Come impressionare i giocatori con un game design povero ma appariscente

It's a Trap!

Analizziamo gli elementi che fungono da polo attrattivo per il giocatore e che nascondono la povertà di game design sotto un tappeto scintillante.

Editoriale
Giochi

Il game design moderno, in ambito german, si trova ad affrontare un passaggio importante: da un lato le idee migliori sono state create, modificate e rivoltate come un calzino, tanto che trovare uno spunto davvero originale in un gioco da tavolo di tale genere è ormai cosa rara; dall'altro si tende a ricorrere sempre più spesso all'ibridazione - con risultati altalenanti - proprio per ricercare tale originalità nella commistione tra generi e andare a intercettare una fetta di pubblico più ampia.

L'altra “soluzione” è quelle di cercare di stupire l'utente coprendo idee trite e game design piatto con un sacco di strati, in parte per cercare di ricreare l'ambientazione proposta (e in un certo senso “ibridare” il titolo, come sopra), in parte per dare l'impressione di profondità e complessità che in realtà, sotto, non ci sono.

Ci sono diversi autori che sono maestri in questo tipo di operazione, che è anche la più semplice e a buon mercato per creare un cosiddetto gioco per hard-gamers. Vediamo i diversi punti di questo tipo di game design (che spesso esita nel bad game-design) e portiamo qualche esempio concreto per ciascuno.

Espediente #1: la tecnica dei mille bonus

Aggiungere pezzi a una singola azione è il primo sistema per mascherare un qualcosa di lineare complicandolo. Si crea un'azione, ci si mette un bonus, ci si mette una conseguenza su un'altra azione, una nuova sotto-azione sbloccata, un pezzo di collezione set per fine partita.

Questo tipo di game-design stratificato sortisce i seguenti effetti: 

  • aggiunge complicazione, rendendo le scelte meno significative, diluendo quella che è l'importanza e l'incidenza della singola scelta. Apparentemente un'azione che è gravida di tante piccole conseguenze dovrebbe portare una maggiore profondità, ma in realtà quando una scelta singola e pesante finisce per impattare su tutta la partita, il suo peso in profondità è molto più grande rispetto a tanti micro-bonus che hanno ripercussioni solo nell'immediato;
  • rende il caso più incisivo: quando ci sono molte piccole cose legate a un'azione, spesso la loro attivazione o la non attivazione dipende non dalla volontà del giocatore, ma dalla situazione temporanea. E tuttavia quel piccolo bonus potrebbe fare la differenza per una sotto-azione in più o un set che poi fa punti vittoria. Più sono i bonus legati a un'azione, più è improbabile incastrarli con volontà e coscienza, facendo perdere significatività alle propria scelte;
  • aggiunge una sorta di comodo paracadute per chi gioca male. La sensazione di prendere sempre e comunque qualcosa gratifica nell'immediato qualunque azione intrapresa e qualunque giocatore, indipendentemente dalla reale efficacia a lungo termine, per questo tale tipo di costruzione è particolarmente gradito a una buona fetta di giocatori;
  • toglie eleganza, che in un gioco da tavolo è un concetto che è sempre positivo. Per capire meglio questo termine vi rimando al suo articolo, ma qualsiasi meccanismo di gioco che abbia la stessa resa con minore spesa è sempre apprezzabile di uno che complica le cose per avere il medesimo risultato.

Esempio: 
In The Gallerist di Lacerda, una delle azioni esecutive (e già siamo a un'azione secondaria, per attivare la quale devi avere sbloccato un assistente con un'altra azione, che a sua volta libera un ulteriore bonus sulla plancia personale, che è differente a seconda dell'assistente liberato...) consente di usare un contratto precedentemente acquisito (altra azione) per piazzarci un assistente ed eseguirne l'azione esecutiva (differenti anche in questo caso, da contratto a contratto); non solo, ma in seguito il contratto può essere usato per vendere un'opera e in tal caso l'assistente usato si sblocca e il contratto di gira scoprendo una nuova azione esecutiva. 

Contro-esempio:
In The Great Zimbabwe della Splotter Spellen hai solo tre azioni possibili. Nessuna di queste porta bonus o altri piccoli incastri. Spesso poi, al tuo turno, una di queste azioni la escludi a priori, per la situazione di gioco. Eppure ogni singola azione, a partire già dal primo round, porta conseguenze pesanti non solo sul tuo gioco, ma sull'intera partita, a lungo termine, influendo su tutti i giocatori al tavolo, sulle loro azioni e sulle contromisure che prenderanno. 

Espediente #2: nascondere la mancanza di originalità dietro una montagna di regole

Maracaibo
Maracaibo
Quando ho realizzato la serie di articoli “Meccaniche e affini”, per ogni meccanica facevo una panoramica dei giochi che più significativamente l'avevano declinata, portando esempi della sua evoluzione e delle innovazioni implementate. 

Ci sono autori famosi che hanno portato parecchia originalità nei giochi da tavolo (es. Wallace), altri altrettanto famosi che ne hanno portata meno perché magari tendono a ripetere un po' sempre le stesse cose (es: Rosenberg), altri che pur prediligendo la struttura a bonus concatenati di cui abbiamo parlato sopra non rinunciano a mettere qualcosa di nuovo (Pfister), altri che infine non introducono nessuna innovazione e quindi, mi sono reso conto, non avevo mai avuto occasione di citare (Lacerda).

In linea generale, l'impressione che si ha davanti a un gioco da più di venti pagine di regole è quella di un “giocone” (termine che rimanda ad un certo analfebetismo funzionale ludico), di qualcosa di complesso (laddove abbiamo ben visto la differenza tra complesso e complicato: cfr. articolo), di qualcosa anche di “per forza” bello, perché “se ci hanno messo dentro tante cose...”.

Tante cose però sono spesso già viste e un mero assemblaggio di meccaniche trite e conosciute. Mettere assieme cose non originali può comunque portare a qualcosa di originale, ma più spesso porta solo ad accrocchi tante cose.

Esempio:
Lisboa di Lacerda ha tante meccaniche, prese da vari giochi (come la costruzione di tableu, la collezione set, le merci da spedire ecc), me nessuna declinata in modo originale ed anche l'assemblaggio finale è più una somma di elementi che non un risultato unico e amalgamato. 
Maracaibo di Pfister è il risultato di un assemblamento dei suoi precedenti giochi, dal giro circolare di Great Western Trail, ai tracciati azionari simili a Mombasa, il tutto nascosto dietro una spiegazione da 40 minuti che maschera questo collage dietro alla sua complicazione.

Contro-esempio:
Through the Ages, ma anche Great Western Trail sono comunque giochi costituiti da un grande numero di meccaniche ed elementi, ma ciascuno introduce elementi nuovi nel gioco da tavolo ed ha il merito di avere originalità.
Bus della Splotter Spellen ha solo 7 pagine di regole, ma almeno tre idee nuove e originali e una profondità che non è seconda a giochi da 20+ pagine.

"Lacerda è il Michael Bay dei giochi da tavolo"

Espediente #3: i minigiochi appiccicati

Gugong: copertina
Gùgōng
Un'altra caratteristica riconducibile al moderno game-design è l'abbondanza di minigiochi, ovvero parti di gioco che seguono meccaniche proprie e spesso danno anche punti vittoria per conto proprio. Il legame con gli altri minigiochi viene spesso effettuato blandamente fornendo e/o richiedendo piccoli bonus (e torniamo ai bonus del punto #1) che sono applicabili agli altri pezzi del puzzle. 
Il giocatore ha così la falsa e immediata impressione che sia tutto collegato, quando – analizzando bene il gioco – ci si accorge che togliendo un pezzo (o aggiungendo un altro minigioco a caso), la sostanza non cambia.

I minigiochi nascondono in generale:

  • Pochezza di scelte e di profondità strategica. Piccoli giochi per piccole conseguenze: non si è creata una vera, globale e complessa economia di gioco, coinvolgente le meccaniche a 360°, ma solo pezzi accostati.
  • Nella foga di trovare per forza una diversa meccanica per ogni minigioco – perché il primo effetto collaterale è quello di doverli far apparire diversi – si rischia anche un progressivo scollamento dall'ambientazione.
  • Difficoltà di bilanciamento, dato che più se ne creano, meno il giocatore avrà tempo e occasione di sfruttarli tutti.

Esempio: 
Gùgōng, di Andreas Steding, è composto da 7 minigiochi collegati solo da qualche bonus incrociato. Aggiungendo un ipotetico ottavo gioco o togliendone uno dei sette, il risultato non sarebbe cambiato e la struttura del titolo sarebbe rimasta la stessa.
KanBan, di Vital Lacerda è allo stesso modo composto da 7 parti, ciascuna con le proprie regole e la propria funzione. Sebbene apparentemente legate all'ambientazione, se ne sarebbe tranquillamente potuta aggiungere un'ottava (di marketing ad esempio) o toglierne una, con i relativo bonus, e il gioco avrebbe funzionato lo stesso senza troppo scossoni o aggiustamenti. 

Contro-esempio:
Che pezzo volete togliere a Indonesia? Le fusioni? Perderebbe senso il gioco. Il tonnellaggio dei trasporti? Non avrebbe mordente la fase di spedizione. Non c'è nessun pezzo superfluo nel gioco, tutti i meccanismi principali si incastrano in modo consequenziale e logico, nessuno ha il sapore si posticcio. Lo stesso si potrebbe fare per altri classici come Puerto Rico o El Grande o Alta Tensione o Imperial.

Espediente #4: varianti per tutti i gusti

Specie negli ultimi tempi, specie grazie a Kickstarter, gli editori si sono resi conto che per raccattare più pubblico possibile è bene fornire più versioni possibili dello stesso gioco. 
Avendo a disposizione un campione statistico, ci si è resi conto che dotare un gioco della versione solitario, di una versione competitiva (quando collaborativo), o facendo il contrario quando competitivo, aumentava le vendite. 
Il problema è che tutte queste modifiche, raramente sono testate a dovere e che se un gioco nasce in un modo, spesso non funziona nell'altro o quanto meno funziona peggio. 

Al di là di queste macro differenze, ci sono poi tutta una serie di varianti messe per rendere il gioco malleabile e piacione, cosicché ciascuno possa trovare la sua giusta dimensione. Tutte queste varianti disponibili sottendono però spesso anche una buona dose di incertezza nel game-design, la paura di tracciare una rotto definita, per non scontentare nessuno. Un autore dovrebbe avere un'odea di come vuole il suo gioco giri, esserne convinto, proporla come la ritiene giusta per le sensazioni che vuole trasmettere. 

Esempio:
In Anachrony c'è la possibilità di avere bonus/malus sul tracciato tempo, usare o meno il dado dei viaggi nel tempo, plance simmetriche o asimmetriche. 

Contro-esempio:
Caylus, come peso paragonabile ad Anachrony, non ha mai avuti bisogni di varianti o eccezioni per eccellere.

“La perfezione (nel design) si ottiene non quando non c'è nient'altro da aggiungere, bensì quando non c'è più niente da togliere.”

Veniamo ora a due aspetti non prettamente meccanici, ma comunque rilevanti: l'ambientazione e i materiali.

Espediente #5: l'apparente simulazione derivata dalla complicazione

Quello che spesso abbaglia è il fatto che arricchire di particolari ed eccezioni un gioco porti a una più grande simulazione. In realtà quello che la simulazione dovrebbe cogliere è l'essenza di quel che si riporta, di quel che si vuole comunicare, perché non ci si deve mai scordare che il mezzo con cui noi stiamo simulando la realtà è appunto un mezzo – il gioco da tavolo in questo caso – e non la realtà stessa ed ogni particolare che andiamo più o meno inutilmente ad aggiungere crea fiddliness in partita, fiddliness che può soffocare la stessa simulazione che volevamo in origine ricreare.

Esempio:
Vinhos di Vital Lacerda ha lo scopo di ricreare la produzione vinicola portoghese. I minigiochi da cui è composto, però, sono per lo più astratti e poco legati a quella che dovrebbe essere l'ambientazione. Già a partire dal sistema di selezione azioni che è un gioco a sé stante, per finire alla griglia dell'export che vive di regole proprie e viene riempita come un puzzle.
Dal lato dell'eccessiva complicazione, sono indimenticabili i gettoni viola CEPs di CO2 (prima edizione), le cui regole e gestione erano l'incubo di quel regolamento (semplificato poi nella seconda edizione, a riprova del fatto che anche l'autore si rese conto di aver forse esagerato).

Contro-esempio:
Pochi Acri di Neve ha un regolamento più snello della maggior parte dei giochi citati, eppure con una semplice meccanica di deck-building e gestione mano, simula la difficoltà di approvvigionamento e rifornimento delle truppe nella guerra in Canada, dando con semploiocità un'idea precisa della caratteristica saliente di quella guerra.

Espediente #6: nella scatola grande c'è il grande gioco

Qui il mezzo usato è più sottile e sfrutta la convinzione inconscia dell'acquirente per la quale a un prodotto 1) costoso e 2) voluminoso corrisponda una maggiore qualità. A ciò si allaccia anche tutto il discorse dei materiali, più volte fatto, per cui materiali appariscenti (miniature, risorse sagomate, ecc) e grafica e disegni di alto livello (ad esempio illustrazioni tutte diverse sulle carte), contribuiscano a far vendere di più e abbiano anche impatto sul giudizio che si dà alla fine sul gioco, fagocitando in qualche modo le meccaniche, in diversa misura a seconda della predisposizione del fruitore. 

La conseguenza di un prezzo alto è anche quella di creare nell'utente un'alta aspettativa, che infine incide sul bias nei confronti del gioco stesso e della sua qualità intrinseca – meccanica – che invece è indipendente da dimensioni, costo, materiali.
Una scatola grande è stato più volte confermato da editori che permette di vendere addirittura meglio un gioco, perché percepito come più “bello” rispetto a uno in scatola piccola, che viene automaticamente associato a qualcosa di poco “serio” e “profondo”.

Esempio:
Tutti gli ultimi giochi di Lacerda, incluse le ristampe rivedute e corrette dei suoi primi giochi, sono stati lanciati su Kickstarter, ad un prezzo decisamente elevato, giustificato spesso dai materiali imponenti, scatola sovradimensionata e cura nella grafica.

Contro-esempio
Wir Sind Das Volk! oppure The King is Dead, sono giochi estremamente profondi contenuti in scatole piccole, con materiali spartani e prezzo economico.

Conclusione

Mi sono più volte chiesto perché Lacerda e altri autori simili, non riuscissero a suscitare in me il senso di meraviglia che molti giocatori sembrano invece provare. Razionalmente conoscevo già i motivi di game-design che ne erano la causa, ma ho cominciato a pensare di metterli nero su bianco solo quando ho iniziato la serie di articoli relativi alle meccaniche di gioco, notando come il nome di Lacerda non avesse mai occasione di venir fuori tra gli esempi positivi di spicco. 
Anche quando ho iniziato a scrivere questo articolo, non avevo in mente specificatamente lui e i suoi giochi, ma quando cercavo esempi concreti per ogni voce, i suoi titoli erano i primi a saltarmi in mente. 

Ma al di là del singolo autore o esempio, l'articolo viene fuori semplicemente dal desiderio di approfondire l'analisi dei giochi e condividere queste riflessioni.

“Si Monumentum Requiris, Circumspice”

Commenti

Nessun Lacerda è stato maltrattato nella stesura di questo articolo

Complimenti mi trovo pienamente d'accordo con questo articolo. Penso che manchi solo una considerazione. Gli splotter sono gli unici autori che cercano di utilizzare idee originali per un pubblico di nicchia. Tutti gli altri autori con le idee brillanti realizzano giochi family o al più dei pesi medi perché, a mio parere, cercano di raggiungere il maggior numero di persone che possano apprezzare le loro perle.

È il caso di Heaven and Ale (definito dal grande Akyla "Capolavoro"), Flamme Rouge (deckbuilding sfruttato al meglio),  Istanbul (piazzamento lavoratori originalissimo che tiene conto del numero dei lavoratori e dove li piazzi), Bali (gioco di carte altamente strategico dove la fortuna non incide), Ciarlatani di Quedlimburgo (bag building più push your luck che però ti danno senso di controllo nella scelta di essere prudente o avventato. Un po' come quando in un wargame, se sei in vantaggio gestisci se sei messo male ti butti e rischi), Cryptid (gioco originalissimo).

Grazie alla tana penso di aver sbagliato pochissimi acquisti però è venuto il tempo di dimenticarsi il peso, come dici tu le inutili complicazioni, e puntare alle idee eleganti.

Ultima provocazione. Quanto incidono secondo voi le illustrazioni di Barrage?

Lo avreste comprato anche con una copertina diversa?

Letto tutto d'un fiato. Bell'approfondimento.
Condivido in gran parte quanto detto, sono anche io un grande amante di linearità ed eleganza. Non vedo però perché chi ama un altro tipo di game design (stile Lacerda per fare un esempio a caso) debba sentirsi quasi ingannato. Io gioco per divertirmi e per passare del buon tempo. Se un The Gallerist mi permette di raggiungere questo scopo più di un Wir Sind Das Volk! allora, al netto delle varie e legettime valutazioni tecniche, il lavoro svolto dall'autore fa quello che deve fare.

Al massimo potrei capire l'amarezza da parte di un autore che fa un perfetto lavoro di game design creando un gioco elegante e che "gira come un orologio" ma che alla prova dei fatti non diverte la maggior parte dei giocatori (o più propriamente quelli del target a cui si è rivolto). Tutta colpa dell'inettitudine o dell'ignoranza dei giocatori, o magari c'è qualcosa di altro oltre ai tecnicismi?

@locompetitivo nella sua prima considerazione

manca perché non è vero, vedi proprio barrage di cui alleghi la copertina.

@locompetitovo Barrage é caruccio come scompartimento artistico, ma dall'areba da cui ptoviene (é un kickstarter) non fa gridare al miracolo.

É un salomonico "anche quello aiuta".

Articolo interessante, unica cosa che non condivido é il j'accuse sul termine "giocone". La colpa non é nell'esclamazione, ma solo talvolta negli occhi di chi la pronuncia a vanvera. 

E prima o poi lo abbiamo fatto tutti XD

 

Locompetitivo scrive:
Lo avreste comprato anche con una copertina diversa?

Sì; e forse anche più volentieri.

la cosa divertente è che sotto un mini saggio (non credo si possa definire come semplice articolo, data la tecnica che esprime) top, siamo qua tutti a commentare il commento di Locompetitivo (che mi perdonerà, ma secondo me ha scritto delle mezze str cose molto opinabili)

niconiglio scrive:

la cosa divertente è che sotto un mini saggio (non credo si possa definire come semplice articolo, data la tecnica che esprime) top, siamo qua tutti a commentare il commento di Locompetitivo (che mi perdonerà, ma secondo me ha scritto delle mezze str cose molto opinabili)

Ahaha!  Cioè è una cosa opinabile che solo gli splotter utilizzano idee geniali e meccaniche eleganti per un pubblico di nicchia o per i cosiddetti pesi massimi? 

Ti ricordo che il buon Ken Parker nella royal rumble del magnifico ha citato la complessità (bgg) degli eurogame nominati per il magnifico...

Mi pare che quest'anno ci siano dei pesi medi, taluni tendenti al leggero.

Ma per me giusto così premiamo il Game Design!!

Barrage è un peso massimo o medio?

 

Ti ringrazio per questo approfondimento.
Nel mio piccolo ti posso dire che lo condivido appieno.
Non ho moltissimi anni di gioco alle spalle, ma non è difficile riconoscere un bel gioco.
Fortunatamente, tra i miei amici, ci sono giocatori più esperti che mi hanno un po' guidato all'inizio.
In questo periodo ho potuto apprezzare particolarmente Wallace e devo dire che me ne sono proprio innamorato.
 

@Locompetitivo

È proprio per questa copertina che non l'ho comprato... :)

In realtà la copertina e l'ambientazione non mi fanno per nulla impazzire. Oltre al fatto che i colori scuri di norma mi urtano nei giochi.

Cmq bell'articolo Agz.

Signor_Darcy scrive:

 

Locompetitivo scrive:Lo avreste comprato anche con una copertina diversa?

 

Sì; e forse anche più volentieri.

Concordo

Il povero Vital si sarà svegliato con l'otite.

Stiamo parlando di SPLOTTER vero? 

Un articolo intero per dire che ti fa schifo Lacerda? Lo smart working inizia a pesare, eh? ? 

Generalmente mi trovo sempre a condividere le tue considerazioni, e come al solito ti ringrazio per tutti gli articoli e gli approfondimenti che fai sul sito, ma questa volta, secondo me, hai peccato di leggerezza, o quanto meno di poca fantasia. Questo articolo (le cui considerazioni possono essere condivisibili nella maggior parte dei casi, ma non in tutte) sembra un "Lacerda vs Splotter" mentre molti altri titoli hanno le mancanze e i difetti che tu citi (marco polo è una pioggia di bonus e regolette e azioncine a se stanti, e marco polo due anche, perchè non citare terra mystica nei giochi da 20 e più pagine di regole? Perchè non prendersela con caylus 1303 e paragonarlo alla sua versione più elegante e sicuramente più profonda, invece di paragonarlo a vinhos, che a mio avviso è molto più simulativo di, titolo a caso, viticulture?). Io non mi faccio influenzare, perchè a me Lacerda piace per molti motivi, e adoro gli Splotter per altri, ma una persona che si avvicina al mondo dei giochi da tavolo, e legge questo, penserà che Lacerda sia un emerito imbroglione, mentre i santi Splotter sono gli unici detentori della verità. Non credo sia giusto, come non credo che rivedrai le tue idee nè approfondirai la questione. Solo, in futuro, magari stare più attenti a scagliarsi contro un autore in maniera così diretta, e mascherare questo come fosse un articolo di approfondimento. Tu dici che all'inizio non pensavi di scrivere così tanta negativià verso i titoli di Lacerda, ma niente poteva vietarti di tornare indietro e intitolare questo articolo "perchè non mi piacciono i giochi di quell'autore portoghese là?" Peccato per l'occasione mancata.

Miranda: Non hai il minimo senso dello stile e dell'eleganza... 
Andy: beh...dipende da che punto di vista...
Miranda: No...non era una domanda...

Sarebbe interessante conoscere i dati di vendita dei giochi di Lacerda. Vende sempre di più? di meno? Costante perché ha uno zoccolo duro di appassionati che gli comprano comunque ogni nuovo gioco?

I miei 2 cents per esprimere un'opinione. Come mai nell'analisi non si fa cenno a quei giochi che per mascherare una povertà di meccaniche fanno uso smodato di plastica, miniature e scenari gonfiati ? Forse perchè chi ha scritto questo editoriale ama questo genere di giochi ? 

Non sono affatto d'accordo su questa analisi che sembra davvero un po' faziosa, e ispirata da gusti personali.

Io invece credo che siano quei giochi che usano gli effetti speciali a mò di film Marvel a confondere e anestetizzare i sensi dei futuri acquirenti. Negli ultimi tempi ne siamo stati invasi.

Ma, ripeto, sono i miei 2 cents e come credo sia giusto ognuno esprime le sue opinioni.

 

 

I miei 2 cents per esprimere un'opinione. Come mai nell'analisi non si fa cenno a quei giochi che per mascherare una povertà di meccaniche fanno uso smodato di plastica, miniature e scenari gonfiati ? Forse perchè chi ha scritto questo editoriale ama questo genere di giochi ? 

la risposta è nelle prime sette parole dell'articolo

Concordo con tutto, ma proprio con tutto, quello che hai scritto (soprattutto quando hai criticato gugong per gli stessi difetti che ci ho trovato io, e che mi hanno deluso molto essendo un amante dell'ambientazione proposta (e ignorata)).

La tua analisi mi ha fatto però chiedermi perché i giochi di Lacerda vendano così tanto e bene... solo marketing? Solo "fumo negli occhi" dei backers? È certo che c'è questo di mezzo - da (aspirante) autore so bene che gli editori sono molto più interessati a pubblicare un gioco "che venda" piuttosto che uno "bello" - ma in realtà credo che ci sia un'altra motivazione.

Lacerda è bulimia ludica. È come andare a pranzo dal Mc Donalds. Voglio dire: sappiamo benissimo che in quello scatolino c'è solamente una pagnotta industriale con dentro una mappazza di carne macinata, formaggio, salse e una fettina di cetriolo sottaceto... però lo trangugiamo con gusto. Ok, non è pate de foie gras, non è una carbonara con aglio e guanciale come si dovrebbe fare, non è una pizza autentica napoletana, non è un capolavoro di cucina molecolare, ma ti riempie lo stomaco stuzzicando le papille gustative.

Ecco io penso che molte persone apprezzino il fatto di riempirsi "la bocca e lo stomaco" con meccaniche e minigiochi un po' pesanti e lenti da digerire ma gustosi sulla lingua, e lungamente persistenti sul palato. Poi ovviamente c'è caso e caso: la mia conoscenza di Lacerda è in realtà molto limitata, però per dire: On Mars lo rigioco sempre volentieri.

sontuosopiero scrive:

Un articolo intero per dire che ti fa schifo Lacerda? Lo smart working inizia a pesare, eh? ? 

1) articolo scritto almeno due mesi fa.
2) non l'hai letto.

@dorianj: perché semplicemente questo articolo prendeva in esame le meccaniche, non le estetiche. 

una riflessione scaturita dall'ultimo commento, quello di Dorianj:

premettendo che i modelli "german" e "american" sono ideali più che reali,
la nota che io colgo nell'articolo di Agzaroth, al di là delle valutazioni sui singoli titoli, è quello che ho notato anche io.

C'è una fetta di prodotti che si sta evolvendo anche nel medio periodo che solletica più le corde di un pubblico attento alla tematica, aggiungendo meccaniche coerenti (coerenti, anche se non nuove)  una ambientazione molto percepita;

C'è una fetta di prodotti, quella più propriamente "german" (ribadisco come distinzione ideale) che si trova in un momento in cui si ha la sensazione (o almeno "io" ho la sensazione) di aver esplorato a fondo tutte le meccaniche di riferimento e sia in una fase in cui osare la tematica e ibridarsi allontana il vecchio pubblico mentre cercare nuove meccaniche per il gusto della novità crea architetture poco eleganti o meno efficaci di altre precedenti (con eccezioni).

Credo sia il caso di notare però come le distinzioni sono solo nella nostra consuetudine:
i giochi salvo poche, pochissime eccezioni hanno elementi di entrambe le categorie.
Per fortuna.


 

Espediente #6: nella scatola grande c'è il grande gioco

Solo meccaniche no...

Locompetitivo scrive:

Espediente #6: nella scatola grande c'è il grande gioco

Solo meccaniche no...

Vero: in mancanza dell'"arma" miniature, la scatola grande fa il suo. 

Quindi dici che faccio bene a continuare ad ignorare i suoi giochi? Non li ho mai giocati e non mi attirano...Già il solo pensiero di dover imparare 20000 regole e regolette e minigiochi mi da sui nervi.... Neanche fossi al lavoro

MMGrizzly scrive:

Quindi dici che faccio bene a continuare ad ignorare i suoi giochi? Non li ho mai giocati e non mi attirano...Già il solo pensiero di dover imparare 20000 regole e regolette e minigiochi mi da sui nervi.... Neanche fossi al lavoro

Provarli dovresti comunque: una chance non si nega a nessuno.

Le stesse considerazioni si possono fare anche in una fascia di giochi piu light: da una parte Everdell (solo per fare un esempio) con le sue meccaniche trite e ritrite e un gameplay blando ma un packaging ed illustrazioni bellissimi, dall'altra mi vengono tanti giochi di Knizia con le loro regole semplici ma geniali e senza sottostrutture posticce (Ra, Amun Re, Nel Deserto, Modern Art..)

 

Locompetitivo scrive:

 

Espediente #6: nella scatola grande c'è il grande gioco

Solo meccaniche no...

 

Vero: in mancanza dell'"arma" miniature, la scatola grande fa il suo. 

 

[/quote]

 

Sono totalmente d'accordo con te! È una trappola che vale anche per me, mi sono appena preso pandemia 10 anniversario spendendo il doppio...

@Agzaroth Barrage è un peso medio o massimo? 

Mi incuriosisce davvero la risposta. Grazie

Locompetitivo scrive:

@Agzaroth Barrage è un peso medio o massimo? 

Mi incuriosisce davvero la risposta. Grazie

Medio direi di no. Per un german è un peso medio-massimo o qualcosa di più.

Non concordo con la linea di questo articolo. é meglio specificare che tutto ciò corrisponde ai gusti di Agzaroth, che invece ritrae tutto come trappole di game design escogitate per attirare gli scemi. Dove semplicemente non sono in linea con i suoi gusti personali come sicuramente per molti altri giocatori o dove lui stesso non è in grado di comprenderne la qualità delle varie sfaccettature. Molti altri giocatori invece sanno apprezzarli e non per questo ne san meno di game design o giochi in generale, magari semplicemente sanno apprezzare una vastità ludica diversa da quella che è la tua, dove metti ai primi posti idee originali in un gioco che con poche regole ti portano profondità. Non per questo il resto dei giochi è solo un accrocchio di regole senza senso. 

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

Elendil scrive:

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

no feld no!  grande feldone

Elendil scrive:

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

Eh però in realtà l'insalata di punti fa l'effetto opposto, ovvero già da sola rischia di comunicare poca profondità di scelte.

chissà lo sforzo per nascondere la propria passione per gli Splotter :-D

Sono nel complesso d'accordo con l'articolo, sono un estimatore del "less is more", ma un gioco dovrebbe anche (soprattutto?) divertire e appassionare e passione e divertimento sono fattori troppo soggettivi per essere vincolati da fredde regole di meccanica ottimale perchè un gioco può anche girare come un orologio e avere tutte le cose giuste ma se mi annoia ne posso anche apprezzare le qualità ma rimarrà sullo scaffale

Tania-94 scrive:

Non concordo con la linea di questo articolo. é meglio specificare che tutto ciò corrisponde ai gusti di Agzaroth, che invece ritrae tutto come trappole di game design escogitate per attirare gli scemi. Dove semplicemente non sono in linea con i suoi gusti personali come sicuramente per molti altri giocatori o dove lui stesso non è in grado di comprenderne la qualità delle varie sfaccettature. Molti altri giocatori invece sanno apprezzarli e non per questo ne san meno di game design o giochi in generale, magari semplicemente sanno apprezzare una vastità ludica diversa da quella che è la tua, dove metti ai primi posti idee originali in un gioco che con poche regole ti portano profondità. Non per questo il resto dei giochi è solo un accrocchio di regole senza senso. 

lungi da me il voler difendere l'autore dell'articolo, che lo sa fare sicuramente autonomamente, devo dire che quanto scrivi tu (Tania94) mi sembra un po' un'estremizzazione.

Non mi pare che il tono dell'articolo sia "ehi minchioni, guardate che vi stanno fregando, ascoltate me che invece vi illumino".

Il tono mi pare piuttosto quello per cui una persona con una certa esperienza dà la sua visione di un certo argomento, enunciando peraltro i motivi su cui basa le proprie conclusioni.

Si può non essere d'accordo, ma non si può accusare una persona che dice cosa pensa e lo motiva di fare il "signor so tutto io". 

A voler ragionare così, nessuno potrebbe più dire niente.

E gentilmente evitiamo la solita puerile osservazione: "doveva premettere che erano considerazioni sue"; ha scritto lui, di chi dovevano essere? di gesù bambino?

@niconiglio 
In un precedente articolo mi aveva risposto che erano cose oggettive e non personali anche se era scritto da lui, ho voluto specificare per questo. 
Nessun problema per le sue opinioni, come io ho espresso la mia. ?

 

Agzaroth scrive:

 

Elendil scrive:

 

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

 

Eh però in realtà l'insalata di punti fa l'effetto opposto, ovvero già da sola rischia di comunicare poca profondità di scelte.

 

 

Penso a quei giochi con 24 spazi nel tabellone e 55 tipi di tessere, e con 15 diverse azioni che servono a raccogliere tessere che in 19 modi diversi fanno tutte fare punti.

Un'illusione di ricchezza del gioco, quando in realtà hai solo molti modi di fare la stessa cosa.

niconiglio scrive:

 

Elendil scrive:

 

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

 

 

no feld no!  grande feldone

Feld ha fatto anche bei giochi, a differenza di Lacerda. Ma anche insalate con tutto quello che trovava in frigo.

Grande articolo e grandi commenti. Mi state aprendo la mente, da novizio che sono.

Elendil scrive:

 

niconiglio scrive:

 

 

Elendil scrive:

 

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

 

 

no feld no!  grande feldone

 

 

Feld ha fatto anche bei giochi, a differenza di Lacerda. Ma anche insalate con tutto quello che trovava in frigo.

a proposito, sono FORTEMENTE in dubbio se prendermi trajan.. in giro se ne dice bene, male, di tutto. La cosa che mi frena è proprio il trovarmi un coimbra all'ennesima potenza: bonus qua, bonus là, bonu sù, bonus giù..

che mi dite?

Ottimo articolo e, anche se apprezzo i Lacerda, ne riconosco i difetti: un artista barocco amante del ricciolino inutile in ogni parte del regolamento.


Un unico appunto su Kanban che sicuramente è un incastro di minigiochi che però, a mio parere, ha un senso di coesione maggiore ad altri titoli suoi e di altri (vedi Gugong).
Tra i Lacerda provati rimango convinto sia il migliore ancora oggi. 

In generale, da anni, mi sembra che creare novità ludiche stia mettendo a dura prova autori che non riescono più a creare un titolo elegante così facilmente.
Gli spazi di manovra per uscire dal "già visto" sono pochi e spesso si ricorre a tutto ciò che hai descritto nell'articolo. Però mi chiedo, si deve sempre avere una meccanica innovativa o può bastare un intelligente connubio di meccaniche note, magari ben ambientate?
 

Ykaro scrive:

Ottimo articolo e, anche se apprezzo i Lacerda, ne riconosco i difetti: un artista barocco amante del ricciolino inutile in ogni parte del regolamento.

Un unico appunto su Kanban che sicuramente è un incastro di minigiochi che però, a mio parere, ha un senso di coesione maggiore ad altri titoli suoi e di altri (vedi Gugong).

Tra i Lacerda provati rimango convinto sia il migliore ancora oggi. 

In generale, da anni, mi sembra che creare novità ludiche stia mettendo a dura prova autori che non riescono più a creare un titolo elegante così facilmente.

Gli spazi di manovra per uscire dal "già visto" sono pochi e spesso si ricorre a tutto ciò che hai descritto nell'articolo. Però mi chiedo, si deve sempre avere una meccanica innovativa o può bastare un intelligente connubio di meccaniche note, magari ben ambientate?

 

 

Per me le meccaniche sono il motore, maa macchina ha bisogno di tutto l'ensemble per funzionare.

Ergo: la novità potrebbe non essere solo nelle meccaniche, ma in nuovi dialoghi tra le parti del gioco. 

 

Articolo che scalda i cuori! Dai che facciamo record di risposte...

1) Riferendomi a quanto scritto da Tania e sapendo che Kenparker è un grosso estimatore di Lacerda: perché qualcuno non scrive un contro-articolo per sostenere come le meccaniche dei giochi di Lacerda siano valide, legate all'ambientazione e attuali? Mi ricordo un podcast in cui proprio il prolifico ex giurato milanese - ciao Ale! - argomentava con idee interessanti la validità di Lisboa...

2) Quando sento alcuni banalizzare The Crew (è solo un fillerino, non ha nulla di nuovo, ha due regole in croce...) penso che la moda dei "gioconi" infarciti di componentistica, regole e sottogiochi ci abbia annebbiato il cervello... impedendoci di apprezzare la pulizia e l'eleganza di certi giochi. Uscisse oggi Imperial, chissà cosa ne direbbero...  Qualche autore/editore avrebbe preso The Crew e aggiunto un sacco di roba superflua (mazzi di carte missione, segnalini diversi per molteplici suggerimenti, una plancia centrale inutilissima fingendo di darci un senso... e così via...)... vendendolo poi a 39,90 euro e facendo felici proprio quelli che ora lo snobbano.

 

Locompetitivo scrive:

Ultima provocazione. Quanto incidono secondo voi le illustrazioni di Barrage?

Lo avreste comprato anche con una copertina diversa?

E magari anche con escavatori e betoniere che non sembrino usciti dalle fabbriche dell'Impero Galattico? Se sai dove lo vendono, dimmelo!

sì ma non vedo citato Madeira, tanto per non citare sempre il povero Lacerda...comunque va detto che in questo articolo non si parla se il gioco x è più divertente del gioco y ma è un semplice confronto sull'implementazione di varie meccaniche e scelte di game design.

Certo diciamo che andrebbero un po' rivisti i giochi di riferimento per evitare di dar l'impressione di accanirsi contro un solo autore, del resto non penso che manchino gli esempi da poter citare.

edit: non sono più abituato alla tastiera del portatile :D

Pilota scrive:

sì ma non vedo citato Madeira, tanto per non citare sempre il povero Lacedera...comunque va detto che in questo articolo no nsi parla se il gioco x è più divertente del gioco y ma è un semplice confronto sull'implementazione di varie meccanica e scelte di game design.

Certo diciamo che andrebbero un po' rivisti i giochi di riferimento per evitare di dar l'impressione di accanirsi contro un solo autore del resto non penso che manchino gli esempi da poter citare.

 

sempre portogallo è :D

A parte i facili commenti tipo il primo di spip74 (che avrei fatto anch'io ma sono arrivato tardi: mi sono limitato a likarli), conoscendo lo stile di Agz secondo me il senso dell'articolo non è "Lacerda mi fa schifo" bensì "Lacerda non è originale", il che è abbastanza innegabile (in termini di game design).

Dico però una cosa, Lacerda è un magistrale venditore (d'altronde forse non tutti sanno che lui nella vita ha sempre fatto l'Art Director in agenzia pubblicitaria... è un venditore di fuffa professionista!) e che, al netto del game design, i suoi prodotti sono "commercialmente" magistrali.
Personalmente ammiro molto sia lui che Stegmaier per la mostruosa cura che mettono nelle loro produzioni, nella consapevolezza che certo, in giro ci sono senz'altro AUTORI migliori - ma ognuno dovrebbe fungere da modello/parametro per gli altri negli aspetti in cui eccelle. Specie Dominanti del compianto Chad Jensen, curato come edizione da Lacerda (lo so, non è un editore, ma credo si capisca il senso) o Stegmaier, sarebbe una bomba atomica (e io lo ricomprerei istantaneamente).

korn73 scrive:

Articolo che scalda i cuori! Dai che facciamo record di risposte...

2) Quando sento alcuni banalizzare The Crew (è solo un fillerino, non ha nulla di nuovo, ha due regole in croce...) penso che la moda dei "gioconi" infarciti di componentistica, regole e sottogiochi ci abbia annebbiato il cervello... impedendoci di apprezzare la pulizia e l'eleganza di certi giochi. Uscisse oggi Imperial, chissà cosa ne direbbero...  Qualche autore/editore avrebbe preso The Crew e aggiunto un sacco di roba superflua (mazzi di carte missione, segnalini diversi per molteplici suggerimenti, una plancia centrale inutilissima fingendo di darci un senso... e così via...)... vendendolo poi a 39,90 euro e facendo felici proprio quelli che ora lo snobbano

Non credo che nessuno avrebbe reso die crew più di un gioco di carte dovendolo pubblicare. 

Agzaroth scrive:

 

Elendil scrive:

 

Concordo tanto. Io avrei bashato un po' anche Feld e le insalate di punti.

 

Eh però in realtà l'insalata di punti fa l'effetto opposto, ovvero già da sola rischia di comunicare poca profondità di scelte.

 

 

Avrebbe cozzato pure col definire Feld un autore povero di game design.

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