Perché abdicare da questa funzione per adeguarsi all'appiattimento generale?

La frustrazione? Se non si impara ad affrontarla ma si cerca di evitarla ci si trasforma in un soggetto pauroso, ansioso, sempre alla ricerca di protezione.

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