Come impressionare i giocatori con un game design povero ma appariscente

It's a Trap!

Analizziamo gli elementi che fungono da polo attrattivo per il giocatore e che nascondono la povertà di game design sotto un tappeto scintillante.

Editoriale
Giochi

Il game design moderno, in ambito german, si trova ad affrontare un passaggio importante: da un lato le idee migliori sono state create, modificate e rivoltate come un calzino, tanto che trovare uno spunto davvero originale in un gioco da tavolo di tale genere è ormai cosa rara; dall'altro si tende a ricorrere sempre più spesso all'ibridazione - con risultati altalenanti - proprio per ricercare tale originalità nella commistione tra generi e andare a intercettare una fetta di pubblico più ampia.

L'altra “soluzione” è quelle di cercare di stupire l'utente coprendo idee trite e game design piatto con un sacco di strati, in parte per cercare di ricreare l'ambientazione proposta (e in un certo senso “ibridare” il titolo, come sopra), in parte per dare l'impressione di profondità e complessità che in realtà, sotto, non ci sono.

Ci sono diversi autori che sono maestri in questo tipo di operazione, che è anche la più semplice e a buon mercato per creare un cosiddetto gioco per hard-gamers. Vediamo i diversi punti di questo tipo di game design (che spesso esita nel bad game-design) e portiamo qualche esempio concreto per ciascuno.

Espediente #1: la tecnica dei mille bonus

Aggiungere pezzi a una singola azione è il primo sistema per mascherare un qualcosa di lineare complicandolo. Si crea un'azione, ci si mette un bonus, ci si mette una conseguenza su un'altra azione, una nuova sotto-azione sbloccata, un pezzo di collezione set per fine partita.

Questo tipo di game-design stratificato sortisce i seguenti effetti: 

  • aggiunge complicazione, rendendo le scelte meno significative, diluendo quella che è l'importanza e l'incidenza della singola scelta. Apparentemente un'azione che è gravida di tante piccole conseguenze dovrebbe portare una maggiore profondità, ma in realtà quando una scelta singola e pesante finisce per impattare su tutta la partita, il suo peso in profondità è molto più grande rispetto a tanti micro-bonus che hanno ripercussioni solo nell'immediato;
  • rende il caso più incisivo: quando ci sono molte piccole cose legate a un'azione, spesso la loro attivazione o la non attivazione dipende non dalla volontà del giocatore, ma dalla situazione temporanea. E tuttavia quel piccolo bonus potrebbe fare la differenza per una sotto-azione in più o un set che poi fa punti vittoria. Più sono i bonus legati a un'azione, più è improbabile incastrarli con volontà e coscienza, facendo perdere significatività alle propria scelte;
  • aggiunge una sorta di comodo paracadute per chi gioca male. La sensazione di prendere sempre e comunque qualcosa gratifica nell'immediato qualunque azione intrapresa e qualunque giocatore, indipendentemente dalla reale efficacia a lungo termine, per questo tale tipo di costruzione è particolarmente gradito a una buona fetta di giocatori;
  • toglie eleganza, che in un gioco da tavolo è un concetto che è sempre positivo. Per capire meglio questo termine vi rimando al suo articolo, ma qualsiasi meccanismo di gioco che abbia la stessa resa con minore spesa è sempre apprezzabile di uno che complica le cose per avere il medesimo risultato.

Esempio: 
In The Gallerist di Lacerda, una delle azioni esecutive (e già siamo a un'azione secondaria, per attivare la quale devi avere sbloccato un assistente con un'altra azione, che a sua volta libera un ulteriore bonus sulla plancia personale, che è differente a seconda dell'assistente liberato...) consente di usare un contratto precedentemente acquisito (altra azione) per piazzarci un assistente ed eseguirne l'azione esecutiva (differenti anche in questo caso, da contratto a contratto); non solo, ma in seguito il contratto può essere usato per vendere un'opera e in tal caso l'assistente usato si sblocca e il contratto di gira scoprendo una nuova azione esecutiva. 

Contro-esempio:
In The Great Zimbabwe della Splotter Spellen hai solo tre azioni possibili. Nessuna di queste porta bonus o altri piccoli incastri. Spesso poi, al tuo turno, una di queste azioni la escludi a priori, per la situazione di gioco. Eppure ogni singola azione, a partire già dal primo round, porta conseguenze pesanti non solo sul tuo gioco, ma sull'intera partita, a lungo termine, influendo su tutti i giocatori al tavolo, sulle loro azioni e sulle contromisure che prenderanno. 

Espediente #2: nascondere la mancanza di originalità dietro una montagna di regole

Maracaibo
Maracaibo
Quando ho realizzato la serie di articoli “Meccaniche e affini”, per ogni meccanica facevo una panoramica dei giochi che più significativamente l'avevano declinata, portando esempi della sua evoluzione e delle innovazioni implementate. 

Ci sono autori famosi che hanno portato parecchia originalità nei giochi da tavolo (es. Wallace), altri altrettanto famosi che ne hanno portata meno perché magari tendono a ripetere un po' sempre le stesse cose (es: Rosenberg), altri che pur prediligendo la struttura a bonus concatenati di cui abbiamo parlato sopra non rinunciano a mettere qualcosa di nuovo (Pfister), altri che infine non introducono nessuna innovazione e quindi, mi sono reso conto, non avevo mai avuto occasione di citare (Lacerda).

In linea generale, l'impressione che si ha davanti a un gioco da più di venti pagine di regole è quella di un “giocone” (termine che rimanda ad un certo analfebetismo funzionale ludico), di qualcosa di complesso (laddove abbiamo ben visto la differenza tra complesso e complicato: cfr. articolo), di qualcosa anche di “per forza” bello, perché “se ci hanno messo dentro tante cose...”.

Tante cose però sono spesso già viste e un mero assemblaggio di meccaniche trite e conosciute. Mettere assieme cose non originali può comunque portare a qualcosa di originale, ma più spesso porta solo ad accrocchi tante cose.

Esempio:
Lisboa di Lacerda ha tante meccaniche, prese da vari giochi (come la costruzione di tableu, la collezione set, le merci da spedire ecc), me nessuna declinata in modo originale ed anche l'assemblaggio finale è più una somma di elementi che non un risultato unico e amalgamato. 
Maracaibo di Pfister è il risultato di un assemblamento dei suoi precedenti giochi, dal giro circolare di Great Western Trail, ai tracciati azionari simili a Mombasa, il tutto nascosto dietro una spiegazione da 40 minuti che maschera questo collage dietro alla sua complicazione.

Contro-esempio:
Through the Ages, ma anche Great Western Trail sono comunque giochi costituiti da un grande numero di meccaniche ed elementi, ma ciascuno introduce elementi nuovi nel gioco da tavolo ed ha il merito di avere originalità.
Bus della Splotter Spellen ha solo 7 pagine di regole, ma almeno tre idee nuove e originali e una profondità che non è seconda a giochi da 20+ pagine.

"Lacerda è il Michael Bay dei giochi da tavolo"

Espediente #3: i minigiochi appiccicati

Gugong: copertina
Gùgōng
Un'altra caratteristica riconducibile al moderno game-design è l'abbondanza di minigiochi, ovvero parti di gioco che seguono meccaniche proprie e spesso danno anche punti vittoria per conto proprio. Il legame con gli altri minigiochi viene spesso effettuato blandamente fornendo e/o richiedendo piccoli bonus (e torniamo ai bonus del punto #1) che sono applicabili agli altri pezzi del puzzle. 
Il giocatore ha così la falsa e immediata impressione che sia tutto collegato, quando – analizzando bene il gioco – ci si accorge che togliendo un pezzo (o aggiungendo un altro minigioco a caso), la sostanza non cambia.

I minigiochi nascondono in generale:

  • Pochezza di scelte e di profondità strategica. Piccoli giochi per piccole conseguenze: non si è creata una vera, globale e complessa economia di gioco, coinvolgente le meccaniche a 360°, ma solo pezzi accostati.
  • Nella foga di trovare per forza una diversa meccanica per ogni minigioco – perché il primo effetto collaterale è quello di doverli far apparire diversi – si rischia anche un progressivo scollamento dall'ambientazione.
  • Difficoltà di bilanciamento, dato che più se ne creano, meno il giocatore avrà tempo e occasione di sfruttarli tutti.

Esempio: 
Gùgōng, di Andreas Steding, è composto da 7 minigiochi collegati solo da qualche bonus incrociato. Aggiungendo un ipotetico ottavo gioco o togliendone uno dei sette, il risultato non sarebbe cambiato e la struttura del titolo sarebbe rimasta la stessa.
KanBan, di Vital Lacerda è allo stesso modo composto da 7 parti, ciascuna con le proprie regole e la propria funzione. Sebbene apparentemente legate all'ambientazione, se ne sarebbe tranquillamente potuta aggiungere un'ottava (di marketing ad esempio) o toglierne una, con i relativo bonus, e il gioco avrebbe funzionato lo stesso senza troppo scossoni o aggiustamenti. 

Contro-esempio:
Che pezzo volete togliere a Indonesia? Le fusioni? Perderebbe senso il gioco. Il tonnellaggio dei trasporti? Non avrebbe mordente la fase di spedizione. Non c'è nessun pezzo superfluo nel gioco, tutti i meccanismi principali si incastrano in modo consequenziale e logico, nessuno ha il sapore si posticcio. Lo stesso si potrebbe fare per altri classici come Puerto Rico o El Grande o Alta Tensione o Imperial.

Espediente #4: varianti per tutti i gusti

Specie negli ultimi tempi, specie grazie a Kickstarter, gli editori si sono resi conto che per raccattare più pubblico possibile è bene fornire più versioni possibili dello stesso gioco. 
Avendo a disposizione un campione statistico, ci si è resi conto che dotare un gioco della versione solitario, di una versione competitiva (quando collaborativo), o facendo il contrario quando competitivo, aumentava le vendite. 
Il problema è che tutte queste modifiche, raramente sono testate a dovere e che se un gioco nasce in un modo, spesso non funziona nell'altro o quanto meno funziona peggio. 

Al di là di queste macro differenze, ci sono poi tutta una serie di varianti messe per rendere il gioco malleabile e piacione, cosicché ciascuno possa trovare la sua giusta dimensione. Tutte queste varianti disponibili sottendono però spesso anche una buona dose di incertezza nel game-design, la paura di tracciare una rotto definita, per non scontentare nessuno. Un autore dovrebbe avere un'odea di come vuole il suo gioco giri, esserne convinto, proporla come la ritiene giusta per le sensazioni che vuole trasmettere. 

Esempio:
In Anachrony c'è la possibilità di avere bonus/malus sul tracciato tempo, usare o meno il dado dei viaggi nel tempo, plance simmetriche o asimmetriche. 

Contro-esempio:
Caylus, come peso paragonabile ad Anachrony, non ha mai avuti bisogni di varianti o eccezioni per eccellere.

“La perfezione (nel design) si ottiene non quando non c'è nient'altro da aggiungere, bensì quando non c'è più niente da togliere.”

Veniamo ora a due aspetti non prettamente meccanici, ma comunque rilevanti: l'ambientazione e i materiali.

Espediente #5: l'apparente simulazione derivata dalla complicazione

Quello che spesso abbaglia è il fatto che arricchire di particolari ed eccezioni un gioco porti a una più grande simulazione. In realtà quello che la simulazione dovrebbe cogliere è l'essenza di quel che si riporta, di quel che si vuole comunicare, perché non ci si deve mai scordare che il mezzo con cui noi stiamo simulando la realtà è appunto un mezzo – il gioco da tavolo in questo caso – e non la realtà stessa ed ogni particolare che andiamo più o meno inutilmente ad aggiungere crea fiddliness in partita, fiddliness che può soffocare la stessa simulazione che volevamo in origine ricreare.

Esempio:
Vinhos di Vital Lacerda ha lo scopo di ricreare la produzione vinicola portoghese. I minigiochi da cui è composto, però, sono per lo più astratti e poco legati a quella che dovrebbe essere l'ambientazione. Già a partire dal sistema di selezione azioni che è un gioco a sé stante, per finire alla griglia dell'export che vive di regole proprie e viene riempita come un puzzle.
Dal lato dell'eccessiva complicazione, sono indimenticabili i gettoni viola CEPs di CO2 (prima edizione), le cui regole e gestione erano l'incubo di quel regolamento (semplificato poi nella seconda edizione, a riprova del fatto che anche l'autore si rese conto di aver forse esagerato).

Contro-esempio:
Pochi Acri di Neve ha un regolamento più snello della maggior parte dei giochi citati, eppure con una semplice meccanica di deck-building e gestione mano, simula la difficoltà di approvvigionamento e rifornimento delle truppe nella guerra in Canada, dando con semploiocità un'idea precisa della caratteristica saliente di quella guerra.

Espediente #6: nella scatola grande c'è il grande gioco

Qui il mezzo usato è più sottile e sfrutta la convinzione inconscia dell'acquirente per la quale a un prodotto 1) costoso e 2) voluminoso corrisponda una maggiore qualità. A ciò si allaccia anche tutto il discorse dei materiali, più volte fatto, per cui materiali appariscenti (miniature, risorse sagomate, ecc) e grafica e disegni di alto livello (ad esempio illustrazioni tutte diverse sulle carte), contribuiscano a far vendere di più e abbiano anche impatto sul giudizio che si dà alla fine sul gioco, fagocitando in qualche modo le meccaniche, in diversa misura a seconda della predisposizione del fruitore. 

La conseguenza di un prezzo alto è anche quella di creare nell'utente un'alta aspettativa, che infine incide sul bias nei confronti del gioco stesso e della sua qualità intrinseca – meccanica – che invece è indipendente da dimensioni, costo, materiali.
Una scatola grande è stato più volte confermato da editori che permette di vendere addirittura meglio un gioco, perché percepito come più “bello” rispetto a uno in scatola piccola, che viene automaticamente associato a qualcosa di poco “serio” e “profondo”.

Esempio:
Tutti gli ultimi giochi di Lacerda, incluse le ristampe rivedute e corrette dei suoi primi giochi, sono stati lanciati su Kickstarter, ad un prezzo decisamente elevato, giustificato spesso dai materiali imponenti, scatola sovradimensionata e cura nella grafica.

Contro-esempio
Wir Sind Das Volk! oppure The King is Dead, sono giochi estremamente profondi contenuti in scatole piccole, con materiali spartani e prezzo economico.

Conclusione

Mi sono più volte chiesto perché Lacerda e altri autori simili, non riuscissero a suscitare in me il senso di meraviglia che molti giocatori sembrano invece provare. Razionalmente conoscevo già i motivi di game-design che ne erano la causa, ma ho cominciato a pensare di metterli nero su bianco solo quando ho iniziato la serie di articoli relativi alle meccaniche di gioco, notando come il nome di Lacerda non avesse mai occasione di venir fuori tra gli esempi positivi di spicco. 
Anche quando ho iniziato a scrivere questo articolo, non avevo in mente specificatamente lui e i suoi giochi, ma quando cercavo esempi concreti per ogni voce, i suoi titoli erano i primi a saltarmi in mente. 

Ma al di là del singolo autore o esempio, l'articolo viene fuori semplicemente dal desiderio di approfondire l'analisi dei giochi e condividere queste riflessioni.

“Si Monumentum Requiris, Circumspice”

Commenti

 

Alla fine Lacerda ha chiesto aiuto agli Splotter e pace è fatta!

Il gioco è Bus solo che attraverso una serie di mini giochi devi costruire la città su Marte per poter giocare. Scatola megagigante!

 

Complimenti ad Agzaroth per l'ottimo articolo di approfondimento.

Credo che l'allargamento del mercato, la disponibilità di materiali migliori e produzioni iper pompate,(Kickstarter ?..) abbia spostato il focus dei giochi verso l'estetica più che verso la meccanica.

L'abbondanza di giochi rende difficile valutarli bene, specie perchè banalmente è difficile provarli oltre un certo numero di partite per capirne ed apprezzarne il game design. Certo i gamers più scafati non hanno problemi a riconoscere i giochi che hanno un buon equilibrio tra meccanica e soddisfazione di gioco, ma per tutti gli altri e sono/siamo la maggioranza si va troppo con il cuore più che con la saggezza e l'esperienza.

In questo senso ben vengano gli articoli di approfondimento e lo scambio di impressioni sul nostro amato forum che limitano i danni :-p

Boh, a me i giochi con sottogiochi piacciono se a legarli c'è una meccanica intrigante. Infatti Trajan di Feld è uno dei miei giochi preferiti e anche Gugong mi piace. Se invece di 7 sottogiochi, ce ne fossero stati 8 la mia impressione non sarebbe cambiata, così come se ce ne fossero stati 6. Non capisco dove sarebbe il problema, se il gioco funziona ed è godibile. Invece ho trovato oltremodo pesante Kanban, che nonostante una meccanica interessante è svilito dai suoi millemila bonus a cascata e collegamenti cervellotici. 

Bellissimo Articolo. 

Non capisco chi si offende. Non è un segreto che lacerda nasconda giochi lineari sotto a Randi accrocchi. Visto l'argomento era assolutamente corretto tirare il ballo i due estremi: accrocchio-Lacerda e mastrolindo-splotter.   Rilassatevi

Riporto anche qui quello che ti ho commentato su Facebook, anche alla luce di alcuni interessanti spunti presenti qui nei commenti.

Secondo me, "bad design" è un po' forte ed è un'espressione che personalmente cerco di evitare. Perché ha una fortissima presunzione di oggettività (altrimenti sarebbe "design I really don't like"). Tutte le caratteristiche che citi le giudichi apertamente in modo negativo (come dicevo, per come le poni nell'articolo suonano quasi come "oggettivamente sbagliate"). Alla fine in molti dei casi proposti (#1, #2 e #5) stai comparando due diversi "approcci", uno più elegante e uno più crunchy, un po' come se tu stessi comparando il Go e gli Scacchi. I fan dell'uno o dell'altro ti diranno che il loro beniamino ludico è superiore all'altro per qualche motivo, ma un osservatore imparziale noterà punti di forza e debolezza di entrambi trovando una sorta di "via di mezzo". Negli altri due addirittura più che di design parlerei di scelte editoriali, materiali e dimensioni della scatola afferiscono al design solo in minima parte, essendo sostanzialmente dettate dal marketing. Allo stesso modo, l'esubero di varianti potrebbe tranquillamente essere una richiesta specifica dell'editore (a me è successo diverse volte), che non le chiede per cattiveria o per mascherare magagne ma solo per ampliare il target e andare incontro ai gusti di giocatori diversi.

Per quanto mi riguarda, forse avrei scritto l'articolo chiamandolo (in sostanza) "cose che io considero bad design", perché non è che la definizione di eleganza che prediligi sia incisa nella roccia (nonostante sia una definizione indubbiamente sensata) o che se un designer progetta un eurogame con molte sotto-regole o eccezioni o dettagli (magari tematici perché sta un po' ibridando) il gioco sia una merda perché c'è una qualche regola formale che determina questo status, mi vengono in mente fior di giochi che funzionano benissimo pur essendo un po' fiddly o ricchissimi di dettagli. Per farti un esempio scemo: siamo sicuri che l'eleganza - intesa come "easy to learn, hard to master" sia sempre e comunque l'optimum? Non potrebbero esistere giochi "hard to learn, hard to master" che sono comunque "buon design" perché la curva ripida è necessaria a quel tipo di gioco per esprimere appieno l'esperienza desiderata, magari solo per un target di nicchia?

Per capirci, il 99% delle cose che citi nell'articolo danno al cazzo anche a me quando me le trovo davanti, soprattutto se le percepisco come "eccessive", non vorrei però che passasse il messaggio che esiste una qualche "formalizzazione" di cosa è o non è "bad design", soprattutto in un periodo in cui ci sarebbe - secondo me - un bisogno estremo di recuperare l'idea che i giudizi sono largamente soggettivi, per quanto sia evidente il tuo tentativo di mettere dei paletti stringenti che facciano sì che ogni critica che muovi sia ampiamente motivata, ma questo è chiaro perché so quanto ci tieni a esporre, quando non fatti, almeno opinioni informate.

Lo dico per parlare e per confrontarci, ovviamente, non perché io pensi che tu scriva articoli fuori luogo o "sbagliati" in sé (insomma, non è che ti metto i like su Facebook perché soffro di DPM, sai che stimo il lavoro di divulgazione che fai e coordini), anzi, l'articolo mi è piaciuto molto e, come dicevo, lancia tantissimi spunti interessanti non solo per quanto concerne il game design, ma anche dal punto di vista editoriale.

Dopo commenti molto più dettagliati di critica, che mi trovano completamente d'accordo (vedi Tania, vedi Marco Valtriani), mi limito a riportare la risposta sintetica di un amico:

"[Agzaroth] Assume che un gioco o sia studiato a puntino, con un design complesso e verticale senza fronzoli, oppure sia dovuto a delle mancanze da parte dell'autore. Secondo me non è così: Feld in Burgundy è vero che fa un'insalata di punti e che il design del gioco stesso è sicuramente orizzontale, ma non vedo perchè questo debba essere interpretato come una mancanza di Feld, che denoti un "design scarso". Semplicemente quel design incontra i gusti suoi e dei moltissimi giocatori che lo apprezzano".

In sintesi, senza entrare nel merito di complessità, eleganza e profondità: non è detto che i motivi per cui un gioco piace (ma non piace all'autore, sicuramente dai gusti specifici e raffinati da anni di giochi) vadano ricercati in delle "trappole" create ad hoc da un "bad design". Stesso discorso vale per la mancanza di originalità, che non è necessariamente nè una via obbligata per del buon design nè un valore di per sè superiore ad altre metriche.

E considera che pure io i giochi di Lacerda non li sopporto...

rispondo con calma a Marco.
Sicuramente le mie obiezioni in questo articolo partono da osservazioni personali. Qiundi i giudizi che do partono da cose oggettive (ad esempio l'origininalità che può effettivamente essere valutata, oppure il fatto che una scatola grande faccia effettivamente vendere più di una piccola) per poi avere valore soggettivo, per cui per me ad esempio originalità ed eleganza sono patrtametri importanti in un gioco. 

Mi rendo però conto che, perché questo sia chiaro a tutti, che manca probabilmente un'introduzione all'articolo che invece davo per scontata.
Senza riscriverne un secondo, cerco di essere schematico:
- Parlo di giochi euro, di peso medio-alto / alto. Quindi le considerazioni sopra fanno riferimento a quelli.
- in questo tipo di giochi, il focus su cui ci si concentra, sono le meccaniche. Quindi non la simulazione, non l'avventura, non il drama. Quello che questi giochi vogliono dare all'utente è una soddisfazione mentale nel risolvere in qualche modo un rebus, strategico e tattico, meglio degli altri. Se per farlo deve ragionare meglio delgi altri (complessità) e intersecare molte variabili più o meno note (profondità), tanto meglio.
- ora, per un gioco del genere, il fatto che quel tipo di complessità/profondità sia ottenuta con meno orpelli possibili (eleganza), è a mio parere un pregio. Immagino che esisterà sempre qualcuno che preferisce spendere 3X per ottenere Y, ma io penso che se devo tenere un parametro per valutare quale gioco sia fatto meglio, è meglio spendere x per avere la medesima Y. 
- altro punto per l'originalità. Si può valutare più o meno oggettivamente se un gioco è originale. Poi gli si può dare zero o molta importanza, ma ancora in un contesto di questo genere di giochi, dove le meccaniche sono inflazionate e in cui l'ambientazione conta poco, avere meccaniche originali è un punto di pregio. Poi anche qui, qualcuno potrà dirmi che per lui non conta, che avere un gioco chiamato Sulyac, identico a Caylus in tutto e per tutto, fa di questo un capolavoro (estremizzo), ma in un genere così inflazionato, per me è no. 

Su altri punti, come quello della scatola, sicuramente è messo male, nel senso che tutta la parte estetica meritava un articolo a parte. Ma era un esempio per dire come anche i giocatori euro (io in primis eh), siamo comunque attratti da questo tipo di espedienti. Inevitabilmente. Ne parlavo se non sbaglio nel Goblin Show con Mario Cortese.

Perché poi, in summa, se io devo valutare un gioco, devo darmi dei parametri che non sono solo vedere se ci sono dei bug. Per un euro, penso onestamente che originalità, profondità, eleganza e bilanciamento siano quattro tra i più importanti. Anche per il Magnifico sono bene o male questi quattro e non l'ho deciso io, l'hanno deciso collegialmente una ventina di persone che fanno recensioni. 
Altre categorie di giochi? Altri parametri. Siamo d'accordo. 

Quindi, sì, parto da dati oggettivi e concreti per farne una soggettività di giudizio. Ma non mi sento in coscienza di fare una passo così azzardato.

Uh, per Feld è un po' un discorso a parte. Tra l'altro in questo articolo non l'ho preso tra gli esempi perché trovo che in realtà faccia delle cose diverse da quelle citate, per cui è strano che già in due lo portiate ad esempio. Lo trovo un autore con idee geniali, non sempre sviluppate al meglio, o non del tutto, ma è un altro discorso.

Tatsumaki scrive:

Non è una carbonara con aglio e guanciale come si dovrebbe fare,

NOOOOOOOOOOOOOO

l aglio nella carbonara

NOOOOOOOOOOOOOO

TrueYoghi scrive:

 

Tatsumaki scrive:

 

Non è una carbonara con aglio e guanciale come si dovrebbe fare,

 

 

NOOOOOOOOOOOOOO

l aglio nella carbonara

NOOOOOOOOOOOOOO

Meno male. Per un momento avevo creduto di aver sbagliato tutto nella vita XD 

Al di là dell'ironia sul meraviglioso refuso "analfebetismo" e le ovvie critiche alla contrapposizione "Splotter buono vs Lacerda cattivo", un articolo che nasce da una bella idea e ha degli ottimi spunti. Mi è piaciuto molto il sottolineare, fra gli elementi di "copertura", le scatole e le componenti appariscenti (confesso che nel mio pledge ad Oath questi hanno fatto da ago della bilancia, ad esempio), ed anche il "è complicato, quindi DEVE essere bello!". Bravo.

Mi viene in mente che un effetto difficile da "inchiodare" ma che trovo presente è l'effetto carrozzone, ossia: "tutti dicono che è bello, quindi DEVE essere bello". Il problema è che questo effetto può essere costruito ad arte tramite il marketing mirato. Che ne pensi?

IlProfessorRushina scrive:

Al di là dell'ironia sul meraviglioso refuso "analfebetismo" e le ovvie critiche alla contrapposizione "Splotter buono vs Lacerda cattivo", un articolo che nasce da una bella idea e ha degli ottimi spunti. Mi è piaciuto molto il sottolineare, fra gli elementi di "copertura", le scatole e le componenti appariscenti (confesso che nel mio pledge ad Oath questi hanno fatto da ago della bilancia, ad esempio), ed anche il "è complicato, quindi DEVE essere bello!". Bravo.

Mi viene in mente che un effetto difficile da "inchiodare" ma che trovo presente è l'effetto carrozzone, ossia: "tutti dicono che è bello, quindi DEVE essere bello". Il problema è che questo effetto può essere costruito ad arte tramite il marketing mirato. Che ne pensi?

vero, un altro bello spunto, che a volte fa anche l'effetto opposto: "tutti dicono che è bello, faccio il figo e dico che non è nulla di che". Si potrebbe anche tirar fuori un altro aspetto, generalmente più associato a Kickstarter: "l'ho pagato un mutuo, quindi è bello per forza"

Danebed scrive:

 

Locompetitivo scrive:

 

Ultima provocazione. Quanto incidono secondo voi le illustrazioni di Barrage?

Lo avreste comprato anche con una copertina diversa?

 

 

E magari anche con escavatori e betoniere che non sembrino usciti dalle fabbriche dell'Impero Galattico? Se sai dove lo vendono, dimmelo!

Al nostro tavolo sono "peni e rane".

MarioRossi scrive:

In sintesi, senza entrare nel merito di complessità, eleganza e profondità: non è detto che i motivi per cui un gioco piace (ma non piace all'autore, sicuramente dai gusti specifici e raffinati da anni di giochi) vadano ricercati in delle "trappole" create ad hoc da un "bad design".

Eppure le "trappole" oggettivamente esistono. Ovvero elementi che sembrano far parte del design di un gioco e invece non sono niente. Faccio un esempio banale. In Raja del Gange ogni giocatore ha due indicatori che partono entrambi da zero e si muovono uno in senso orario e uno in senso antiorario, e quando si incontrano il giocatore che li ha fatti incontrare vince. E ricordo giocatori estasiati da questa "novità". Ma in realtà è esattamente la stessa cosa di dire "i punti si fanno aumentando la ricchezza o il prestigio e chi arriva a 100 vince", solo che camuffato da cosa diversa.

Questa è oggettivamente una trappola, una suggestione estetica travestita da caratteristica di gioco.

Agzaroth scrive:

 

IlProfessorRushina scrive:

 

Al di là dell'ironia sul meraviglioso refuso "analfebetismo" e le ovvie critiche alla contrapposizione "Splotter buono vs Lacerda cattivo", un articolo che nasce da una bella idea e ha degli ottimi spunti. Mi è piaciuto molto il sottolineare, fra gli elementi di "copertura", le scatole e le componenti appariscenti (confesso che nel mio pledge ad Oath questi hanno fatto da ago della bilancia, ad esempio), ed anche il "è complicato, quindi DEVE essere bello!". Bravo.

Mi viene in mente che un effetto difficile da "inchiodare" ma che trovo presente è l'effetto carrozzone, ossia: "tutti dicono che è bello, quindi DEVE essere bello". Il problema è che questo effetto può essere costruito ad arte tramite il marketing mirato. Che ne pensi?

 

 

vero, un altro bello spunto, che a volte fa anche l'effetto opposto: "tutti dicono che è bello, faccio il figo e dico che non è nulla di che". Si potrebbe anche tirar fuori un altro aspetto, generalmente più associato a Kickstarter: "l'ho pagato un mutuo, quindi è bello per forza"

 

Belli questi spunti.

Difatto noi viviamo di pregiudizi.  Mi spiego:
In genere la prima impressione su un argomento è quella che ci resta più impressa ed è difficile da estirpare.
In genere la prima impressione non è razionale ma di pancia. Noi troveremo il modo di giudicarla razionalmente.

La buona notizia è che questo è normale, basta solo saperlo ed essere aperti ad ascoltare altre idee e rivedere la nostre.

Se vi domandate che c'entra tutto questo con quanto avete letto nei commenti, la risposta è:
marketing

Sarebbe più onesto parlare di scuole di pensiero.

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